Corriere Sociale
25 05 2015
Migranti sfruttati per fare soldi, derubati dei ticket giornalieri, addirittura pagati per far perdere le proprie tracce. Nell’associazione per delinquere delineata dai pubblici ministeri di Napoli per truffare lo Stato prendendosi i milioni di euro stanziati per gestire l’emergenza legata ai profughi, l’accusa assegna un ruolo anche ai vertici della Caritas della Campania. L’inchiesta che ha portato agli arresti i responsabili della Onlus «Un’ala di riserva», Alfonso De Martino e la sua compagna Rosa Carnevale e all’accusa di peculato per il direttore regionale della Caritas don Vincenzo Federico, si concentra sul ruolo di chi doveva occuparsi dell’accoglienza. E va avanti per accertare le responsabilità dei funzionari della Protezione civile e della Regione che dovevano controllare il rispetto delle procedure e la regolarità delle autorizzazioni.
La percentuale
Scrivono i pubblici ministeri nella richiesta di arresto: «È verosimile che le strutture (e segnatamente la Caritas di Teggiano) che facevano pervenire a De Martino i “pocket money” destinati ai migranti da loro ospitati ricevessero in cambio una percentuale degli enormi guadagni che ne ricavava il De Martino (pari al 20% del valore di ogni singolo buono oltre alle ricariche telefoniche acquistate). Non si comprenderebbero infatti le motivazioni sottostanti alla scelta da parte delle varie strutture ospitanti i migranti, allocate in località molto distanti in province diverse della Campania, di fare confluire e negoziare in maniera massiccia, anche per il tramite di loro delegati, la quasi totalità dei “pocket money” indebitamente da loro trattenuti presso l’edicola della Carnevale che è situata a Pozzuoli. A tale business erano del tutto estranei i beneficiari dei buoni cui veniva elemosinata solo una minima parte del valore nominale dei buoni cui avevano diritto».
Il prete della Caritas
Sono 56 i milioni che la Regione Campania ha gestito per l’emergenza legata alla primavera araba, quando in Italia giunsero decine di migliaia di migranti. Don Vincenzo è accusato di essersi appropriato di 44 mila «pocket money» per circa 110 mila euro, ma le verifiche effettuate dagli investigatori hanno consentito di ricostruire passaggi di soldi dai conti correnti di De Martino a depositi riconducibili al sacerdote e su questo sono adesso in corso ulteriori controlli. Lo stesso responsabile della Onlus ha ammesso in un interrogatorio che si è svolto prima dell’arresto: «In riferimento invece alla consegna dei ticket degli ospiti delle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano, i blocchetti venivano consegnati mensilmente dal responsabile Fiore Marotta, il quale, a sua volta, li raccoglieva presso le varie strutture della Caritas di Teggiano. Anche su questi buoni trattenevo una percentuale del 5 per cento come avveniva con le altre strutture non convenzionate con “L’ala di riserva”». Alla Caritas fanno capo altre due Onlus che secondo i magistrati avrebbero avuto un ruolo opaco nella gestione del denaro pubblico in un sistema illecito che andrebbe avanti almeno dal 2011. per avere un’idea del giro di affari basti pensare che soltanto la struttura gestita da don Vincenzo assiste ogni giorno circa 600 stranieri con un introito che — tenendo conto della presenza dei minori — può superare i 4 mila euro quotidiani.
I soldi ai profughi
Si comprende quindi perché ad un certo punto De Martino abbia preferito dare un po’ di soldi ad alcuni migranti per farli andare via continuando però a registrarli come «presenti». A raccontarlo è stato uno dei profughi ospitati e l’accertamento sui registri ha confermato la sua versione. Racconta A. S.: «Corrisponde al vero che nel 2012 ho ricevuto 1.200 euro da De Martino perché aderii alla richiesta di andare via dal campo profughi. Richiesta che ha formulato anche ad altri miei connazionali. Per quattro giorni ho vissuto presso l’abitazione di un mio amico e dopo sono stato a Roma. Era mia intenzione infatti andare a vivere in un altro Stato diverso dall’Italia, ma sapevo che questo era molto difficile avendo un permesso di soggiorno valido in Italia, quindi sono ritornato dopo circa dieci giorni».
La Stampa
20 06 2014
Truffa sui vaccini per l’influenza H1N1. Indagato un dirigente della Novartis. "Danni all’erario per 2,7 milioni di euro"
La procura di Siena apre un’inchiesta. Le irregolarità sarebbero legate al risarcimento versato dallo Stato all’azienda dopo il cessato allarme.
Perquisizioni sono in corso nelle sedi del gruppo farmaceutico Novartis, a Siena e a Origgio (Varese), nell’ambito di un’inchiesta dei carabinieri del Nas di Firenze, coordinata dalla procura di Siena, che ipotizza una truffa nell’ambito della fornitura al ministero della Salute del vaccino contro l’influenza A(H1N1) del 2009.
In base a quanto si apprende, gli investigatori ipotizzano una truffa legata al risarcimento che nel 2012 lo Stato versò a Novartis, a cui, nel 2010, in seguito al “cessato allarme” pandemia, il ministero aveva chiesto l’interruzione della fornitura del vaccino. L’accusa ipotizzerebbe che il risarcimento venne calcolato sulla base del prezzo fittiziamente gonfiato da Novartis di un componente essenziale del vaccino, l’adiuvante MF59. Il costo sarebbe stato incrementato grazie a una serie di sovrafatturazioni fra le società dal gruppo.
L’ad della divisione vaccini della casa farmaceutica Novartis, Francesco Gulli, è indagato con l’accusa di truffa aggravata nell’inchiesta della procura di Siena sulla fornitura del vaccino pandemico anti A(H1N1) al ministero della Salute: gli investigatori ipotizzano un danno all’erario di 2,7 milioni di euro. Le accuse riguardano, per illecito amministrativo, anche la società Novartis Vaccines Diagnostics, per non aver adottato quei modelli organizzativi che avrebbero dovuto prevenire il reato di truffa contestato al suo amministratore delegato. Le perquisizioni sono state disposte dal pm di Siena Aldo Natalini. L’indagine è collegata ad un secondo fascicolo, sempre senese, in cui vengono ipotizzati reati fiscali.