Le indagini puntano sui social network e soprattutto su "Ask.fm", sito che garantisce l'anonimato grazie al quale i cyberbulli si accaniscono contro chi manifesta debolezze, paure, o confessa inquietudini adolescenziali. Un fenomeno che in italia ha già causato due vittime ...

L'unica legge di cui abbiamo bisogno

  • Martedì, 25 Marzo 2014 09:02 ,
  • Pubblicato in Flash news

Lipperatura
25 03 2014

Ieri sera ho partecipato a una lunga discussione nel programma Presi per il web, su Radio Radicale. C’erano Giovanna Cosenza, Anna Paola Concia, Vladimir Luxuria e, in apertura, Alessandra Moretti, deputata Pd, che ha parlato della legge sull’hate speech. Una legge (riassumo, ma qui c’è il podcast) non destinata a imbavagliare, ha detto, ma che dovrebbe velocizzare la rimozione dei contenuti offensivi. Alessandra Moretti ha detto anche che i proponenti stanno discutendo con vari interlocutori delle modifiche da apportare. Non ho ben capito quali siano (ho colto solo il riferimento a Save the children), in verità: sulla legge, comunque, si è già discusso mesi fa e si auspicava anche che il progetto fosse rientrato.

Si rischia di diventare noiose, ma a quanto pare neanche ripetendo il concetto decine di volte il medesimo sembra trovare accoglienza. Non abbiamo bisogno di una legge sull’hate speech, così come non abbiamo (avevamo) bisogno di una legge specifica sul femminicidio. L’unica legge di cui abbiamo bisogno (oltre a pretendere l’attuazione di quella già esistente sull’interruzione di gravidanza) è una legge sull’educazione sessuale. Cosa c’entra con l’hate speech? Moltissimo, visto che è negli anni scolastici che si dovrebbe apprendere che l’appartenenza a un genere sessuale non comporta il rientrare negli stereotipi che a quel genere sono attribuiti. Dunque, a evitare di crescere prigionieri dei medesimi. Dunque ancora, questo è l’unico modo serio per far sì che il nostro non resti un paese sessista, e non riversi il sessismo in tutti i luoghi dove esiste parola pubblica, web incluso.
Guardiamo all’Europa, allora. In Francia l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973: trenta-quaranta ore almeno (quattordici anni fa è stata lanciata anche una campagna sulla contraccezione, cosa da noi impensabile). In Germania sono partiti tre anni prima, e ovviamente non si parla solo di sesso ma di affettività. In Svezia l’inclusione è datata 1956. Ma anche nei paesi dove l’educazione sessuale non è obbligatoria, come l’Inghilterra, ci si muove in modo diverso per quanto riguarda gli stereotipi di genere.
Avevo già citato la presa posizione di The Independent, ma credo sia giusto tornarci con ampiezza. Nell’articolo del 16 marzo, Katy Guest, editor letterario di The Independent on Sunday, ha promesso che giornale e sito non recensiranno libri gender-specific, rivolti esplicitamente a bambine o bambini. Anzi: ogni volume che ammicca a piccole principesse “finirà nella pila dei libri da riciclare”. Un nuovo, eventuale Harry Potter, scrive Guest, non necessita di copertine rosa con i brillantini per avere successo.
La decisione del giornale è stata sollecitata da una campagna lanciata da un gruppo di genitori sul web, che mira a far sì che i giocattoli siano solo giocattoli e i libri siano libri, e non strumenti di discriminazione e formazione di stereotipi: sul sito lettoysbetoys ,su twitter e soprattutto con una petizione si chiede agli editori per ragazzi di non definire più i destinatari dei libri in base al genere sessuale, sia nel titolo, sia nella copertina, sia nei contenuti. I libri per ragazzi, viene detto, dovrebbero aprire loro nuovi mondi, non chiuderli in una gabbia: “lasciate che decidano da soli quali storie leggere”. L’iniziativa, peraltro, sta ottenendo grandi consensi e non riguarda solo i libri: la catena di supermercati Tesco ha annunciato che rimuoverà le indicazioni “per bambine” e “per bambini” da punti vendita e siti web, e così The Entertainer e altri negozi di giocattoli.
La domanda è semplice, a questo punto: è così impossibile replicare l’iniziativa in Italia? La risposta è sì. La seconda domanda è: perché? Una delle risposte possibili è: perché la questione è avvertita come secondaria. Molto più comodo, facile, popolare terrorizzare gli adulti su quel paradiso degli orchi che è (sarebbe) il web (lo stesso dove la comunicazione politica sta toccando livelli minimi) che lavorare per il futuro.

Mario Mieli
19 02 2014

COMUNICATO STAMPA
CIRCOLO DI CULTURA OMOSESSUALE MARIO MIELI
"BULLI E PUPE”: PARTE IL NUOVO CICLO DI INTERVENTI ANTIBULLISMO DEL CIRCOLO MARIO MIELI


"Bulli e pupe, ragazzi che faticano a crescere", é il nuovo progetto di intervento nelle scuole del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli che, in collaborazione con la ASL Roma E e con il contributo del’Assessorato Formazione, Ricerca, Scuola e Università della Regione Lazio, intende prevenire e contrastare ogni forma di bullismo, in particolare il cyberbullismo, e il bullismo omofobico e transfobico. Il progetto prevede incontri informativi e formativi rivolti a studenti, docenti, personale scolastico e famiglie.

Attraverso dibattiti, laboratori, questionari, giochi e seminari coordinati da psicologi e operatori esperti, i ragazzi avranno modo di confrontarsi con i temi del pregiudizio, della diversità e della discriminazione, con particolare attenzione al tema dell'omotransfobia. Nel corso di incontri e seminari i genitori approfondiranno le caratteristiche psicologiche e relazionali che si celano dietro gli episodi di bullismo, in modo da agevolare il ruolo della famiglia nell'ambito della prevenzione, mentre i docenti potranno acquisire importanti strumenti per la comprensione e la risoluzione dei conflitti interni al gruppo classe e l’instaurazione di relazioni di fiducia con gli alunni.

Per un anno il Circolo Mario Milei sarà a disposizione o seguirà alcuni Istituti scolastici dove saranno attivi uno sportello di ascolto per studenti e famiglie, un osservatorio e un gruppo di lavoro, formato da studenti e docenti, che produrrà materiale informativo in un linguaggio semplice e immediato capace di sensibilizzare i giovani, con particolare attenzione all’uso corretto di internet e degli strumenti di comunicazione.

“Bulli e Pupe” è un importante esempio di azione sinergica fra istituzioni, scuole e mondo associativo in un ambito, quello dell’educazione e della formazione, nel quale è fondamentale operare in maniera sistematica e continua per eliminare sul nascere bullismo e crescere cittadine e cittadini consapevoli e rispettosi di tutte le diversità.

Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
Ufficio Stampa
Andrea Berardicurti - Andrea Contieri
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Massimo Farinella – Responsabile Servizi
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3487708436

Ruoli del bullismo (Composizione del branco)

  • Martedì, 18 Febbraio 2014 11:22 ,
  • Pubblicato in Flash news

Fermiamo il bullismo
18 02 2014

Gli “attori” principali coinvolti nel fenomeno del bullismo sono il bullo e la vittima.

Bull* è col* che provoca e aggredisce un altro individuo definito come vittima, ossia quello che subisce passivamente. La caratteristica del bullo/a è di essere apparentemente sicuro/a di sé, spesso individua la vittima in un* coetane* (o spesso ragazz* più giovane) sulla base di caratteristiche che la vedono prediletta alle prepotenze.

Il/la bull* agisce spesso per invidia, mosso da sentimenti di frustrazione e repressione. Molt* di loro vivono in ambienti famigliari dove sono a loro volta vittime di situazioni di violenza. Molte altre volte, invece, prendono di mira la vittima percepita come “diversa” dal gruppo sulla base di pregiudizi sociali. In questi casi rientra il bullismo omofobico, sessista o razzista.

Ci sono bull* che maturano dall’infanzia atteggiamenti antisociali che sfociano, nell’età adulta, in crimini contro la persona.

Da notare che il bullo spesso non agisce da solo. Infatti nella maggior parte dei casi si accompagna al “branco” che si dividono in bulli secondari e spettatori attivi.

Il branco è composto da:

Il “bull* secondari*” è col* che agisce perché rafforzato dal bullo. Esso non può fare a meno di fare il prepotente per paura di essere vittimizzato ed escluso dal gruppo. A differenza del bullo è una persona debole che in assenza del sostegno del restante gruppo o del “capo” non è in grado di agire attivamente alla prevaricazione della vittima. Esso serve anche per rafforzare le azioni del bullo che molto spesso si serve del branco per agire contro il più debole.
Gli spettatori attivi sono coloro che pur non partecipando alle prepotenze si rendono complici di esse. Quando il bullo agisce minimizzano l’accaduto, rafforzano le azioni del gruppo, ridacchiando contro la vittima o la sua reazione, giustificando il bullo o colpevolizzando la vittima. Molto spesso essi escludono la vittima dal proprio gruppo e nel 85% dei casi sono coinvolti nella denigrazione della vittima o nella consolazione del bullo. Da Wikipedia:
[...] Ci sono al riguardo una serie di ragioni per le quali gli attendenti non intervengono, che variano dalla paura di diventare a loro volta delle vittime, alla differente percezione delle ingiustizie che si verificano nel corso della vita.[41] [42]

Spesso il bullismo ha luogo alla presenza di un folto gruppo di attendenti. In alcuni casi, grazie al proprio carisma o autorità, il bullo riesce a creare un’aura di suggestione che gli permette di conquistare il favore degli attendenti e rafforzare la sua volontà. Tali dinamiche sono spesso sottese al fenomeno “baby gang”. A meno che non intervengano dei mutamenti significativi nella prima parte della vita di una gang, c’è il rischio che la “mentalità deviante” si strutturi progressivamente non solo nelle coscienze degli attendenti ma anche nel resto della scuola.

In alcuni gruppi dove tale mentalità ha attecchito, gli abusi e le ingiustizie diventano un denominatore comune all’interno del contesto di riferimento. Una certa tendenza ad elaborare in malo modo le informazioni emotive si riscontra negli attendenti ma in misura minore dei bulli. La conversione della mentalità deviante nei gruppi è spesso un lavoro che richiede molto tempo, risorse e coordinamento con i servizi sociali nonché l’assunzione di un certo rischio.

Gli spettatori passivi sono coloro che non partecipano alle prevaricazioni ma mettono in circolo una sorta di spirale del silenzio, legittimando così le azioni dei bulli. Essi non lo fanno necessariamente perché approvano il bullismo ma spesso per paura o per non essere inimicati. Gli spettatori passivi possono essere sia essere amici della vittima sia estranei oppure molto spesso escludono la vittima. Ci sono altri casi in cui la vittima si autoesclude quando non è in grado di distinguere gli spettatori attivi dai passivi.

Ci sono stati casi in cui gli spettatori hanno riportato gli stessi traumi delle vittime poiché nel tempo si sono riconosciute come vittime indirette, i quali non reagivano principalmente per paura di essere oggetto di prevaricazione da parte dei bulli. Da notare che uno spettatore può essere a sua volta vittima diretta o/e viceversa. In un gruppo, in casi meno comuni, le vittime possono essere tante però impossibilitate a solidarizzare. La solidarietà tra vittima potrebbe porre fine al ciclo di violenze.

La vittima è spesso una persona a caso ma caratterialmente si presenta timida (soprattutto se vittima di bullismo psicologico) o fisicamente più debole.

Il ciclo di attivazione/riattivazione del bullismo nasce una risposta inadeguata da parte della vittima verso il prepotente,percepita come stimolante da parte del bullo. La vittima è colui che in qualche modo si oppone a subire prevaricazioni. Il ciclo si basa sulla capacità di creare o trovare degli stimoli che possano motivare il/la bull* a porre in atto le prevaricazioni, a volte reiterate per mesi, anni o per tutta la vita. A volte tale ciclo può essere subito interrotto al suo nascere, o durante la sua progressione, se viene a mancare o l’atto abusivo, la risposta della vittima o se la vittima riesce a mettere paura il bull*.

Se la vittima non è in grado di reagire alla prepotenza del bullo, il ciclo continuerà a riattivarsi.

Da notare che spettatori possono essere anche le stesse istituzioni, le quali possono reprimere o rafforzare il bullismo, ad es., schierandosi da parte dei bulli o colpevolizzando le vittime e dunque inducendol* a risolvere da sol* i propri problemi. Gli spettatori tendono ad essere coinvolti nel bullismo tramite meccanismi di connivenza, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli o per farsi accettare da loro, ma per sentirsi parte dell’identità del gruppo, attraverso l’identificazione del “capro espiatorio”, ossia la vittima.

 

 

Lipperatura
12 02 2014

Insomma, mettete il benedetto gettone nel benedetto juke box (come diceva, eoni fa, Umberto Eco, che ammoniva a non parlare degli strumenti che non si conoscono senza aver almeno tentato di capirci qualcosa). Oggi, inevitabilmente, articoli e commenti sulla sventuratissima adolescente di Cittadella che si è uccisa domenica sera. Colpa di Ask.fm, scrivono un po’ tutti. Considerare le colpe a posteriori, in drammi del genere, è un esercizio inevitabile e al tempo stesso impossibile: durante l’adolescenza si è fragili come cristalli, e questo dovrebbe saperlo anche chi non è a contatto con i giovani, in quanto è stato giovane a sua volta. Le ragazzine si sono spente le sigarette sulle braccia e hanno usato le lamette per tagliarsi (non sempre e non tutte) quando Internet e i cellulari non erano neppure stati immaginati dalla fantascienza: ne parla, per esempio, Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso, e siamo negli anni Quaranta. Le ragazzine e i ragazzini hanno sempre, tragicamente, flirtato con il suicidio, nella maggior parte dei casi nella propria mente, in alcuni, purtroppo, nella realtà. Credo che quasi ognuno di noi possa citare un caso che appartiene al proprio passato o al passato di un nostro conoscente. Le ragazzine e i ragazzini si sono sempre picchiati fuori dalla scuola: nella maggior parte dei casi hanno fatto pace oppure sono passati avanti. Non sono diventati delle star televisive e della rete grazie a un video, e colei che picchiava non è diventata un mostro da uccidere nè colei che è stata picchiata è diventata una santa.
Attenzione, non sto sminuendo la gravità di quanto è avvenuto. Sto cercando di considerare le colpe, e di sottolineare che attribuirle solo ad Ask.fm è la strada sbagliata. Ho giovani amiche blogger che sono o sono state su Ask.fm per esperimento: è vero, è un gioco al massacro. Come lo sono, spessissimo, Facebook e Twitter. Detto questo, non credo affatto che un social sia determinante quando c’è una fragilità. Ancora una volta, come detto ieri, c’è un mondo adulto che deve essere chiamato in causa: perché non è in grado di fornire modelli salvifici o almeno decenti.
Cosa bisogna pensare, quando si leggono sugli stessi social i bullismi dei grandi, spesso addirittura insegnanti, che usano parole ben peggiori di un quindicenne? Bisogna pensare che sanno benissimo come funziona Internet, ma decidono di farne uso “con la pancia”, e non in tutte le pance c’è amore e bellezza e rispetto per il mondo circostante, ma molto più spesso quel risentimento, quella frustrazione, quel desiderio di annientamento che sono altrettanto velenosi delle parole che leggiamo su Ask.fm. Il quale, beninteso, va frequentato, almeno come lettori, compreso e smontato (non chiuso). Questo è il lavoro che andrebbe fatto nelle scuole, con i media nuovi e, se permettete, anche con quelli vecchi.

Perché vorrei concludere con un video: lo ha trasmesso ieri Striscia la notizia e lo trovate qui intorno al minuto cinque. Si vede una ragazza sovrappeso che balla. Balla bene e sembra decisamente felice di farlo. E’ inserito nella rubrica “I nuovi mostri”: nella miseranda classifica, risulta secondo. Questo il commento di Ezio Greggio fuori onda:

“Questa volta in rete è incappato un pesce grosso! grossissimo!…Questo balletto ha fatto molto rumore. Non ci credete? Chiedete a chi abita sotto. Ah ah ah”.

E poi parlate di Ask.fm?

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