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Luisa Muraro: i generi oltre uomo/donna non sono “travestitismo generalizzato senza ricerca soggettiva di sé”

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Abbatto i muri
30 03 2015

E’ solo mia l’impressione che ogni volta che Luisa Muraro esprime il suo pensiero allo stesso tempo spira un vento fortemente reazionario?
Non è la prima volta che il suo punto di vista contrasta la questione dei generi, tra l’altro distorcendo l’opinione di Judith Butler, rendendola funzionale alla negazione stessa di quel che Butler racconta. Perché, così Muraro scrive: “la gender theory dei cinque generi ha qualcosa di doppiamente aberrante” e perché “la differenza sessuale si avviava ad essere esclusa dalle cose umane, per essere sostituita da un travestitismo generalizzato senza ricerca soggettiva di sé“.

Che differenza c’è tra questi concetti e quelli che vengono descritti da chi parla di "Ideologia del Gender"? In generale il femminismo della differenza non è mai stato incline a cedere qualcosa ad altri femminismi. Da sempre, in Italia, si è imposto egemonizzando dibattiti e monopolizzando spazi. Ma, come ha scritto qualcuno, a momenti ci ha prolassato l’utero e, più in generale, non è neppure più un pensiero, così come viene espresso, attorno al quale si possa fare una seria discussione femminista. Di che parliamo se non della paura di andare oltre la differenza tra uomini e donne? Ed è inutile che Muraro la racconti con tante belle parole e tante somme citazioni, perché il succo del suo discorso è proprio quello lì.

Chi ha mai detto che i generi sono cinque? Certo che possono essere anche di più. Chi ha mai detto che per ogni genere non si stabiliscano delle differenze? E siamo già oltre quel che dice la Muraro, perché noi ragioniamo di differenza tra persona e persona, e non tra generi. Perché esiste la questione di genere, di classe, razza, specie. Si chiama femminismo intersezionale ed è quello che attraversa le battaglie politiche a partire da un punto di vista che non sia ancorato al binocolo ricavato da una fica. Chi ha detto che il “travestitismo” voglia annullare le differenze? A me sembra che l’unico ragionamento incline a fare questo sia esattamente quello della Muraro. Dubito infatti che Muraro abbia in mente un ragionamento filosofico che riconosca diritti e legittimità a chi non si definisce attraverso un anacronistico riduzionismo biologico.

Lei dice che il pensiero della differenza ha scardinato quel copione maschilista che riconosceva alle donne d’essere nate come mancanti di qualcosa. Costole di qualcuno, derivazioni maschili. Ma dopo aver detto – e perdonate il mio tono, ma si sa che io m’ispiro per la maggior parte al De vulgari eloquentia di Dante Alighieri (e ho citato un pezzo grosso anch’io) – che la donna non deriva proprio da nessuno e che è persona, diversa, perché mai riesce tanto difficile capire che non per questo è obbligata, per amor delle accademiche, a restare immobile a contemplar la figa, perché ogni altra ricerca sarebbe stata bollata come “aberrante” e mancante “di ricerca soggettiva del se‘”?

Questo è un nodo che bisogna sciogliere, perché se il pensiero della differenza ha rimesso in discussione la collocazione delle donne ora sarebbe il caso di smettere di nascondersi dietro la parola “femminismo” per citare termini quali “travestitismo”. Mi pare di leggere chi dice che le persone trans non sono altro che illuse che vorrebbero essere donne ma giammai potranno raggiungere tanta e tale perfezione. Mi sembra di leggere chi dice che un gay è effeminato. Sostanzialmente io vedo, nel ragionamento di chi ci spiega come procede il pensiero della differenza, che l’unica differenza che viene riconosciuta è quella che somiglia a loro.

La “ricerca soggettiva del se‘” non viene meno se una donna è tale anche se non ha l’utero, perché avere l’utero non è un valore aggiunto e la trans non è una derivazione “mancante di qualcosa” così come prima le donne erano considerate dagli uomini. Però sono grata alla Muraro che ci ha spiegato così bene perché altre femministe, non lei da quel che so, ad un certo punto diventano omo/transofobe. Nel ragionamento che riconosce solo un valore binario non c’è spazio per nient’altro. Le attribuzioni di caratteristiche sono assegnate e in barba alla presunta ricerca di se’ quel pensiero inibisce la possibilità di dirsi altro che prescinda da una figa e un pene.

L’orgoglio di vedere espresse le differenze donnesche non più in termini dispregiativi, ma addirittura come un mezzo per elevarsi più vicine a Dio, deve aver creato una sorta di corto circuito ideologico, rendendo statico, imperturbabile e dogmatico un pensiero che dovrebbe invece essere laico. Quando si parla di donne differenti si parla infatti di donne migliori. Siamo meglio di tutti quanti. I governi con le donne a fare da ministre sono meravigliosi, gli Stati guidati da donne sono strepitosamente efficienti, l’economia in mano alle donne restituisce al mondo l’armonia, la pace, la serenità eccetera eccetera. Le donne mettono fine alle guerre, se c’è n’è una che combatte e uccide è una stranezza, poiché si dice che avrebbe introiettato caratteristiche proprie del maschile. Immaginate cos’è la somma di queste convinzioni quando si parla di altri generi.

Parrebbe un capovolgimento, una sorta di perversa distorsione della realtà: le trans sono considerate per metà uomini che tenderebbero alla conquista della femminilità. Però in se’ sarebbero ancora maschi e dunque conserverebbero tutte le peggiori caratteristiche di cui l’uomo è portatore sano. Le trans sono un pericolo per il femminismo, dicono alcune rappresentanti del femminismo radicale statunitense e britannico. Vanno bandite dalle assemblee perché sono delle infiltrate e i gay sono ancora peggio. Usano gli uteri delle donne per ottenere un figlio gratis. E cos’è una donna se non una madre attaccatissima a quel che esce fuori dalla vulva? Senza tenere conto di quelli che ieri si chiamavano Francesca e oggi Antonio, perché esistono anche loro e non si capisce dove le femministe della differenza potrebbero collocarli.

Sicché di sovradeterminazione in sovradeterminazione si capisce perché alla fine ci troviamo a considerare che esiste un femminismo che mentre ti indica la via si allea con paternalisti, forze che procedono per far regredire la nostra ricerca del se’, soggetti autoritari che non hanno problemi a delegittimare chiunque non appartenga al duo donna/uomo. Mentre noi tentiamo di allontanarci dall’incastro che suggerisce il nostro essere donne – la sessualità riproduttiva, la maternità come realizzazione di se’ – c’è chi parla di grande madre, di dolore della madre surrogata, scimmiottando una mistica della maternità, propria di altre correnti di pensiero, ma con una punta di orgoglio femminista. E vabbè, sarà come dite voi ma di contraddizioni io ne vedo sinceramente troppe. La domanda a questo punto è: dobbiamo considerare il termine “travestitismo” offensivo se riteniamo di sposare la teoria queer? Cosa sono le persone che non si dicono precisamente uomo e donna: figli di un Dio o di una Dea minore?
Saluti, cordiali, e ora vado a travestirmi.

Ultima modifica il Lunedì, 30 Marzo 2015 09:35
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