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La Repubblica
31 03 2014

Nel 2100 un miliardo di persone senza acqua sufficiente nelle città. In aumento alluvioni e carestie. Scenari catastrofici (e vie di fuga) nel rapporto del gruppo Onu premiato con il Nobel nel 2007

di ANTONIO CIANCIULLO

Un miliardo di persone nella trappola delle città assetate. Due miliardi in più di bocche da sfamare sul Pianeta e una produzione di mais, riso e grano che crolla del 2 per cento ogni 10 anni. Fino a 187 milioni di profughi costretti ad abbandonare le loro case per fuggire dall'acqua che avanza. Fino al 9 per cento del Pil globale risucchiato dalla lotta contro la risalita del mare.

Sarà l'impatto, a fine secolo, del cambiamento climatico nell'ipotesi di un aumento di 5 gradi rispetto ai livelli pre industriali: uno scenario in linea con le scelte presenti, cioè con un'economia che non riesce a frenare l'uso di combustibili fossili e continua ad aumentare le emissioni serra. Lo hanno firmato gli scienziati dell'Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), il gruppo di lavoro Onu premiato con il Nobel per la pace.

Nella seconda parte del quinto rapporto, resa nota oggi, si spiega che il rischio di una catastrofe climatica non viene solo proiettato nello scenario della seconda metà del secolo, ma è già reale. Il cambiamento climatico è in atto: l'ondata di calore che ha prodotto 70 mila morti aggiuntive in Europa nel 2003, gli incendi che hanno devastato la Russia nel 2010, l'uragano che ha colpito New York nel 2012 sono il biglietto da visita di un possibile futuro. Senza la mitigazione del trend, cioè senza un taglio delle emissioni di CO2 robusto e rapido, "l'adattamento sarà impossibile per alcuni ecosistemi" e il numero di affamati crescerà (25 milioni in più di bambini sotto i 5 anni malnutriti).

Ma non è una condanna già scritta. Il conto che dovremo pagare per gli errori del passato non è ancora definito: molto dipenderà da quello che faremo nei prossimi anni. Un passaggio veloce a un sistema produttivo basato sull'efficienza, sulle fonti rinnovabili e sul riciclo dei materiali apre le porte dello scenario più favorevole, quello in cui i danni sono contenuti a livelli accettabili.

"È l'intreccio perverso tra crescita demografica, consumi sbagliati e cambiamento climatico che rischia di essere fatale", commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf. "Già oggi l'energia solare intrappolata su ogni metro quadrato ha superato il limite di guardia: senza interventi correttivi, a fine secolo si arriverà a un valore quattro volte superiore. Una prospettiva che trascina con sé l'aumento di fame, conflitti e guerre".

Proprio perché varie possibilità restano aperte, il ventaglio degli scenari tracciati dall'Ipcc è ampio. Anche il più favorevole però non è indolore perché - avvertono i climatologi - i tempi di recupero dell'atmosfera sono lenti: più del 20 per cento dell'anidride carbonica immessa in atmosfera continua a bloccare la fuoriuscita del calore per oltre mille anni. E abbiamo già sparato in cielo una quantità enorme di carbonio: 545 miliardi di tonnellate, più della metà del tetto oltre il quale si supererebbero i 2 gradi di aumento della temperatura rischiando un global warming catastrofico.

I margini per un intervento efficace ci sono ancora, anche se si assottigliano anno dopo anno. Una rapida correzione di rotta riuscirebbe a ridurre da un miliardo a una cifra più vicina a quella attuale (150 milioni) il numero dei cittadini senza acqua sufficiente a disposizione; farebbe scendere da 5,2 miliardi a 1,7 le persone esposte al rischio di malaria nel 2050; salverebbe l'Amazzonia che, sotto l'assalto di strade, fattorie e incendi, rischia di perdere la sua straordinaria ricchezza trasformandosi in zona semi arida.

L'analisi Ipcc mostra anche come il global warming stia colpendo in modo differenziato le varie aree del Pianeta. In Australia le siccità prolungate hanno già messo in difficoltà l'ornitorinco, il koala e alcune specie di canguro. In Africa il crollo della pesca, da cui dipende un terzo delle proteine necessarie alla sopravvivenza, arriverà in alcune aree al 21 per cento. In Asia le città costiere saranno a rischio inondazione e la pressione dei deserti interni crescerà. Alcuni Stati, le piccole isole a fior d'acqua, rischiano di sparire, cancellati dalla crescita dei mari. E il cambiamento toccherà anche l'Italia, rendendo più disastrose piogge ormai di intensità monsonica: in Europa le alluvioni potranno colpire fino a 5,5 milioni di persone, causando danni per 17 miliardi di euro l'anno.

Articolo Tre
02 01 2014

Previsioni troppo ottimistiche. Il riscaldamento globale aumenta più velocemente del previsto.

Gli scienziati si sono sbagliati, il riscaldamento globale è molto più rapido di quello che si pensava.

Uno studio dell'australiana New South Wales University pubblicato dalla rivista scientifica Nature, dimostra come le previsioni sul riscaldamento del pianeta si siano basate su modelli troppo ottimistici che sovrastimavano gli effetti della nuvolosità sul clima.

Il risultato? Che gli scienziati si sono sbagliati e il riscaldamento globale sta aumentando più rapidamente di quanto stimato.

Come riporta il quotidiano britannico The Daily Telegraph, uno degli effetti dei cambiamenti climatici è infatti quello di ridurre la copertura delle nuvole e quindi gli effetti di raffreddamento associati.

Il 2013 è stato il quarto anno più caldo da oltre un secolo a questa parte, ma il più caldo in assoluto per un anno in cui non si è verificato il fenomeno del "Niño".

Nuova Zelanda: chiede asilo per cambiamento climatico

  • Giovedì, 17 Ottobre 2013 10:15 ,
  • Pubblicato in Flash news

Globalist
17 10 2013

È il primo caso al mondo. Ioane Teitiota, 37 anni, viveva a Kiribati, una piccola nazione del Pacifico di poco più di 100 mila abitanti, minacciata dall'innalzamento delle acque.

Il primo caso al mondo di domanda di "asilo per cambiamento climatico" è stato ascoltato dall'Alta Corte della Nuova Zelanda. Protagonista è Ioane Teitiota, 37 anni, un cittadino di Kiribati, una piccola nazione del Pacifico di poco più di 100 mila abitanti, le cui isole coralline affiorano di pochi metri dal livello del mare e sono minacciate dall'innalzamento delle acque e altri effetti del cambiamento climatico, come la contaminazione dell'acqua potabile, la distruzione dei raccolti e gli allagamenti delle case.

Teitiota aveva lasciato Kiribati con la moglie sei anni fa per migliori prospettive in Nuova Zelanda, dove sono nati i loro tre figli. Il Tribunale dell'immigrazione e della protezione ha respinto due volte il suo argomento, secondo cui il crescente innalzamento del mare rende troppo pericoloso il ritorno della sua famiglia a Kiribati.

Il Tribunale aveva accettato che le dichiarazioni di Teitiota erano genuine, osservando però che la domanda di asilo mancava dei criteri legali, come paura di persecuzione o minacce di morte. L'uomo si è quindi rivolto in appello all'Alta Corte a Auckland, che ora dovrà prendere una decisione.

L'azione legale prende di mira le leggi ed i trattati internazionali sui profughi, ha detto il suo avvocato Michael Kidd.

"La convenzione sui profughi che è entrata in vigore alla fine della seconda guerra mondiale deve essere cambiata, per incorporare le persone che fuggono dalla catastrofe climatica, e quello che sta accadendo in molte piccole isole del Pacifico è una catastrofe", ha aggiunto.

Il governo di Kiribati ha comprato terreni nelle isole Figi per coltivare cibo e costruire insediamenti per i suoi cittadini dislocati dall'innalzamento delle acque. Ha inoltre avviato programmi di addestramento per renderli più qualificati come migranti, un approccio che chiama "emigrazione con dignità".

Il clima ostaggio del mercato

  • Mercoledì, 12 Giugno 2013 11:03 ,
  • Pubblicato in L'Intervento
Elena Gerebizza, Re:Common
12 giugno 2013

In Italia sembra che sia difficile parlare di cambiamenti climatici senza banalizzare o senza essere troppo tecnicisti. Forse invece di parlare di clima in astratto, si potrebbe discutere in concreto di quelle attività umane che sono state riconosciute come causa dell'aumento della CO2 in atmosfera - che ha raggiunto a maggio il tanto temuto punto di non ritorno delle 400 parti per milione di CO2[1] - ...
Almeno un miliardo di persone oggi cercherà di ricordare a se stesse e al resto dell'umanità che il Climate change, il cambiamento del clima, è un problema di tutti, che molti dimenticano, ma che non è possibile dimenticare. Intanto perché è già in atto. ...

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