Gli spiccioli antiviolenza

Lipperatura
10 07 2014

Le parole per dirlo andranno anche ripensate e trovate. Ma intanto trovate i fondi. Perché è inutile farcire i discorsi di quanto si è attenti alla questione della violenza, ed è inutile approvare i decreti sicurezza che poi servono ad altro (a perseguire i NoTav, e adesso mi aspetto che, così come quando parlo di Amazon spunta fuori un certo commentatore, sempre quello, a difenderlo, spunti fuori l’altro che reagisce come i cavalli di Frau Blücher alle tre lettere T-A-V). E’ inutile quando la situazione dei centri antiviolenza è quella che denuncerà oggi alle 14.30 D.i.Re, la rete che riunisce i centri, alle ore 14,30 nella Sala Stampa della Camera dei Deputati e alle 15.30 protesterà a Roma in Via della Stamperia 8, davanti alla sede della Conferenza Stato-Regioni.
I motivi sono qui (e qui l’articolo de Il Fatto Quotidiano)

I Centri antiviolenza che da oltre vent’anni operano in Italia, riconosciuti come luoghi di buone pratiche per fronteggiare il fenomeno della violenza contro le donne, non possono essere liquidati con quattro soldi. La storica esperienza e competenza di questi luoghi deve rappresentare un punto di partenza per tutti.

La distribuzione dei fondi non è chiara, temiamo che siano distribuiti con criteri “politici” disperdendo le già scarse risorse messe in campo.
E’ evidente che i Centri, che da oltre vent’anni lavorano in Italia con le donne, finiranno per avere finanziamenti irrisori mentre si cerca di creare un sistema parallelo di centri istituzionali con competenze improvvisate le cui procedure ancora “ingessate” in rigidi criteri burocratici, non saranno in grado di rispondere alle domande delle donne vittime di violenza. In particolare: anonimato, ascolto competente e privo di giudizio, rispetto della loro volontà.
La storica esperienza e competenza dei luoghi di donne deve rappresentare il punto di partenza per le istituzioni per costruire una politica che guardi all’esperienza nata dai Centri Antiviolenza, riconoscendone tutto il valore in quanto luoghi di libertà e autodeterminazione delle donne. Nei centri istituzionali c’è il rischio che prevalga la burocrazia, gli aspetti giudicanti e formalizzati, che non garantiscono l’anonimato e l’ascolto dei desideri della donna, rispettandone i tempi e le scelte.

Non a caso la Convenzione di Istanbul individua nelle Associazioni di Donne il luogo privilegiato di risposta al fenomeno in quanto portatrici di una forte motivazione e capaci di mettere in campo iniziative utili ad un cambiamento

I Centri Antiviolenza ritengono che la generica modalità di impiego delle risorse economiche indicate dal piano di ripartizione dei fondi, non solo non porti alcun cambiamento nelle pratiche dei servizi e di conseguenza nella cultura sociale ma al contrario si incrementi il rischio per le donne che subiscono violenza e che decidono di allontanarsene di non essere sostenute adeguatamente.
I centri antiviolenza chiedono

- che i criteri di riparto dei finanziamenti siano ridiscussi e condivisi con i centri antiviolenza nel rispetto delle raccomandazioni europee.
- che i centri antiviolenza pubblici siano, in questa prima fase, esclusi dal riparto dei fondi: la Convenzione di Istanbul che entrerà in vigore il 1° agosto, sostiene che i governi devono privilegiare le azioni dei centri antiviolenza privati gestiti da donne in quanto servizi indipendenti.
- che nella distribuzione siano compresi solo i centri antiviolenza gestiti da realtà del privato sociale attive da almeno 5 anni e che il finanziamento premi maggiormente i centri antiviolenza che operano da più anni valutando i curricula, i progetti svolti e il tipo di intervento che garantiscono.
- Che ci sia una forte raccomandazione alle Regioni di utilizzare i finanziamenti in aggiunta ai quelli che le amministrazioni regionali dovranno stanziare.

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