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Il ricordo degli spari, l'immagine dei genitori e del fratello uccisi, la paura che ha tolto loro il movimento e la parola saranno da quel momento e per tutta la vita la madre di ogni altra memoria e la fonte perpetua di ogni pensiero. Però che fortuna, si sono salvati. Non sono nel conto delle vittime, no. Le vittime di cui non si celebra il funerale in questa matematica non entrano. Di chi resta prima o poi ci si dimentica. ...

La Repubblica
24 02 2014

L'anonimo è stato sequestrato dagli agenti della polizia penitenziaria di Opera ed inviato ai magistrati siciliani che indagano sulle ultime minacce del capo di Cosa nostra ai pm del processo trattativa

di SALVO PALAZZOLO

Qualche giorno fa, è arrivata una strana lettera al carcere milanese di Opera, era indirizzata al capomafia Salvatore Riina. Aveva toni minacciosi e una firma che rievoca un passato oscuro: "Falange armata", la sigla che fra il 1992 e il 1993 rivendicava gli attentati ai centralini delle agenzie di stampa e lanciava messaggi di terrore. "Chiudi quella maledetta bocca - scrive l'anonimo a Riina, in questi mesi parecchio loquace durante l'ora d'aria, tanto da essere intercettato per decine di ore - ricorda che i tuoi familiari sono liberi". Il finale della lettera lancia un altro messaggio inquietante: "Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi".

La lettera non è mai arrivata nella cella di Riina, è stata sequestrata prima dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha poi provveduto a inviare il testo alle procure di Palermo e Caltanissetta, in questo momento impegnate a decifrare le dichiarazioni del capomafia, e soprattutto le sue minacce nei confronti del pm Nino Di Matteo.

Ma quanto è attendibile il riferimento alla Falange Armata? Da vent'anni, ormai, quella sigla è scomparsa, portandosi dietro i suoi misteri, ripercorsi adesso da un bel libro di Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra (L'operazione criminale che ha terrorizzato l'Italia, la storia segreta della Falange Armata - Newton Compton editori). Ma della Falange Armata si stanno occupando in questi mesi i pm di Palermo che indagano sui misteri del dialogo fra Stato e mafia. E questo non è un mistero. Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi hanno già fatto confluire una parte dei vecchi atti dell'inchiesta romana sulla Falange nel processo trattativa. Altri accertamenti delegati alla Dia sono invece in corso, e coperti da un rigido segreto istruttorio: costituiscono l'ossatura del fasciolo bis dei magistrati di Palermo. Chi indaga ritiene che il dialogo segreto con i mafiosi non fu condotto solo dai politici e dai carabinieri del Ros rinviati a giudizio (Mancino, Dell'Utri, Mori, Subranni, De Donno), ma anche da alcuni agenti dei servizi segreti. Per il pool di Palermo, è più di un sospetto. C'è già una pista concreta, che vedrebbe indagato un ex dirigente dell'intelligence in rapporti con l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino attraverso un intermediario.

Ecco perché è inquietante quel riferimento alla Falange Armata nella lettera inviata a Riina. Viene letto come un messaggio per il boss di Corleone, diventato fin troppo loquace con il suo compagno d'ora d'aria tanto da accusarsi delle stragi, ma anche come un'ulteriore minaccia ai pm di Palermo, impegnati in un nuovo versante delicatissimo di indagini.



La mafia non uccide mai bambini, la mafia i bambini li rispetta. Questa è la favola che tramandano i boss, generazione dopo generazione. La mafia in realtà ha sempre ucciso i bambini, quando è "necessario" l'omicidio non ha età. "Liberati del canuzzu", liberati del cagnolino dice Giovanni Brusca a uno dei suoi, indicando una larva, un corpicino che non pesa neanche 30 chili. ...

Stessa spiaggia stessa mala (Fabrizia Caputo, Left)

Spaccio, usura e omicidi. Sono alcuni degli ingredienti della storia criminale di Ostia, la località balneare alle porte di Roma. Da tempo ormai il litorale è in balìa della criminalità organizzata che negli anni, silenziosamente ma non troppo, è riuscita a mettere sotto scacco un'intera provincia. ...
"Non chiamatemi eroina antimafia, non sono una paladina dell'antiracket e neppure un simbolo di chissà quale rivolta morale: sono Debora, una donna che ha sempre fatto il suo lavoro con serietà e sogna una città diversa. Sono normalmente palermitana". ...

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