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Fra madre e figlia, in forma di lettera

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Ingenere
16 01 2013

Un confronto pubblico e un discorso privato, necessariamente mescolati: nel libro "Fra me e te" Mariella Gramaglia e Maddalena Vianello confrontano, discutono, intrecciano e contrappongono le strade di due generazioni di donne.  Un dialogo epistolare senza sconti su come eravamo, come volevamo essere, come vogliamo essere.

Come fare i conti dello scarto tra ciò per cui si è tenacemente combattuto e ciò che è realmente avvenuto, quando questo non solo è spesso in contraddizione con quello, ma è il duro contesto con cui deve confrontarsi ogni giorno la propria figlia? Come chieder conto alla propria madre e alla sua generazione - senza caricarle di aspettative di onnipotenza e senza sentirsene sostanzialmente tradite - non tanto di non essere riuscita a realizzare i propri obiettivi, quanto di non essere riuscita ad anticipare e contrastare i fenomeni che li avrebbero vanificati, talvolta con esiti grotteschi e umilianti?

È questa la sfida che raccolgono una madre e una figlia che si trovano in una particolare congiuntura storica: la madre, Mariella Gramaglia, figura storica del femminismo e della sinistra post-sessantottina, la figlia Maddalena Vianello, che ha tutte le caratteristiche delle figlie di quella particolare generazione: cresciuta a pane e stima di sé, con l’idea che tutto sarebbe stato possibile se solo una si fosse impegnata, che la “differenza femminile” non era un handicap, se mai una risorsa in più, come tanti trentenni si trova a vivere permanentemente in bilico, non per scelta di vita ma per necessità.

L’indifferenza dei genitori alla tranquillità di una vita ordinata e stabile non è per lei e i suoi coetanei un modo per distinguersi dagli altri, dai “borghesi”, ma un destino condiviso per mancanza di alternative e di riconoscimenti. E se la madre e le coetanee di lei hanno combattuto per la contraccezione, per non essere costrette a scegliere tra fare le brave ragazze e il diritto ad una sessualità non solo eterodiretta, tra la maternità e il lavoro, la figlia, come le sue coetanee, vede spostarsi sempre più indefinitamente la possibilità di conciliare maternità e lavoro, perché il secondo è troppo insicuro, mentre deve continuamente confrontarsi con una rappresentazione pubblica delle donne come puri corpi sessuati, o meglio sessuali, a disposizione anche se autogestita.

Ciò che rende straordinariamente coinvolgente questo dialogo è il mescolarsi, con cautela certo, e pudore, del confronto pubblico – su come sono andate e vanno le cose, incluso nel movimento delle donne cui entrambe appartengono – e discorso privato, che non sono mai del tutto separati perché non lo sono stati e non lo sono nella relazione tra questa madre e questa figlia. La persona pubblica Mariella è stata anche la madre che, prima che con le parole, con quello che era ed è e faceva e fa ha mostrato alla figlia modelli e mete femminili possibili e di società più giusta. Maddalena è stata formata da questo. Proprio perché vi ha creduto e rimasta fedele, oggi si sente in diritto di chiedere conto.

Appartengo anch’io alla generazione delle madri di figlie adulte che da piccole si trovavano spesso spiazzate da madri (e talvolta anche padri) non standard, divise tra ammirazione e voglia di normalità, che fin da piccole hanno avuto inculcato il senso del proprio valore, sostenuto dall’offerta di stimoli ed esperienze interessanti e ricche, ma allo stesso tempo sono cresciute all’ombra di genitori ingombranti, non perché troppo invadenti sul piano pratico, ma su quello delle gerarchie di rilevanza – dai giochi e le favole fino ai campeggi estivi politicamente corretti.

Genitori insieme sempre indaffarati a cambiare il mondo, spesso creativi sul piano dell'educazione e del gioco, ma talvolta più disinvolti sul piano dell’organizzazione della vita quotidiana di quanto piacerebbe ad un bambino. Una generazione che non può sottrarsi alla domanda sugli esiti di tutto questo darsi da fare, sulle mobilitazioni, le lotte, il tempo sottratto ad altro. Mariella  coraggiosamente  non si sottrae, rivendicando il valore di quella storia pubblica e privata pur ammettendo errori e ingenuità. Facendolo, la consegna a Maddalena, perché la continui trasformandola, mentre la accompagna ancora per un pezzo.

Del resto, proprio la non rassegnazione di Maddalena e delle altre come lei è segno forte che non c’è solo un’indubbia sconfitta sul piano politico. Se le giovani donne di oggi si sentono in diritto di non solo di ottenere ciò cui aspirano, ma di dire la loro, anche sul femminismo e il movimento delle donne, senza complessi di inferiorità e senza cedere a posizioni preconcette è certamente merito loro, ma anche delle loro madri. Soprattutto di quelle che non si arroccano nei propri fortini separati ma si lasciano interrogare dal mutamento e dal modo in cui lo vivono ed elaborano le più giovani: mantenendo la propria autonomia di giudizio, ma riconoscendo anche quella delle altre, rivendicando la propria maternità non solo biologica, ma culturale, ma senza imporla come risultato pre-definito.

Nella foto di copertina Mariella  sembra osservare di sottecchi Maddalena, mentre questa guarda davanti a sé. Nella probabile casualità di questa disposizione, mi sembra rappresenti bene l’atteggiamento di Mariella in questo dialogo: materno, accogliente, ma senza pretese fusionali e di assoluzione. Che Maddalena faccia la sua strada, vicina e pari, ma anche separata, con un proprio sguardo e proprie mete.

Mariella Gramaglia e Maddalena Vianello, Fra me e te, et al. edizioni, 2012

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