Dinamo Press
23 09 2015
Il voto greco mi ha appassionato. Sento che è in gioco qualcosa che avrà influenza anche su noi. Allo stesso tempo, però, so che è e non è affar nostro, che non possiamo “partecipare” dall’interno, cavalcare la vittoria come fosse nostra o fare le pulci a vincitori e vinti, come se avessimo gareggiato e rischiato.
È indubbiamente un limite dell’internazionalizzazione della resistenza contro un capitale purtroppo invece globale, reticolare e solidale. Però non possiamo aggirarlo facendo un tifo sfrenato per Tsipras prima e/o dopo la vittoria, oppure strillando al tradimento e alla consumazione di una disfatta. Dico subito che la seconda scelta, oltre a essere sbagliata quanto la prima, mi sta pure sul cazzo.
Non riesco a capire del tutto le ragioni tattiche dei pochi mesi del primo governo Tsipras, soprattutto la connessione fra battaglia dell’OXI e accettazione del memorandum: entrambe inaggirabili, ma scombinate fra loro. Le difficoltà strategiche le compartecipo tutte, cioè non mi pare che siamo riusciti ancora a disegnare una forma europea delle lotte che metta in discussione il ruolo attuale dell’euro, che ne prospetti un superamento. Insomma, un’alternativa che possa essere alle prime dolorosa, ma non disastrosa anche a medio periodo.
Ci saranno nuovi tentativi, se non altro in Spagna. Qualcosa, non so bene cosa, lo produrrà in questo campo anche la grande spinta dei rifugiati. E qui potremmo intervenire facendo campagne e non solo solidarietà e complicità – che pure urgono. Cominciando dal cancellare nelle nostre menti e nelle nostre parola e poi nella pratica la distinzione ipocrita fra “migranti” economici (successori, nell’ordine simbolico e di nomenclatura, di “vucumprà”, extracomunitari e clandestini) e migranti “politici”, cioè da guerre o privazione di diritti. Tutti i migranti sono rifugiati, scappano dalla morte che falcia in vari modi, con esplosivi, fame e malattie. E tutti i rifugiati devono aver voce, cioè lavoro, welfare e diritto di voto.
Prima o poi se li prenderanno. Tocca a noi batterci insieme a loro, altrimenti perderemo i nostri diritti sociali e politici e avremo solo qualche capro espiatorio in più. Questo dobbiamo chiedere alla Merkel, ma in primo luogo al governo Renzi (che ancora mantiene la Bossi-Fini e si guarda bene dal normare il diritto d’asilo), e pure al governo Tsipras, che sta collocato in un posto strategico sia geograficamente che politicamente, come cerniera dei flussi migratori e della scala sociale dello sfruttamento.
Che Syriza abbia vinto è meglio che non se avesse perso. Mi trincero dietro questa ovvietà ritenendo in buona fede che aggiungere al ricatto europeo la violenza poliziesca e razzista e l’asservimento completo alla trojka di Nea Democratia sia una cosa infelice. Anche stupida per chi la crede. Ma esiterei a brindare. Aspetterei di vedere cosa farà il secondo governo Tsipras nelle strettoie del programma di risanamento. Se sarà una sinistra di governo o una sinistra al governo (preferendo l’aleatorietà della seconda formula), quanto tempo riuscirà a prendere per frenare il ricatto europeo, se interverranno eventi esterni a scompaginare il blocco dell’austerità. Movimenti, rotture politiche, intendevo, non trattative sull’elettività del Senato o flessibilità dello 0,1%. Per fortuna i Greci sembrano più politicizzati (perfino nell’astensione) degli Italiani.
Un’opinione strettamente personale: meglio parlare a titolo privato che a vanvera.
di Augusto Illuminati
Dinamo Press
22 09 2015
Una serie di appunti utili a capire il risultato elettorale greco, il peso dell'astensione, il calo generalizzato della partecipazione elettorale. La vittoria di Syriza non nasconde una sempre più diffusa sfiducia nel sistema politico ellenico
Questo testo è una raccolta di tweet pubblicati dal profilo @IrateGreek e successivamente raccolti in questa Storify
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1. L’astensione nelle elezioni greche è stata gonfiata artificialmente dal fatto che le liste elettorali non sono aggiornate.
2. In particolare, il numero degli elettori registrati (9,9m) è lo stesso dei cittadini residenti, in cui sono compresi, ad esempio, i bambini.
3. Ciò è dovuto al fatto che gli elettori deceduti non sono stati rimossi dalle liste, in cui, tra l’altro, sono compresi anche i cittadini emigrati all’estero.
4. Il tasso di astensione nelle elezioni di ieri, quindi, considerato il reale numero degli elettori NON E’ del 43,5%,.
5. Ciò che va osservato, invece, è la variazione dell’astensione tra un’elezione e l’altra, e il numero assoluto dei partecipanti.
6. Nelle #GreekElections di ieri ci sono state circa 780 000 cittadini che hanno scelto di non votare, rispetto alle elezioni di gennaio.
7. Questi 780 000 elettori che si sono astenuti sono elettori “reali”, che hanno partecipato alle scorse elezioni, non persone che esistono solamente sulla carta.
8. Ciò significa che gli elettori che hanno partecipato alle #greekElections di gennaio e si sono astenuti ieri sono il terzo gruppo politico in Grecia.
9. Tutti i partiti che sono entrati in parlamento col voto di ieri hanno perso voti, eccetto l’Unione dei Centristi e il PASOK
10. Nel caso del PASOK, la crescita dei voti è artificiale, dato che si sono presentati in coalizione con Dimar.
11. E’ anche interessante notare che nelle elezioni di Gennaio la coalizione PASOK, Dimar, Kidiso, aveva ottenuto circa 470 000 voti, mentre oggi il PASOK asseme a Dimar ne ha ottenuti solo 340 000.
12. Il partito che ha perso più voti rispetto alle elezioni di Gennaio è Syriza (- 325 000)
13. In termini relative, I partiti che hanno perso più voti sono: Potami (-41%), ANEL (-32%), Syriza (-14%), ND & KKE (-11%), GD (-2%).
14. Probabilmente ciò che ha permesso ai piccoli partiti come ANEL, Potami e i Centristi, di entrare in parlamento, è stata l’astensione.
15. E’ interessante notare, inoltre, la diminuzione dei voti destinati ai partiti che non sono entrati in parlamento (-90 000 pari al -16%).
16. Questo potrebbe stare a significare un’affermazione del voto utile tra coloro che hanno votato ieri in Grecia.
17. Potrebbe anche significare una disillusione nei confronti dei piccoli partiti e/o una deliberata astensione dei loro elettori, come atto di delegittimazione della tornata elettorale.
18. In ogni caso, un calo del 12% degli elettori che hanno scelto di votare alle elezioni di ieri, rappresenta un diffuso rifiuto dell’attuale sistema politico.
19. Il fatto che ogni singolo partito abbia perso voti sta a significare che questo rifiuto è trasversale agli schieramenti politici.
20. La crescita dell’astensione può significare disillusione non solo verso i partiti politici, ma in generale verso la democrazia parlamentare.
21. Siamo in un bel casino.
*Traduzione a cura di Dinamopress
di @IrateGreek*
Il Manifesto
21 09 2015
Sono l’unico partito che cresce in numero di voti. Quando nel 2012 fecero il loro rumoroso ingresso nel parlamento di Atene avevano raccolto poco più di 430 mila consensi, ora hanno superato di un soffio il mezzo milione, sfiorato complessivamente il 7% e portato a quota 18, uno in più rispetto alle scorse elezioni, il drappello dei loro deputati.
I neonazisti di Alba Dorata si confermano la terza forza politica della Grecia, con un risultato che rappresenta per molti versi l’equivalente in negativo della vittoria di Alexis Tsipras.
Si sapeva che il perdurare della crisi sociale e dei diktat europei, ma soprattutto l’emergenza migranti che ha caratterizzato gli ultimi mesi del dibattito pubblico, avrebbero potuto giocare a favore dell’estrema destra, anche se, alla vigilia del voto, sembrava che sul piatto della bilancia potesse pesare anche altro. In particolare, il fatto che ben 78 membri di Alba Dorata, la sua intera leadership nazionale e gran parte dei suoi eletti, dopo aver già scontato per questo lunghe pene di carcere preventivo — fino a 18 mesi -, figurino in qualità di imputati nel processo per l’omicidio del rapper e militante antifascista Pavlos Fyssas.
Una morte per la quale il leader dei neonazisti, Nikolaos Michaloliakos, aveva riconosciuto ai microfoni della radio nazionale la piena «responsabilità politica» a poche ore dall’apertura delle urne in quella che a molti era sembrata come una sinistra rivendicazione.
Inoltre, prima di quell’assassinio del settembre 2013, gli esponenti del partito erano ospiti fissi dei talk-show più popolari, visto che il loro stile “muscolare” annunciava di trasformare in rissa, in senso letterale, ogni dibattito, provocando un balzo in avanti dello share. Ilias Kasidiaris che guida il gruppo parlamentare di Alba Dorata e ribattezzato dalla stampa internazionale «il portavoce con la svastica tatuata», si è illustrato a più riprese in aggressioni fisiche o verbali nei confronti di esponenti della sinistra. In questa campagna elettorale, invece, solo la tv pubblica Ert ha dato spazio, per obbligo istituzionale, ai meeting e alle parole d’ordine dei candidati neonazisti.
Al limite della messa al bando anche per il coinvolgimento dei suoi dirigenti in numerose attività criminali, isolata sul piano politico e pressoché assente dai media, la tenuta di Alba Dorata risulta perciò ancora più inquietante. Il partito razzista è in testa nel voto dei disoccupati e alle spalle della sola Syriza in quello degli under 24. Segnali che sembrano indicare come anche al di là del successo delle posizioni oltranziste sull’immigrazione — che hanno fruttato un raddoppio dei consensi nelle isole di Lesbos e Kos, divenuta negli ultimi mesi la Lampedusa greca, e nella regione della Grande Atene, l’Attica -, il radicamento dei neonazisti cominci a farsi più articolato.
A detta di Dimitris Keridis, docente di Scienze Politiche dell’Università di Atene, «questo partito non incarna più soltanto un sintomo della crisi greca, quanto piuttosto la profondità del malessere della nostra società». Per Aristides Hatzis, altro politologo dell’ateneo della capitale, «il solo fatto che il voto per Alba Dorata non abbia risentito dell’aumento dell’astensione indica un consolidamento di idee che rappresentano un pericolo e una vergogna per il paese». L’inviata del Pais, dopo aver intervistato Kasidiaris, mette in guardia da un ritorno della violenza: «Il voto ha infiammato gli animi nel quartier generale dei neonazisti: ora, per un’esibizione di forza è solo questione di tempo».