STORIA DI VIOLA

di Loredana Lipperini, Lipperatura
10 gennaio 2012

Prima notizia. Ho creato una pagina con i recapiti per ottenere la pillola del giorno dopo e moduli (grazie commentarium!) per denunciare medici e fermacisti che negano la contraccezione d’emergenza.
Seconda notizia. Sulla cronaca romana di Repubblica si riporta l’interrogazione radicale alla Camera e alla Regione per una storia molto simile a quelle qui raccontate: ecco l’articolo.
Infine. La storia di Viola.

E’ successo un anno fa. Sono rimasta incinta per una cazzata mia e del mio amico. Quando mi sono resa conto di essere incinta lui ormai non abitava più in Italia e avevamo perso i contatti, quindi non l’ha mai saputo. Spero un giorno di poterlo incontrare e raccontargli tutta la faccenda.

Ho 25 anni, vivo in una città non mia (Roma) e lavoro lavoro lavoro. Pur vivendo in una situazione di precarietà infinita il test di gravidanza non mi ha sconvolta, ero un po’ perplessa. Un giorno ho anche deciso di portare avanti la gravidanza, ed ero felice.

Le mie amiche e coinquiline mi hanno detto che loro ci sarebbero state per me, qualunque cosa avessi deciso di fare. I miei genitori avrebbero detto la stessa cosa, anche se poi non l’hanno mai saputo. Un mio caro amico mi avrebbe anche dato una mano economica.

E’ stato bello questo slancio amicale e generoso, però grazie alla loro generosità ho capito che sarei stata dipendente da tutti loro per molto tempo. Avrei perso la mia autonomia. E non parlo certo dell’autonomia che ti toglie un figlio perché esiste e ha bisogno di te, parlo proprio di dipendenza economica, materiale e forse sentimentale. Questo mi ha spaventata a morte. Dopo due settimane ho tirato un sospiro di sollievo e ho detto a me stessa: voglio abortire, ti avrei amato tanto figlia o figlio, ma ci vediamo al prossimo giro, riprovaci se vuoi! Ero alla settima settimana di gravidanza ed ero serena.

Il giorno stesso a lavoro ho cominciato a sanguinare, molto. Sono andata all’ospedale con un’amica.

Sono incinta, ho forti perdite di sangue, ma vorrei comunque interrompere la gravidanza. E lì è cominciato il calvario. Sono finita in un gioco a ping-pong tra ospedale e consultorio, in un posto mi avrebbero accolta solo per mettermi in terapia per non perdere il feto, nell’altro avrebbero cominciato la lunga trafila per il raschiamento quando il feto sarebbe risultato morto, di interruzione non si poteva parlare perché il feto ancora non compariva nelle ecografie (che tra l’altro i consultori pubblici non fanno, almeno a Roma. Ho dovuto trafugare un’ecografia dall’ospedale, oppure spendere 50 euro).

Non ero né carne né pesce. Nel mentre ho continuato a sanguinare per tre settimane, andando un giorno si e uno no al pronto soccorso. Ogni giorno mi venivano dette cose diverse o fatte promesse di ricovero per il giorno dopo, dato che di notte l’intervento non l’avrebbero fatto, per poi tornare la mattina e scoprire che le parole non valgono niente perché la gentile dottoressa della sera prima non l’aveva scritto da nessuna parte che secondo lei avrei potuto fare il raschiamento, e quindi col cambio turno si ricomincia la trafila, prelievi, ecografie ecc…

E’ stato brutto, ero esaurita dal troppo lavoro, dal troppo ospedale e dal troppo sangue. In una delle mie scenate al pronto soccorso una dottoressa (obiettrice) mi ha addirittura detto che dovevo essere contenta, il feto era probabilmente morto e lo stavo espellendo e suvvia, non dovevo alterarmi così per un po’ di sangue, che andassi in una clinica se non ce la facevo più. E’ vero, ogni mese sanguino e ormai ci ho fatto l’abitudine, ma era diverso, il mio corpo stava male e io pure e tutto per colpa di assurde trafile burocratiche che mi hanno lasciata nel limbo.

E si certo, avevo deciso io di interrompere la gravidanza, ma non avrei mai desiderato di farlo sanguinando grumi per tre settimane, continuando nel mentre a lavorare come una matta e spendendo tutto il mio tempo libero a farmi trattare male al pronto soccorso. E sulla clinica preferisco non commentare. Dal profondo del cuore io ringrazio le mie amiche per tutto l’appoggio che mi hanno dato in quel periodo, senza di loro sarebbe stato davvero solo buio.

Comunque alla fine qualcuno l’ho convinto che questo benedetto feto era morto e che io non ce la facevo più. Mi hanno ricoverata ed ero così contenta che ho ricominciato a sorridere a tutto quel triste ospedale.

Sono finita mezza nuda con un mega pannolone e la vestina da sala operatoria su un letto del reparto maternità, nella stanza dove fanno i tracciati. Cinque ore.

Ora mi chiedo, sarò forse polemica? Io ero una paziente ricoverata per fare un raschiamento. Ormai in quel reparto nessuno sapeva che avrei comunque interrotto la gravidanza, il feto era già morto. Mi hanno lasciata sola ma circondata da mamme coi loro neonati , da donne super incinte e dal suono costante del battito del cuore dei prossimi nascituri. Ero molto fragile, ma forse non sono crollata perché forte della mia decisione, ma se così non fosse stato? Dopo tutto lo sballottamento del mese precedente pensavo di aver visto tutto, e invece il peggio era li, per darti il colpo finale.

Chi è stato fantastico sono tutti quelli della sala operatoria: mi hanno accolta sorridenti , con parole gentili, battute simpatiche e domande per distrarmi. Poi lo sballo dell’anestesia.

Mi sono svegliata piangendo a singhiozzoni su una barella in un corridoio, con un dolore forte forte all’utero e una profonda tristezza. Hanno finalmente fatto entrare la mia amica e ancora sballata dall’anestesia ho firmato e siamo fuggite sull’autobus che ci ha riportate a casa.

Non sono tanto brava a scrivere delle emozioni e dei dettagli atroci di quel periodo, ma quello che mi ha sconvolta di più è stata proprio la mancanza di assistenza in un momento di così grande fragilità. Mi sono sentita abbandonata, sballottata e un po’ derisa, in totale assenza di un qualsiasi supporto psicologico, da quelle istituzioni che sono lì per assisterci e che invece ti trattano come un numero. Penso che anche un po’ di semplice tatto sarebbe stato sufficiente.

E a proposito di quella tristezza profonda, poi è passata. E ora penso che un giorno la mia vita sarà più stabile di adesso, o forse io più forte di allora, e che quel bimbo o bimba mi spia sperando in un mio nuovo stupido errore o addirittura in un atto scellerato di concepimento voluto!
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