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Corriere della Sera
02 05 2014

Immagini agghiaccianti che arrivano via YouTube e via Twitter. E che mostrano due uomini crocifissi in piazza a Raqqa, in Siria.

Così le fotografie dei due corpi legati a una croce e lasciati lì davanti a tutti rimbalzano di account e in account. «Abbiamo giustiziato sette spie che tentavano di far scoppiare delle autobombe», è il messaggio che le accompagna. Dietro questa atrocità ci sarebbero i qaedisti di Isis, Stato islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo jihadista che da mesi combatte in Siria per la costruzione di uno Stato qaedista del Levante e che in lotta con altre fazioni vicine ad Al Qaeda.

Guarda il web reportage Al Qaeda in Siria

«Lol abbiamo un nuovo falso Gesù»

Nella prima fotografia (pubblicata su Thedailybeast) si vede il corpo di un giovane, bendato, e legato a un palo e a un asse di legno che formano una croce. Nella seconda, un uomo più grande sempre con gli occhi bendati da un fazzoletto insanguinato mentre un bambino lo guarda. Nella terza (diffusa da FoxNews) alla seconda vittima è stato appeso un cartello al collo.

Non è chiaro se questi due uomini siano membri di gruppi rivali di Isis (come Al-Nusra, altra formazione jihadista) e se appartengano a fazioni pro Assad. È plausibile pensare che siano stati uccisi altrove e i corpi poi esposti in pubblico in segno di minaccia, una pratica spesso usata dai gruppi qaedisti. Le foto sono state diffuse e ritwittate dagli account dei jihadisti molto attivi sui social network.

«LoL, abbiamo un nuovo falso Gesù», scrive un combattente. «Le spie come loro si sono pisciate addosso dalla paura quando li abbiamo legati alla croce», cinguetta qualcun altro. Difficile verificare anche i dettagli della foto, le immagini sono molto strette. Ma, come riporta Foxnews, un ribelle (e dunque membro del Free Syrian Army) spiega di aver assistito all’esecuzione. Ciò che è certo è che Isis da tempo combatte nella zona di Raqqa, città strategica in quanto si trova nel centro della Siria. E che mentre sale la tensione in vista delle elezioni del 3 giugno, sono morte più di 150 mila persone dall’inizio del conflitto nel marzo del 2011.

Sulla vicenda è intervenuto anche il Papa che durante la Messa presieduta a Santa Marta, ha detto: «Ho pianto quando ho visto sui media» la notizia di «cristiani crocifissi in un certo Paese non cristiano. Anche oggi c’è questa gente che, in nome di Dio, uccide, perseguita».

Scontri tra jihadisti ed elezioni

Nel frattempo il leader di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha ordinato al fronte al-Nusra, gruppo affiliato operativo in Siria, di «cessare immediatamente i combattimenti» con i gruppi jihadisti rivali. L’imposizione è contenuta in un messaggio audio pubblicato stamane online ed è rivolta al capo di al-Nusra, Abu Mohammed al-Jolani. Gli scontri tra i gruppi ribelli in Siria, in particolare tra Isis e Al Nusra, hanno fatto migliaia di morti da gennaio. Il leader di Al Qaeda ha esortato Al-Nusra a impegnarsi a «combattere i nemici dell’Islam, in particolare baathisti, sciiti e i loro alleati».

Il Baath è il partito del presidente Assad, che può contare sul sostegno dei combattenti di Hezbollah, il movimento sciita libanese considerato eretico da al-Qaeda. Zawahiri aveva già preso posizione rispetto agli scontri tra al-Nusra e l’Isil, intimando al capo di quest’ultimo, Abu Bakr al-Baghdadi, di restringere le attività del gruppo alla sua zona d’origine in Iraq. Un’indicazione ribadita nel messaggio di stamane, in cui Zawahiri lo esorta a impegnarsi a «colpire l’Iraq, che richiede da te il doppio degli sforzi».

Inoltre sempre nella zona di Raqqa sono morti in 18 morti, fra cui 11 bambini. Gli attacchi sono avvenuti precisamente a Jabreen e Humayri, che sono sotto il controllo del governo. L’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce di 15 morti. I bilanci divergenti sono frequenti dopo attentati di grandi proporzioni. Al momento non c’è nessuna rivendicazione ma nelle ultime settimane i ribelli del Fronte Nusra, legati ad al-Qaeda, hanno rivendicato diversi attacchi bomba. I villaggi si trovano a 19 chilometri di distanza l’uno dall’altro, circa 20 minuti, e non è chiaro se si sia trattato di attacchi coordinati.

Marta Serafini

 

La 27 Ora
18 04 2014

Hanno annunciato la decisione di unirsi alla jihad in Siria non, come fanno tanti ragazzi, mettendosi in posa mentre imbracciano le armi in un video diffuso su YouTube. Sabina Selimović e Samra Kešinović, due amiche di 15 e 16 anni che vivevano a Vienna, lo hanno fatto scrivendo due lettere identiche ai genitori. “Siamo sulla retta via, combatteremo per l’Islam, ci rivedremo in Paradiso”. E poi, giovedì scorso, sono scomparse. Hanno preso un aereo per la Turchia, secondo quanto ricostruito dalle famiglie con l’aiuto delle autorità austriache, e da lì, secondo notizie non ufficiali, avrebbero varcato il confine siriano.

Le due adolescenti sono figlie di immigrati bosniaci musulmani. Mentre i genitori hanno lasciato un Paese lacerato dalla guerra negli Anni 90, Sabina e Samra hanno abbandonato la loro vita sicura in Austria per unirsi al fronte anti-Assad, in una guerra civile che è diventata anche uno scontro su base etnico-religiosa che alcuni hanno paragonato proprio alla Bosnia. Una guerra per cui la Bosnia-Erzegonina di oggi è diventata un fertile terreno di reclutamento, come ha documentato il quotidiano di Sarajevo “Dnevni Avaz”. Ma anche da molti Paesi occidentali, inclusa l’Italia, sono partiti dei combattenti: dall’Austria 80 in tre anni. Pero’ di solito sono uomini.

La madre di una delle ragazze risponde al telefono con voce tremante al numero reso pubblico nella speranza di ricevere notizie sulla sorte delle ragazze. Nemmeno a posteriori genitori e amici riescono a leggere segnali “strani” nel comportamento di Sabina e Samra, che vengono definite “studentesse modello”. A parte quella pagina Facebook, che pero’ hanno scoperto troppo tardi. Il padre di Samra ha raccontato che l’ha creata sua figlia, usando lo pseudonimo di Safiya Al Ghariba (strana amica). Cercando sul social network, spunta una pagina con questo nome, che è quasi completamente scritta in tedesco. La foto del profilo mostra le punte delle scarpe nere di “Safiya” e di quelle da ginnastica della sua amica identificata come “Asiya”. Non ci sono indicazioni biografiche ad eccezione della città natale: Bijeljina, in Bosnia. Si trova nella zona di Brcko, dalla quale la famiglia di Samra ha dichiarato di provenire.

Le immagini condivise dalle ragazze mostrano chiaramente il loro disagio per le ingiustizie percepite nei confronti dei musulmani nelle società occidentali (le perquisizioni in aeroporto per esempio), ma esprimono anche un generale sentimento di ribellione contro tutte le crudeltà, incluse le torture e i maltrattamenti degli animali. Il padre di Samra è convinto che sia stato questo profilo Facebook “l’aggancio” per reclutarle e per convincerle a partire in tutta fretta. Sfruttando la rabbia adolescenziale contro le ingiustizie.

Viviana Mazza

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