Raffaele Carcano*, Micromega
22 gennaio 2016
Osservatorio Balcani e Caucaso
28 09 2015
Dopo anni di polemiche e violenze finalmente è stata una festa. Il Gay Pride di Belgrado, evento conclusivo della “settimana dell’orgoglio”, si è svolto domenica 20 settembre senza incidenti
Il Pride Parade è l’evento conclusivo della settimana dedicata ai diritti della comunità LGBT di Belgrado, organizzato dall’associazione Beograd Prajd, ed è stato accompagnato anche dal Trans Pride, manifestazione gemella che quest’anno è stata organizzata separatamente.
Le edizioni passate
Nel corso degli anni passati, l’organizzazione della “parata” è stato un evento che ha profondamente diviso la società serba e che è stato frutto di polemiche e violenze. L’edizione del 2010 fu all’origine di seri incidenti, causati dalle solite organizzazioni di destra, che portarono al ferimento di oltre 100 poliziotti e all’arresto di 250 persone. Anche la Chiesa ortodossa si era sempre schierata contro l’evento. Negli anni successivi, le forze di sicurezza serbe temendo il ripetersi degli incidenti, non hanno più dato l’autorizzazione alla manifestazione, almeno fino al 2014. L’anno scorso, la “parata” si tenne, con la presenza di ingenti forze di polizia e con alcuni scontri ai margini della manifestazione.
Quest’anno, in una Belgrado dove l’attenzione si è spostata sulla crisi dei rifugiati che transitano quotidianamente in città, l’organizzazione della “parata dell’orgoglio” non ha praticamente fatto notizia.
Nessuna polemica sui giornali, i partiti dell’estrema destra silenziati, gli hooligans del Partizan e della Stella Rossa anche loro in silenzio. Colpisce in particolare l’assenza di graffiti minacciosi sui muri della città. Nel 2014 la città era stata ricoperta con scritte tipo: ”I gay non marceranno”, “La parata non si svolgerà” “Uccidi i gay”. Colpisce anche il silenzio della Chiesa Ortodossa, che nel 2014, tramite suoi prelati, aveva detto che le disastrose inondazioni della primavera 2014 erano state un ammonimento divino nei confronti dei serbi perché avevano intenzione di organizzare la parata. L’assenza di tensioni e incidenti i giorni prima, aveva fatto sì che sabato sera, la polizia avesse finalmente fatto sapere che c’erano le condizioni per lo svolgimento sia del “Trans pride” che del “Pride Parade”.
La parata
Il silenzio mediatico dei giorni che hanno preceduto l'evento è stato seguito dal silenzio irreale di domenica 20, giorno della “parata”. Il centro di Belgrado è stato praticamente isolato dal traffico. Solo il volo persistente degli elicotteri rompeva l’inusuale calma calata su Belgrado. Impressionante lo spiegamento di forze della polizia e della gendarmeria, tutti in tenuta antisommossa. Cordoni di poliziotti bloccavano le vie di accesso a Trg Republike, Slavija, Pionirksi Park e Nemanjina, i punti critici della sfilata. Polizia a cavallo, mezzi blindati, cannoni ad acqua, il messaggio dato dalle autorità non lasciava dubbi. La “parata” si sarebbe svolta.
Il contrasto tra l’aspetto bellicoso dei poliziotti e i colori del “Trans pride” primo evento in programma, descrive alla perfezione la giornata. Nel Pionirski Park, i partecipanti alla Trans Pride, assieme ai rappresentanti della comunità rom di Belgrado, invitavano i presenti a sostenerli nella lotta per evitare discriminazioni.
La parata è poi partita in Nemanjina ulica, di fronte alla sede del governo. Circa 1.000 partecipanti si sono riuniti lì al suono di fischi e musica. L’atmosfera era festosa e rilassata. La madrina della manifestazione, Biljana Srbljanović, ha dato il benvenuto ai partecipanti. Dietro il corteo, le autorità, con in prima persona il sindaco di Belgrado, Siniša Mali, la ministra per l’Integrazione europea Jadranka Joksimović, l’ambasciatore degli Stati Uniti, Michael Kirby e il capo della Delegazione dell’Unione Europea, l’ambasciatore Michael Davenport. Per l’occasione, è giunta a Belgrado anche la ministra svedese per la Cultura, Alice Bah Kuhnke. Negli anni scorsi la comunità internazionale si è apertamente schierata in favore dello svolgimento della manifestazione, condannando le violenze e le cancellazioni del passato.
La “parata” è partita puntuale. Musica, balli, fischi, una grande bandiera arcobaleno a seguire il camioncino dell’organizzazione. Si respirava un’atmosfera di sollievo e normalità. I partecipanti venivano da tutti i paesi della ex Jugoslavia e in più vi erano numerosi ospiti stranieri e belgradesi simpatizzanti con la comunità LGBT, tra cui, una simpatica nonnina di 79 anni. Gli organizzatori hanno invitato i partecipanti a solidarizzare con tutti quanti si battono per i propri diritti, in primo luogo con i rifugiati che da mesi oramai sono accampati nei parchi di Belgrado, nel loro cammino verso l’Europa occidentale. La gente, non molta, dalle finestre guardava con curiosità, alcuni gettando fiori, altri sventolando bandiere tricolori. Il tutto, sotto gli occhi attenti e severi delle centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa. I media hanno riportato di un migliaio di partecipanti in tutto.
Alla fine, tutti contenti
La “parata” è terminata alle 13.00 di fronte al municipio di Belgrado. L’atmosfera festosa è però continuata e sono stati rinnovati gli appelli a far visita ai rifugiati subito dopo la parata. Secondo gli organizzatori, questa è stata la miglior “parata” finora organizzata. Non vi sono stati incidenti di rilievo. Un gruppo di fedeli, assieme ad alcuni “pope” ortodossi hanno comunque pregato e asperso il suolo di acqua santa nei pressi della Chiesa di San Marco per scongiurare eventuali punizioni divine a seguito della manifestazione come, a loro dire, la siccità di quest’anno e le inondazioni dell’anno scorso.
La protesta, pacifica, si è mantenuta molto distante dal luogo dove è avvenuto il Pride. Nel pomeriggio, la polizia ha reso noto di aver arrestato una decina di facinorosi, ultras e pregiudicati, per aver tentato di creare disordini. Per il resto, una giornata tranquilla, ma anche un altro importante successo per il premier serbo Aleksandar Vučić, che dà ancora un forte segnale che la Serbia è un paese in via di normalizzazione e che, almeno in superficie, ha abbracciato i valori europei ed è ben decisa a progredire nel processo di integrazione europea. Nella speranza che l’anno prossimo l’evento si ripeta con bisogno di minori misure di sicurezza.
Il Fatto Quotidiano
09 09 2015
L’Europa torna a richiamare l’Italia sulle unioni civili e le chiede di dire sì ai matrimoni gay. Ma a Roma il ddl che definisce le unioni civili come un istituto autonomo rispetto al matrimonio è fermo in commissione Giustizia del Senato per gli emendamenti di Area popolare e Forza Italia. A guidare l’ostruzionismo è il senatore del Nuovo centrodestra Carlo Giovanardi che questa mattina ha presentato 11 emendamenti, gli unici votati questa mattina in più di due ore e tutti respinti. Il testo è stato firmato dalla democratica Monica Cirinnà ed è stato approvato grazie alla maggioranza trasversale Pd-M5S.
Europarlamento: “Aprire a coabitazione, le unioni di fatto e matrimonio”
Intanto il Parlamento europeo ha chiesto oggi a nove Stati membri su 28 di “considerare la possibilità di offrire” alle coppie omosessuali istituzioni giuridiche come “la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio”. La richiesta è inserita nel paragrafo 85 del rapporto sulla Situazione dei diritti fondamentali nella Ue approvato oggi a Strasburgo. Con il documento firmato dall’europarlamentare M5S Laura Ferrara, il Parlamento europeo ha anche chiesto alla Commissione Ue di “presentare una proposta di normativa ambiziosa che garantisca il riconoscimento mutuo” delle unioni e matrimoni registrati in altri paesi in modo da “ridurre gli ostacoli amministrativi e giuridici discriminatori che devono affrontare i cittadini” per esercitare il loro diritto alla libera circolazione.
Pubblicità
“Sanzionare cariche pubbliche che insultano persone Lgtbi”
Nel capitolo dedicato ai diritti delle persone Lgtbi, Strasburgo condanna “con la massima fermezza la discriminazione e la violenza” e chiede agli Stati di “sanzionare” le cariche pubbliche che “insultano o stigmatizzano” omosessuali e transessuali. Per questi ultimi il Parlamento chiede di facilitare le procedure burocratiche per il “riconoscimento del nuovo genere”. L’ennesimo richiamo dell’Europa sul tema dei diritti civili arriva dopo la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che a luglio ha condannato l’Italia per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali, che da anni vivono insieme in una relazione stabile. E per questo dovrà a ognuno di loro 5mila euro di risarcimento per danni morali.
Ddl Cirinnà fermo per ostruzionismo di Ap e Fi
Ma nonostante le richieste dell’Europa, a Roma il ddl Cirinnà è impantanato. In tutto il giorno, la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha esaminato solo 50 emendamenti, respingendoli tutti. Ne restano così 1.260. L’esame riprenderà giovedì alle 18. Il senatore democratico Sergio Lo Giudice ribadisce che “il Pd non farà nessun passo indietro” e che Ncd e Fi “continuano ad avare un atteggiamento ostruzionistico” “assolutamente non in linea con quanto ci chiede non solo il Parlamento europeo anche oggi, ma soprattutto la Corte di Giustizia europea”.
Giovanardi: “Unioni civili diventeranno uguali a matrimonio”
Schierato in prima linea contro il ddl c’è Giovanardi: “Le unioni civili diventano uguali al matrimonio”, afferma il senatore promettendo che Ap “darà battaglia”. “L’emendamento premissivo (quello votato la settimana scorsa da Pd , M5S e conservatori sulla definizione delle coppie di fatto come specifica formazione sociale, ndr) è stato completamente svuotato. Le parole della Cirinnà hanno riaffermato il sì all’utero in affitto, alle adozioni e alla pensione di reversibilità anche per le coppie omosessuali. Il governo è intervenuto a gamba tesa, definendo tempi e modi. È un nostro dovere fare battaglia parlamentare”.
“Stanno portando avanti un progetto che avrà conseguenze per i prossimi 50 anni della storia italiana. Se dovesse passare dal giorno dopo – conclude Giovanardi – io voto no alla fiducia a questo governo”.
Lupi: “Non accettiamo impostazioni da Parlamento Ue”
Il presidente dei deputati di Area popolare Maurizio Lupi critica duramente l’intervento del Parlamento europeo: “Il riconoscimento di diritti alle persone omosessuali che realizzano unioni stabili è una prerogativa del Parlamento italiano. La forma di questo riconoscimento verrà liberamente decisa da deputati e senatori. L’europarlamento, in tale senso, è libero di pensarla come vuole ma non può chiedere a uno Stato sovrano di ‘dire sì ai matrimoni gay'”.
Osservatorio Balcani e Caucaso
31 08 2015
La più approfondita ricerca mai effettuata in Turchia sull'universo LGBT mette a fuoco problemi, difficoltà ma anche spunti per una maggiore libertà di scelta e inclusione sociale. Un'intervista
“Problemi sociali ed economici delle persone LGBT in Turchia”, la ricerca realizzata dai ricercatori Volkan Yılmaz e İpek Göçmen (Università del Bosforo, Centro di Politiche sociali) con l’assistenza di Cansu Atlay - pubblicata ad inizio 2015 - è considerata la più ampia realizzata sul tema nel paese. Il lavoro è frutto di interviste realizzate con la tecnica del focus group in dieci città, con la partecipazione di 200 soggetti per volta e di un questionario cui hanno partecipato 2.875 persone in tutta la Turchia. La ricerca indaga su 11 temi che vanno dal lavoro alla salute, dalla giustizia alla famiglia, dall’istruzione alla partecipazione sociale.
Abbiamo intervistato uno degli autori, Volkan Yılmaz, ricercatore e docente del Centro di studi sulla società civile presso l'Università Bilgi di Istanbul, che è anche direttore dell’Associazione per gli studi sull’identità di genere e orientamento sessuale (Spod - Cinsiyet Kimliği ve Cinsel Yönelim Çalışmaları Derneği) di Istanbul.
In che modo le persone che avete intervistato hanno deciso di farsi coinvolgere nella ricerca? Come siete riusciti a raggiungerle? E in base a cosa avete scelto le città dove avete condotto le interviste basate sulla tecnica del focus group?
La ricerca è stata condotta sul campo da gennaio a giugno 2014 nelle città di Ankara, Adana, Antalya, Edirne, Eskişehir, Gaziantep, İstanbul, İzmir, Mersin e Trabzon. Queste città sono state scelte perché durante il periodo della ricerca dimostravano di avere delle organizzazioni attive sui diritti LGBT (Lesbiche, gay, bisessuali e trans). I partecipanti dei focus group li abbiamo raggiunti tramite associazioni, iniziative LGBT e/o gruppi di studenti universitari. Il sondaggio online, invece, è stato realizzato diffondendo la voce tramite siti e applicazioni d’incontri, primo fra tutti il sito http://www.gabile.com/, come tramite tutte le organizzazioni LGBT presenti in Turchia e i partecipanti ai focus group.
In un’intervista lei ha affermato che in Turchia non è possibile realizzare un'indagine rappresentativa a livello nazionale perché, a causa della pressione sociale, le persone LGBT non riescono ad esprimere liberamente la propria identità sessuale. Quali sono, in base al risultato della ricerca, le condizioni necessarie perché questo possa avvenire?
Ritengo che per consentire alle persone LGBT di esprimere liberamente la loro identità ci debbano essere degli spazi pubblici dove si sentano al sicuro. Penso anche che sia in Turchia che in diversi altri paesi, Internet abbia svolto un ruolo importante in questo senso. Ma non è accettabile che la vita sociale sia ridotta alla rete. Il 57,9% delle persone che hanno partecipato alla nostra ricerca (1631 individui) ha affermato di dover fare almeno una mezz’ora di viaggio per raggiungere un locale (una caffetteria, un ristorante, un’associazione, un centro giovanile, l’ufficio di un partito politico e altri ancora) dove possono essere al sicuro senza essere costretti a nascondere la propria identità sessuale o il proprio orientamento. Penso che questo risultato sia indice di un serio impedimento alla socializzazione per le persone LGBT e credo che formare degli spazi pubblici sicuri per gli LGBT – ma non solo – possa aprire una finestra affinché possano esprimere liberamente la loro identità.
Il 50% delle persone intervistate risulta tra i 18 e i 25 anni, mentre solo il 12,9% rientra nella fascia d’età tra i 36 e i 45 anni. Secondo lei è possibile affermare che esprimere il proprio orientamento sessuale è più facile per gli LGBT più giovani rispetto a generazioni più anziane?
Non bisogna sottovalutare le difficoltà riscontrate dagli LGBT di nuova generazione nel venire allo scoperto. Ma ritengo anche che i giovani abbiano in mano una fonte importante, della quale le generazioni più adulte o anziane non disponevano. Si tratta, a mio avviso, del discorso sui diritti degli LGBT, divenuto una componente importante del discorso globale sui diritti umani. È un discorso creato da quelle persone che dalla fine degli anni ’60 a oggi esprimono la propria identità sessuale e che lottano per i diritti degli omosessuali e dei trans in diverse parti del mondo. Per la Turchia questa fase inizia con gli anni ’70. Le nuove generazioni degli LGBT sono più forti e fortunate perché sono nate in un periodo storico in cui hanno avuto accesso a questo discorso.
E' possibile collegare questa tendenza all’emergere, nell’ultimo decennio, di associazioni LGBT o di formazioni politiche come il Partito democratico dei popoli (HDP, filo curdo e di sinistra) che hanno inserito la questione dei diritti LGBT nell’agenda politica?
Sono convinto che la difesa dei diritti LGBT da parte dei partiti del movimento politico curdo, oggi rappresentato dall’HDP, come ormai anche da parte del Partito repubblicano del popolo (CHP), iniziata grazie all’insistente lotta degli attivisti per i diritti LGBT, abbia l’effetto di rendere più forti le generazioni più giovani. Come emerge dalla ricerca, ricordiamo che stiamo parlando di una categoria sociale che deve continuamente affrontare delle offese a scuola, all’università come nell’ambito lavorativo. La difesa dei loro diritti da parte dei rappresentanti di questi partiti politici restituisce loro - almeno in parte - la dignità sottratta.
In che misura i diversi tipi di associazioni riescono a rendere le persone LGBT più forti, e quali sono gli ostacoli incontrati dagli LGBT quando vogliono associarsi?
Gli LGBT, a differenza ad esempio delle minoranze etniche, sono una minoranza anche nella famiglia biologica in cui si trovano. Senza arrivare alle associazioni, io penso che se due transessuali, oppure un/una omosessuale e una trans stessero l’uno/a accanto all’altra senza temere di dover nascondere la propria identità, questo già basterebbe a renderli più forti. Ritengo che sortisca lo stesso effetto anche far parte di associazioni, di organizzazioni o di gruppi universitari oppure solamente di gruppi di amici composti anche da persone LGBT. Per quanto invece riguarda gli ostacoli riscontrati dalle associazioni, bisogna dire che si tratta di un tema ampio che richiede un’indagine a parte. Ma dovendo riassumere la questione, posso affermare che in un paese dove gli LGBT non vengono riconosciuti quali cittadini equi e ogni tipo di discriminazione contro gli LGBT resta impunito, il più grande ostacolo alla formazione di organizzazioni LGBT è questa situazione giuridica non equa e l’impunità nei confronti degli atti discriminatori.
Solo il 22% delle persone che hanno preso parte alla ricerca afferma di non aver ricevuto reazioni negative in famiglia per aver dichiarato il proprio orientamento sessuale. Se il supporto delle famiglie ai figli LGBT fosse più diffuso, questo potrebbe portare ad un cambiamento dell’approccio della società turca?
Anche in molti paesi dove i diritti degli LGBT sono riconosciuti queste persone ricevono reazioni negative dalle loro famiglie quando dichiarano il proprio orientamento sessuale. Io credo che questo gruppo del 22%, emerso dalla nostra ricerca, possa svolgere una funzione di trasformazione essenziale nel processo di riconoscimento di diritti paritari per le persone LGBT. In verità lo fanno già. Il vecchio Gruppo di Istanbul per le famiglie LGBT (LISTAG) ora è diventato l’“Associazione delle famiglie e degli amici di persone LGBTİ (Lesbiche, gay, bisex, trans, e intersex)”. Ricorderete la LISTAG dal documentario “Il mio bambino” che ha suscitato un’ampia eco, demolendo i pregiudizi di molti. Quello che abbiamo rilevato nella nostra ricerca è che l’associazione LISTAG non è un’eccezione, è una formazione che in Turchia trova una corrispondenza a livello sociale e potrebbe diventare più grande. Il supporto delle famiglie ai loro figli e la trasformazione sociale e pubblica rappresentano due dinamiche di una trasformazione integrale. Sono entrambi necessari e realistici.
Un dato importante che emerge dalla ricerca è che il 62% degli intervistati (il cui 80% è rappresentato da persone al di sotto dei 35 anni) non si sente tutelato per la vecchiaia, mentre il 51,8% pensa che non riceverà cure adeguate quando diventerà anziano. Come vanno interpretati questi dati?
Sono insicurezze e timori fondati, purtroppo. In Turchia la cura degli anziani viene per la maggior parte considerata non come un servizio pubblico, bensì un dono da tramandare da generazione in generazione da gestire all’interno delle famiglie biologiche. Se si considera che quando gli LGBT vengono allo scoperto hanno in genere problemi con la famiglia biologica, che non esiste il diritto al matrimonio tra LGBT, che le trans vengono costrette ad esercitare un mestiere altamente logorante come la prostituzione e la cura degli anziani non è considerato un servizio pubblico, le persone tendono naturalmente a preoccuparsi per la loro vecchiaia.
Le associazioni per i diritti LGBT sanno già che le persone LGBT anziane hanno problemi di questo tipo, anche oggi. Queste difficoltà potrebbero estendersi a fasce più ampie, proprio perché sta aumentando la percentuale degli LGBT che dichiarano e vivono apertamente la loro identità. Per questo motivo, è necessario che la creazione di un percorso dignitoso verso l’anzianità, che tenga conto di tutte le categorie sociali venga inserita nell’agenda della politica in Turchia.
La ricerca mette in evidenza che le trans, per il fatto di esplicitare il proprio orientamento sessuale più degli altri membri LGBT subiscono anche un numero più alto di pressioni e violenze. Quali sono le prime cose da mettere in atto per prevenire questa situazione?
La ricerca evidenzia che le trans sono maggiormente discriminate in quasi tutti gli ambiti presi in esame. Però va anche ricordato che le trans costituiscono la percentuale maggiore degli LGBT che presentano denunce in merito alle discriminazioni subite. Ossia, le trans sono quelle più discriminate, ma anche quelle che percorrono più spesso le vie legali. Una prima cosa da fare per prevenire le violenze contro le trans è inserire la voce “identità sessuale” e l’espressione “genere” (gender) nella definizione dei reati d’odio. È inoltre necessario che le pene siano effettive.
Quanto è difficile trovare finanziamenti per sviluppare politiche contro la discriminazione degli LGBT nella società turca? Quale può essere l’apporto delle ONG, piattaforme e istituzioni internazionali a riguardo?
Non esiste un ambito che riguardi i diritti umani o la lotta alla discriminazione per cui è facile trovare finanziamenti. Non credo che i finanziamenti provenienti alle associazioni per i diritti degli LGBT in Turchia sulla base di progetti siano insufficienti. L’approccio basato sui progetti, però, ha dei seri limiti. Mettiamo che vogliate avviare un centro per i giovani, ad esempio un centro rivolto ai giovani LGBT e ai loro genitori dove viene fornito un supporto psicologico a titolo gratuito. Non esiste niente di simile nemmeno a Istanbul, che è una metropoli mondiale. Non è possibile concepire un centro di questo tipo sulla base di un progetto annuale. Non si può formare il personale da impiegare nel centro in pochi mesi.
È necessario iniziare a pensare a lungo raggio e, di conseguenza, serve che le istituzioni che finanziano la lotta alla discriminazione e per i diritti umani, le ONG come la nostra e gli amministratori pubblici del paese si impegnino in questo senso. I problemi che cerchiamo di affrontare non sono risolvibili con progetti a breve termine focalizzati su ambiti diversi, che necessitano di personale in continuo mutamento.