Il Paese delle donne
15 05 2013
La legge regionale n. 22 del 1995 istitutiva del Progetto Donna non è stata finanziata.
Apprendiamo la notizia dal messaggio e-mail che trasmette il verbale della riunione del Coordinamento del Progetto Donna della Regione Calabria, tenutasi lo scorso 9 aprile.
Riportiamo fedelmente parti del verbale, affinché le cittadine e i cittadini calabresi siano correttamente informati su una decisione che porta la nostra regione indietro di decenni.
“La coordinatrice Antonella Stasi comunica alle componenti del coordinamento che per l’esercizio finanziario 2013 la legge istitutiva del Progetto Donna non è stata finanziata, ciò in un’ottica di spending review e di razionalizzazione della spesa. Pertanto informa il coordinamento che Progetto Donna è una norma destinata a scemare”.
Ricordiamo a coloro che hanno a cuore le politiche di genere tese a favorire pari opportunità ai cittadini che la Legge Regionale del 19 aprile 1995 n. 22, istitutiva del Progetto Donna, nacque dalla volontà, diffusa tra le donne calabresi, di creare uno strumento legislativo che desse valore ai loro saperi, ai loro progetti.
Nell’Articolo 1 della legge si afferma che “La Regione Calabria riconosce valore e da’ visibilità al pensiero e alle attività delle donne calabresi e pertanto istituisce il Progetto Donna con sede presso la Giunta Regionale”.
Nell’articolo 2 si sottolinea che “Il progetto Donna si pone come espressione della soggettività politica delle donne calabresi, ne sostiene i diritti, ne evidenzia i bisogni, ne promuove i percorsi di libertà”.
Tutto questo e molto altro dall’alto valore simbolico e dall’importante valenza operativa, andrà a “scemare”, riprendendo il termine utilizzato dalla coordinatrice Stasi.
In questi anni, tanti sono stati gli ostacoli frapposti ad uno strumento legislativo evoluto ed innovativo, preso ad esempio dalle altre regioni italiane. Nel 1999 avevano tentato di cancellare la partecipazione delle associazioni femminili che la legge prevede che abbiano un importante ruolo nella programmare delle attività; ma l’indignazione delle associazioni fu tale che non ci riuscirono che gli sciagurati consiglieri regionali non ci riuscirono.
Nel tempo, hanno eroso e stornato i fondi destinati alla programmazione delle attività, ma addirittura pensare ad una “chiusura definitiva della legge” e di snaturare lo spirito del Progetto Donna, ridimensionando di conseguenza l’agire delle donne, è un attacco senza precedenti!
In momento in cui a livello nazionale si pensa di avviare azioni positive specifiche per fermare il femminicidio continuo e sempre più cruento, in Calabria si coglie l’occasione per fermare una legge voluta dalle donne e che negli anni ha concorso a realizzare nella nostra regione centri di informazione, biblioteche delle donne, telefoni rosa, percorsi formativi d’eccellenza.
Più di cento sono le associazioni femminili iscritte all’Albo regionale del Progetto Donna che hanno sempre difeso con il loro impegno e la loro determinazione gli scopi fondativi della legge e che non si sono mai stancate di presentare proposte e progetti di genere.
Le rappresentanti delle associazioni femminili del Coordinamento del Progetto Donna per i quattro settori d’intervento - informazione, cultura, lavoro e servizi – con grande spirito di servizio hanno redatto e proposto le linee di indirizzo della programmazione delle attività da mettere a bando, così come prevede la legge, ma l’assenza della necessaria copertura finanziaria ha vanificato il loro impegno.
Hanno lavorato mettendo a disposizione gratuitamente le loro competenze, affrontando viaggi e costi senza ricevere alcun rimborso spese.
Ciò nonostante non si sono mai stancate di evidenziare ritardi e malfunzionamenti del Progetto Donna, hanno redatto documenti e lettere di protesta, ma è il momento che le cittadine e i cittadini calabresi insieme si impegnino per difendere uno strumento legislativo importante anche per le future generazioni, affinché non si compia l’ennesimo femminicidio, questa volta simbolico, ma non per questo meno grave, che uccide la speranza in tutte noi che le donne possano avere il giusto spazio e un ruolo attivo nella nostra società.
Prime firmatarie:
Nadia Gambilongo -Settore Informazione
Nella Mustacchio - Settore Cultura
Margherita Gulisano - Settore Lavoro
Ingenere
09 05 2013
Solo 3 donne scelte per presiedere le 29 commissioni permanenti di camera e senato. Al momento abbiamo Anna Finocchiaro (commissione Affari Costituzionali, senato), Emilia De Biase (Sanità, senato), Donatella Ferranti (Giustizia, camera). Mancano ancora le commissione bicamerali, Copasir e Vigilanza Rai, attese a breve. Ma per ora la presenza femminile ai vertici delle commissioni è appena sopra il 10%. Eppure la diciassettesima legislatura aveva aperto i battenti con la più alta percentuale di donne in parlamento nella storia della Repubblica: nella legislatura alle spalle era del 21% alla camera e del 19% al senato, adesso è rispettivamente del 28% e del 27% - ma siamo ancora lontani dal faro rappresentato dai paesi scandinavi che arrivano a percentuali femminili del 40% (dati aggiornati nella sezione Gender Equality della Commissione Ue). E mentre al governo abbiamo una percentuale di ministri donna del 33% - anche in questo caso la più alta della storia italiana -, nella lista dei viceministri e sottosegretari le donne sono solo al 20%.
Ingenere
02 05 2013
"Questa volta le donne al governo sono sette e non se ne erano mai viste tante, in Italia almeno, infatti chi le ha scelte, il nuovo candidato premier in extremis Enrico Letta, si compiace con se stesso". Il commento di Natalia Aspesi su Repubblica sulla composizione del nuovo governo apre con tono positivo, pur notando lo svantaggio di partenza, che fa risplendere l'inedita presenza femminile. Ma a parte il numero, la giornalista che "sono (quasi) di sicuro competenti: almeno come gli altri uomini di solito inchiodati alle poltrone di potere, e alcune molto di più". Peccato che di una delle neo-ministre si debba commentare il colore della pelle e i relativi commenti degli esponenti della Lega Nord, ma un'altra piccola soddisfazione femminile c'è, sottolinea Aspesi: "Le ministre di questo governo, non sono come quelle che in parlamento, al governo, nei consigli regionali del passato, erano tutte giovani, coi tacchi a spillo, il seno esposto, le belle gambe, la boccona rifatta e il talento da show girl: adesso ce ne è di ogni età, di ogni corporatura, di ogni tipo di abbigliamento; almeno fisicamente, rappresentano davvero tutte le donne italiane". (L'articolo per intero si può leggere qui).
Invece Mariella Gramaglia su La Stampa commenta positivamente la nomina di Maria Chiara Carrozza, "illustre studiosa di robotica, bioingegneria, biorobotica"; "Se abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli saremo lieti che ministro dell'istruzione" sia lei, scrive Gramaglia. E più in generale possiamo compiacerci sulle 7 donne ministro su un totale di 21.