Valigia Blu
04 09 2013
La neo-nominata senatrice a vita Elena Cattaneo è bersaglio, in questi giorni, di molte critiche provenienti, soprattutto, dall’area politica e culturale vicina al centrodestra, come, peraltro, anche le altre tre personalità che Giorgio Napolitano ha chiamato a sedere in Senato. La polemica può essere sintetizzata nel seguente, definitivo, modo: «Sono tutti comunisti». La polemica contro la Cattaneo ha viaggiato finora su due binari: il suo appoggio a Pierluigi Bersani durante le primarie del Pd e la sua opposizione alle politiche del governo Berlusconi in materia di fecondazione assistita (durante il referendum del 2005) e ricerca sulle cellule staminali embrionali. Oggi Il Giornale, con questo articolo di Fabrizio De Feo (ripreso da Libero), vuole spostare la polemica dal campo politico a quello scientifico, facendo intendere che, altroché «super-scienziata», la Cattaneo è soltanto «440esima». Insomma: vale poco o nulla e quindi ben altri si meriterebbero il riconoscimento del Quirinale. La conclusione, logicamente inattaccabile, De Feo la deduce dalla consultazione del sito Top Italian Scientists, che riporta un censimento (più che una classifica) di molti scienziati italiani, basato sul loro valore di H-Index, un parametro da tempo utilizzato per misurare l’impatto e la produttività dei ricercatori all’interno della comunità scientifica. Tuttavia, che in questa classifica – che tale non pretende di essere – Elena Cattaneo ricopra la 440esima posizione è falso. Nella migliore – ma la meno realistica – delle ipotesi, siamo di fronte a una mancata capacità di lettura di ciò che la fonte riporta. Una breve analisi per punti chiarirà perché: 1. Il parametro H-Index ha i suoi limiti, che non staremo ora qui a esaminare nel dettaglio. Ma di difetti se ne riscontrano anche in altri indici bibliometrici, perciò possiamo soprassedere. Tra i limiti, tuttavia, c’è anche quello, ahimè, di non essere stato pensato per stabilire chi sia più o meno degno di ricevere una nomina presidenziale o chi, all’interno della comunità scientifica, si ritrovi di più nello slogan Meno male che Silvio c’è. 2. Il sito spiega con che «beneficio di inventario» si debba prendere la classifica degli scienziati, e ciò non è riportato nell’articolo del Giornale, così da privare i propri lettori di un’informazione utile e limpida. Ovvero: [Il parametro] ha dei limiti poiché in particolare, la frequenza di citazioni varia nei vari campi [...]. La classifica che presentiamo non [corsivo mio ] deve essere quindi interpretata come comparazione assoluta del valore dei vari scienziati e studiosi, soprattutto fra le materie diverse riportate come ‘area’ nella tabella. Cioè: oltre a non servire per stabilire il valore assoluto del lavoro di un ricercatore, il parametro non può essere utilizzato – ed è questa la fallacia principale commessa dal Giornale - per effettuare comparazioni tra studiosi in campi e discipline diverse, per tante ragioni. È perciò privo di senso utilizzare il parametro H-index per misurare la produttività scientifica di chi fa ricerca in Astrofisica rispetto a chi si occupa di Farmacologia, Neurobiologia o Chimica. E come si nota dall’elenco, i nomi appartengono a studiosi di campi molto diversi tra loro. Tradotto: «NON PARAGONERAI LE MELE CON LE PERE» (11esimo comandamento). 3. «la Cattaneo figura soltanto al 66esimo posto. Nella realtà, però, alla luce dei tanti ex-aequo, la scienziata di origine bergamasca si attesta attorno al 440esimo posto.» scrive De Feo. Come si può leggere, sarebbe in verità il 64esimo, ma sorvoliamo, perché non è nemmeno così. Diversi scienziati hanno lo stesso H-Index, perciò nessuno, tecnicamente, figura al 64esimo posto, o al 60esimo o al 58esimo. Inoltre, almeno qui sul pianeta Terra, un ex-aequo è ex-aequo, perciò se decidiamo che tutti i concorrenti di una gara si sono piazzati al primo posto, allora questi si sono piazzati tutti… al primo posto! Perciò «alla luce» di questo ex-aequo consegniamo a tutti la medaglia d’oro. In questo caso, tutti gli studiosi che come Elena Cattaneo possiedono un H-Index pari a 53 vengono posizionati al 64esimo posto. Ma Il Giornale, no, non ci sta, perché suona troppo facile e deve esserci sotto qualcosa. Perciò Il Giornale si limita a contare, con scrupolo, tutti i nomi riportati nella tabella, fino a incontrare Elena Cattaneo, il «440esimo» dell’elenco. E trovare, così, il titolo-scandalo. In realtà sarebbe il 443esimo. Ma le hanno fatto uno sconto. Infine, come abbiamo visto al punto 2., se è privo di senso stabilire classifiche tra ricercatori di aree diverse, si può immaginare quanto sia farlo anche tra valori di H-Index identici. Da quanto detto appare evidente come l’articolo del Giornale, oltre a non fornire ai lettori né un’opinione corretta né gli strumenti adatti per leggere le fonti utilizzate, si riduca ad un’arma polemica contro un avversario politico. E un’arma usata in modo improprio, per ridicolizzare una persona le cui ricerche nel campo delle malattie neurodegenerative, soprattutto la Corea di Huntington, sono riconosciute anche al di fuori della comunità scientifica. Una polemica svolta senza alcuna cognizione degli argomenti in questione, cosa che non contribuisce ad innalzare il livello di un’informazione già molto carente, su temi come quelli scientifici. Questo esula dalle discussioni sui senatori a vita, sull’opportunità di conservare questa istituzione, sul fatto che altri meritassero o meno questa nomina. Esula dalle simpatie politiche, sia proprie che della persona in questione, il cui lavoro non merita di essere ridotto a una polemica che si esaurisce, come purtroppo spesso capita, nello spazio di un titolo a effetto, utile solo ad eccitare l’animo del pubblico dei propri lettori, ridotti (sempre più) a tifoserie in guerra. Aggiornamento: Francesco Sylos Labini fa, correttamente, notare come la classifica Top Italian Scientists, consultata dal Giornale, non sia ritenuta molto affidabile per il calcolo del parametro H-Index.
FEMMINICIDIO Feminicide Feminicidio
26 06 2013
VOGLIAMO LA NOMINA DELLA MINISTRA PER LE PARI OPPORTUNITA’
Al Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta
E.p.c.
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Senato On. Grasso
Alla Presidente della Camera On. Boldrini
A tutti i Ministri e le Ministre della Repubblica
A tutti e tutte le Parlamentari
A tutte e tutti i Presidenti delle Regioni italiane
A tutte e tutti i Presidenti delle Assemblee legislative regionali
A tutte le Consigliere di parità
A tutte e tutti gli Assessori alle Pari Opportunità
A tutti i direttori e alle direttrici delle testate informative italiane e locale
Ai Sindacati
Alle Associazioni di categoria
Alla cittadinanza tutta
Egregio Presidente Letta,
la prevenzione ed il contrasto alla violenza maschile sulle donne rappresenta una priorità per il Paese.
Le donne italiane, per richiamare le Istituzioni ad agire con responsabilità, hanno utilizzato tutti i meccanismi internazionali, portando la loro voce davanti al Comitato CEDAW, alla Relatrice Speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, al Consiglio per i Diritti Umani.
Le raccomandazioni delle Nazioni Unite al nostro Paese sono nette nell’affermare che “l’elevato numero di donne uccise dai propri partner o ex-partner (femminicidi), può indicare il fallimento delle Autorità dello Stato nel proteggere adeguatamente le donne, vittime dei loro partner o ex-partner”.
La Ministra Idem ha il merito di aver creato immediatamente una sinergia con la società civile e con le altre Istituzioni per definire una strategia responsabile e coordinata, di lungo termine, per la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne.
Questa volontà politica di portare avanti una risposta non emergenziale al problema, ma strutturata e condivisa, rappresenta un ottimo esempio di buona politica e di azione adeguata per raggiungere risultati concreti, a partire dalla rilevazione delle risorse e delle criticità esistenti.
Ci giunge notizia che, dopo la sollecitazione delle dimissioni della Ministra Idem, questo Governo vorrebbe re-distribuire le deleghe, senza procedere alla nomina di una nuova Ministra.
Ebbene, noi lo troviamo un gravissimo atto di irresponsabilità Istituzionale.
Oggi più che mai c’è bisogno di una “cabina di regia”, che solleciti il contributo dei singoli attori istituzionali e non, al fine di apportare nel nostro ordinamento le riforme necessarie a rendere funzionante il meccanismo delle pari opportunità, per la prevenzione e per la predisposizione di efficaci meccanismi di tutela che consentano alle donne di difendersi da ogni forma di discriminazione e violenza di genere.
La Relatrice Speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne ha chiesto all’Italia di “istituire una singola struttura governativa dedicata a trattare esclusivamente in genere la questione del raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale e in particolare la violenza contro le donne, per superare la duplicazione e la mancanza di coordinamento”, perché questo ha rappresentato, fino a ieri, uno dei motivi principali dell’inefficacia delle azioni intraprese.
La spartizione delle deleghe tra altri Ministri, non farebbe altro che accentuare questa frammentarietà, non solo di azioni ma anche di intenti.
Urge prendere atto che la Ministra delle Pari Opportunità non potrà più essere considerata una figura accessoria, rinunciabile ad libitum, e che riveste un ruolo primario per assicurare l’efficacia dell’azione del Governo nell’adempimento delle sue obbligazioni internazionali in materia, assunte in particolare a seguito della ratifica della CEDAW e della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Siamo certe/i che Lei vorrà capire la rilevanza delle argomentazioni che Le sottoponiamo e che vorrà comprendere la nostra determinazione nel desiderare ardentemente che il nostro Paese, per cancellare un passato recente in cui la dignità delle donne troppo spesso è stata pubblicamente calpestata, scelga finalmente di anteporre agli equilibri politici la possibilità di vita e di libertà per le donne.
Si assuma quindi il carico della responsabilità che onera le Sue spalle in quanto Presidente del Consiglio dei Ministri, decida attraverso la Sua scelta di agevolare la costruzione di un percorso adeguato di riforma politica, amministrativa e legislativa delle Istituzioni per poter adeguatamente prevenire e contrastare la violenza maschile sulle donne.
Prenda atto di quanto risulta preziosa per le donne e di pregio per il Suo Governo la strategia avviata da Josefa Idem nel breve periodo di incarico come Ministra, Le chieda di continuare a ricoprire ad interim la carica di Ministra per le Pari Opportunità, o scelga celermente una figura altrettanto competente e dialogante, che possa degnamente continuare il percorso di riforme dalla stessa iniziato.
Il Fatto Quotidiano
19 06 2013
Un pasticcio o cos’altro? Da qualche giorno sul web si commenta il decreto legge Disposizioni urgenti per contrastare il sovraffollamento delle carceri e in materia di sicurezza; meglio conosciuto come il ‘decreto svuota carceri’. Sarà discusso nel Consiglio dei ministri entro pochi giorni e prevede l’introduzione di un capitolo sulla violenza domestica. Il capitolo “Prevenzione e contrasto di fenomeni di particolare allarme sociale” riguarda nuove norme in tema di violenza contro le donne e preoccupa le associazioni di donne impegnate sul problema del maltrattamento familiare perché non rispetta la Convenzione di Istanbul né l’esperienza maturata sul campo dai centri antiviolenza. Desta perplessità perché inserisce alcune norme sulla violenza domestica in una legge che tratta di sicurezza.
Il decreto prevede che il Questore, avuta notizia di un reato di lesioni in situazioni di violenza familiare, anche in assenza di querela, ammonisca l’autore del maltrattamento: un procedura che avviene anche per il reato di stalking. Il progetto di legge definisce poi violenza domestica: tutti quegli “atti non episodici”, di violenza fisica, sessuale e psicologica o economica che si verificano all’interno del nucleo familiare. La sospensione della patente è una delle sanzioni previste per l’autore del maltrattamento.
La considerazione da fare innanzitutto è che la descrizione della violenza domestica come “lesione” e “atto non episodico” si discosta molto dalla definizione di violenza domestica della Convenzione di Istanbul. La legge di ratifica è stata recentemente approvata e già se ne tradisce il testo. Nel trattato europeo, la violenza domestica comprende “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica che si verificano all’interno della famiglia”: ovvero qualunque atto che provochi sofferenza a prescindere dalle lesioni fisiche e dalla durata del maltrattamento. Il legislatore forse ritiene accettabile una dose minima di violenza commessa all’interno della famiglia e nelle relazioni con le donne?
Ma i pasticci di questo decreto non finiscono qua, purtroppo. Chi lavora sul campo sa quanto aumenti il pericolo per le donne, quando la violenza familiare è svelata. Quello è un momento delicato perché l’autore delle violenze sente che può perdere il controllo sulla compagna. Ammonire senza mettere immediatamente in sicurezza la donna, (tanto meno coinvolgerla o informarla) significa esporla a rischi altissimi. L’Italia è carente di case rifugio e progetti di ospitalità per le vittime di violenza: ci sono regioni dove non esiste nemmeno un centro antiviolenza. Che accadrebbe ad una donna che continua a vivere sotto lo stesso tetto con l’autore di maltrattamenti dopo l’ammonimento del questore?
L’altro dubbio è come dovrebbe arrivare la segnalazione di lesioni al questore, chiacchiere dei vicini a parte, con il referto dal pronto soccorso? I medici hanno l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria solo quando le vittime (se di tratta di adulti) hanno lesioni per le quali è prevista la procedura d’ufficio. Il decreto invece è pensato per le situazioni di violenza denunciabili con la querela di parte. E come si affrontano nei pronto soccorso e negli ospedali italiani i casi di violenza domestica? Sul territorio nazionale non sono attuati in maniera omogenea interventi ad hoc, nei casi di sospetto maltrattamento. Per esempio avviene di frequente che l’autore delle violenze accompagni o raggiunga al pronto soccorso la moglie o la compagna per controllarla ed evitare che parli con medici o infermieri. Nei presidi sanitari dove sono attuate buone prassi, il personale è adeguatamente formato e preparato onde evitare che una donna entri nell’ambulatorio del pronto soccorso accompagnata dal marito o dal compagno. In questo modo si agevola lo svelamento della violenza, si informano le donne sui loro diritti e le si mette in contatto con un centro antiviolenza. Tutto è fatto per evitare rischi alla vittima. La prima cosa è prendersi cura della donna, rassicurarla, darle indicazioni su come e dove trovare aiuto, darle il tempo di maturare decisioni e fare scelte, preoccuparsi che sia in una situazione di sicurezza prima di qualunque azione legale. Ma quanti sono i pronto soccorso e gli ospedali che attuano queste procedure?
Resta peraltro incomprensibile che non sia stata prevista la revoca immediata del porto d’armi e il sequestro dell’arma ma solo la sospensione della patente. Il permesso di guida sarebbe rilasciato solo per essere utilizzato nel tragitto da casa al lavoro ma è poco chiara la logica di questa sanzione.
Insomma siamo al solito problema. I nostri governanti continuano ad intervenire sul problema della violenza contro le donne con azioni di carattere securtario e legiferano senza confrontarsi e ascoltare chi opera sul campo. Ma se questo capitolo sarà approvato dal Consiglio dei ministri si faranno azioni che passeranno sopra la testa delle donne vittime di violenza. Interventi come questi non sono di aiuto alle donne anzi rischiano di essere persino dannosi se non vengono inseriti e resi coerenti con una rete di azioni e prassi condivise tra soggetti istituzionali e privati che mettano al centro di ogni percorso la vittima di violenza. Ma si dovrebbe fare politica e non demagogia.
@Nadiesdaa