Le donne dell’associazione nazionale D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, esprimono la loro solidarietà all’avvocata Simona Giannangeli per essere stata oggetto di un grave atto di intimidazione e minacce.
L’avvocata ha rappresentato il Centro Anti Violenza dell’Aquila che si era costituito parte civile contro Francesco Tuccia il militare che un anno fa, si rese autore di un atto di inaudita violenza nei confronti di una giovane donna, ed è stato condannato ad otto anni di reclusione per violenza sessuale.
Gli insulti e le intimidazioni rivolte all’avvocata, al centro antiviolenza e a tutte le donne sono un fatto gravissimo che rivelano come la violenza contro le donne abbia un’ origine culturale ed anche ideologica.
Una violenza nei confronti di una donna è una violenza nei confronti di tutte le donne, violando il corpo e la dignità di una donna si rivolge un messaggio a tutto il genere femminile e questo messaggio si chiama femminicidio.
Nelle intenzioni dell’autore o degli autori delle minacce c’è la volontà di indurre al silenzio le donne e le voci che denunciano la cultura maschilista della violenza contro le donne per mantenere un clima di arretratezza e di inciviltà.
Non staremo in silenzio e non lasceremo sola nessuna donna, denunciamo questo fatto gravissimo e ci aspettiamo che le istituzioni facciano la loro parte per condannare questa azione ripugnante ed unirsi alle manifestazioni di solidarietà e di vicinanza a Simona Giannangeli e al Centro Anti Violenza dell’Aquila, anche con azioni politiche concrete.
Roma, 5 febbraio 2013
D.i.Re Donne in Rete contro la violenza
Casa Internazionale delle Donne - Via della Lungara, 19 - 00165 Roma, Italia
Cell 3927200580 - Tel 06 68892502 - Fax 06 3244992 - Email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Valentina Faraone, Zeroviolenzadonne 2 febbraio 2013
Notte insonne, un grande mal di stomaco e un cerchio alla testa che mi accompagna da ieri sera. Ecco il magro bottino di una giornata calda e temperata trascorsa seduta per terra nel piazzale del tribunale de L'Aquila. Giovedì era il giorno della sentenza del processo per stupro e tentato omicidio a carico di Francesco Tuccia.
Il presidio di ieri che si è tenuto a sostegno della ragazza che ha subito lo stupro a Pizzoli è stato seguito anche via Twitter con aggiornamenti che ci hanno detto che:
Tuccia, il militare che avrebbe dovuto rendere più sicure le strade dell’Aquila, è stato condannato per stupro a 8 anni ed al risarcimento di 50mila euro. Non e’ stato riconosciuto il tentato omicidio. [
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Alcuni quotidiani descrivono la preoccupazione e lo stato d’animo di Tuccia. Non una parola sullo stato d’animo o sulle condizioni di salute di una ragazza, chiamata nel web Rosa, che è rimasta lì insanguinata, nel ghiaccio, dopo essere stata stuprata, rischiando di morire.
L’avvocato del ragazzo dichiarava, nel corso della seduta, che il suo cliente era solo vittima di “cattiva propaganda mediatica”. Rigettava entrambe le accuse, di stupro e di tentato omicidio, mentre il pm chiedeva una condanna a 14 anni.
Infine è stato condannato. In questa condanna, in primo grado, c’è la denuncia di questa ragazza, la lotta delle compagne che sono andate lì ad ogni singola puntata del processo, il sostegno affettuoso, a distanza, di tante persone.
Per quello che mi riguarda, con tanta solidarietà per Rosa, il punto non è che si debba celebrare una festa per l’avvenuta condanna, ancora, appunto, in primo grado, ma che almeno si sia affermata, dal punto di vista giuridico una verità che in ogni caso non toglierà dalla mente di alcune persone l’idea che Rosa se la sia andata a cercare e che si tratti di una cosa falsa.
Cultura dello stupro è quella cosa che non ti permette, a te che sei scettic@, di andare oltre i tuoi pregiudizi e le tue convinzioni e che non ti fa provare minimamente empatia nei confronti di una ragazza abusata in questo modo. Perché a me dispiace che questo ragazzo, se finirà così, faccia la galera. Mi dispiace che lui abbia scelto di rovinarsi la vita, perché l’ha scelto e l’assunzione di responsabilità per le scelte che si fanno è una cosa fondamentale da esigere quando si ha a che fare con persone adulte. Diversamente ci troviamo di fronte a infanti da compatire i cui raptus abusanti dovrebbero essere archiviati nel capitolo delle biricchinate e delle monellerie.
Ma a me, ripeto, quello che succede a questo ragazzo, alla sua famiglia, alle persone che gli vogliono bene, dispiace. A persone sessiste e misogine, invece, di quello che è successo a lei non dispiace affatto. Alla società sessista quello che succede a lei non dispiace.
Cosa buona, se e quando si vorranno prevenire le violenze, sarà quella di dispiacersi obiettivamente, senza negare alcunché, di tutte le persone coinvolte, distinguendo tra vittime che subiscono abusi e chi li infligge. Ci dispiaciamo per tutti/e e così si ragiona sul modo che serve affinché non avvenga più. Mai più.
Grazie alle donne che nei modi e le forme, che si condividano o meno, autodeterminate, hanno presenziato e alle donne che hanno sostenuto questa battaglia senza delegarla a tutori di nessun tipo. Perché questo militare era un “tutore” e dei tutori, noi, a ragione, non ci fidiamo.
A carico di Francesco Tuccia il pm aveva chiesto 14 anni, ma è decaduta l'accusa di tentato omicidio. L'episodio, di inaudita violenza, si svolse nella notte tra l'11 e il 12 febbraio dell'anno scorso, all'uscita della discoteca "Guernica" di Pizzoli (L'Aquila). La ragazza dichiarò: "Volevano uccidermi"
L'AQUILA - Francesco Tuccia, l'ex militare campano di stanza all'Aquila accusato della violenza sessuale subita da una studentessa laziale all'uscita della discoteca 'Guernica' di Pizzoli (L'Aquila) nella notte tra l'11 e il 12 febbraio dello scorso anno, è stato condannato a otto anni di carcere. Il pm aveva chiesto 14 anni, ma è decaduta l'accusa di tentato omicidio. La corte era composta dal presidente Giuseppe Grieco, Italo Radoccia e Carla Ciofani giudici a latere.
Dopo una brutale violenza la giovane fu lasciata esanime e insanguinata in mezzo alla neve del piazzale del locale e fu salvata dall'intervento di Pino Galli, uno degli addetti alla sicurezza, che dopo averla soccorsa allertò il 118. "E' stata un'operazione di violenza inaudita", aveva detto stamane nel corso della requisitoria, durata circa un'ora e mezzo, il pm David Mancini, nel ricostruire lo stupro.
L'accusa aveva chiesto 14 anni di reclusione per violenza sessuale e tentato omicidio. La ragazza, all'epoca dei fatti, aveva dichiarato: "Quelli mi volevano uccidere". Ritenuto colpevole dell'accaduto, Tuccia fu arrestato alcuni giorni dopo e rinchiuso nel carcere di Teramo, nella stessa cella di Salvatore Parolisi, condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie Melania Rea. Successivamente, e tra numerose polemiche, per lui furono disposti i domiciliari.
All'epoca dei fatti Tuccia era un militare del 33/esimo reggimento artiglieria terrestre "Acqui". Il tribunale era composto da Giuseppe Grieco presidente, Italo Radoccia e Carla Ciofani giudici a latere.
L'AQUILA - Oggi ci sarà la sentenza del processo a carico di Francesco Tuccia l'ex militare campano accusato di stupro. Il fatto accadde tra l'11 e il 12 febbraio dell'anno scorso quando, Tuccia secondo l'accusa, avvicinò una studentessa all'uscita della discoteca "Guernica" di Pizzoli (L'Aquila) e dopo averla violentata, la lasciò esanime e insanguinata in mezzo alla neve del piazzale del locale. La giovane ragazza fu salvata dall'intervento di un buttafuori che, dopo averla soccorsa, allertò il 118. Venne così arrestato il militare campano e rinchiuso nel carcere di Teramo. Fuori il tribunale di Bazzano sono stati organizzati, come sempre, sit in per protestare contro la violenza nei confronti delle donne.