Abbatto i muri
22 07 2014
Mi scrive una ragazza che racconta una storia. La condivido con voi, dopo averle inviato in grande abbraccio. Lei voleva esprimere solidarietà e nel frattempo racconta un pezzo di vita che forse è la vita di molte altre. Ho cambiato alcuni dettagli e il nome della città, d’accordo con lei, per la tutela della sua privacy. Quello che emerge, al di là di tutto, è il fatto che questa ragazza, come molte che si trovano nella sua situazione, non ha reddito e casa, è precaria e dunque fa fatica ad essere autonoma. Si rende subito evidente la situazione di dipendenza economica che continua a farti restare legata agli stessi luoghi e alle stesse persone che per te rappresentano una violenza. Trovare autonomia, assumere consapevolezza del fatto che ti servono strumenti economici per r-esistere, è già un bel passo avanti. Perché a volte, vedete, le donne che subiscono violenza, vogliono soltanto poter andare avanti, senza restare ancorate al dolore del passato, per dare a se stesse una possibilità per vivere e perché sono queste donne che scelgono e decidono ciò di cui hanno bisogno. Questa donna vuole un reddito e, dunque, perché mai lo Stato, come unica e catartica soluzione, giusto per se stesso, per la bella immagine delle istituzioni e dei patriarchi che la sorreggono, sa solo offrire strumenti repressivi? Tra l’altro scelti senza il parere delle donne. Non è quello forse un alibi per non andare a fondo del problema e non curarsi della prevenzione?
Coraggio, sorella, io sono con te. Buona lotta a te e a tutte noi. E buona lettura a voi!
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Ciao (…) io è da tempo che seguo il blog, credo tuttora che questa sia la “mia” pagina preferita. Non commento spesso i post, ma con il tempo mi sono ritrovata a seguirli tutti. Rinnovo quindi, il mio grazie. Grazie perchè ho lottato forse per anni per riuscire a trovare qualcuno libero da pensieri dogmatici, precofenzionati e davvero, per quanto mi riguarda, liberi e frutto di un’autonomia di pensiero senza pari. E’ dalla prima adolescenza che mi sono avvicinata al femminismo cominciando dai classici, poi sono approdata al femminismo libertario pochi anni fa, essendolo io stessa.
Sono nata in un paesino del Sud, chiuso, bigotto, rigido, figlia della cultura padre/padrone. Ho subito una violenza sessuale in famiglia due anni fa, da cui purtroppo fatico ancora a riprendermi. Devo dire che dopo il crollo iniziale, pian piano sono diventata più autonoma, in quanto ho sempre rigettato il ruolo di vittima, la compassione negli occhi degli altri e il senso di colpa. Il crollo iniziale mi portò poi in cura da una psicologa, che diede la colpa ahimè, al mio “portare la minigonna” e alla mia inclinazione naturale a mettermi in situazioni a quanto pare “pericolose”. Aggiungo che ero in casa con mio padre, avevo la minigonna ed era estate, devo dire abbastanza pericoloso in effetti…
Abbandonai successivamente la casa di famiglia con cui vivevo con i miei, scappai letteralmente anche a causa di zero aiuto da parte di amici e amiche che si volatizzarono nel nulla e l’omertà dei parenti “no è impossibile una cosa del genere! E’ tanto pacato!“, mio padre in effetti pacato lo era con tutti tranne quando c’era da picchiare me o mia madre, ma tant’è. Adesso da un anno mi ritrovo a Pisa, con un lavoro da precaria e zero fiducia in psicologi, di conseguenza non ebbi e non ho tuttora il coraggio di chiedere aiuto. Aggiungo che non denunciai e i carabinieri del mio paese mi dissero chiaramente di non poter allontanare mio padre da casa, di conseguenza andai via io.
Tuttora sono costretta a chiamarlo per aiuti economici, qualcun@ mi dice “devi farlo se non vuoi morire di fame“. Ho dovuto combattere con gente che mi ha chiesto in cambio del sesso per lavoro (e qualche volte, tuttora penso e ho pensato di poter intraprendere quella strada per necessità ovvia), continui licenziamenti, pagamenti in ritardo e successivamente gravi problemi di salute generati da questa situazione. Adesso ho un lavoro che nonostante non mi permette di vivere in totale autonomia riesce a fruttarmi qualcosa. Nonostante tutto non ho rinunciato alla mia sessualità, sono sempre stata e tuttora lo sono “libera”, nel gergo comune “troia” per intenderci come amano definire donne che non si sottomettono ad un modo standard di vivere la sessualità e i rapporti, una mia amica mi disse, e lo ricordo come fosse ieri “se sei riuscita ad avere rapporti sessuali dopo una violenza, evidentemente hai ingigantito la cosa, chi subisce violenza ha un trauma e non riesce ad avere contatti con l’altro sesso“.
Sono bisessuale, parola che ovviamente non esiste, nè per omo, nè per etero, più volte nel tuo blog hai toccato l’argomento, da una parte avevo chi mi definiva modaiola dall’altra una che non riesce ad ammettere che in realtà è lesbica. No. Peccato che nessuna delle due cose mi rappresenti. Da tutto questo, devo dire, che il danno maggiore a livello psicologico è stato creato proprio da quelle donne. Dalle donne della mia vita. Da donne da cui ingenuamente avrei preteso più comprensione. Ma è sempre un bianco o nero. E’ sempre una guerra. Ho un ragazzo che con il tempo mi ha aiutato tanto, ma la strada è ancora lunga. Potrei toccare milioni di altri argomenti toccati nel tuo blog, tutti quanti vissuti, tutti quanti visti. Dalla cultura maschilista di cui siamo schiavi tutti, uomini e donne, alla lotta vera e propria, per i diritti delle prostitute, l’autonomia, l’aborto e molto altro. Avrei tante cose da dirti su di me, ma credo che non sia questo il luogo giusto, forse.
Ho però voluto raccontarti tutto questo per farti capire che fai tanto, anche senza volerlo, magari. Il sapere di non essere soli, il sapere di quante persone, uomini e donne hanno sofferto e soffrono a causa di pregiudizi, ignoranza, retaggi fascisti e a quanto sia dura la vita in certi casi. Ma siamo qui, ne parliamo, urliamo. Noi siamo forti. Io sono a Pisa adesso, ma a causa di questi problemi ho avuto poco tempo per informarmi sui collettivi qui presenti (e so che sono tanti), sulle iniziative. Ero alla manifestazione dell’8 marzo, quella per il diritto alla casa, contro la precarietà, contro il fascismo. Continuerò a seguire i tuoi/vostri post sempre con un immenso piacere e solidarietà. (…) Un grandissimo abbraccio
—>>>Devo aggiungere qualche rigo, perché dopo averle detto che la sua è una storia straordinaria lei mi risponde così:
“E’ straordinaria perchè mi ha reso forte, autonoma di pensiero, ma anche sola. Penso che la solitudine vada un pò di pari passo con tutto questo, è una conseguenza e la vittoria più grande è stata proprio la forza e l’autodeterminazione che adesso mi ritrovo che è fortissima e che molti che mi stanno accanto non accettano e c’è stata un’esclusione alla fine reciproca, allontanarmi da queste persone ha sì accresciuto il senso di solitudine (ma che io l’ho sempre vista per dirla alla De Andrè o tantissimi scrittori che l’elogiavano se vissuta consapevolemente, come una fonte di arricchimento personale, riesci di conseguenza a vivere in rapporti non per necessità ma senza pretendere nulla in cambio, veri, genuini, liberi)…per questo il tuo blog è stata come una “luce” per me.”
Al di là dei complimenti al blog, il fatto è proprio che questa storia è e resta straordinaria. Ancora un abbraccio a lei. Forte.