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Birmania, 350 migranti Rohingya alla deriva da tre giorni

  • Martedì, 12 Maggio 2015 13:52 ,
  • Pubblicato in REPUBBLICA
La Repubblica
12 05 2015

Sono rimasti su un barcone alla deriva per tre giorni. Circa 350 migranti Rohingya in fuga dalla Birmania sono stati abbandonati al largo della Thailandia senza carburante e poco dopo, senza cibo né acqua. Lo ha denunciato Chris Lewa, responsabile dell'Arakan Project, un'associazione che monitora le condizioni della minoranza musulmana discriminata in Birmania.

I Rohingya sono stati descritti come "il popolo meno voluto al mondo" e "una delle minoranze più perseguitate al mondo". Per una legge sulla concessione della cittadinanza del 1982, essi non possono prendere la cittadinanza birmana, non possono viaggiare senza un permesso ufficiale, possedere terreni e sono tenuti a firmare un impegno a non avere più di due figli. Secondo Amnesty International, la popolazione musulmana Rohingya continua a soffrire per violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare birmana dal 1978, molti sono già fuggiti nel vicino Bangladesh.

"Hanno chiesto di essere salvati urgentemente", ha detto Lewa dopo essere riuscita a mettersi in contatto con uno dei migranti, aggiungendo che una cinquantina delle persone a bordo sono donne, e che il barcone si trova probabilmente al largo del sud della Thailandia vicino alla Malesia. Un summit regionale in Thailandia il 29 maggio è stato annunciato oggi dal ministero degli Esteri per affrontare "l'aumento senza precedenti dell'immigrazione irregolare". "Il vertice speciale rappresenta un invito urgente alla regione a lavorare insieme", si legge nella nota.

Nelle ultime 48 ore, circa duemila migranti - tra Rohingya e bengalesi - sono approdati sulle coste malesi e indonesiane. Si tratta di persone in fuga dalla povertà, ma anche dalla violenza. Un barcone con 400 persone è stato respinto dall'Indonesia e rispedito verso la Malesia, secondo le autorità locali dopo che i migranti sono stati riforniti di provviste.

Negli ultimi tre anni, oltre centomila Rohingya sono fuggiti dalla Birmania a bordo di barconi gestiti da trafficanti senza scrupoli, in fuga dalle violenze della maggioranza buddista e lasciando spesso alle spalle famiglie che vivono in squallidi campi di sfollati. Se la loro destinazione preferita è la musulmana Malesia, molti di essi approdano in Thailandia, dove vengono tenuti prigionieri - si sospetta con la complicità delle autorità locali - fino al pagamento di un riscatto.

Secondo l'Onu, al momento fino a sei mila bengalesi e Rohingya, minoranza musulmana ritenuta una delle comunità più perseguitate al mondo, potrebbero essere in viaggio o prigionieri su barconi nel Mar delle Andamane.

L'organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha lanciato un appello ai governi del sud-est asiatico per trovare e salvare le migliaia di migranti che si trovano in grave difficoltà in mare. "E' necessario uno sforzo regionale. Non abbiamo la capacità di cercarli, ma i governi hanno navi e satelliti", ha detto un portavoce dell'Oim. Se questi migranti non saranno trovati rapidamente, "potrebbero trovarsi presto in pessime condizioni e persino morti", ha aggiunto il portavoce.

La Repubblica
29 09 2014

Secondo i dati illustrati a Ginevra dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'Europa è la destinazione più pericolosa

GINEVRA - Sono 3.072 gli immigrati morti nel Mediterraneo nel 2014. Lo riferisce l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), concludendo che l'Europa è la più pericolosa destinazione per gli immigrati irregolari. Il numero corrisponde infatti al 75% della cifra (4.077) degli immigrati morti dall'inizio dell'anno. Il 2014 è stato dunque "l'anno più mortale", con un numero record di vittime, pari a oltre il doppio di quello registrato nel 2011, anno segnato dalle primavere arabe.

Inoltre, sempre secondo lo studio "Fatal Journeys: Tracking Lives lost during Migration", reso noto oggi a Ginevra dall'Oim, dal 2000 ad oggi sono stati oltre 22.000 i migranti che hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo cercando di raggiungere l'Europa, contro i 6.000 decessi di migranti al confine tra Usa e Messico. Coloro che sono morti alle porte del Vecchio Continente per la maggior parte provenivano da Africa e Medio Oriente.

Complessivamente, riferisce ancora l'Organizzazione, dal 2000 a oggi sono almeno 40.000 I migranti morti in tutto il mondo mentre cercavano di entrare in Europa, negli Stati Uniti, in Australia o in altri paesi. Ma il vero bilancio è probabilmente più alto, poichè molti decessi si verificano in zone isolate e non registrati. Alcuni esperti infatti suggeriscono che per ogni corpo di migrante scoperto ve ne sarebbero in media almeno due mai rinvenuti.

"E' il momento di fare qualcosa di più che contare il numero di vittime - ha dichiarato il presidente dell'Oim, William Lacy Swing - è il momento di fare in modo che la comunità internazionale si impegni a fermare questa violenza contro migranti disperati".

Lo studio dell'Oim è iniziato dopo la tragedia della migrazione di Lampedusa dell'ottobre 2013, quando 366 migranti sono morti nel naufragio della loro imbarcazione.

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