Il Fatto Quotidiano
01 11 2013
Dalla fine del mondo alla Curia Vaticano-centrica. Papa Francesco vuole portare al sinodo dei vescovi straordinario sulla famiglia, che si terrà a Roma dal 5 al 19 ottobre 2014, le voci di un miliardo e duecento milioni di cattolici di tutto il mondo sul controllo delle nascite, sul divorzio e sul matrimonio gay.
Per fare ciò, il neo segretario generale del sinodo, monsignor Lorenzo Baldisseri, a cui Bergoglio appena eletto Papa ha donato il suo zucchetto rosso (“tu sei cardinale a metà”), ha inviato alle conferenze nazionali degli episcopati di tutto il mondo un documento “da condividere subito e il più ampiamente possibile” tra i fedeli nelle parrocchie. Nella sua lettera di accompagnamento Baldisseri chiede che i risultati del sondaggio siano inviati in Vaticano entro il 31 dicembre 2013.
Bergoglio, infatti, vuole valutare le indicazioni espresse dai fedeli nella terza riunione del “Consiglio di cardinali“, gli otto “saggi” che aiutano il Papa nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia romana, che molto probabilmente si terrà il 17 e il 18 febbraio (la seconda è già in calendario per il 3-5 dicembre prossimi), e poi nel concistoro che si terrà a Roma il 22 febbraio durante il quale Francesco creerà i suoi primi porporati, molto probabilmente non meno di 14 nuove berrette. Dopo aver ascoltato i pareri dei cardinali di tutto il mondo, il Papa tirerà le conclusioni nel consiglio del sinodo dei vescovi che si terrà a porte chiuse il 24 e il 25 febbraio.
La decisione di Francesco di ascoltare, su temi così delicati, le voci dei fedeli è assolutamente inedita. Tra le domande del questionario si chiede, nel caso in cui il matrimonio gay è riconosciuto nel proprio Paese, come i sacerdoti si rivolgono alle coppie dello stesso sesso e come rispondono alla richiesta dei gay di avere una educazione religiosa o la comunione per i loro figli.
Il sondaggio vuole anche indagare su “come la misericordia di Dio viene proclamata alle coppie separate, divorziate e risposate”. Spazio anche alla cura pastorale di coppie eterosessuali che convivono e a uomini e donne sposati che tendono a seguire l’insegnamento della Chiesa sull’uso della contraccezione.
La domanda che tutti si pongono in questi primi mesi di pontificato di Papa Francesco è se sarà concessa o no la comunione ai divorziati risposati. Un tema di cui si era parlato anche nel sinodo dei vescovi dello scorso anno sulla nuova evangelizzazione. Ad affrontarlo era stato l’arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, non a caso scelto oggi da Bergoglio come segretario speciale del sinodo del 2014 sulla famiglia.
“E’ drammatica – aveva detto Forte parlando ai padri sinodali – la situazione dei figli di divorziati risposati che spesso vengono resi estranei ai sacramenti dalla non partecipazione dei loro genitori. Occorre qui una decisa svolta nel senso della carità pastorale, come più volte ha affermato Papa Benedetto XVI (ad esempio all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano).
Sarà anche necessario avviare una riflessione sui modi e i tempi necessari per il riconoscimento della nullità del vincolo matrimoniale: come vescovo e moderatore di un Tribunale Ecclesiastico Regionale – aveva proseguito Forte – devo ammettere che alcune esigenze (ad esempio la necessità della doppia sentenza conforme, anche se non c’è ricorso) appaiono a molte persone ferite, desiderose di sanare la loro situazione, poco comprensibili”.
Sbaglia però chi si attende una risposta definitiva su questa materia al termine del sinodo del 2014. Come ha già anticipato monsignor Baldisseri, infatti, il tema della famiglia potrebbe essere oggetto anche del sinodo dei vescovi ordinario del 2015 proprio per la volontà del Papa di ascoltare tutte le voci della Chiesa prima di prendere una decisione definitiva.
Francesco Antonio Grana
Agora Vox
27 09 2013
Diverse volte ci siamo soffermati sull’inadeguatezza dell’ora di religione cattolica per trattare questioni come il dialogo tra confessioni o l’omosessualità in una società sempre più secolarizzata. Problema che diventa più cronico con l’aumento degli adolescenti che non sono credenti o non si riconoscono nella religione cattolica. Senza contare che gli insegnanti devono attenersi, pena il ritiro dell’abilitazione, a programmi redatti dalla conferenza episcopale “complementari” al catechismo, e talvolta non sono aggiornati né molto tolleranti. Si sentono quindi sempre più casi di studenti che lamentano un approccio poco moderno dell’Irc.
Un caso eclatante accadde a Venezia l’inizio di quest’anno, quando vennero pubblicati gli appunti di un professore di religione del liceo Marco Foscarini, in cui si trattava con un approccio integralista il tema dell’omosessualità.
L’ultimo episodio che evidenzia questa inadeguatezza arriva dal liceo classico "Annibale Mariotti" di Perugia.
Qui l’insegnante di religione, per avviare una discussione su certi temi spinosi, non ha trovato di meglio che somministrare agli studenti un questionario. Si chiedeva di attribuire un voto (da 0 a 10) “in ordine di gravità sulle principali colpe di cui ci si può macchiare”.
Nel lungo elenco a fianco di reati quali spaccio di droga, sequestro di persona, infanticidio, abusare di bambini e sofisticazione alimentare, o altri comportamenti condannabili come fare la guerra, troviamo anche omosessualità, aborto, prostituzione, eutanasia, divorzio, esperienze prematrimoniali, uso di contraccettivi, convivenza, “infettare con l’AIDS”, ma anche “non credere in Dio”, “non andare a messa”, “non pregare mai”. Alcuni studenti, indignati da questi accostamenti, hanno diffuso foto del questionario sui social network.
L’associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica di Perugia ha denunciato l’accaduto e chiesto l’intervento delle istituzioni.
“Che in una scuola pubblica si propinino simili esercitazioni, con evidente impatto nella sfera psico-emotiva degli alunni è veramente sbalorditivo”, commenta Emidio Albertini, co-presidente di Omphalos, in un comunicato, “mentre le cronache ci raccontano tanti casi di giovani ragazzi omosessuali, che arrivano al suicidio perché si sentono soli, emarginati e derisi dai propri compagni, la scuola si mostra spesso carente nel fornire garanzia di inclusione a qualunque individuo nel gruppo classe, mancando inevitabilmente l’obiettivo fondamentale di disperdere atti di bullismo e discriminazione”.
Il dirigente scolastico, Filippo Vincenzo Maiolo, per tutta risposta ha parlato di “tempesta in un bicchier d’acqua” scatenata da Arcigay, promettendo di verificare quanto accaduto con l’insegnante. Nel frattempo ci si chiede, come fa Pasquale Videtta sul suo blog de L’Espresso, se questo test nel fare azzardati accostamenti non sia espressione di omofobia.
È alquanto infelice che siano messi sullo stesso piano come “colpe” di cui ci si può “macchiare” gravissimi reati e diversi peccati. Ciò non contribuisce a creare un buon clima nella scuola, specie tra categorie come non credenti o gay, perché può fomentare un pregiudizio omofobico, ateofobico o d’altro tipo. Certo, non c’è proprio da stupirsi, visto che la condanna di certi comportamenti — come essere gay, atei, abortire, usare il preservativo — è ribadita con forza dalla dottrina cattolica, sebbene papa Bergoglio sia reticente a parlarne per esigenze di immagine, come ha fatto capire nell’ultima intervista a Civiltà Cattolica.
L’approccio del questionario è quindi prettamente e tristemente cattolico, perché in maniera implicita etichetta con un pregiudizio negativo certi atti, lasciando allo studente la possibilità di dare un punteggio al grado di peccato. Nonostante i metodi assai discutibili, si potrebbe ipotizzare che l’insegnante abbia agito con scarsa responsabilità ma con buone intenzioni, allo scopo di stimolare un confronto con gli studenti su temi delicati. Una ipotesi che ci appare azzardata: in tal caso perché tra le “colpe” non includere anche “credere in Dio”, “pregare”, “essere omofobi” e “andare a Messa sottraendo tempo a più utili attività”?
Uno studente gay della classe, intervistato, ha detto che il questionario era stato distribuito anche l’anno scorso e “senza alcuna spiegazione preliminare e senza soprattutto definire il concetto di colpa”. Al che lui stesso aveva protestato e il professore gli aveva spiegato “che si trattava di una scheda non scritta da lui, ma redatta anni prima da uno studioso”. Ma ci tiene a precisare: “Non è una persona omofoba, non ingigantiamo la questione”. Visto il clamore destato, alcuni allievi della classe hanno scritto una lettera per difendere il docente e il buon nome della scuola contro le semplificazioni e il sensazionalismo dei giornali.
La finalità del test, tratto da una vecchia indagine sociologica, “era un confronto diretto su temi come l’aborto e il suicidio”, spiegano, e lo stesso insegnante “ci ha tenuto a precisare che la voce ‘omosessualità’ non fosse giustificabile”. Certo di questo va tenuto conto, ma queste parziali spiegazioni devono far riflettere su un altro aspetto. Se idee del genere vengono facilmente veicolate nei licei, pur con tutti gli accorgimenti e considerando lo spirito critico e la maturità dei ragazzi, si può solo immaginare cosa può essere inculcato nelle menti di bambini che fanno Irc per una o due ore alla settimana.
Va anche fatto notare che, parafrasando Nanni Moretti, le parole che si usano sono importanti: si poteva certamente anche cambiare o cassare qualche voce, perché appunto il problema non era solo l’omofobia strisciante, ma il sottofondo di condanna moralistica che passa con leggerezza e mette l’omicidio a fianco di cose come l’ateismo e l’omosessualità.
Ma a quanto pare episodi del genere nelle scuole sono solo la punta di iceberg clericale, e nemmeno tra i più gravi. Videtta racconta un fatto preoccupante raccontatogli dal dirigente di Omphalos, avvenuto qualche mese fa all’Ipsia Cavour-Marconi di Perugia. Erano stati invitati come associazione nell’ambito di un progetto ministeriale contro il bullismo, che colpisce anche gli omosessuali nelle scuole, ma un professore ha ottenuto che qualche giorno dopo per “par condicio” fosse organizzato un incontro con il gruppo cattolico Lot Regina della Pace, che promuove le terapie riparative per "curare" l’omosessualità.
Preoccupante che la propaganda integralista per “mondare” i gay sia ritenuta degno contraltare al bullismo omofobico, fatto di umiliazioni e pestaggi. E che una scuola pubblica permetta tutto questo, senza porsi problemi.
Il problema di fondo, di fronte a fatti del genere, è piuttosto per chi sceglie di far frequentare ai propri figli l’ora di religione, o degli stessi ragazzi che hanno posizioni laiche ma accettano di seguire l’Irc. Come noto, purtroppo diventa spesso una scelta obbligata, visto il lassismo delle scuole nel garantire l’ora alternativa (nonostante sia un diritto vederla attivata) o un’altra opzione rispetto all’insegnamento della religione cattolica.
L’Irc non è più adeguato alla società che cambia e ha scarsa valenza didattica, considerando che è un relitto concordatario che andrebbe semplicemente superato. E che pesa per oltre un miliardo di euro, soldi con i quali si potrebbe migliorare il sistema scolastico nel suo complesso, rendendolo più laico e pluralista. La nostra associazione fornisce assistenza nel caso ci fossero problemi o dubbi nell’attivazione dell’alternativa. Chiedere che vengano rispettati i propri diritti è possibile, anche quale strumento per garantire una scuola più pluralista e che concede sempre meno spazi all’integralismo montante.
Il Fatto Quotidiano
20 09 2013
La Chiesa come “un ospedale da campo dopo una battaglia”. E’ l’immagine usata da papa Francesco in un’intervista rilasciata a Civiltà Cattolica, per descrivere le difficoltà attraversate dalla Chiesa.
“E’ inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti: si devono curare le sue ferite, poi potremo parlare di tutto il resto”. Quindi, “le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo”, perché “la prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento”.
E il cambio di atteggiamento invocato da Bergoglio deve verificarsi investe anche una serie di temi tradizionalmente delicati per la Chiesa, come l’omosessualità, l’aborto e il ruolo della donna.
Nelle parole del pontefice, per “curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità, bisogna cominciare dal basso“. Al contrario, “la Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece che i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia“. Per papa Francesco, infatti, “i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato”. E ancora: “Credo che ci sia sempre bisogno di tempo, per porre le basi di un cambiamento vero, efficace: questo è il tempo del discernimento”.
La Chiesa deve andare incontro alle persone e, dunque, anche a omosessuali e divorziati risposati. Interpellato sul tema, Bergoglio risponde: “Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia”. Il papa racconta che a Buenos Aires gli scrivevano delle persone omosessuali, “che sono feriti sociali, perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati”. E torna sulla sua frase “Chi sono io per giudicare i gay?”. “Dicendo questo – ricorda – io ho detto quello che dice il Catechismo”.
Altro tema affrontato dal pontefice quello dell’aborto. Se una donna ha interrotto la gravidanza, ma la cosa “le pesa enormemente”, e, inoltre, “è sinceramente pentita”, il Papa invita alla misericordia nei suoi confronti. “Il confessionale – dice il papa – non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?”, si domanda il Papa.
E sulla questione femminile aggiunge: “E’ necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa“. “Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna“, spiega il pontefice. “Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti”.
Il papa è interpellato anche sulla sua fede politica.”Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni”, spiega, “mi ha portato ad avere seri problemi e ad essere accusato di essere ultraconservatore. Ma non sono mai stato di destra”.
E del suo predecessore Benedetto XVI dice: “Ha fatto un atto di santità, di grandezza, di umiltà. E’ un uomo di Dio”.