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Non giocate con le nostre vite

  • Giovedì, 28 Marzo 2013 14:38 ,
  • Pubblicato in DINAMO PRESS

Dinamo Press
28 03 2013

La denuncia dell’associazione Yo Migro e le testimonianze video raccolte in collaborazione con Esc Infomigrante.

È primavera inoltrata, poco meno di un anno fa, quando riceviamo la prima telefonata. A contattarci è un’operatrice sociale. Sta lavorando in un centro per minori non accompagnati, ci spiega. Aggiunge che i ragazzi ospiti del centro sono tutti stranieri e che non si tratta di una casa famiglia per pochi ospiti, come prevedono le disposizioni in materia di tutela dei minori. È un centro grande, di recente apertura, in estrema periferia. La struttura è piccola e fatiscente, il personale carente. I ragazzi sono parcheggiati lì dalla mattina alla sera: nessuna assistenza legale e psicologica, nessun percorso formativo, attese lunghissime e dagli esiti incerti per concludere l’iter di regolarizzazione (tutela e permesso di soggiorno). L’operatrice ci chiede d’inserire un gruppo di ragazzi nei nostri corsi d’italiano. Creiamo un modulo ad hoc. I ragazzi aumentano di settimana in settimana, sono in maggioranza africani, arrivati durante la cosiddetta “emergenza Nordafrica”.

Ci attiviamo per avviare un percorso a tutto tondo, che li metta in condizione di costruirsi un futuro. Non facciamo in tempo. Con l’arrivo dell’estate, i nostri studenti si volatilizzano. Di starsene parcheggiati non ne volevano sapere. I centri percepiscono dai 50 agli 80 euro al giorno per “accoglierli”, ma solo per ottenere la tessera dell’autobus i ragazzi hanno dovuto fare uno sciopero della fame. Idem per avere dei pasti accettabili. E così, appena parte la stagione della raccolta agricola, i nostri studenti finiscono tutti al sud. Nuove prede per il caporalato.

Ma l’afflusso dei giovani alla nostra piccola scuola non si ferma. Con l’inizio dell’autunno la domanda s’impenna. Ci contattano altri operatori: stesso scenario, stessa richiesta. Altri ragazzi arrivano per passaparola, altri ancora li intercettiamo in strada, a Tor Pignattara. Vogliono venire a scuola, anche loro ospiti di un centro per minori. Un altro centro ancora, sempre in estrema periferia. Cambiano però le nazionalità di questi giovani: adesso sono quasi tutti bengalesi.

Cominciamo ad avere un quadro più preciso. Contattiamo altre associazioni, avvocati, operatori, componiamo una prima mappatura. A quanto pare, a Roma e solo a Roma, contestualmente all’emergenza Nordafrica il Comune ha aperto una quindicina circa di nuovi megacentri per minori non accompagnati. Dove con “minori” si sottintende “stranieri”. I ragazzi italiani continuano ad essere ospitati in case famiglia. Gli stranieri, finiscono nei megacentri. Impossibile sapere esattamente quante e quali sono queste nuove strutture, ma secondo le nostre stime dovrebbero essere circa duemila i giovani stipati al loro interno. Buona parte dei centri sono legati ai canali di finanziamento dell’emergenza Nordafrica, che finisce formalmente a fine febbraio 2013. E il rischio che si smantelli tutto ci sembra elevato. Cominciamo a organizzarci: assemblee con tutti i ragazzi, colloqui individuali. Per non lasciarli soli e fare fronte insieme a ogni evenienza.

Ma ancora una volta, la realtà supera le peggiori previsioni. L’allarme scatta a inizio marzo. I nostri studenti sono nervosi e preoccupati. La storia che ci raccontano sembra assurda, ma cerchiamo comunque d’informarci. E scopriamo che la loro angoscia è più che fondata. La macchina messa in moto dal Comune di Roma è metodica e implacabile: il venerdì un fax del Comune trasmette alla struttura di accoglienza un elenco di 5 o 10 ragazzi, convocati in dipartimento per il lunedì successivo. Qui ai ragazzi viene offerta la possibilità di dichiararsi maggiorenni, lasciare immediatamente il centro e beccarsi un espulsione. In caso di rifiuto, il giorno seguente vengono sottoposti ad una seconda visita medica di accertamento dell’età presso l’Ospedale militare del Celio, e lì dichiarati maggiorenni. Allontanati immediatamente dal centro con in tasca un provvedimento di espulsione e una pesante denuncia penale per esibizione di documenti falsi, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato. Reati molto gravi: un’eventuale condanna significherebbe non avere mai più alcuna possibilità di vita regolare in Europa.

Presi di mira sono, in questa prima fase, i “centri ordinari”: quelli finanziati direttamente dal Comune e non quelli aperti con l’emergenza Nordafrica – finanziati invece dal Ministero che, alla chiusura del pacchetto “emergenziale”, ha stanziato altri fondi per le strutture che accolgono categorie “vulnerabili” quali i minori stranieri non accompagnati.

Tutto giustificato, a quanto pare, da un’indagine avviata dalla Procura di Roma – con il pieno avvallo del Tribunale dei Minori e in accordo con il Comune – sui cosiddetti “finti minori”. Sembra s’indaghi su un nuovo e redditizio business, in un paese che non prevede nella sostanza alcuna effettiva via di regolarizzazione e continua ad alimentare l’ipocrisia della “lotta all’immigrazione clandestina”. Ovvero: come soddifare le pulsioni xenofobe e garantirsi al contempo uno sterminato bacino di manodopera priva di qualsivoglia diritto. E sarà esattamente questo l’effetto dell'operazione in corso.

Quello che lascia esterrefatti è che s’indaghi colpendo in primis e così duramente l’ultimo anello della catena, il più debole, chi dei traffici è innanzitutto vittima. Non ci risulta che dai ragazzi si cerchi di avere informazioni sull’ipotizzata truffa: una volta espulsi e denunciati, vengono semplicemente buttati in strada da agenti di polizia che non mancano di insultarli e terrorizzarli.

Intanto i circa 2000 ragazzi ospiti dei centri sono in preda al panico. È facile immaginare che, nel giro di qualche settimana, saranno tanti quelli che si allontaneranno, spaventati, dai centri per riversarsi per le strade della stessa città che ha speculato sulla loro “accoglienza”. E che adesso speculerà sulla loro condizione di irregolarità: lavoro al nero, posto letto al nero, vita al nero. Per la gioia di chi della tua clandestinità farà la sua fortuna.

Quando tutto questo sarà finito, quanti minori non accompagnati avranno ancora il coraggio di emergere? Quante giovani e giovanissime vittime di traffico o truffe saranno disposte a denunciare chi si è approfittato di loro? Sicuramente pochissimi. Gli altri troveranno nuovi faccendieri, pronti a vendergli a caro prezzo la speranza di un futuro migliore.

Con grande lucidità un ragazzo ci ha chiesto: perché giocano con le nostre vite?

Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Associazione di promozione sociale Yo Migro – Orgoglio Meticcio
Tra le attività settimanali di YoMigro presso il centro sociale Strike, la scuola di italiano per stranieri, lo sportello di consulenza amministrativa e legale e il centro di orientamento sanitario “Ambulanti”.

Si ringraziano Esc Infomigrante e Amisnet.org per il prezioso sostegno nella raccolta delle testimonianze.

Precarie in protesta al Campidoglio

  • Venerdì, 08 Marzo 2013 13:52 ,
  • Pubblicato in Flash news
Paese Sera
08 03 2013


Maglie gialle come il colore della mimosa. Ma le lavoratrici di Roma Capitale che hanno scelto di indossarla proprio oggi, lo hanno fatto per protestare, non per festeggiare. In occasione del saluto istituzionale che il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha organizzato all'interno della Protomoteca, le lavoratrici hanno deciso di manifestare la propria condizione di precarie del mondo della scuola, amministrative e tecniche.

Donne che da anni aspettano un inquadramento definitivo all'interno degli uffici in cui lavorano da molti anni con contratti a tempo. L'incontro era previsto per le 12, ma intorno alle 13 il sindaco ancora non si vede.

"Ci hanno fatto prendere un permesso personale che dovremo recuperare fuori dalll'orario di lavoro regolare", racconta una di queste lavoratrici. "Speriamo che il sindaco si scusi". Almeno oggi. Festa della donna.
(Foto e testo di Veronica Moreno)

La Repubblica
01 03 2013

Un neonato è morto dopo essere stato rinchiuso in un sacchetto e gettato in un cassonetto nei pressi dell'ospedale San Camillo a Roma. Del caso si sta occupando la polizia del commissariato Monteverde che indaga per chiarire l'esatta dinamica della vicenda.

Dalle prime informazioni, sembra che la madre, una ragazza italiana di 25 anni, si sia rivolta ai medici dell'ospedale per un'emorragia. E' stata proprio la giovane a confessare di aver dato alla luce il piccolo poco prima, intorno alla mezzanotte, ma di averlo gettato nell'immondizia. I dottori hanno subito raggiunto il luogo indicato dalla 25enne e hanno trovato il corpo senza vita del neonato avvolto in un lenzuolo all'interno di sacchetto di plastica.

Gli agenti del commissariato Monteverde e della squadra mobile stanno ora cercando di ricostruire l'esatta dinamica della vicenda sulle dichiarazioni frammentarie e contrastanti. La donna è al momento in stato di arresto.

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