Susanna Ripamonti, carteBollate9 dicembre 2013
Internet in carcere,
perché no? E' il tema centrale che affrontiamo nel dossier di questo nuovo numero di
carteBollate. Ci chiediamo e abbiamo girato la
domanda agli addetti ai lavori, se sia proprio
impensabile un
accesso limitato e controllato al web, anche per chi sta in
carcere,
pur sapendo che parliamo della luna soprattutto in tutte quelle situazioni, e sono la maggioranza, in cui manca perfino l'aria per respirare.
Ma qualche esperienza pilota, e non solo nel carcere di Bollate ormai all’avanguardia su tutto, si potrebbe avviare? Luigi Pagano, il numero due del Dap non lo esclude: “Credo si possa fare..si”. E Lucia Castellano, consigliere regionale e membro della commissione ministeriale Carceri, scrive nell’editoriale che Internet rientra in quella “nuova visione della vita detentiva, in cui vengono estesi al massimo tutti i diritti compatibili con la mancanza di libertà”. Va in questa direzione “la possibilità di autorizzare l'utilizzo di internet, ovviamente limitato e controllato, evitando che si risolva nella possibilità di comunicare senza controllo con l'esterno.
Comincerei ad aprire la sperimentazione alle Case di Reclusione, per poi estenderla, con le cautele del caso, alle Case Circondariali. Si fa affidamento, ancora una volta, sul senso di responsabilità del detenuto nell'usare questo ulteriore strumento di formazione e di contatto con l'esterno. Mi sembra che abbiamo avuto ragione ad affidarci al senso di responsabilità degli ospiti, finora, o sbaglio?”
Guido Brambilla, magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Milano è convinto che sia una strada percorribile: “Internet è uno strumento versatile e anche adeguatamente controllabile se si agisce a monte sul server dedicato, impostando, ad esempio, delle whitelist di siti accessibili con esclusione di tutto il resto. Ciò richiederebbe l’autorizzazione del ministero, ma in sé e per sé la cosa è fattibilei. La mia opinione è che lo strumento possa essere davvero utile”.
Patrizio Gonnella, presidente di Antigone ritiene che il carcere non possa continuare ad essere indifferente a queste necessità: “Al sistema carcerario poco importa che le vecchie poste sono lì lì per chiudere, che nessuno scrive con carta e penna fuori dalle patrie galere, che Obama ha vinto le elezioni grazie ai social network o che Grillo usa il blog come se fosse un’agenzia di stampa. Come si può sostenere che la pena debba tendere alla rieducazione del condannato se si vieta alla persona reclusa di stare al passo dei tempi?”.
Roberta Cossia, magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Milano pensa che “come in tanti altri campi, l’Italia dovrebbe prendere atto del fatto che la tecnologia è diventata parte della vita quotidiana di ciascuno di noi e in particolare l’uso, seppure controllato, di Internet è diventato oggi imprescindibile strumento di aggiornamento e di informazione, di cui oggi non potremmo più fare a meno, neanche se lo volessimo.
Penso anche che lo strumento Internet sia facilmente controllabile, perchè è possibile inserire dei blocchi che impediscono l’accesso a determinati siti. Dare la possibilità ai detenuti di accedere a siti internet che trattando argomenti relativi al carcere li metterebbe nella condizione di sapere lo stato della giurisprudenza, anche eventualmente a livello europeo, relativamente alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, argomento oggi molto attuale, che impone ai singoli uno sforzo di apertura anche a saperi altri rispetto a quelli che si possono reperire sui libri, e per i quali proprio lo strumento informatico potrebbe certamente aiutare.
Come sempre e come per tutte le cose, si tratta di instaurare delle regole e di farle rispettare, affinchè uno strumento di per sé buono, non venga utilizzato in modo negativo o non venga abusato".