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IL FATTO QUOTIDIANO

Il Fatto Quotidiano
11 09 2015

L’iniziativa di disobbedienza civile “SOS eutanasia”, promossa da Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli, dirigenti della Associazione Luca Coscioni, comincia ad avere riscontri significativi, tenendo conto della delicatezza del tema. Da marzo 2015, mese d’inizio dell’attività, sono state date informazioni a 54 persone presentatesi in forma non anonima. Nelle risposte, oltre a dare notizie sulla sospensione delle terapie in Italia, si forniscono informazioni sulle cliniche svizzere, solo a coloro che abbiano i requisiti previsti dalle leggi elvetiche, fermo restando che saranno poi le cliniche stesse a decidere sulla base di quella normativa.
Nel mese di agosto, in particolare, sono giunte 16 richieste di informazioni (più molte altre anonime). Dei 16 richiedenti, 10 sono donne e 6 uomini.

Calcolando anche le molte richieste di notizie prevenute in forma anonima, le cause prevalenti riguardano malattie degenerative (il 43%) o tumorali (28%), così come la comparsa dei primi segni di Alzheimer.

Il 60% delle richieste arriva dal Nord Italia, il 20% dal Centro o dal Sud.

Nello stesso mese di agosto ha superato le 100mila sottoscrizioni la proposta di legge di iniziativa popolare depositata il 13 settembre del 2013 dalla Associazione Luca Coscioni presso i due rami del Parlamento.

Malgrado il sollecito del Presidente Napolitano al Parlamento (18 marzo 2014) perché discuta di scelte di fine vita; malgrado l’impegno in questo senso del Presidente Boldrini e di molti autorevoli esponenti di Camera e Senato; malgrado i numerosi sondaggi sul favore degli italiani (70%) per l’eutanasia: sono trascorsi due anni dal deposito della legge e la sua calendarizzazione nei lavori della Camera è ancora di là da venire. In violazione dell’articolo 71 della Costituzione.

E questo alla fine di una estate che ha visto – oltre alla clamorosa e argomentatissima cover story di “Economist” a favore della eutanasia e la inattesa svolta di “Lancet” nello stesso senso – una serie di proposte di legge e di sentenze a sostegno della eutanasia o del suicidio assistito che fanno compiere un deciso passo avanti verso l’autodeterminazione nella scelte di fine vita ai paesi più lontani e disparati: dal Canada al Sud Africa, dalla California all’India, dall’Australia all’Argentina. Ed alle soglie di un autunno che vedrà i Parlamenti di due paesi comparabili con l’Italia, la Gran Bretagna e la Germania, discutere e votare leggi ampiamente condivise su eutanasia e suicidio assistito, dopo la decisione primaverile del Parlamento francese che ha fatto risolutivi passi avanti rispetto alla vigente legislazione sul “laisser mourir”.

Non a caso, il 16 settembre promuoveremo la nascita un “intergruppo” per eutanasia e testamento biologico cui parteciperanno parlamentari di diversi orientamenti politici, tutti intenzionati a far sì che anche l’Italia si doti finalmente di leggi di stampo europeo sulle scelte di fine vita.

Ritenendole, nella loro dolorosa umanità, più efficaci di ogni possibile argomentazione, sottopongo all’attenzione delle competenti autorità politiche, all’opinione pubblica ed ai troppi silenziosi “maitres à penser” alcune delle e mail pervenute a Sos Eutanasia.

1. Mia madre ha quasi 86 anni. La comparsa dell’Alzheimer risale a circa 5 anni fa. Ha un aneurisma all’aorta a limite dell’operabilità da circa 5 anni. Soffre di fibrillazione atriale da circa tre anni, fa prelievi settimanali per stabilire la terapia. Dal dicembre 2013, da quando si è rotta il femore ed è risultato impossibile operarla, è a letto con il catetere. Non riconosce più i familiari, si esprime con fonemi o parole raramente comprensibili. Per nutrirla va imboccata. Ultimamente ha piaghe da decubito nonostante creme atte a preservarla da tale problema.

2. Ho 43 anni e sono affetto da sclerosi multipla primaria progressiva da circa 15 anni, un terzo della mia vita. Vivo solo e mi arrangio in tutto, ma la patologia procede con costanza e vorrei avere la serenità di poter decidere quando finire con dignità, senza dipendere dalla decisione di nessun altro.

3. Mia madre è affetta da una malattia degenerativa (una forma di mielopatia). Non è ancora gravemente invalida, ma è destinata a diventarlo (tetraplegica). Per questo mi ha chiesto di informarmi su cosa deve/può fare per manifestare la sua intenzione di ricorrere all’eutanasia nel caso sia ridotta all’invalidità totale e dove/come l’eutanasia può essere praticata.

4. Sono costretto su una sedia a rotelle a causa di una lesione infettiva a livello midollare che mi ha portato ad una tetraplegia. A questa si associano problemi collaterali tipo lesioni da decubito. Dal punto di vista familiare mi ritrovo solo. Questa è un tipo di vita che non voglio e non sono in grado di vivere. Per questo chiedo il vostro aiuto per arrivare a concludere il mio percorso di vita.

5. Sono giovane. Sana e robusta costituzione. Ho una vita davanti a me: una vita che semplicemente non mi va di vivere. Non riesco. Vorrei sapere perché la società preferisce lasciarmi morire da sola, magari con metodi violenti o dolorosi, in solitudine, quando potrei rendere dignitose altre vite, con la mia morte. Vorrei lasciare questo mondo sapendo di aver fatto almeno una sola cosa giusta: ho bisogno di sapere se esistono Stati che permettano l’espianto di organi senza morte cerebrale avvenuta.

Lettere che aiutano a capire perché poi, in una sistema di leggi che puniscono con pene fino a 15 anni ogni forma di eutanasia, ogni anno 1.000 malati terminali siano costretti al suicidio, altri 1.000 lo tentino invano e 20mila medici coraggiosi e pietosi trovino solo nella eutanasia clandestina la “uscita di sicurezza” per i loro pazienti terminali.

Carlo Troilo

Il Fatto Quotidiano
10 09 2015

“Tre carabinieri sono sotto inchiesta per la morte di Stefano Cucchi“. Lo scrive il Corriere della Sera, in un articolo a firma di Ilaria Sacchettoni, che rende conto dell’avvio di un’inchiesta bis – affidata al pm Giovanni Musarò – sul caso della morte del giovane, avvenuta in seguito all’arresto subito il 15 ottobre del 2009.

L’ex vicecomandante della stazione di Tor Sapienza, Roberto Mandolini, è indagato per “falsa testimonianza“. La deposizione del maresciallo al processo d’appello contro medici e agenti della polizia penitenziaria è risultata in conflitto con i fatti accertati dai pm. L’inchiesta riguarda anche altri due carabinieri: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che rischiano l’iscrizione nel registro degli indagati per lesioni colpose.

Il primo commento arriva da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che da sempre si batte per avere giustizia: “In questi anni non ci siamo mai fermati, né io né il mio avvocato. Incontreremo lunedì il procuratore capo. Questa è la prima delle novità che ci saranno sul caso della morte di mio fratello. Io l’avevo detto: non era finita”.

I giudici d’appello avevano specificato che Cucchi “Fu percosso“, invitando ad “indagare sui carabinieri”. Le motivazioni della sentenza che nell’ottobre scorso ha assolto agenti penitenziari, medici e infermieri imputati per la morte del giovane detenuto affermano infatti che “non si è trattato solo di una congettura” che la violenza sia stata perpetrata dai militari dell’Arma che lo arrestarono.

“La Procura – si legge sul Corriere – si è mossa sollecitata in parallelo da un nuovo esposto della famiglia Cucchi e dalle indicazioni sulla falsa testimonianza di Mandolini fornite dal presidente della Corte d’appello”. Il vice comandante di Tor Sapienza sarebbe caduto in contraddizione sulla propria partecipazione alle perquisizioni domiciliari eseguite nei confronti di Cucchi, spiegando – senza convincere – le ragioni del mancato fotosegnalamento. Ed è proprio dal chiarimento di questo passaggio che bisognerà partire per provare ad accertare la verità.

Anche l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, commenta positivamente la notizia: “Prendiamo atto con soddisfazione la notizia che ci sarebbero tre carabinieri sotto inchiesta per la morte di Stefano Cucchi. Credo si tratti solo dell’inizio; la verità sta venendo a galla”. L’avvocato poi aggiunge: “Abbiamo raccolto elementi che crediamo siano di grande contributo per far luce sull’intera vicenda, e li abbiamo immediatamente portati in procura. Sono certo che la procura avrà fatto molto di più. Questi elementi riguardano sia aspetti medico-legali sia la ricostruzione degli eventi dei quali è rimasto vittima Stefano. Lui è stato pestato probabilmente più volte e poi è morto in conseguenza di quei pestaggi”.

Il Fatto Quotidiano
09 09 2015

L’Europa torna a richiamare l’Italia sulle unioni civili e le chiede di dire sì ai matrimoni gay. Ma a Roma il ddl che definisce le unioni civili come un istituto autonomo rispetto al matrimonio è fermo in commissione Giustizia del Senato per gli emendamenti di Area popolare e Forza Italia. A guidare l’ostruzionismo è il senatore del Nuovo centrodestra Carlo Giovanardi che questa mattina ha presentato 11 emendamenti, gli unici votati questa mattina in più di due ore e tutti respinti. Il testo è stato firmato dalla democratica Monica Cirinnà ed è stato approvato grazie alla maggioranza trasversale Pd-M5S.

Europarlamento: “Aprire a coabitazione, le unioni di fatto e matrimonio”
Intanto il Parlamento europeo ha chiesto oggi a nove Stati membri su 28 di “considerare la possibilità di offrire” alle coppie omosessuali istituzioni giuridiche come “la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio”. La richiesta è inserita nel paragrafo 85 del rapporto sulla Situazione dei diritti fondamentali nella Ue approvato oggi a Strasburgo. Con il documento firmato dall’europarlamentare M5S Laura Ferrara, il Parlamento europeo ha anche chiesto alla Commissione Ue di “presentare una proposta di normativa ambiziosa che garantisca il riconoscimento mutuo” delle unioni e matrimoni registrati in altri paesi in modo da “ridurre gli ostacoli amministrativi e giuridici discriminatori che devono affrontare i cittadini” per esercitare il loro diritto alla libera circolazione.

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“Sanzionare cariche pubbliche che insultano persone Lgtbi”
Nel capitolo dedicato ai diritti delle persone Lgtbi, Strasburgo condanna “con la massima fermezza la discriminazione e la violenza” e chiede agli Stati di “sanzionare” le cariche pubbliche che “insultano o stigmatizzano” omosessuali e transessuali. Per questi ultimi il Parlamento chiede di facilitare le procedure burocratiche per il “riconoscimento del nuovo genere”. L’ennesimo richiamo dell’Europa sul tema dei diritti civili arriva dopo la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che a luglio ha condannato l’Italia per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali, che da anni vivono insieme in una relazione stabile. E per questo dovrà a ognuno di loro 5mila euro di risarcimento per danni morali.

Ddl Cirinnà fermo per ostruzionismo di Ap e Fi
Ma nonostante le richieste dell’Europa, a Roma il ddl Cirinnà è impantanato. In tutto il giorno, la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha esaminato solo 50 emendamenti, respingendoli tutti. Ne restano così 1.260. L’esame riprenderà giovedì alle 18. Il senatore democratico Sergio Lo Giudice ribadisce che “il Pd non farà nessun passo indietro” e che Ncd e Fi “continuano ad avare un atteggiamento ostruzionistico” “assolutamente non in linea con quanto ci chiede non solo il Parlamento europeo anche oggi, ma soprattutto la Corte di Giustizia europea”.

Giovanardi: “Unioni civili diventeranno uguali a matrimonio”
Schierato in prima linea contro il ddl c’è Giovanardi: “Le unioni civili diventano uguali al matrimonio”, afferma il senatore promettendo che Ap “darà battaglia”. “L’emendamento premissivo (quello votato la settimana scorsa da Pd , M5S e conservatori sulla definizione delle coppie di fatto come specifica formazione sociale, ndr) è stato completamente svuotato. Le parole della Cirinnà hanno riaffermato il sì all’utero in affitto, alle adozioni e alla pensione di reversibilità anche per le coppie omosessuali. Il governo è intervenuto a gamba tesa, definendo tempi e modi. È un nostro dovere fare battaglia parlamentare”.
“Stanno portando avanti un progetto che avrà conseguenze per i prossimi 50 anni della storia italiana. Se dovesse passare dal giorno dopo – conclude Giovanardi – io voto no alla fiducia a questo governo”.

Lupi: “Non accettiamo impostazioni da Parlamento Ue”
Il presidente dei deputati di Area popolare Maurizio Lupi critica duramente l’intervento del Parlamento europeo: “Il riconoscimento di diritti alle persone omosessuali che realizzano unioni stabili è una prerogativa del Parlamento italiano. La forma di questo riconoscimento verrà liberamente decisa da deputati e senatori. L’europarlamento, in tale senso, è libero di pensarla come vuole ma non può chiedere a uno Stato sovrano di ‘dire sì ai matrimoni gay'”.

Il Fatto Quotidiano
08 09 2015

Sono trascorsi otto anni da quando l’espressione hipotecas basuras (mutui subprime) campeggiava sulle prime pagine dei quotidiani. Nell’agosto 2007 in Spagna nessuno immaginava quel che di lì a poco sarebbe accaduto. Per l’ex premier José Zapatero si trattava solo di un “rallentamento” economico, ma in pochi mesi la bolla immobiliare è esplosa, il contagio è diventato evidente e la crisi lampante. Le misure non sono tardate ad arrivare: tagli profondi alla spesa pubblica e dure riforme del lavoro, il tutto sotto lo stretto controllo di Bruxelles. Oggi il governo di Madrid, in vista delle elezioni di dicembre, annuncia che i sacrifici “hanno dato i loro frutti” e ha messo a punto una legge di Stabilità per il 2016 che sembra aprire a “un nuovo periodo di crescita e di creazione di posti di lavoro”. Di certo i dati macroeconomici parlano chiaro: nel secondo trimestre, l’economia è cresciuta dell’1,1% rispetto al primo trimestre e del 3,1% su base annuale. Numeri che riportano la traiettoria del Pil ai livelli pre-crisi.

“Le imprese ripartono, i guadagni delle famiglie no” – Ma per le strade della capitale la percezione di una ripresa è ancora lontana, come sottolineano sindacati e collettivi sociali. Anche gli analisti sembrano essere cauti. Per Emilio Ontiveros, professore di Economia aziendale all’università Autonoma di Madrid, “il recupero in termini statistici è un dato di fatto. Ma è una ripresa i cui effetti non vengono percepiti in egual misura: i rendimenti delle imprese crescono, quelli delle famiglie no. E questo anche perché il lavoro che si sta creando è sottopagato e temporaneo. Se aggiungiamo che una parte dei disoccupati non ha diritto a una protezione sociale, abbiamo una visione completa di come la realtà statistica sia percepita in maniera diversa”, spiega il docente e presidente dell’istituto Analisti finanziari internazionali.

In un giorno licenziate più di 330mila persone – La crisi iberica ha lasciato sul campo ben 7 punti percentuali di Pil. E la ripresa spagnola, tanto sbandierata dal governo conservatore del premier Mariano Rajoy, stride con il fatto che ci sono ancora oltre 5 milioni di disoccupati, di cui la metà senza un lavoro da almeno un anno. Lo scorso 31 agosto è stato ribattezzato “lunedì nero”: secondo i dati del ministero del Lavoro, quel giorno sono state licenziate in tronco 333.107 persone. Una cifra mai registrata nella storia occupazionale spagnola. Per molti si tratta del risultato di un forte aumento della precarietà dei contratti, ma anche della mancanza di fiducia degli imprenditori e soprattutto dell’assenza di un modello economico capace di creare lavoro stabile.

Sotto la soglia di povertà 2,5 milioni di bambini - A pagare il prezzo più alto della recessione, poi, sono state le famiglie più povere. “Basta guardare i dati di Eurostat“, dice Thomas Ubrich del dipartimento spagnolo di Save The Children. Il reddito delle famiglie decresce e la povertà continua ad aumentare in maniera preoccupante, dal 4,4% del 2007-2008 al 7,4% del 2013″. “Parliamo di famiglie che vivono con 4mila euro l’anno“, tiene a sottolinea Ubrich. E i bambini sono i più colpiti. La percentuale di minori che vive sotto la soglia di povertà si allarga, tant’è che la ong ha lanciato una campagna sociale con tanto di manifesti sparsi per le strade e le piazze. “Le cifre aumentano, nel 2014 addirittura di tre punti. Oggi ci sono circa 2,5 milioni di bambini spagnoli che vivono sotto la soglia dell’indigenza. Se consideriamo poi l’Arope, l’indicatore economico europeo, un bambino su tre vive già in stato di povertà”, continua il responsabile del dipartimento delle politiche infantili di Save the Children, che aiuta più di 5mila minori tra Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia. Una situazione preoccupante che priva i minori di opportunità d’istruzione, nega l’accesso ai servizi sanitari, non consente una dieta sana, una casa e un ambiente familiare idoneo. “Finora il governo non si è mosso sul tema delle politiche sociali”, taglia corto Ubrich, “e quelle poche iniziative sono state insufficienti visto che oggi la Spagna investe solo l’1,4% del suo Pil in politiche di protezione sociale rispetto al 2,3% della media europea”.

Insomma, il recupero economico di Madrid è tutto sulla carta. “L’Eurozona ha sbagliato”, è la diagnosi dell’economista Ontiveros. “E i risultati si vedono: la crisi è nata negli Stati Uniti, che tuttavia stanno crescendo più e meglio di noi. La ragione sta proprio nelle politiche: non hanno scelto l’austerity come unica terapia. Il risultato adesso per l’Eurozona è una potenziale crescita lenta e vulnerabile”.

Twitter: @si_ragu

Il Fatto Quotidiano
08 09 2015

Quattro milioni di profughi pronti a lasciare la Siria e i Paesi vicini per arrivare in Europa. Non si ferma l’emergenza migranti. Nel giorno in cui la commissione Europea prepara la sua proposta di ripartizione profughi da avanzare ai Paesi dell’Unione, il capo dell’ufficio di Ginevra delle Nazioni Unite Michael Moeller avverte: almeno 4 milioni di profughi sono pronti a partire e arrivare in Europa se la comunità internazionale non fornirà sostegno e aiuti ai tre paesi confinanti con la Siria – e cioè Giordania, Libano e Turchia – dove ora vivono.

Numeri più alti invece quelli forniti Staffan de Mistura, inviato speciale Onu, in una conferenza stampa dopo un incontro con l’alto rappresentante Federica Mogherini. “Con 7,6 milioni di sfollati, di cui uno in più solo nel 2015 la crisi dei rifugiati siriani è la maggiore al mondo oggi e potrebbe diventare il più grande caso della storia”, ha detto l’ex viceministro degli Esteri. “Le persone in stato di bisogno sono invece 12,2 milioni, con l’80% della popolazione che attualmente vive in povertà”. De Mistura ha spiegato che a fuggire del Paese sono gli appartenenti alla “classe media del paese” e partono “perché dopo 5 anni di guerra hanno perso la speranza“.


Proprio oggi sulla stampa spagnola sono state anticipate le proposte della commissione Europea in vista del vertice straordinario del prossimo 14 settembre, quando i paesi dell’Unione dovranno definire un piano d’azione per affrontare la crisi umanitaria in corso. A Germania, Francia e Spagna sarà proposto di accogliere circa il 60% dei 120 mila rifugiati presenti in Italia, Grecia e Ungheria: nell’ordine 31.433 a Berlino, 24.031 a Parigi e 14.931 a Madrid.

Seguono, nella proposta della commissione Europea, la Polonia, con 9.287 rifugiati, pari al 7,7% del totale. Quindi l’Olanda (7,214), laRomania (4,646), il Belgio (4564), l’Austria (3,640) e ilPortogallo (3,074). A parte la Polonia, che nelle ultime settimane ha ammorbidito la sua posizione, Bruxelles ha ridotto di molto la quota di rifugiati da assegnare alla Repubblica Ceca (2978), alla Slovacchia (1,502). Infine, quanto all’Ungheria, è stata dispensata dall’accoglimento di rifugiati. Saranno 15.600, invece, i richiedenti asilo che saranno ricollocati dall’Italia, sui 120mila previsti dalla nuova proposta della Commissione Ue. I 15.600 si aggiungono ai 24mila del precedente schema di maggio. Il totale di ricollocamenti dall’Italia per le due proposte è di 39.600 profughi su 160mila. L’ammontare di 120mila migranti da ricollocare, secondo i calcoli della Commissione, rappresenta appena il 36% degli ingressi che si sono registrati in Italia, Grecia e Ungheria. Il piano costa alle casse dell’Unione 780 milioni di euro.

Fuori classifica” invece il Regno Unito che accoglierà altri 20mila rifugiati siriani, provenienti dai campi profughi delle Nazioni Unite, fino al 2020.”Manterremo il nostro approccio di prendere i rifugiati direttamente dai campi”, ha spiegato il premier britannico David Cameron, nel suo intervento in Parlamento in cui ha ignorato ancora una volta gli appelli perché il suo Paese aderisca alla redistribuzione dei profughi già in territorio europeo.

E mentre l’Europa cerca di fare fronte all’emergenza, gli Stati Uniti si apprestano ad aumentare sostegno ai ribelli che combattono l’Isis in Siria. Fonti del Pentagono parlano di un aumento del numero di ribelli da addestrare in Turchia e in Giordania per poi dispiegarli in zone della Siria dove possano godere di un maggior sostegno rispetto al passato. Previsto anche un aumento degli sforzi sul fronte della raccolta di informazioni sul terreno da parte dell’intelligence: informazioni da fare avere poi ai ribelli.

Proprio oggi la Francia ha annunciato di aver dato il via a voli di ricognizione sul territorio siriano, già da domani. “Ho chiesto al ministro della Difesa – ha spiegato il presidente Françoise Hollande– di organizzare voli di ricognizione sulla Siria, in vista di eventuali raid contro lo Stato islamico. In Siria vogliamo sapere cosa si prepara contro di noi e cosa si fa contro la popolazione siriana. Per questo ho deciso di organizzare questi voli di ricognizione, in collegamento con la coalizione. Secondo le informazioni che raccoglieremo potremo condurre dei raid”. La guerra all’Isis , in pratica, torna prepotentemente tra le possibilità vagliate dalla comunità internazionale. Il premier Matteo Renzi, però, intervenendo a Porta a Porta ha annunciato: ” L’Italia non partecipa a iniziative che Francia e Inghilterra hanno annunciato di studiare. In Siria c’è un presidente, Bashar al Assad, che controlla una parte del territorio”.

 

Il Fatto Quotidiano
08 09 2015

La filiale italiana del gruppo svedese ha accumulato negli ultimi tre anni 53 milioni di perdite, causate però dagli ammortamenti delle spese di apertura di tre nuovi megastore. Per tutelarsi, ha cancellato il contratto integrativo con cui copre i picchi di lavoro nei fine settimana. Invocando “il contesto economico degli ultimi anni", che è "radicalmente mutato”

I quotidiani nazionali hanno già riportato la cronaca della vertenza Ikea. In sintesi, nel maggio scorso l’azienda ha disdetto unilateralmente il contratto integrativo aziendale, che disciplina in particolare le maggiorazioni per i turni domenicali e festivi. Per motivare la decisione piange miseria, affermando che “il contesto economico degli ultimi anni è radicalmente mutato”. Una cosa della quale molti lettori si saranno accorti da un pezzo, ma che per l’azienda pare essere scoperta recente. Sul Sole 24 Ore dell’8 ottobre scorso, Silvia Pieraccini ci ricordava che il fatturato dell’Ikea, nonostante la recessione, è sostanzialmente stabile (-0,2% nell’ultimo anno fiscale). I 53 milioni di perdite sono quindi dovuti all’ammortamento delle spese di apertura di tre nuovi punti vendita: Catania, Pescara e Pisa, aperti fra il 2011 e 2014.

La crisi, però, era iniziata nel 2008 e solo ora si comincia a vedere qualche timido barlume di ripresa, che potrebbe essere spazzato via in un attimo da un rialzo dei prezzi delle materie prime o dei tassi statunitensi, o dal crollo dei mercati emergenti. Aprire nuovi megastore in un contesto simile sembra una scelta un pochino azzardata, ma naturalmente il rimedio è a portata di mano: basta scaricarne il rischio sui dipendenti. Questi sono impiegati per lo più con contratti part-time “verticali”, che coprono i picchi di lavoro del fine settimana. Per molti di loro la disdetta del contratto integrativo significa una riduzione del salario che, a spanne, si colloca fra il 20 e il 30%. Il tutto mentre a livello globale l’azienda vola, come ricordava Repubblica il 28 gennaio, al punto che la casa madre ha potuto distribuire 200 milioni di bonus ai propri dipendenti. Naturalmente qui in Italia i sindacati non hanno apprezzato la disdetta del contratto: l’11 luglio è stato indetto il primo sciopero nazionale, e da allora, dopo la posizione di chiusura assunta dall’azienda a fine luglio, sono proseguite le manifestazioni, in vista del prossimo incontro fra le parti, previsto per il 14 settembre.


Quella che vi sto raccontando è, per molti versi, una storia di figli e figliastri: insomma, duole dirlo, una tipica storia europea. Intanto, fa riflettere il fatto che un’azienda che nasce in Svezia, paese che ha reagito alla crisi del 2008 svalutando del 20% la propria corona, venga a casa nostra a svalutare del 20% i salari dei suoi dipendenti. I paesi europei che sono rimasti fuori dalla gabbia dell’euro volano, e in alcuni casi (come la Polonia o la Repubblica Ceca) sono anche beneficiari netti dei fondi europei. Gli abitanti dei paesi che, come l’Italia, hanno aderito senza precauzioni all’euro “che ci protegge”, hanno un destino segnato: la svalutazione del loro lavoro. Chi opera in settori esposti alla concorrenza estera, come la manifattura, ci passa prima (pensate al caso Electrolux), ma anche chi opera nei settori cosiddetti “protetti”, come il commercio o l’insegnamento (ricordate “La buona scuola”?), non è al sicuro. Quando la crisi spinge la disoccupazione verso l’alto, è facile trovare chi sia disposto a lavorare per meno soldi.

C’è poi un altro dettaglio che interesserà i tanti che attribuiscono aprioristicamente agli abitanti del Nord patente di virtù. L’Ikea è riuscita a scandalizzare perfino l’Economist (che non è esattamente un settimanale comunista) per la scaltrezza con la quale, grazie a un complicato intreccio di società senza scopo di lucro e scatole cinesi con sedi in Liechtenstein, Lussemburgo e nell’immancabile Olanda, riesce ad eludere il fisco.

Peraltro, l’Ikea è coinvolta anche nello scandalo Luxleak: uno scandalo esploso nell’autunno scorso, quando si apprese che le autorità del Lussemburgo avevano garantito trattamenti fiscali di favore a grosse multinazionali. Possiamo supporre che i funzionari lussemburghesi non siano stati generosi per mera filantropia: comunque lo scandalo è stato presto sedato, forse per il non trascurabile dettaglio che una delle persone potenzialmente coinvolte (in quanto premier del Lussemburgo) è nel frattempo diventato presidente della Commissione Europea (Jean Claude Juncker). Anche qui figli e figliastri: nell’Europa che vorrebbe (a chiacchiere) diventare una federazione, unendo i bilanci pubblici dopo aver unito la moneta, i paesi “più uguali degli altri” ci fanno concorrenza sleale praticando condizioni fiscali di favore a imprese “più uguali delle altre”, salvo poi darci periodiche lezioncine di moralità.

La dinamica figli/figliastri opera anche nel microcosmo. All’interno della stessa Ikea molti neoassunti hanno tipologie di contratto meno vantaggiose dei loro colleghi anziani. La disdetta del contratto integrativo quindi non li danneggia: in quanto “figliastri”, tendono a essere poco solidali coi “figli” (che a loro volta non si erano posti particolari domande vedendo arrivare interinali e stagisti, aderendo alla comoda logica dell’“io speriamo che me la cavo”). La morale di questa vicenda ancora aperta è semplice. Il capitale sa come vincere la sua guerra: dividendo l’avversario. E allora, non chiedere mai per chi suona la deflazione: essa suona per te…

Veneto anti-gender: eterosessuale è bello!

Coppia lgtbEretica, Il Fatto Quotidiano
4 settembre 2015

In Veneto fanno a gara a chi tira fuori l'idea più discriminatoria e autoritaria. Chi mette al bando libri per bambini, chi mette al bando gli stranieri e chi invita la Regione a vietare la fantomatica ideologia del gender

Migranti: anche io sono un pò razzista

Il Fatto Quotidiano
04 09 2015

“Io sono razzista. Mi dispiace, ma sono diventata razzista”. Lo dice una signora sorridente nel negozio dove vado a comprare la carne per la cena, una che si compra il macinato di vitello. Un’altra le risponde “questi stranieri ci invadono. E noi che dobbiamo fare? Non c’è posto per tutti. E poi c’abbiamo pure la crisi, c’è la gente che non arriva alla fine del mese!” Questa altra signora prende i petti di pollo. Il macellaio li taglia con un piccolo coltello affilato e poi li schiaccia con un aggeggio tondo.

La prima signora ribadisce “io sono pure per la sedia elettrica!” e insiste “questi giornalisti che parlano tanto bene degli stranieri, perché non se li prendono a casa loro?” e poi “tutti questi furti nelle case… sarà che loro c’hanno l’allarme collegato con le guardie! Ecco perché non c’hanno paura dei stranieri!”

E ancora: “Tanto, quando vanno in galera li mandano in villeggiatura!”

Care signore razziste,
anche io sono un po’ razzista come voi. Anche a me, cresciuto in borgata, la borgata dove vivo e dalla quale scrivo, mi fanno paura gli stranieri. Mi fanno paura perché lo straniero sono io e faccio fatica ad entrare in un mondo straniero. Un mondo che mi ricorda quanto sia grande il mondo vero e quanto sia piccolo il mio, nella mia testa. Sono razzista e per questo ho anche un complesso di inferiorità. Penso di non sapere tante cose. Allora mi informo un po’ prima di fare comizi in macelleria. E scopro che i reati sono calati del 10 per cento (andatevelo a cercare invece di chiacchierare).

E che se vogliamo parlare di numeri ancora più importanti: dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi gli omicidi volontari son scesi da oltre tremila a poco più di cinquecento. Se qualche politico che non si mette troppa paura di abbandonare la logica terroristica ha il coraggio di aprire un dibattito serio può dirci che questo strano Paese sta persino migliorando. E le galere? Pensate davvero che siano una villeggiatura? Fortunatamente negli ultimi cinque anni c’è stata gente al governo (questo governo pieno di contraddizioni e schifezze) che ha liberato altra gente innocente rinchiusa.

Eppure ci sono ancora istituti nei quali i detenuti non riescono a scendere dal letto perché non possono mettersi in piedi tutti contemporaneamente, perché non c’è abbastanza spazio. Gente che aspetta mesi prima di avere il miracolo di un processo. Che aspetta anni prima di uscire per non aver commesso alcun reato. Eppure, dal macellaio, vengono definiti “vacanzieri”.

Bisognerebbe organizzare visite nelle nostre galere per far comprendere cosa significa starci chiusi dentro. E gli stranieri? Quelli che ci invadono? Sapete che non hanno alcuna voglia di restare nel nostro bel Paese? Sapete che se ne vogliono andare via al più presto?

Uomini e donne, spesso ragazzini, che hanno attraversato il deserto in container e poi il mare in gommone sono disturbatori in vacanza. I leghisti vorrebbero aiutarli a casa loro. Tipo: mandiamo bombole di ossigeno agli internati di Auschwitz! E dunque, care signore, chiedete con noi, dal macellaio e dal fruttivendolo, in televisione e in rete:

1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature;

2. accoglienza degna e rispettosa per tutti;

3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti.

Grazie!

Ascanio Celestini

Papa Francesco, ho abortito e non mi pento

Donne-DirittiEretica, Il Fatto Quotidiano
1 settembre 2015

Ho letto che Papa Francesco parla di amnistia e perdono per le donne che hanno abortito e si mostrano pentite. Tutte le altre finiranno all'inferno, immagino.

Il Fatto Quotidiano
28 08 2015

Dopo aver fatto tanto parlare di sé per le sue opinioni conservatrici e aver messo al bando i libri gender dalle scuole veneziane, il sindaco Luigi Brugnaro ingrana la retromarcia. In due giorni passa dal “mai un gay pride a Venezia” ad offrire la disponibilità al “primo gay pride sull’acqua”.

Il sindaco spiega di non amare le manifestazioni sopra le righe mentre “il diritto di manifestare è per tutti e lo rispetto”. Per assurdo, ha spiegato appunto il primo cittadino veneziano, sarebbe anche “disponibile al primo gay pride sull’acqua lungo il Canal Grande aperto anche agli eterosessuali e magari con Elton John che vi partecipa e suona per noi”. “Sembra – ha detto – che tutto debba essere strumentalizzato ma questo non è il mio scopo”.

Sempre in queste ore Brugnaro ha dato il patrocinio del Comune a un’iniziativa, che si svolge collateralmente alla Mostra del cinema della Biennale, per promuovere la cultura del rispetto del diverso orientamento sessuale, pari opportunità e contro l’omofobia.

L’iniziativa è legata al “Queer Lion Award”, il riconoscimento che annualmente viene conferito al “Miglior Film con Tematiche Omosessuali e Queer Culture” tra quelli presentati alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.


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