Contropiano
09 07 2014
Proprio mentre ieri un centinaio di freelance, precari e giornalisti manifestavano sotto la sede della Federazione Nazionale della Stampa in corso Vittorio Emanuele a Roma – poi la protesta si è spostata direttamente negli uffici del sindacato unico - il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ha votato a maggioranza una delibera per impugnare davanti al Tar l'accordo sul cosiddetto “equo compenso” – in realtà una legalizzazione dello sfruttamento - sottoscritto da governo, FNSi, Federazione italiana editori giornali e Inpgi. La proposta è stata avanzata dal presidente nazionale dell'Odg Enzo Iacopino ed è stata motivata con "la volontà di tutelare i diritti dei più deboli mortificati dall'accordo raggiunto da Fnsi e Fieg".
Sempre ieri è giunta la notizia che il Festival del Giornalismo Giovane di Napoli è stato annullato da Youth Press Italia, l'associazione nazionale dei giovani giornalisti, per protestare contro l'accordo firmato alla fine di giugno dalla dirigenza del sindacato, di cui i contestatori ieri hanno chiesto ieri le immediate dimissioni.
Sulla pagina Facebook di Youth Press si leggono le dichiarazioni di Simone d'Antonio, presidente di Youth Press Italia: "In un momento delicato come questo non intendiamo vendere sogni e illusioni ai giovani giornalisti italiani: purtroppo l'accordo siglato da sindacato dei giornalisti ed editori mortifica le speranze di migliaia di giovani, allontanandoli sempre di più da un professione che non riconosce il merito, la creatività e le conoscenze di migliaia di colleghi. Condividiamo in pieno le ragioni della protesta portata avanti da coordinamenti dei precari, vertici dell'Ordine dei Giornalisti e pezzi del sindacato stesso e speriamo che la nostra decisa forma di protesta possa riaccendere i riflettori sulle vere vittime di questo accordo, ovvero i tantissimi giovani giornalisti che saranno costretti ad andare all'estero o a cambiare mestiere per poter vivere dignitosamente.Riprenderemo il festival solo quando l'evoluzione del dibattito sul tema ci fornirà garanzie effettive che il nostro sforzo nell'assicurare aggiornamento e formazione ai giovani giornalisti possa realmente contribuire a migliorare l'occupabilità nel settore e non solo ad alimentare speranze impossibili da soddisfare nel nostro paese".
European Journalism Observatory
09 07 2014
Spegnere i canali di news ogni volta che si può, masticare bene le notizie, non drogarsi di informazione, pagare per informarsi. Sono solo alcuni dei consigli che Peter Laufer, professore di giornalismo alla University of Oregon, indica nel suo Slow News Manifesto, per un consumo critico dell’informazione.
Un approccio, quello slow news, orientato a rallentare e filtrare il consumo di notizie, un invito a dedicare tempo alle storie che ci interessano e che riteniamo importanti, una soluzione al bombardamento 24 ore su 24 di notizie e dati superflui. Ma se l’intenzione di Laufer è quella di proporre al consumatore un approccio slow alla fruizione dell’informazione, qual è la situazione dal punto di vista dell’offerta di slow journalism? Inutile professare una dieta mediatica bilanciata e nutriente se siamo poi circondati solamente dai “fast food dell’informazione”.
Una prima risposta a questa domanda arriva dai paesi scandinavi, in particolare dalla Finlandia, dove a partire dal gennaio 2013 è attivo Longplay, il primo sito finlandese dedicato al giornalismo lento, con un’ impronta focalizzata soprattutto all’investigazione e al reportage. Longplay propone e-single, ovvero lunghi articoli e saggi di approfondimento e inchiesta (possono arrivare anche 50mila caratteri) al prezzo di 3,90 euro ciascuno. Lo scopo della testata è quello di offrire delle letture che possano essere scaricate su qualunque dispositivo e lette in qualsiasi luogo e momento si voglia. Tutto sarà salvato in una sorta di libreria virtuale e personale nella quale il lettore potrà conservare e consultare i testi di suo interesse. Una filosofia di fare giornalismo, quella di Longplay, che si adatta perfettamente all’approccio slow news e che ritroviamo anche nel maggiore quotidiano finlandese, l’Helsingin Sanomat, che, sulla propria pagina Web, affianca alle notizie del giorno una pagina di approfondimento giornalistico intitolata “Slow ones”.
Un’impostazione simile è adottata anche oltreoceano e ospitata all’interno dell’edizione digitale di The Atlantic, famoso periodico statunitense. Stiamo parlando di Longreads, un esperimento di longform journalism nato nel 2009 da un’idea di Mark Armstrong, ex direttore di Time Inc, e diffuso a partire dal 2013 anche sul sito di The Atlantic per poter offrire a questi lunghi articoli e servizi una visibilità ulteriore.
Un altro interessante esempio è invece The Atavist, sito nato per colmare il vuoto di longform story in un Web sempre più bombardato dalle flash news. Nato nel 2011, The Atavist produce e pubblica ogni mese storie dalla lunghezza che varia dalle 5mila alle 3mila parole. La particolarità di queste storie giornalistiche non è solo la lunghezza, in quanto queste vengono infatti pubblicate con Creatavist, un efficace strumento di publishing online che permette di proporre ai propri lettori nuove esperienze di lettura: i testi non si arricchiscono solamente di immagini ma anche di video, contenuti audio e grafiche interattive. I lettori di The Atavist, comunque, possono inoltre scegliere se acquistare semplicemente gli articoli scelti senza contenuti multimediali, da leggere sui propri lettori ebook, o optare per le versioni arricchite dedicate a iPad e iPhone e ideali per una lettura dinamica e versatile in mobilità.
Mettere in contatto lettori scrittori è invece l’obiettivo principale di The Big Roundtable, sito di longform journalism statunitense che sta tentando di rivoluzionare anche il modello editoriale tradizionale: nella sua impostazione non sono più i gatekeeper del giornalismo a vagliare le notizie e le storie di interesse. La scelta viene invece affidata a 50 lettori ai quali vengono sottoposte solo 1000 parole del testo e solamente il loro gradimento permetterà il confronto successivo tra l’editore e l’autore e la successiva pubblicazione. Un modello interessante, quello di The Big Roundtable, e anche estremamente slow dal momento che non permette di pubblicare più di una storia a settimana.
Edoardo Sutter
Internazionale
25 06 2014
Simone Scaravelli ci scrive per contestare "una prassi invalsa ormai sulla maggior parte della stampa colta e adottata dal vostro giornale": l'eliminazione dell'articolo davanti ai cognomi di donna. "Per intenderci", spiega, "un tempo si diceva la Callas ora si dice, si deve dire, Callas...
l'Unità
22 05 2014
L'Unità, Bonifazi: "Impegno per una soluzione solida". La solidarietà di Fassina
"L'Unità è un prezioso e insostituibile strumento di informazione che va sostenuto e rilanciato. Esprimiamo solidarietà ai giornalisti e ai poligrafici che con grande responsabilità hanno permesso al giornale di continuare a essere presente nelle edicole nonostante gli stipendi bloccati". ...
Huffington Post
15 05 2014
Per la prima volta il direttore è nero, si chiama Dean Baquet
Il cambio della guardia alla direzione del New York Times continua a essere simbolico. Dopo la prima donna a capo del prestigioso quotidiano statunitense, ora tocca al primo nero occupare una delle scrivanie più importanti del giornalismo mondiale: si chiama Dean Baquet e in queste ore sta rimpiazzando Jill Abramson, che non ha ancora spiegato ufficialmente le ragioni del suo abbandono. O è stata invitata ad andarsene?
Dean Baquet fino a questo momento ha ricoperto l'incarico di caporedattore all'interno del New York Times. In precedenza Baquet è stato direttore del Los Angeles Times e ha vinto un premio Pulitzer per una inchiesta sulla corruzione a Chicago.