MicroMega
26 06 2015
Per Andrea Bagni, docente e vice direttore della rivista "École", siamo ad una riforma ideologica improntata su logiche neoaziendali: “Il governo col suo autoritarismo ha umiliato il mondo della scuola”. Le proteste? “Continueranno, Renzi se ne pentirà. Nelle piazze di questi mesi si è difesa la scuola pubblica che poi significa difendere un modello di democrazia e i principi della nostra Costituzione”.
intervista a Andrea Bagni di Giacomo Russo Spena
Manifestazioni, scioperi, blocco degli scrutini, sit-in. Il mondo della scuola in subbuglio oggi a Roma, ancora una volta, mentre a Palazzo Madama il governo Renzi, asserragliato, poneva la fiducia sul provvedimento. Senza confronti con le parti sociali. “Ci vogliono umiliare ma hanno fatto male i conti”. Andrea Bagni, docente di italiano e storia a Prato e vice direttore della rivista École, è in mobilitazione insieme ai suoi colleghi. Da mesi. E non getta la spugna. Da settembre si aspetta nuove proteste contro la “buona scuola” del premier: “Hanno sottovalutato la reazione di noi insegnanti, siamo feriti nell’orgoglio”.
Alla fine l’esecutivo ha posto la fiducia. Ora il provvedimento tornerà alla Camera, se votato – come si pensa – diventerà legge già i primi di luglio. Le proteste di questi mesi totalmente inascoltate. Un finale già scritto?
Beh, lo temevo. È lo stile di Matteo Renzi. Il suo è un governo autoritario, si presenta come la fine della democrazia e delle mediazioni: in questo caso, sono stati scavalcati sindacati, associazioni di categoria, studenti e, infine, persino il Parlamento. Mesi di mobilitazione. Tutti i corpi intermedi e i luoghi di dibattito o di discussione sono considerati un intralcio al decisionismo del capo. Ma dietro le logiche sul preside-manager e sul merito si cela una profonda ignoranza su cosa realmente sia, e come funzioni, il mondo della scuola. L’ideologia neoaziendale – che vorrebbero imporci – è estranea ad un adeguato rilancio del nostro sistema di formazione.
Il ministro Giannini, con la sua riforma, è riuscita a ricompattare l’intero mondo della scuola. Non succedeva da anni. Un miracolo, non trova?
Bandiere della Cisl che sventolano vicino a quelle della Cgil. E poi i sindacati di base, i collettivi studenteschi, i precari. Uniti. Da anni non vedevo scene simili. Il governo ha tentato la strada dell’umiliazione per il mondo della scuola ed esso, ferito nell’orgoglio, si è ricompattato: dallo sciopero del 5 maggio, ha rialzato la testa per amore del proprio lavoro. In noi docenti si è innescato un meccanismo di orgoglio professionale, siamo teste pensanti. La protesta si è tramutata presto in una festa per la scuola pubblica dove chi vive quotidianamente tale mondo si riprendeva la scena pubblica e quella parola troppo spesso inascoltata dall’alto. Assistiamo ad istituzioni lontane, un rapporto con la società che si palesa soltanto ogni 5 anni nel momento del voto. E nell’era di spoliticizzazione della polis, le mobilitazioni hanno attestato un immenso desiderio di narrarsi, incontrarsi e costruire dal basso un nuovo sistema, di qualità: in fondo, la scuola si costituisce di relazioni orizzontali nella società e di partecipazione.
Le mobilitazioni continueranno a settembre o una volta che il provvedimento diventerà legge assisteremo ad una sorta di rassegnazione generale?
Auspico un autunno caldo, il governo Renzi ha sottovaluto la reazione della scuola al suo provvedimento. Credo che alla lunga si pentirà. Se passa l’idea di instituire un comitato di valutazione della qualità degli insegnanti, già da settembre ci saranno malumori e proteste. Lanceremo una campagna nazionale di sabotaggio dove i docenti non si dichiareranno eleggibili, così i comitati non potranno formarsi. La qualità del lavoro di un insegnante non è quantificabile, ha mille variabili. Siamo soltanto ad uno strumento punitivo contro il corpo docente. La scuola pubblica è ascolto reciproco e spazi di condivisione . Un luogo in cui si costruiscono relazioni e vincoli sociali.
Uno dei fulcri del provvedimento è la maggiore autonomia della scuola, dove emerge la figura del preside-manager. Qual è il suo giudizio?
È l’aspetto maggiormente criticato. Renzi segue il modello di Marchionne: l’autoritarismo, l’uomo che dall’alto comanda, decide, valuta. Senza compromessi e mediazioni. Gli stessi presidi sono dubbiosi, è incredibile. Tale intervento è puramente ideologico: il governo ha un pensiero organizzativo, gestionale e tecnocratico che non si pone la domanda sulla qualità delle relazioni e del sapere che si dovrebbe insegnare. Già di per sé è complesso produrre gerarchie, figuriamoci in un sistema dove non esistono modelli condivisi e riconosciuti. Quali sarebbero i criteri? La valutazione dell’insegnamento deve emergere da quella comunità collettiva e scientifica che vive in una scuola e non può essere fatta da fuori o dall’alto. È una stortura produrre gerarchia dove invece c’è bisogno, urgente, di cooperazione.
Ma lei è contrario proprio al principio di meritocrazia? Non l’avrebbe inserito nel nostro sistema scolastico?
Ci sono insegnanti più o meno bravi, è un’ovvietà. Qui vengono messi in discussione le modalità e i criteri. La qualità di un lavoro ha mille variabili: non esiste uno strumento idoneo per giudicare il merito. Sarebbe propedeutica una sana discussione sulla qualità del sapere che in Italia non c’è mai stata. Nelle piazze di questi mesi si è difesa la scuola pubblica che poi non è altro che difendere un modello di democrazia e i nostri principi costituzionali.
Dopo la polemica di questi giorni, i 150mila precari della scuola verranno assunti così come richiesto dall’Europa. Poco da aggiungere?
Solo una parte verrà assunta e in realtà siamo ad un giusto processo di stabilizzazione: qui parliamo di docenti, qualificati, che lavorano da anni nel mondo della scuola. E anche in questa partita il governo ha trattato i docenti come merce di scambio. Una volgarità inaudita per chi nella scuola ci vive e lavora. In base ai criteri del governo, si verrà chiamati con un incarico triennale, sottoposti ad una valutazione incapace di entrare nel merito del lavoro del docente, della qualità relazionale del suo lavoro, della sua capacità di collaborare e di stare nel tessuto collettivo. Un’umiliazione intollerabile che non accetteremo.
Internazionale
25 06 2015
Oggi alle 16 il senato vota la fiducia al governo sul disegno di legge Buona scuola, il cui testo è stato modificato con il maxiemendamento presentato due giorni fa e che secondo il governo viene incontro alle richieste di modifica presentate dall’opposizione.
In apertura della seduta la ministra Maria Elena Boschi ha chiesto la fiducia e il presidente del senato Pietro Grasso ha convocato la conferenza dei capigruppo. Se la riforma viene approvata al senato, il testo passerà poi alla camera. La discussione nell’aula di Montecitorio è stata fissata per il 7 luglio.
Ecco cosa prevede il disegno di legge in sei punti:
1) Il maxiemendamento è un emendamento presentato dal governo che contiene tutti gli articoli del disegno di legge.
2) Nel maxiemendamento è previsto che entro l’estate ci saranno centomila assunzioni di precari, anche se questo punto è molto vago. Secondo il Sole 24 ore “se è pacifico che i primi 45mila stabilizzandi otterranno una cattedra all’inizio del nuovo anno scolastico, un po’ meno sicura appare la sorte degli altri 55mila. Che, al momento, dovrebbe consistere in un doppio step: strada facendo la nomina e a settembre 2016 l’incarico vero e proprio”.
3) Entro il 1 dicembre sarà convocato un nuovo concorso. Il concorso sarà l’unico strumento per accedere al ruolo. I posti disponibili saranno sessantamila. Non ci saranno posizioni riservate ai precari di seconda e terza fascia.
4) È stato introdotto un tetto di centomila euro allo school bonus, ovvero alla possibilità di ottenere uno sgravio fiscale (dal 50 al 65 per cento) sulle elargizioni agli istituti fatte da privati o associazioni.
5) In ogni istituto un ispettore esterno valuterà gli insegnanti, aggiungendosi ai due rappresentanti dei genitori e ai tre docenti.
6) Saranno introdotti dei criteri per valutare i dirigenti scolastici, che saranno supervisionati da ispettori esterni.
Su una serie di argomenti, invece, il governo chiede la delega, cioè il potere di legiferare successivamente tramite decreti legislativi.
Riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione.
Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso ai ruoli di docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione.
Promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e ridefinizione del ruolo del personale di sostegno.
Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale.
Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, al fine di garantire a tutti i bambini e le bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, nonché al fine di garantire la conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori.
Garanzia dell’effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Promozione e diffusione della cultura umanistica, valorizzazione del patrimonio e della produzione culturali, musicali, teatrali, coreutici e cinematografici.
Revisione, riordino e adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero.
Adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di stato, anche in raccordo con la normativa vigente in materia di certificazione delle competenze.