Oggi, 28 gennaio 2015, Roma ha finalmente deliberato sull'amore!

  • Mercoledì, 28 Gennaio 2015 12:52 ,
  • Pubblicato in Flash news
Roma Pride
28 01 2015

Roma oggi ha finalmente approvato il Registro delle Unioni Civili. Una scelta di laicità e democrazia che avvicina le Istituzioni alla realtà sociale. Finalmente le coppie conviventi della Capitale, sia dello stesso che di diverso sesso, godranno di un riconoscimento giuridico minimo che punta a colmare almeno in parte il grande vuoto legislativo sul tema.

Con questa delibera Roma deLibera l'amore e manda un messaggio molto chiaro al Parlamento. Roma, capitale italiana e città simbolo,  mostra che le Istituzioni possono essere coraggiose e autorevoli mantenendo gli impegni presi con le cittadine e i cittadini e puntando a garantire l'effettiva uguaglianza e dignità di tutte e tutti.

Ci fa piacere ricordare come oggi il Sindaco Ignazio Marino, le forze politiche della maggioranza capitolina SEL, PD, Lista Civica, il Centro Democratico insieme al M5S, mantengono un impegno preso con la città di Roma in modo solenne e pubblico proprio in occasione dello scorso Roma Pride e segnano un momento storico per la Capitale che per anni era stata incapace di alcun passo avanti su questo fronte.

Tutte e tutti celebriamo questo traguardo e ci aspettiamo che il Governo e il Parlamento Italiano raccolgano nel migliore dei modi questo segnale di civiltà dando finalmente corpo agli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana e approvando subito piena dignità e uguaglianza alle nostre famiglie, approvando in tempi rapidi il matrimonio ugualitario e i diritti per tutte le coppie di fatto. L'Italia è pronta da anni, e noi non possiamo e non vogliamo più aspettare di vedere riconosciuto ciò che è già nostro. I nostri diritti!

Coordinamento Roma Pride
Andrea Maccarrone – Portavoce
3297488791 – 3497355715

Ufficio Stampa
Andrea Berardicurti – Andrea Contieri
065413985 - 3487708437

L'Espresso
05 01 2015


L’ennesimo schiaffo alla comunità LGBT Italiana è partito dalla Regione Lombardia e ha fatto il giro della Rete sotto forma di locandina: "Difendere la famiglia per difendere la comunità” è il convegno che si svolgerà il 17 gennaio a Palazzo Lombardia (sede della Regione), con i saluti iniziali dell'assessore alla Cultura, Cristina Cappellini, per chiudersi con l’intervento del presidente della Regione, Roberto Maroni.

Tra gli speaker i più grandi oppositori alla comunità gay italiana: le Sentinelle in Piedi la Manif pour Tous, Mario Adinolfi, Padre Maurizio Botta, il direttore di Tempi Luigi Amicone, Alleanza Cattolica e alcuni sostenitori delle cosiddette "terapie riparative" come Obiettivo Chaire, l’associazione che afferma di voler aiutare i «giovani feriti nella propria identità sessuale, in particolare per tendenze di natura omosessuale» attraverso la «ricerca delle cause (spirituali, psicologiche, culturali, storiche) che contribuiscono alla diffusione di atteggiamenti contrari alla legge naturale, riconoscibile dalla ragione rettamente formata», sostenendo pubblicamente che l'omosessualità sia una "malattia" da curare.

L’indignazione della comunità gay è partita dal web e si è concretizzata nell'organizzazione di un presidio organizzato dai Giovani Democratici di Milano insieme a diverse associazioni LGBT e alla comunità, in programma sotto il palazzo della Regione il 17 gennaio alle 14.

Quello che ha fatto infiammare gli animi, è che nella locandina del convegno, tra gli organizzatori, accanto al patrocinio della Regione Lombardia, spiccava il logo di Expo 2015 Milano.

Le associazioni hanno discusso la possibilità di boicottare l’evento EXPO per riservargli un trattamento “Barilla”, come ha detto qualcuno. Nelle ore successive Palazzo Marino ha preso le distanze dall’iniziativa con un comunicato stampa firmato dal presidente della Commissione Consiliare Expo del comune di Milano, Ruggero Gabbai (Pd): "È sconcertante che, oltre che negare l'evidenza dei fatti e dell'evoluzione, ci si ostini a sostenere e propagandare tesi oscurantiste e omofobe".

L’assessore alla Cultura della regione Lombardia, Caterina Cappellini, in antitesi con Palazzo Marino ha spiegato che “Il convegno del 17 gennaio sulla famiglia naturale ha il solo scopo di portare avanti valori in cui crediamo e non è discriminazione”. Dal canto suo, la società organizzatrice Expo ha pubblicato sulla propria pagina Facebook una nota dove afferma che l’evento "Expo è una piattaforma di confronto che non produce sintesi ma lascia spazio a posizioni diverse e spesso antitetiche tra loro".

Flavio Romani, presidente di Arcigay Italia, si scaglia contro Maroni che definisce “inadeguato e degno frutto di quel partito che proprio in Lombardia, negli anni recenti, ci ha mostrato esempi sconcertanti di uso privatistico delle istituzioni” e chiede al governo un intervento fermo e tempestivo sulla questione. In caso contrario “sarà ferma e ostinata la nostra mobilitazione”.

Intanto l'onorevole Franco Bordo di Sel ha già annunciato un'interrogazione al governo perché "in quanto socio di Expo vi sono i presupposti perché possa intervenire e sospendere tale iniziativa organizzata sotto l'egida di Expo 2015". Mentre mercoledì prossimo saranno i senatori del Partito Democratico, Sergio Lo Giudice e Maria Cecilia Guerra, a presentare un’interrogazione al governo: “Si salvi l’Expo da questo catastrofico danno di immagine e l’Italia da una pessima figura internazionale”, ha detto il senatore Lo Giudice.

Entrevista a Virgine Despentes

  • Martedì, 16 Dicembre 2014 09:33 ,
  • Pubblicato in Flash news

Paroledequeer
16 12 2014

"Creo en las diferencias entre personas. Pero no lo veo como mujeres iguales de un lado, y hombres iguales del otro. La distinción mujer-hombre es exactamente como la diferencia entre ricos y pobres: es muy eficaz para tener a los pueblos con la cabeza en el suelo, pero no corresponde a nada más que otro sistema de explotación. No hay nada natural en la distinción mujer-hombre. Es únicamente una manera de tenernos a todos en estas ideas de deuda, y como mujer es como estar dos veces endeudadas con la sociedad”.

Virginie Despentes (Nancy 1969) con cuatro novelas y un ensayo, Teoría King Kong, se ha confirmado como un referente de la nueva literatura francesa y ha dejado atrás ese sambenito reaccionario que reducía su obra mera provocación cuando en 1993 publicó Fóllame. No abandona no obstante ese tono punk para hablar de la mujer, de temas como el lesbianismo, la prostitución, o la libertad de elección de la mujer ante el aborto. Bye , bye, blondie , es la última de sus obras traducida al castellano y ya cuenta con una adaptación cinematográfica dirigida por la propia escritora.

La novela Bye, bye, blondie sugiere una ternura hacia una mujer herida que no aparecía en la novela Fóllame. ¿Es por qué usted también lleva ya sus propias cicatrices y esa lucha punk cansa?

Son diez años los que separan Fóllame de Bye bye, blondie, diez años y para mí, tres novelas y una película, y he cambiado en todo ese tiempo. Mi vida ha cambiado también. No quiero escribir Fóllame una y otra vez. Intento trabajar con sinceridad, y eso significa que iba a escribir novelas de putas desesperadas con 35 años. La chica de Bye bye…, Gloria, es una mujer con heridas, pero no tanto por lo que ha pasado en la vida, ya que, en realidad, es como una chica adolescente, con una vida precaria, pero contenta con la vida que ha tenido.

El libro sugiere también que si, como mujer, no te adaptas a un determinado camino, sufres mucho. ¿Hay alguna manera de evitar ese sufrimiento?

No lo veo como un asunto típicamente de la mujer. Lo veo más desde el punto de vista del punk rock: si no te adaptas a la vida laboral tal como es, y no tienes nada de dinero de tu familia, lo que obtienes es una vida precaria dura. Las cosas no son como en los ochenta en Francia, cuando era posible tener unos trabajos y una vida que se llamaba «la bohemia». Entonces era posible no entrar en el juego ultraliberal y tener tus actividades, amigos, un apartamento y una vida precaria, pero elegida, y con más libertad. Ahora veo cómo todo esto ha cambiado: si no perteneces a las redes laborales y si no aceptas sacrificar tu vida entera y tu moral, por el trabajo, la precariedad tiene un precio más alto. Ahora significa mucho más el hecho de no querer jugar el juego. Ahora, la diferencia principal no es el género, sino el hijo o la hija de quién eres. Tienes patrimonio, o no tienes nada.

Por cierto, usted también ha dirigido la adaptación al cine de Bye bye blondie. En la novela, la pareja protagonista son un hombre y una mujer, pero en la película las protagonistas son mujeres. ¿Por qué lo ha cambiado?

En ese tiempo entre la novela y la adaptación al cine me enamoré de Beatriz Preciado, y no me parecía excitante dirigir a una pareja heterosexual. Pero fueron muy interesantes los problemas que encontré al hacer una película de lesbianas. Por ejemplo, no es un problema para nadie, pero al final la película ha sido programada en la televisión únicamente en horario nocturno. No hay ni una escena pornográfica, no hay violencia, pero al final hay que esconder la película, igual que ocurrió con Fóllame. Me ha parecido interesante este doble lenguaje: parece que no hay problemas con los romances entre lesbianas, pero no tienen el mismo tratamiento que el romance heterosexual. Besar a una chica en la boca sigue siendo problemático, como si nosotras, las mujeres, tuviéramos que aguantar siempre la misma propaganda heterosexual, que nos mata de forma real o simbólica, pero tenemos que seguir tragándonosla.

Bye, bye, Blondie fue publicada en 2004 en Francia y desde entonces ha publicado Apocalypse bebé (2010), pero hasta ahora no nos ha llegado Bye, bye, blondie en español. ¿Dejó pasar el tiempo por la exposición mediática? Alguna vez dijo que la exposición mediática le parecía tan duro como prostituirse. ¿Lo sigue afirmando?

Fue simplemente porque el editor de los primeros libros, Anagrama, no quería publicar mis últimas novelas. Apocalypse bebé tampoco encontró editorial cuando salió. Es algo particular de España. Quizás no escribo el tipo de ficción que interesa a los lectores españoles. Y sí, la exposición mediática me parece mucho más dura que prostituirse, porque se hace de forma pública. No puedes salir de casa y pretender que no escribes lo que escribes. Es una pérdida total del anonimato. Me parece difícil, y me parece evidente que hay muchos más suicidios entre trabajadores expuestos a los medios, que en la prostitución u otros trabajos. Pero, al mismo tiempo es excitante esto de la exposición pública. No me quejo de nada, simplemente me lo cuestiono cuando veo a los activistas anti-prostitución en Francia, ya que creo que no entienden bien lo que es el trabajo, en general, y el estatuto del trabajador del espectáculo cultural, en particular.

Hay muchas mujeres que tienen dudas con respecto a la prostitución. En Madrid se acaba de aprobar una ley que persigue al cliente. ¿Qué le parece?

Me parece que podríamos pretender que el sistema ultra liberal, en general, se acabe antes de preocuparnos en saber cuánto pueden ganar las mujeres con el sexo. Me parece que tu cuerpo te pertenece, y si eliges hacer dinero con tu cuerpo, la ley debe asistirte para que lo hagas en buenas condiciones, sin riesgos inútiles. Perseguir al cliente siempre significa hacer el trabajo más difícil que el de verdad se tiene que hacer. A mí me parece que la Iglesia nos ha acostumbrado a la idea de que el cuerpo de la mujer no pertenece a la mujer, sino a la moral, a la familia y nunca a una misma.

Siguiendo con España, las mujeres vuelven a salir a calle pidiendo el aborto libre puesto que una nueva ley pretende volver a poner más trabas para poder realizarlo. ¿Qué opinión le merece que haya que volver a manifestarse? ¿Cómo está en Francia esta cuestión?

Me parece importante el poder de elegir lo que tú haces con tu cuerpo. Como decía, te pertenece. El aborto es natural. Perder un bebe durante el embarazo es una cosa normalísima. Y poder elegir perderlo, en buenas condiciones sanitarias, me parece perfectamente natural. Una vez más, el cuerpo de la mujer pertenece a la mujer y no tiene que justificar si no quiere dar vida en un momento de su vida. Me parece, además, una decisión política importante: nuestros Estados no pueden al mismo tiempo destruir todo lo que conocíamos como vida social y posibilidades de felicidad, incluso para los pobres, y al mismo tiempo exigir a las mujeres que den niños a esta sociedad. Si no hay escuela, trabajo, ayuda colectiva, comida, vivienda, si no queda nada de lo que permite la dignidad humana, no pueden al mismo tiempo exigir niños de las mujeres. El aborto es también una decisión política: seguro que muchas mujeres no quieren dar vida en la Europa de ahora.
La cuestión del aborto me parece central: hasta qué punto podemos aguantar la violencia del Estado sobre nuestras vidas. Ahora nos enseñan que estamos en deuda por el mismo hecho de nacer. Eso significa que nuestras vidas ya no nos pertenecen. El control de los vientres de las mujeres va en este sentido: nacemos esclavos, nuestras vidas no nos pertenecen, pertenecen a los que tienen patrimonio y quieren explotar nuestros cuerpos y tiempo al máximo. Es una guerra. Una guerra contra nuestros cuerpos y vidas.

Hace unos años dijo que la revolución en las mujeres podría empezar por hacerse lesbiana. ¿Lo mantiene? Y en cualquier caso, ¿con qué fin? ¿Qué demuestra eso?

Si salimos de la familia clásica, es una revolución. Si acabamos con la familia como la conocemos, acabamos con el patrimonio, con la deuda, con la obligación de identidades para satisfacer a los padres, etc. Sí, creo que si la mujer sale del sistema patriarcal, y la homosexualidad sigue siendo un patio muy pertinente para salir de este sistema, la revolución seguirá. Por eso el tema de las bodas gays ha sido un asunto tan importante para los católicos y fascistas franceses – poner a las mujeres en situación de pareja y maternidad obligatoria y obligarlas a vivir como mujeres con hombres es muy importante para evitar revoluciones grandes. Va con el sistema ultra liberal. La familia hetero es la garantía de que nada cambia demasiado. Y creo que ha sido uno de los errores principales de los movimientos de extrema izquierda: no hemos entendido hasta qué punto feminismo y derechos gays eran centrales en el asunto de la revolución anticapitalista. Hemos considerado que era un detalle, cuando es el punto central.

Hace un tiempo dijo que no creía en la femineidad ni en la virilidad. En cualquier caso, ¿no somos diferentes? ¿Qué piensa del discurso de la diferencia?

Creo en las diferencias entre personas. Pero no lo veo como mujeres iguales de un lado, y hombres iguales del otro. La distinción mujer-hombre es exactamente como la diferencia entre ricos y pobres: es muy eficaz para tener a los pueblos con la cabeza en el suelo, pero no corresponde a nada más que otro sistema de explotación. No hay nada natural en la distinción mujer-hombre. Es únicamente una manera de tenernos a todos en estas ideas de deuda, y como mujer es como estar dos veces endeudadas con la sociedad.

¿Qué opinión tiene del movimiento FEMEN?

No comparto sus ideas sobre la prostitución o la pornografía, y no veo muy bien a dónde quieren ir en Francia con las musulmanas. Creo que las FEMEN a veces van a la guerra contra sus propias aliadas… Pero me ha gustado la forma mediática de expresar sus ideas feministas. Necesitamos muchos discursos diferentes en el feminismo. Yo no me mezclaré con las FEMEN, pero me parece correcto que haya movimientos nuevos, y además movimientos que puedan cuestionar mujeres muy jóvenes.

¿La mujer en Occidente tiene que seguir mostrando su cuerpo para reivindicar derechos? Para algunas personas es una ‘cosificación’ de la mujer.

La mujer puede utilizar su cuerpo si le parece pertinente. FEMEN ha conseguido obtener una repuesta mediática inmensa por un movimiento feminista. La cuestión más importante ahora sería plantearse: ¿es posible un feminismo heterosexual?

Fabrizio Botti e Carlo D'Ippoliti, Zeroviolenza
1 dicembre 2014

"Patetico epilogo per Guido Barilla passato dalla difesa della famiglia alla subalternità a lobby gay. Non compriamo più Barilla" (On. Maurizio Gasparri, novembre 2014);
"La lobby gay a caccia di affari con Expo" (lapadania.net, settembre 2014)
"C'è una lobby gay potente che vuole impedirti di parlare" (Mario Adinolfi, giugno 2014)
Amnesty International

In 78 paesi del mondo l'omosessualità è considerata un reato; in sette di questi (Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Yemen e negli stati della federazione della Nigeria che applicano la sharia e nelle zone meridionali della Somalia) i rapporti fra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte.

Nel Rapporto annuale 2013, Amnesty International ha denunciato violazioni dei diritti umani, aggressioni, intimidazioni e discriminazioni nei confronti di persone Lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) in più di 40 paesi: Albania, Armenia, Bahamas, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Cile, Croazia, Danimarca, Fiji, Gambia, Georgia, Ghana, Grecia, Guyana, Iran, Iraq, Italia, Giamaica, Lettonia, Libano, Liberia, Lituania, Macedonia, Malawi, Moldova, Montenegro, Nigeria, Russia, Serbia, Sudafrica, Taiwan, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Uruguay, Zimbabwe.
 
La discriminazione delle  persone Lgbti in Europa
L'atteggiamento verso l'omosessualità e la transessualità varia notevolmente da paese a paese. In molti stati europei - tra cui Bielorussia, Georgia, Lituania, Macedonia, Moldova, Russia, Serbia e Ucraina - alle persone Lgbti viene negato il diritto alla libertà di espressione, riunione e manifestazione in pubblico.

Le autorità di diversi paesi favoriscono intolleranza e paura contro le comunità Lgbti che vengono discriminate nella legge e nella prassi. I Pride sono stati, spesso vietati o i partecipanti non sono stati protetti da interruzioni violente di gruppi omofobi. Questi attacchi continuano a verificarsi senza che le autorità li contrastino efficacemente.

Inoltre, in molte professioni l'omosessualità resta un tabù.
L'adozione della direttiva europea antidiscriminazione, che permetterebbe alle persone Lgbti di godere di uguali diritti, senza rischiare violazioni e discriminazione è osteggiata da diversi governi europei.

Il 25 gennaio 2013 il parlamento della Russia ha approvato una legge che punisce "la propaganda dell'omosessualità tra i minori", che introduce a livello federale il reato amministrativo di "propaganda dell'omosessualità tra i minori", con multe fino a 500.000 rubli.  Secondo Amnesty International questa legge finirà per punire comportamenti legittimi legati all'espressione di identità e opinioni personali e contribuirà a stigmatizzare e isolare le persone Lgbti.
In diverse regioni del paese, sono state adottate leggi discriminatorie contro le persone Lgbti (San Pietroburgo e nelle regioni di Baschiria, Čukotka, Krasnodar, Magadan, Novosibirsk e Samara).

Le persone Lgbti in Lituania continuano a essere discriminate. Nel 2010, il parlamento ha approvato un emendamento al codice amministrativo che prevede multe da 2000 a 10000 litas (580 - 2900 euro) per la "promozione in pubblico delle relazioni omosessuali". A giugno 2012, è stato bocciato l'ultimo tentativo di modificare il codice sui reati amministrativi, per proibire la promozione dell'omosessualità nei luoghi pubblici.

In Turchia la discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere è nella legge e nella prassi; si riflette negli ostacoli per accedere al lavoro, soprattutto per le donne transgender, che spesso vengono aggredite, a volte uccise e non sono tutelate da questa discriminazione. Nel 2009, cinque donne transgender sono state uccise e solo in un caso è stata emessa una condanna.  

In Albania, le persone Lgbti non possono esprimere liberamente il loro orientamento sessuale, perché vengono discriminate e stigmatizzate. A maggio 2012 si è svolto a Tirana il primo Pride. A luglio, la procura di Tirana ha archiviato una denuncia penale di associazioni Lgbti contro il viceministro della Difesa, Ekrem Spahiu, per i suoi commenti omofobici sul Pride.

In Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia  e Slovacchia, le persone Lgbti vengono spesso prese di mira dai contromanifestanti durante le loro manifestazioni pacifiche.

Diritti delle persone Lgbti in Italia
In Italia, la mancanza di una legislazione penale antidiscriminazione che contempli l'omofobia, la transfobia e la lesbofobia tra le possibili cause di discriminazione ha favorito l'aumento di intolleranza e discriminazione verso le persone Lgbti. Negli ultimi anni, attacchi verbali e fisici si sono verificati con sempre maggiore frequenza, mentre diversi esponenti politici e rappresentanti delle istituzioni hanno continuato a fomentare intolleranza e odio con dichiarazioni palesemente discriminatorie.

A causa di questa lacuna legislativa, le vittime di reati di natura discriminatoria basati sull'orientamento sessuale e l'identità di genere non hanno la stessa tutela delle vittime di reati motivati da altre tipologie di discriminazione (come quelle basate per esempio sull'appartenenza etnica, la nazionalità o la religione). Pertanto, l'incitamento a commettere atti o provocazioni di violenza omofobica e transfobica non è perseguibile come altre forme di incitamento alla violenza discriminatoria. Questa situazione rischia di favorire l'aumento di intolleranza e violenza verso le persone Lgbti.

Nel luglio 2011, come nel 2009, il parlamento ha respinto la proposta di legge contro l'omofobia e la transfobia, accogliendo le pregiudiziali di incostituzionalità presentate dai vari gruppi parlamentari. Il disegno di legge mirava a introdurre l'aggravante di omofobia nei reati motivati dall'odio e dalla violenza sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Inoltre, nella legislazione italiana manca il riconoscimento della rilevanza sociale delle famiglie costituite da persone dello stesso sesso e dai loro figli. Ciò impedisce a molte persone di godere dei diritti umani essenziali per l'autorealizzazione e alimenta la stigmatizzazione delle persone Lgbti.

 Amnesty International ritiene che non siano ammissibili eccezioni all'universalità della protezione dei diritti; appoggia e partecipa ai Pride locali, nazionali e internazionali i diritti alla libertà di espressione e di riunione delle persone Lgbti e per ribadire l'impegno contro ogni forma di discriminazione a causa dell'orientamento sessuale e/o dell'identità di genere.

Amnesty International chiede agli stati un impegno effettivo affinché le persone Lgbti non siano discriminate , possano godere degli stessi diritti di ogni altro cittadino ed sprimere liberamente e pacificamente la loro identità.

 Amnesty International si adopera affinché i governi europei:
-    garantiscano la libertà di espressione, di associazione e di manifestazione a tutte le persone senza discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e/o sull'identità di genere;
-    assicurino un'effettiva protezione contro gli attacchi e la violenza omofoba perpetuate da attori statali e non statali nei confronti delle persone Lgbti;
-    si adoperino affinché venga adottata la direttiva antidiscriminazione e vengano abrogate le leggi che potrebbero portare alla detenzione o alla discriminazione delle persone Lgbti; riconoscano alle famiglie di fatto il diritto all'unione e quello di esprimere liberamente la loro identità di genere senza discriminazione;
-    si impegnino affinché in Europa e nel mondo nessuno sia penalmente perseguitato, torturato o sottoposte ad altre punizioni crudeli, disumane e degradanti o condannato a morte per l'orientamento sessuale o l'identità di genere;
-    eliminino ogni forma di discriminazione nella legge sul matrimonio civile e riconoscano unioni omosessuali e famiglie di fatto, anche quando questi risultano emessi da atti di autorità stranieri;
-    aboliscano i trattamenti medici coatti e garantire l'accesso gratuito alle cure mediche necessarie alla salute psicofisica delle persone Lgbti, senza alcuna discriminazione legata all'orientamento sessuale e/o all'identità di genere.

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