Contropiano
31 03 2015
Un altro blogger è stato ucciso a colpi di machete a Dacca, il secondo in cinque settimane a essere attaccato perché critico nei confronti dell’estremismo religioso. La vittima si chiamava Washikur Rahman Babu, 26 anni, era un blogger laico. È stato aggredito in pieno giorno nella zona di Begunbari, nel quartiere industriale di Tejgaon, da giovani studenti di scuole coraniche. (nella foto il corpo di Babu in ospedale)
”La polizia ha catturato due assalitori dei tre assalitori ed ha sequestrato i tre macheti utilizzati per l’attacco. I sospetti, fermati sul luogo del delitto, sono studenti di scuole coraniche e avrebbero confessato alle autorità di aver ucciso il giovane per le opinioni espresse sul suo blog contro l’estremismo religioso”. ha detto il poliziotto Humayan Kabir.
Ricoverato al Dacca Medical College Hospital, Babu è deceduto subito dopo il suo arrivo in ospedale.
“L’ho ucciso perché ha umiliato il mio profeta” ha detto uno dei sospettati Jikrullah, un ventenne che studia alla madrassa Hathajari nel distretto di Chittagong. Il ragazzo ha raccontato di essere arrivato nella capitale per uccidere Babu e di aver dormito in una moschea la notte prima dell’omicidio. L’altro giovane arrestato, Ariful Islam, anche lui ventenne, è uno studente alla scuola islamica nella zona di Mirpur a Dacca.
Due cugini di Babu hanno raccontato di non essere a conoscenza di alcuna attività di blogging ma, secondo la stampa locala, sulla pagina sua Facebook la vittima si dichiara un ammiratore di Avijit Roy, lo scrittore statunitense di origine bengalese ucciso il 26 febbraio scorso a Dacca mentre tornava da una fiera del libro insieme alla moglie. Per l’omicidio era stato arrestato un estremista, tale Farabi Shafiur Rahman, che aveva minacciato a più riprese via internet lo scrittore. Nel 2014 uno scrittore e professore laico dell’università della capitale, Humayun Azad, era stato aggredito da militanti mentre rientrava a casa dalla fiera dell’editoria. Morì in Germania, dove veniva curato. La moglie accusò religiosi fanatici dell’omicidio e la polizia di non aver agito per impedire l’attacco.
Ma la lista di personalità uccise quasi allo stesso modo negli anni scorsi, comprende anche il poeta Shamsur Rahman, morto nel 1999, lo scrittore Humayun Azad, deceduto nel 2004, ed il blogger Ahmed Rajib Haider assassinato nel 2013.
“Abbiamo chiesto il rispetto dei diritti base in Bangladesh, compreso quello alla libertà di espressione. Ci preoccupa tremendamente che giornalisti e altri intellettuali siano stati attaccati” ha dichiarato Farhan Haq, vice-portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite.
GiULiA
02 07 2014
Sembrava ci fosse stata qualche apertura sul fronte delle donne per quanto riguarda la loro presenza negli stadi e invece nulla di fatto. Alcuni giorni fa, a Tehran, durante la partita di volley tra le nazionali maschile dell'Iran e quella del Brasile, presso lo Stadio Azadi, alle donne brasiliane é stata data la possibilitá di entrare e tifare per la propria squadra, mentre a quelle iraniane é stato imposto di rimanere dietro ai cancelli.
Il divieto alle donne iraniane. La nazionale di pallavolo in Iran é in forte ascesa. Grazie all'ereditá lasciata dall'allenatore argentino Julio Velasco, oggi i successi nel volley stanno dando grandi soddisfazioni, sia al paese che alla sua popolazione, grazie all'allenatore serbo, Slobodan Kovac. Proprio per merito di queste vittorie, le restrizioni erano state in parte rimosse. Dal 2012 peró le autoritá hanno stabilito rigorosamente il divieto alle donne di assistere a partite di squadre maschili all'interno degli stadi. Restrizione tuttora in vigore. Pochi giorni fa, si é disputata la partita tra Iran e Brasile, valida per la qualificazione ai campionati mondiali. Piú della vittoria del Brasile (3-0) la notizia ha fatto il giro del web e dei media per il raduno di attiviste e tifose che hanno manifestato davanti allo Stadio Azadi per il divieto imposto alle sole donne iraniane di entrare. Il sito di informazioni Kanoon Znan ha reso noto che, nonostante la Fivb Federazione Internazionale di Pallavolo abbia ottenuto dalla Federazione Iraniana l'autorizzazione a tenere aperto lo stadio, il divieto alle donne é stato imposto ugualmente.
La protesta e le motivazioni delle autoritá. Sono state circa 50 le persone che si sono radunate davanti allo stadio sventolando le bandiere dell'Iran e protestando pacificamente contro le autoritá per non aver concesso l'entrata. Alla protesta come unica giustificazione del divieto é stato risposto che "le donne non possono vedere dal vivo eventi sportivi che coinvolgono squadre maschili". La manifestazione é stata soprattutto fomentata quando le donne iraniane pronte a tifare per la propria squadra hanno visto entrare le donne brasiliane all'interno dello stadio, mentre loro sono state lasciate fuori. Anche a questo le autoritá hanno risposto sostenendo che le brasiliane erano in possesso di passaporto e che le donne tifose iraniane "sarebbero dovute rimanere in casa e pregare per il buon esito della partita a favore della squadra nazionale".
Le brasiliane hanno sangue diverso? Il sito degli studenti iraniani News Agency ISNA ha condannato questa restrizione da parte delle autoritá attraverso un editoriale dal titolo: "Il sangue delle donne brasiliane é piú rosso delle iraniane?". Il titolo riprende un famoso detto persiano nel quale il colore del sangue unifica le razze negando ogni forma di discriminazione. "Ció che rende piú amaro - si legge - é vedere le donne brasiliane entrare allo stadio libere mentalmente da qualsiasi vincolo e pronte a tifare e supportare la propria squadra. Al contrario le donne iraniane sono rimaste dietro ai cancelli. Apparentemente un passaporto brasiliano ha più credibilità di una identità iraniana nella nostra terra".
Sempre secondo la ISNA, la sig. ra Shahindokht Mowlaverdi, vice presidente del Presidente Iraniano Hassan Rohani delegata per le donne e la famiglia, ha anch'essa criticato il divieto affermando che le istituzioni di polizia e di sicurezza dovrebbero comprendere i benefici della presenza delle donne e l'ondata di felicità che raggiunge le famiglie e la società.
La Repubblica
07 05 2014
WARAMBE (Nigeria) - Altre otto ragazze sono state rapite la scorsa notte da un gruppo di estremisti islamici di Boko Haram a Warambe, circa 130 chilometri da Maiduguri, la capitale dello stato di Borno e a circa 900 dalla capitale Abuja. Secondo quanto si apprende, gli estremisti avrebbero rapito nella notte altre otto ragazze a Waranbe, vicino a Gwoza, a circa 130 chilometri da Maiduguri, la capitale dello stato di Borno e a circa 900 dalla capitale Abuja. Boko Haram, che tre settimane fa aveva sequestrato 300 liceali in un liceo di Chibok, aveva minacciato altri rapimenti proprio ieri in un video in cui rivendicava il sequestro. Secondo quanto riferito dalle stesse fonti i rapitori avrebbero anche attaccato posti di blocco di polizia a Gamboru Ngala e Shanni, vicino al confine tra Nigeria e Cameron. Questo, a dimostrazione del fatto che nessun pubblico potere in Nigeria sembra abbia intenzione di contrastare gli estremisti islamici, come del resto è stato denunciato da diverse organizzazioni umanitarie.
La Cia e l'MI6 britannico in aiuto. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno assicurato al governo della nigeria sostegno e aiuti nella ricerca delle studentesse rapite nella notte fra il 14 e il 15 aprile scorso. Fonti del Dipartimento di Stato Usa hanno riferito alla Cnn che l'amministrazione Obana ha già iniziato a condividere informazioni di intelligence - come immagini da satellite e intercettazioni delle comunicazioni - con le autorità nigeriane e potrebbe fornire ulteriore assistenza, ma hanno precisato che non è previsto alcun invio di soldati americani nel paese centrafricano. Durante il suo viaggio in Africa il segretario di stato John Kerry aveva già assicurato tutto l'appoggio possibile da parte di Washington. Oggi, la portavoce della diplomazia americana Marie Harf ha annunciato che Sarah Sewall, sottosegretario di stato per i diritti umani, si recherà in Nigeria nei prossimi giorni.
Vendute come schiave. L'Alto Commissariato Onu per i diritti umani (Ohchr) ha condannato il fatto annunciato dai jihadisti di Boko Haram di vendere come schiave le studentesse rapite, sottolineando che potrebbe rappresentare un crimine contro l'umanità. Al momento sarebbero 223 le ragazze ancora in mani ai jihadisti, dal momento che alcune - ma purtroppo ancora non si sa quante - sarebbero riuscite a fuggire. Il conteggio esatto delle persone sequestrate e tenute in stato di schiavitù come mogli, date in sposa con la forza agli stessi membri di Boko Haram, oppure vendute nel libero mercato degli esseri umani in Ciad o in Camerun, non è purtroppo ancora possibile. "Siamo profondamente preoccipati - ha detto Rupert Colville, portavoce dell'Alto Commissario Navi Pillay - per le dichiarazioni oltraggiose diffuse ieri in un video e attribuite al leader di Boko Haram in Nigeria, il quale afferma sfacciatamente di voler vendere 'al mercato' e 'far sposare' le studentesse rapite, riferendosi a loro come 'schiave' ". Pillay ha scritto al presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, per chiedere che non vengano risparmiati sforzi per riportare a casa le studentesse e per tutelare, in generale, i diritti dei minori.
Cronache di ordinario razzismo
23 04 2014
“Siamo in guerra”: così esordisce il programma elettorale di Magdi Allam, candidato alle elezioni europee nel partito Fratelli d’Italia. Un programma che, come si evince da questa prima dichiarazione, punta molto sull’agitazione della paura. “È la terza guerra mondiale. Una guerra finanziaria. Ma anche una guerra relativista [..] in un mondo governato dalla dittatura dei poteri imprenditoriali e finanziari, nel contesto di una umanità meticcia azzerando le radici, le identità, i valori, le regole e la civiltà”. Questo il primo punto. Nel discorso sulla crisi economica, Allam inserisce anche un riferimento all’immigrazione, parlando di “umanità meticcia” che minerebbe delle presunte radici identitarie. E’ su questo che Allam basa la propria campagna elettorale, almeno è questo che emerge scorrendo il programma e dando uno sguardo al sito e alla pagina Facebook del candidato.
“Prima gli italiani” si legge su uno dei manifesti di Allam, su cui campeggia anche la frase “sottomessi agli immigrati”.
“Prima gli italiani”, leit motiv anche di altri movimenti politici – primi fra tutti Lega Nord e Forza Nuova – sembra per Allam il filo conduttore di tutta la campagna. L’Unione Europea imporrebbe direttive “impregnate di materialismo, buonismo, soggettivismo giuridico, multiculturalismo e islamicamente corretto”. “Prima gli italiani nell’assegnazione di posti di lavoro, case popolari, scuole, pensioni e sussidi sociali. Affermiamo con orgoglio il principio che gli italiani hanno il diritto di godere di una vita dignitosa nella nostra casa comune”. Sul concetto della “casa comune” Allam propone addirittura la creazione di un “nuovo Ministero dell’Identità nazionale”, identità che a quanto pare subirebbe una “minaccia islamica”, da cui “dobbiamo difenderci in quanto religione incompatibile con la nostra civiltà”.
A fomentare questo sentimento anti-immigrati ci pensano, oltre al programma elettorale, i post su Facebook, le fotografie, le vignette: due in particolare, di Massimo Sartori.
Nella prima, si vede una donna con l’hijab che spinge un passeggino, circondata da due bambini, e due uomini con la barba lunga e indumenti che richiamano l’abbigliamento tradizionale musulmano che bevono un tè seduti a un tavolino. Per terra cartacce e spazzatura. Alle spalle, un muro scrostato. Su tutto, una frase: Bienvenue a Bruxelles modele de integration europeenee. “A Bruxelles ho visto la pubblicità della città per i turisti. E’ una pubblicità che fa vedere una città occidentale, abbiamo girato sempre a piedi e non mi sarei mai aspettato di vedere invece una città…islamica. Se la parola ‘integrazione’ vuol dire ‘città islamica’ allora l’integrazione che vuole l’Unione Europea, se la tenga Bruxelles!”, commenta Allam.
Nella seconda vignetta pubblicata sul profilo facebook di Allam, Sartori raffigura una fila di persone: due con il burqa, tre seminudi, tutti molto caricaturizzati. Inginocchiato, un uomo che indossa una maglia con la scritta “pace” (forse un immigrazionista buonista, secondo la concezione di Allam?), afferma “Benvenuti in Italia”, e chiede “Come ti chiami bella bimba?”. Si rivolge a una bambina piena di puntini rossi che abbraccia una bambola-scheletro, e che risponde “Ebola”. “Anche il Papa ha parlato di Ebola, vuol dire che la cosa è importante. Ma più grave è che anche l’Ebola può diventare …cittadina italiana ! VOI COSA NE PENSATE?”, chiede Allam, cavalcando una notizia falsa, priva di fonti e dati, ma ancora oggi, incredibilmente, rilanciata.
Anche dalle righe del quotidiano Il Giornale Allam lancia la sua invettiva contro i cittadini di origine straniera. “E’ un crimine dare miliardi di euro ai clandestini e agli immigrati nel momento in cui ci sono 4 milioni e 100mila italiani che non hanno i soldi per comprare il pane”. A sostegno di questa dichiarazione, Allam elenca una serie di dati economici che, ci sembra, vengono presi da un dossier redatto proprio da noi, Costi disumani (per un agevole confronto, qui l’articolo di Allam, qui la sintesi del rapporto, dove sono presenti i dati estrapolati dal candidato).
Come facciamo notare da sempre, e come abbiamo sottolineato nel dossier, i dati che abbiamo raccolto e diffuso rappresentano “un investimento pubblico significativo nelle ‘politiche del rifiuto’”: investimenti che non servono a frenare la cosiddetta “immigrazione ‘irregolare’”, e che rappresentano solo uno spreco di risorse – forse proprio per questo metterli insieme è impresa ardua, a causa della totale mancanza di trasparenza al riguardo.
L’uso dei fondi pubblici per gli scopi elencati nel dossier e ripresi da Allam non è utile né per i cittadini immigrati, né per quelli italiani: entrambi diventano, allo stesso modo, vittime di una politica lacunosa e fallimentare, che priva gli immigrati di un sistema di accoglienza dignitoso e efficiente, creando invece solo strutture di contenimento e dando vita a problemi che si ripercuotono sul tessuto sociale, gravando così anche sulle spalle degli italiani.
La responsabilità di tutto questo non è delle persone che lasciano il proprio paese per cercare migliori condizioni di vita, cosa legittima che l’essere umano fa da sempre – come ha fatto, ad esempio, lo stesso Allam, che a 20 anni ha deciso di lasciare l’Egitto per venire in Italia.
La responsabilità è delle istituzioni, che da anni portano avanti misure che in teoria dovrebbero fermare gli arrivi dei migranti economici, nella realtà non ci riescono, sono dispendiose e lesive dei diritti umani. Una scelta davvero “utile” e umana, suggerita nel nostro dossier, sarebbe quella di “facilitare l’ingresso e il soggiorno regolare dei migranti in Italia”. Così facendo, si ridurrebbero i rischi che le persone corrono per venire in Italia, la criminalità organizzata che sui viaggi “irregolari” specula, la disumanità delle condizioni in cui molte persone sono costrette a vivere in mancanza di un documento e quindi di uno status civile che consenta loro di seguire un percorso reale e autonomo di inserimento nel tessuto sociale di un paese, che includa un contratto di lavoro regolare, la tutela della salute e l’accesso al welfare… diritti fondamentali che non possono essere vincolati alla titolarità della cittadinanza del paese di residenza. Non è abbassando gli standard di vita che si eleva un paese, bensì il contrario.
Ma naturalmente Allam trova il modo di stravolgere i contenuti del dossier a proprio uso e consumo per fare, con la propaganda, disinformazione.