La Stampa
12 06 2015
Sono almeno 480 le denunce per abusi sessuali contro i caschi blu dell`Onu, fatte dal 2008 al 2013, e un terzo hanno come vittime i bambini.
A rivelare questo imbarazzante fenomeno è stato lo stesso Palazzo di Vetro, attraverso un rapporto realizzato dallo UN Office of Internai Oversight Services (Oios), e pubblicato dalla Reuters.
Secondo questa inchiesta interna, i caschi blu usano abitualmente soldi, cibo, vestiti, gioielli, profumi e anche telefonini, per pagare le prestazioni sessuali, nonostante un regolamento emesso nel 2003 abbia vietato ogni genere di rapporto con le popolazioni locali, proprio per non compromettere la credibilità dell`organizzazione. ...
Corriere della Sera
27 03 2015
Abusi sessuali tra le mura del convento di San Giovanni Rotondo, dove ha vissuto San Pio da Pietrelcina. La storia l’ha raccontata la trasmissione Mediaset «Le Iene» che ha raccolta la denuncia di una ragazza Anna che, negli anni scorsi, mentre lavorava all’interno del convento, avrebbe subito attenzioni sessuali e di mobbing da parte di un frate cappuccino e di un altro dipendente laico della struttura religiosa. Una infanzia difficile quella di Anna con un padre violento e in preda all’alcool che trova un lavoro all’interno del convento di San Giovanni Rotondo. Ma proprio quella dimora diventa per lei un luogo di violenze e abusi subiti. Una bella ragazza, come la descrive don Peppino, un frate che l’ha aiutata a trovare il lavoro, di cui molti frati si invaghiscono.
Il racconto
Poi un giorno il primo abuso. Era una domenica. Anna stava lavorando in cucina ad un lavello quando arriva un frate, «uno importante del convento»: entra, inizia a toccarla e dopo essersi alzato il saio si sarebbe masturbato davanti alla ragazza. «Non devi avere paura - le avrebbe detto il frate -. Gli uomini sono tutti così». Nel corso della trasmissione televisiva sono stati sentiti anche altri frati che avrebbero confermato le attenzioni morbose di quel cappuccino verso la ragazza, descrivendo anche quel frate come «un pezzo grosso, uno che poteva andare dove voleva». A nulla sono servite anche le denunce fatte dalla giovane alla Curia Generale. Anzi le attenzioni e anche le minacce aumentarono anche quando Anna cambiò postazione di lavoro, dalla cucina alla portineria. E alle attenzioni del frate si aggiungono quelle del collega di lavoro della donna.
La denuncia in trasmissione
Le aggressioni subite dalla donna sono state confermate nel corso della trasmissione televisiva da due frati. Per il collega di lavoro si è aperto un processo dopo la violenza sessuale subita il 14 luglio del 2012. Ma neanche la denuncia serve a placare i problemi per la donna che continua a subire minacce: anche perché il collega continua a lavorare accanto a lei. Una situazione che causa alla donna anche problemi di salute. E continua l’odissea e il mobbing per la donna che si ammala di fibromalgia: per questo è costretta a stare a casa per superare i suoi problemi di salute. E a novembre del 2013 riceve una lettera di licenziamento «per giusta causa» per assenza dal posto di lavoro oltre il peridio consentito dalla legge. Don Peppino, il frate che ha sempre aiutato la donna, si è poi recato dal ministro provinciale dei Frati Cappuccini chiedendo spiegazioni sul licenziamento della donna. Un incontro filmato e mandato in onda nel corso della trasmissione in cui emergerebbe che Anna era una persona sgradita al convento perché aveva denunciato i frati.
La risposta dei frati cappuccini
«I Frati Minori Cappuccini di San Giovanni Rotondo - è scritto in un comunicato - sono costernati e respingono con forza le deliranti affermazioni, diffamatorie e calunniose, esposte durante la trasmissione “Le iene” del 26 marzo, costruite sulla base delle dichiarazioni di una ex dipendente del Convento di San Giovanni Rotondo, signora Anna Verde, licenziata per “giustificato motivo”, rese dopo essersi vista respingere in due gradi di giudizio il relativo ricorso presentato dinanzi al giudice del lavoro. Tali dichiarazioni, tra l’altro, sono state abilmente corroborate da ritagli di interviste con domande “nocive” a un sacerdote di 88 anni, ricoverato da oltre 20 anni nell’infermeria annessa al Convento, e a due Frati Cappuccini della Sicilia, che hanno dimorato a San Giovanni Rotondo solo per pochissimi giorni e che hanno riferito racconti della ex dipendente. L’inverosimiglianza di tali dichiarazioni emerge chiaramente dalle circostanze di tempo e di luogo esposte, che rendono la versione fornita non solo priva di qualsiasi fondamento, ma anche illogica e poco credibile.
Gli episodi narrati a carico di un presunto frate, di cui è ignoto il nome (ad oggi non ci risulta nessun frate indagato né imputato), si sarebbero infatti verificati in un luogo di passaggio del convento, sempre frequentato da frati e personale laico nelle diverse ore della giornata. Risulta, invece, che un dipendente laico del Convento è imputato per presunte molestie in danno della citata ex dipendente, ma non è stata ancora celebrata la prima udienza dibattimentale. A seguito di tale denuncia, comunque, i Frati hanno aperto un procedimento disciplinare a carico del dipendente, che ha fornito ampie giustificazioni negando ogni addebito. Eventuali provvedimenti saranno presi solo a seguito della conclusione del giudizio. Si precisa, inoltre, che non vi è alcun nesso tra il licenziamento della dipendente (avvenuto a novembre del 2013) e il procedimento penale che narra di fatti che sarebbero accaduti nell’anno 2010 e in aprile del 2012 (denunciati nel luglio 2012), così come appare parimenti strumentale aver dichiarato che i frati hanno privato dell’abitazione la ex dipendente, lasciandola “in mezzo ad una strada”. In realtà, si tratta semplicemente della scadenza naturale di un contratto di locazione, prevista per il mese di giugno 2015, rispetto alla quale la proprietà ha formulato una proposta di nuova locazione ad un canone corrispondente al valore di mercato. Le gravi e calunniose dichiarazioni della ex dipendente costringono i Frati Minori Cappuccini a sporgere denuncia per calunnia, a tutela della loro onorabilità ed integrità morale».
Luca Pernice
Linkiesta
02 12 2014
Al Policlinico terapie sospese il 31 dicembre. «Mancano 100mila euro, dobbiamo chiudere il progetto»
Marco Sarti
«Ho parlato con tutti, il dipartimento delle Pari Opportunità, i parlamentari della bicamerale per l’Infanzia, il garante. Ognuno dice che la situazione è inaccettabile, mi danno ragione, ma poi nessuno fa niente. In Italia succede sempre così». Dopo l’incredulità, arriva la rabbia. Il professor Ugo Sabatello ormai si è quasi rassegnato. Neuropsichiatra infantile presso il Policlinico Umberto I di Roma, da quasi due anni coordina il progetto Sacrai per il trattamento dei minori vittime di abuso e sfruttamento sessuale. Se non ci saranno novità, tra meno di un mese dovrà interrompere le terapie dei piccoli pazienti e sospendere l’iniziativa. I fondi pubblici non ci sono più, conseguenza surreale della spending review. «E sa di cosa stiamo parlando? - racconta al telefono il medico - Di nemmeno 100mila euro». L’aspetto più paradossale della vicenda è proprio questo. Nel novembre 2012 il progetto guidato da Sabatello aveva ottenuto un finanziamento di 93 mila euro, messo a disposizione dal dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio. Con quel denaro l’equipe del Policlinico ha lavorato 18 mesi, fino allo scorso giugno. Terminati i fondi si è deciso di andare avanti ugualmente: troppo grande la responsabilità nei confronti dei bambini in cura. E così i tre neuropsichiatri infantili, i cinque psicologi e i due avvocati della squadra hanno continuato a operare, gratuitamente. «Ma il 31 dicembre scadrà anche la copertura assicurativa - racconta il coordinatore - e allora dovremo chiudere».
Nel frattempo il progetto ha raggiunto obiettivi persino inattesi. Spiccano i risultati ottenuti nelle attività di sostegno alle vittime, sia per l’elaborazione del trauma che per il reinserimento nel contesto sociale. Rispetto alle 30 segnalazioni che si pensava di poter gestire, in meno i due anni l’equipe del Sacrai si è occupata di quasi 50 casi. Quasi sempre bambini piccoli, la fascia d’età più rappresentata è quella dai sei ai tredici anni. Nel 43 per cento dei casi si tratta di vittime di abusi sessuali. Ma la squadra di Sabatello ha avuto in cura anche bambini vittime di incuria, maltrattamenti, testimoni di violenze in famiglia. In almeno cinque casi sono stati proprio i minori gli autori dei reati sessuali (talvolta dopo aver subito le stesse violenze). «Problematiche in ogni caso gravi, non affrontabili con trattamenti farmacologici». Nonostante le difficoltà oggettive, i risultati hanno superato le aspettative. Per ben 40 minori è stata svolta una valutazione psicodiagnostica (oltre 160 ore di lavoro). E per 15 di loro è stata avviata una psicoterapia internamente al progetto, un totale di 547 sedute. A queste vanno aggiunte 137 sedute con i genitori, «perché non si può valutare un bambino senza conoscere la sua situazione familiare». E sei consulenze legali. Non è ancora tutto. In meno di due anni sono stati realizzati 50 incontri di consulenza ai Servizi territoriali su casi di sospetto abuso e 30 supervisioni ai Servizi sanitari «mediante incontri sul singolo caso».
A leggere la relazione finale del progetto si scopre che il Servizio di Assistenza, Cura e Ricerca sull'Abuso all'Infanzia del professor Sabatello è andato oltre. Sotto il profilo della ricerca, l’equipe ha realizzato un studio preliminare sull’etiopatogenesi traumatica del sexual offending, pubblicando diversi lavori teorico-clinici sul tema del child abuse e numerosi articoli su riviste scientifiche. Sono stati organizzati incontri, convegni, attività di docenza a corsi di formazione e master di II livello. Senza dimenticare l’accordo sottoscritto con il Dipartimento di Giustizia Minorile del ministero di via Arenula. Tra i tanti risultati ottenuti, colpisce la richiesta da parte del Tribunale ordinario di Roma di realizzare un protocollo d’intesa con il Sacrai per la presa in carico di una decina di bambini per sospetto abuso sessuale e maltrattamento. «Ma per il poco tempo a disposizione - racconta Sabatello - Ne abbiamo potuti seguire solo tre». Ecco perché proseguire quest’esperienza è fondamentale. «Un anno e mezzo è troppo poco - conferma il coordinatore del progetto - Ci vuole tempo per stabilire protocolli di intesa e avviare un lavoro di questo tipo. Ma soprattutto ci vuole tempo per conquistare la fiducia dei nostri interlocutori».
Eppure il centro adesso rischia di chiudere. Una struttura di eccellenza, peraltro pubblica. Ospitata nei locali dell’Istituto di neuropsichiatria infantile dell’Università La Sapienza di Roma. «Ed è stato proprio questo - spiega Sabatello - che ha reso possibile garantire determinati standard scientifici». Chi si occupa di violenze sui minori lo sa. «La situazione degli interventi terapeutici in ambito neuropsichiatrico infantile e, ancor più, specifica sul trauma e l'abuso - si legge nel documento conclusivo del progetto - è molto carente sia nella città di Roma, sia in tutta la regione». Insomma, per quanto delicati, certi casi sono spesso gestiti da neolaureati e personale con competenza ridotta. «Mettere assieme un’equipe di professionisti specializzati è raro».
Ma il mancato rifinanziamento del progetto non ammette alternative, presto il servizio dovrà chiudere. «Quando arriverà il 31 dicembre - perde la pazienza Sabatello - Andremo dai bambini che sono in terapia e gli diremo arrivederci e grazie». All’appello mancano pochi soldi. «È sufficiente leggere la relazione finale del progetto per rendersi conto di quello che siamo riusciti a fare con 93mila euro. Basterebbero 100-150mila euro per poter persino incrementare i risultati». Un finanziamento relativamente ridotto, che pure non si riesce a trovare. Nelle ultime settimane il coordinatore del Sacrai ha provato a contattare decine di interlocutori. Senza successo. «Il silenzio delle istituzioni è assordante» racconta infastidito. A garantire i fondi dovrebbe essere il governo, in particolare il dipartimento delle Pari Opportunità.
In assenza di un ministro, lo scorso settembre è stato attribuito l’incarico di consigliere del presidente Renzi alla deputata Pd Giovanna Martelli. «Ho parlato anche con lei - racconta il medico - mi ha detto che avrebbe preso in considerazione questa vicenda. Ma da allora non ho più ricevuto notizie». Inutile il tentativo con il garante dell’infanzia: «Anche lui mi ha detto che questa storia è terribile e inaccettabile. E anche dopo questo incontro non è cambiato nulla». Ancora peggio il confronto con il Parlamento. Sabatello racconta di aver contattato i deputati e i senatori della bicamerale per l’Infanzia, chiedendo almeno la possibilità di un’audizione in commissione. «Al momento non mi ha risposto nessuno». Sembra incredibile, eppure non si trovano 100mila euro per finanziare un progetto di questo spessore. «La realtà è che non gliene frega niente a nessuno - ammette il coordinatore del Sacrai - Dopo l’avvio del progetto serviva un piano strutturale. Invece si va avanti con finanziamenti a pioggia, che servono alla politica solo per farsi pubblicità. Temo che non cambierà nulla neppure stavolta. In Italia funziona così».