Meltingpot
01 09 2015
Migliaia di migranti da settimane stanno arrivando in massa al confine tra la Grecia e la Macedonia per fuggire verso l’Europa del Nord. Dopo essersi imbarcati in territorio turco, arrivano sulle isole greche e da qui si dirigono verso il nord dei Balcani. La scorsa settimana è stata particolarmente caotica per lo stato macedone. La piccola cittadina di Gevgelija, al confine con il territorio greco, si è trovata alle prese con migliaia di uomini e donne che cercano la salvezza in Occidente scappando dalla guerra in Medio Oriente. I pochi e vecchi treni lungo la linea Salonicco-Skopje venivano letteralmente presi d’assalto dai profughi, che si accavalcavano gli uni sopra gli altri e entravano dai finestrini pur di salire sulle poche carrozze disponibili. Di fronte alla grande presenza di migranti e alla fortissima pressione ai suoi confini, la Macedonia ha così deciso di dichiarare lo stato d’emergenza, chiudere il confine e inviare l’esercito.
Tra la Grecia e la Macedonia, nella cosiddetta “terra di nessuno”, ormai da settimane sono sorti accampamenti e tendopoli dove intere famiglie aspettano nell’attesa di attraversare il confine e prendere il treno per la Serbia e poi continuare verso l’Ungheria ovvero nell’Europa della libera circolazione. Più passano i giorni più però la tensione sale, mancano vestiti, acqua e cibo. C’è chi addirittura cerca di guadagnare sulla miseria, vendendo panini e bibite a prezzi salatissimi. Ci sono per fortuna anche i volontari delle ONG e delle associazioni macedoni che offrono prima assistenza ai migranti. Dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza, lo scorso venerdì tutto il mondo ha assistito alla brutalità della polizia macedone. Di fronte a migliaia di persone, di cui tantissimi bambini anche molto piccoli, che cercavano di superare il confine anche buttandosi sulle reti del filo spinato, la polizia ha sparato lacrimogeni e bombe urticanti. Nonostante le pesanti cariche, qualche centinaio di persone sono riuscite ad aggirare il blocco della polizia mentre tanti genitori letteralmente buttavano i figli oltre il filo spinato per farli proseguire il viaggio, sperando che qualcuno li porti in salvo. La scena più raccapricciante è stata quella di un poliziotto che manganellava un uomo con in braccio il figlioletto di 4 o 5 anni.
Dopo questa giornata di sangue con decine di feriti, il governo macedone ha prima deciso di far passare solo donne e bambini mentre due giorni fa, non riuscendo più a gestire la situazione con i suoi pochi mezzi, ha aperto il confine a tutti. I migranti hanno raggiunto così il sud della Serbia dove sono stati caricati su circa 70 autobus e portati a Belgrado. Circa 7 mila persone sono entrate in Serbia nella notte tra sabato e domenica. Il numero ovviamente continuerà a crescere giorno dopo giorno perché le persone continuano ad arrivare prima dalla Grecia e poi dalla Macedonia.
La Croce Rossa che opera nel campo di Presevo, all’estremo sud dello stato serbo, dichiara che le scorte di acqua e cibo bastano solo per un giorno ancora e chiedono un disperato aiuto. In questo campo i profughi ottengono dal governo di Belgrado un permesso temporaneo, valido 72 ore che consente loro da arrivare al nord e continuare il viaggio verso l’Ungheria. Qui però, il governo guidato dal nazionalista Orban sta accelerando la costruzione di un reticolato di 175 km, proprio per impedire a queste persone di raggiungere l’Europa di Schengen.
Chi sono i migranti che attraversano i paesi balcanici e percorrono a piedi o con mezzi di fortuna migliaia di chilometri? Si tratta di persone provenienti in maggioranza dalla Siria ma anche dall’Afghanistan, Iraq e Pakistan. Sono della classe media e altamente istruiti. Quasi tutti conoscono l’inglese o il francese, tra di loro tanti sono avvocati, dottori, ingegneri o studenti. Il loro scopo non è chiaramente di restare nei Balcani ma di arrivare quanto prima in Germania o nei paesi scandinavi. Scappano da una guerra che ha trasformato in macerie la Siria dopo anni di aspri combattimenti, dal terrore dei miliziani dell’ISIS e non saranno certamente i manganelli della polizia macedone o i muri ungheresi a fermarli. Tanti di loro prima della guerra avevano un buon lavoro, una casa e una vita dignitosa che ora cercano in qualche paese europeo che voglia accoglierli. Sanno già che una volta arrivati alle porte dell’Ungheria, dovranno pagare 1.500 euro a qualche trafficante di uomini per attraversare la frontiera clandestinamente.
Per il momento la situazione ai confini è tornata tranquilla dopo le scene di vergogna mondiale della settimana scorsa. I profughi passano, vengono assistiti e poi proseguono oltre. Siamo solo all’inizio però, altri migranti stanno arrivando e altri ancora continueranno ad arrivare mettendo in allarme gli altri paesi vicini. La Bulgaria si è dichiarata pronta a contenere l’ondata migratoria mettendo in allerta le forze speciali. Il primo ministro croato, il socialdemocratico Milanovic ha invece dichiarato che il suo paese è pronto ad accogliere i profughi in base a quelle che sono le proprie possibilità. “Non si tratta di sacchi di patate ma di persone disperate che non possiamo attendere con i manganelli in mano come successo in Macedonia.” Al di là delle posizione dei vari stati, sarà difficile fermare decine di migliaia di persone disposte anche a morire pur di raggiungere una vita degna in qualche angolo d’Europa.
Osservatorio Balcani e Caucaso
31 08 2015
La Croazia e la Bosnia si preparano al possibile aumento degli arrivi di rifugiati una volta che l’Ungheria avrà completato la barriera sul confine con la Serbia, sconvolgendo così le rotte di migrazione.
Il Premier croato Zoran Milanović ha annunciato nei giorni scorsi che la Croazia “aspetta a braccia aperte i rifugiati”. Secondo la proposta presentata in maggio dalla Commissione Europea, la Croazia dovrebbe ospitare 747 richiedenti asilo da Siria ed Eritrea.
Emina Bužinkić del Centro per gli Studi sulla Pace in un’intervista rilasciata ad H-Alter, spiega che la strategia della Croazia per l’accoglienza dei rifugiati presenta però vari problemi. Se al momento i migranti non attraversano la Croazia nel loro viaggio per raggiungere l’Europa, non va escluso che il flusso aumenti dopo la chiusura del confine ungherese. Secondo la Bužinkić, la prima fase dell’accoglienza non dovrebbe creare problemi, ma è bene che il governo prepari una strategia anche nel caso arrivasse un numero massiccio di rifugiati, coinvolgendo anche la società civile, i cittadini e la comunità di stranieri che ha già ottenuto lo status di rifugiato abita in Croazia.
Anche la Bosnia prevede che nei prossimi mesi arrivino più rifugiati. Izet Nizam, del Servizio per gli Affari Esteri, ha dichiarato che sicuramente il paese non sarà immune al flusso migratorio e che le autorità si sono attivate per individuare i punti critici lungo i confini naturali segnati dai fiumi Sava e Drina.
Neven Crvenković, portavoce dell’UNHCR per il sud-est Europa, ha spiegato che nella regione le normative per l’accoglienza dei rifugiati sono vecchie e non adeguate ai numeri record di questo flusso migratorio.
La Bosnia non ha una grande capacità di accoglienza, potendo offrire soltanto circa 400 posti letto distribuiti tra Centro per l’Immigrazione e Centro per i Richiedenti Asilo. Nell’ultimo anno il numero dei migranti passati dalla Bosnia è aumentato circa del 12%, ma Nizam ha spiegato che, trattandosi principalmente di passaggi illegali, è difficile definirne il numero esatto.
Se il governo bosniaco resta latitante, i cittadini e la società civile stanno organizzando azioni di solidarietà mirate per il momento ad aiutare i paesi confinanti. Forte nell’opinione pubblica l’empatia nei confronti dei rifugiati, destino condiviso vent’anni fa da migliaia di persone nella regione.