Marco Omizzolo-Roberto Lessio, Il Manifesto
11 febbraio 2015
Il Sahel è una regione dell’Africa sub-sahariana variamente intesa, sintesi di dinamiche sociali, politiche, ecologiche, religiose e culturali diverse. Comprenderne l'evoluzione è di sempre maggiore urgenza, soprattutto considerando le relative implicazioni sulla popolazione locale, sui flussi migratori e sugli equilibri geopolitici e geostrategici mondiali.
Atlas
12 02 2015
Il numero di nuovi casi di ebola è di nuovo cresciuto, per la seconda settimana di fila, in tutti e tre i paesi colpiti dall’epidemia di febbre emorragica – Sierra Leone, Liberia e Guinea.
Ad affermarlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS/WHO), secondo la quale sono stati registrati in tutto 144 nuovi casi di contagio. Di questi, 76 sono stati segnalati in Sierra Leone, 65 in Guinea e tre in Liberia.
Secondo l’OMS, l’aumento dei casi evidenzia “le considerevoli sfide” che bisogna ancora superare per porre fine all’epidemia.
“Nonostante i miglioramenti nell’individuazione dei nuovi casi, la gestione dei malati, le pratiche di sepoltura e l’appoggio da parte delle comunità locali – si legge in un comunicato dell’OMS – il declino nell’incidenza di nuovi casi si è fermato”.
In base ai dati ufficiali, dall’inizio dell’epidemia sarebbero almeno 22.800 i casi di contagio registrati e 9177 le vittime (incluse una negli Stati Uniti, otto in Nigeria e sei in Mali).
Il grande colibrì
29 01 2015
Un regime inefficiente a caccia di capri espiatori, la polizia che irrompe in una semplice festa privata, l'arresto di decine di persone con l'accusa di star celebrando le nozze tra due uomini: se il copione vi ricorda vicende accadute in Egitto (ilgrandecolibri.com), significa che state seguendo bene la cronaca dei diritti (violati) delle persone LGBT nel mondo. Questa volta, però, la farsa non è andata in scena sulle rive del Nilo, ma nel nord della Nigeria. Aminu Daurawa, capo della polizia islamica dello stato di Kano, ha annunciato che i suoi agenti, grazie ad una soffiata arrivata quattro giorni prima, hanno fatto irruzione in un resort dove due ragazzi si stavano unendo in matrimonio e hanno arrestato dodici (o quattrordici, secondo altre fonti) adolescenti "con sembianze e atteggiamenti femminili", tra cui "anche la sposa" (sic!).
Uno degli arrestati, Faruk, che secondo le accuse sarebbe stato lo sposo, ha giurato che stavano festeggiando il suo diciottesimo compleanno e che lui e i suoi amici non sono gay, ma non è servito a niente: conviene a troppi concentrare l'attenzione della popolazione sui presunti turpi vizi degli omosessuali e provare a sviarla dal disinteresse della politica e dalla corruzione dell'esercito che stanno permettendo a Boko Haram di seminare devastazione e morte in tutta la regione.
Poco importa se ce la si prende con degli adolescenti e se si sprofonda nel ridicolo, non solo per l'arresto in sé, ma anche per alcuni particolari: l'"operazione di intelligence", come l'ha definita Daurawa, è stata pianificata per quattro giorni, ma questo non ha impedito che i professionisti dell'ordine si lasciassero sfuggire decine di ragazzini presi alla sprovvista, che hanno evitato l'arresto scappando via (timeslive.co.za). Ci sarebbe quasi da ridere, se i poveri malcapitati non rischiassero una condanna a quattordici anni di carcere, secondo quanto previsto dalle recenti modifiche (ilgrandecolibri.com) apportate al codice federale nigeriano (nel nord in teoria si rischia anche una condanna a morte, ma è una norma finora mai applicata).
Speriamo che il sostanziale disinteresse che avvolge la Nigeria sia presto superato e che il mondo si ricordi sul serio tanto di Boko Haram quanto di questa dozzina di giovani prigionieri dello stato. Intanto Daurawa sembra mettere le mani avanti e spiega che, in fondo, la polizia ha fatto un favore agli arrestati: se la notizia del matrimonio si fosse diffusa tra la popolazione locale, forse si sarebbe rischiato un linciaggio (allafrica.com). Forse il capo delle forze dell'ordine di Kano si aspetta addirittura un ringraziamento, come se lo aspetta sicuramente la polizia ugandese, che ha salvato nove presunti omosessuali dall'assalto della folla contro un centro segreto specializzato nelle malattie sessualmente trasmissibili che curava anche uomini che hanno rapporti con altri uomini.
Il salvataggio meriterebbe davvero degli applausi, se non si sapesse cosa è successo in seguito: le forze dell'ordine hanno tenuto in cella i nove ragazzi con l'accusa di sodomia per cinque giorni, sottoponendoli a torture e tormenti, comprese delle ispezioni anali. Agli avvocati e agli attivisti per i diritti umani che hanno chiesto la loro liberazione, è stato risposto che sarebbe stato meglio "se almeno un paio di loro fosse stato ucciso, così gli altri avrebbero imparato la lezione". Dopo cinque giorni, comunque, sono stati rilasciati, ma rischiano non solo una condanna a lunghi anni di carcere, ma anche di finire nelle mani di una folla inferocita: per questo i ragazzi ora vivono nascosti nelle campagne e per aiutarli è stata lanciata una raccolta fondi (76crimes.com).
Alle notizie che giungono da Nigeria e Uganda dobbiamo poi aggiungere quelle che abbiamo riportato pochi giorni fa dal Camerun, dove la polizia ricatta i presunti gay e tende trappole per arrestarli ed estorcere tangenti ai loro familiari (ilgrandecolibri.com), e le accuse mosse ad alcuni agenti del Gambia, che avrebbero torturato un uomo arrestato per omosessualità (buzzfeed.com). In troppi paesi d'Africa i poliziotti, con i loro atteggiamenti corrotti e criminali, sembrano tutori più dell'omofobia che dell'ordine.
Pier
Atlas
21 01 2015
di Celine Camoin
Dopo più di sei mesi di chiusura forzata a causa dell’epidemia di ebola, le scuole della Guinea hanno riaperto i battenti.
L’invito a riprendere le lezioni era stato lanciato dal ministero dell’Istruzione, incoraggiato dalla forte diminuzione dei contagi in atto in Guinea, dove il virus ha causato in un anno 1869 morti e colpito 2865 persone.sierraleoneebola
Secondo il sito d’informazione locale Aminata, la prima giornata di classe è stata segnata da un forte assenteismo, legato ai timori di possibili contagi, ma anche alle difficoltà economiche per le famiglie che si sono moltiplicate negli ultimi mesi a causa di ebola.
Secondo il ministro dell’Istruzione, Ibrahima Kourouma, la riapertura delle scuole è comunque un’ottima notizia che riporta fiducia e orgoglio nel paese.
Le autorità di Conakry continuano ad adoperare provvedimenti per bloccare la diffusione dell’epidemia, tra cui il piano « zero ebola a Conakry in 60 giorni », la formazione del personale sanitario e la sensibilizzazione della popolazione. Nelle scuole, è obbligatorio il lavaggio delle mani e la misurazione della febbre.