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Enrico Letta spiega perché va nel lettone di Putin

Letto 3656 volte

Giornalettismo
07 02 2014

Barack Obama chi? Se il presidente degli Stati Uniti ha sfidato Vladimir Putin, disertando la cerimonia di apertura dei Giochi invernali di Sochi 2014 in Russia e scegliendo anche atleti omosessuali per la delegazione americana, Enrico Letta ha deciso di non boicottare le Olimpiadi. Sarà tra i pochi leader importanti presenti: hanno imitato Obama anche Hollande, Merkel e Cameron.

Letta? No, lui ha preferito scrivere una lettera sul Corriere della Sera per chiarire le ragioni per cui ha scelto di non mancare. Già aveva azzardato di voler ribadire anche in Russia «con assoluta nettezza la contrarietà a qualunque normativa discriminatoria, fuori e dentro lo sport, degli atleti gay». Non senza essere però contestato da renziani, parlamentari di Sel, associazioni Lgbt, contrari alla sua presenza a Sochi. E ieri bacchettato anche da Amnesty, che gli ha consegnato una missiva ricordandogli quella serie di leggi punitive approvate nella Russia di Putin e il mancato rispetto dei diritti umani.

SOCHI 2014: ENRICO LETTA SPIEGA AL CORRIERE DELLA SERA PERCHÈ CI SARÀ 

Se i grandi del mondo hanno deciso di mandare un segnale forte in Russia, nel mezzo delle polemiche sulle discriminazione della comunità Lgbt e della controversa legge contro la propaganda omosessuale, Letta ha scelta un’altra strada. Era già stato criticato sul tema dei diritti gay durante l’incontro a Trieste dello scorso novembre, quando Letta e Putin siglarono 28 intese commerciali in un vertice intergovernativo, a dimostrazione di come Italia e Russia siano diventati sempre di più partner strategici È la dimostrazione della «disponibilità, dell’amicizia e della voglia di cooperare insieme», aveva commentato Letta.

Con buona pace di chi protestava per il silenzio sulla legge anti-gay russa. Stavolta però, a sentire le parole del presidente del Consiglio, l’Italia ribadirà la sua netta contrarietà alle discriminazioni. Non si sa bene in che modo. «Non ho la presunzione di assegnare le pagelle su quale sia lo strumento più efficace di affermazione dei propri valori in questa vicenda: se la strada della pressione diplomatica forte, la «moral suasion», i gesti simbolici, il confronto aperto», ha ammesso Letta al Corriere della Sera. Precisando però di «rivendicare» la decisione di andare a Sochi e di non volersi per questo «sottrarre al dibattito sull’opportunità della mia presenza», ha spiegato il presidente del Consiglio.

SOCHI 2014 E I MOTIVI DELLA PRESENZA DI ENRICO LETTA 

Letta ha spiegato la sua versione al quotidiano di via Solferino:

«Per me lo sport non è politica. È però dimensione pubblica. È cultura delle regole, competizione tra pari, aggregazione sociale. In un campo di basket, come in una pista di neve o di ghiaccio, non conta da dove vieni, quanto guadagni, che religione professi, che partito voti. Non conta quali sono le tue inclinazioni sessuali. In un campo e in una pista contano l’agonismo, il sudore, la testa. Vinci o perdi, ma per dare il meglio di te puoi fare affidamento solo sui talenti e la fatica. È così, dopo anni di sacrifici, che i nostri atleti sono arrivati a Sochi. Rappresentano l’Italia. Sfilano dietro il tricolore. Sono portatori dei valori che la nostra bandiera in sé compendia: la libertà, l’eguaglianza, la condanna di ogni forma di discriminazione. Principi inscritti nella Costituzione repubblicana come pure, a ben vedere, nella più profonda identità europea, quella che ha modellato anche lo spirito olimpico, antico e moderno».

Restano perplessità su come i valori di Letta possano convivere nella Russia in cui Putin continua a paragonare con “battute” sconcertanti pedofilia e omosessualità (per il presidente russo un omosessuale che volesse prender parte alle Olimpiadi invernali di Sochi, come atleta o come spettatore può «star tranquillo e a suo agio, basta che lasci stare i bambini, per favore», ha dichiarato). Si legge sul Corriere:

«Essere in Russia — da presidente del Consiglio di un Paese che storicamente tanta parte ha avuto nella costruzione della coscienza europea — significa esprimere, appunto in una dimensione pubblica, la nostra concezione di libertà, di comunità, di rispetto dell’altro. Esserci non significa dismettere ma anzi riaffermare il ruolo che l’Italia svolge, e ancor più continuerà a svolgere quando sarà alla guida dell’Europa nel prossimo semestre, per l’estensione (e certo non per un arretramento) dei diritti. Esserci, infine, vuol dire porsi in continuità con la nostra tradizione olimpica. Una tradizione fatta di presenze. Mai di diserzione».

Basterà la presenza? O possiamo aspettarci gesti simbolici da parte del presidente del Consiglio in Russia per ribadire «la nostra concezione di libertà». Non è chiaro. Ma difficile aspettarsi colpi di scena. Sul ruolo dell’Italia per l’estensione dei diritti nel semestre europeo, invece, una buona notizia. Certo, sarebbe meglio cominciare a dimostrare di saper rispettare i diritti della comunità Lgbt già in Italia. In realtà, nemmeno l’Italia ha dimostrato di essere un Paese così rispettoso, considerata le difficoltà per approvare una “reale” legge contro l’omofobia (si pensi alle critiche ricevute già dal ddl Scalfarotto, passato alla Camera) e quelle per una normativa sulle coppie di fatto, più volte abortita in partenza.

IL «SOGNO OLIMPICO» 

Letta ha poi spiegato di essere in Russia per coltivare il nuovo «sogno olimpico» italiano, in vista di una possibile candidatura per Roma 2024:

«Anche di questo parlerò oggi e domani a Sochi con i capi di Stato e di governo. Con loro e con quanti avranno la responsabilità di valutare la possibile candidatura olimpica di Roma 2024. Come è stato per Roma 1960 e Torino 2006, e come deve essere oggi per Expo 2015, è indispensabile guadagnare credibilità, mobilitando intorno a questo progetto le risorse e la passione di tutto il Paese, a partire dalle sue istituzioni».

Per Letta l’Italia deve «restituire al mondo, dopo tanta fatica, l’immagine di un Paese più europeo, più moderno, più giusto».

Difficile credere che, con un gesto simbolico forte per il rispetto dei diritti – così come fatto da altri leader mondiali – l’Italia avrebbe dovuto abbandonare il suo progetto olimpico. La selezione della città organizzatrice dei Giochi della XXXIII Olimpiade inizierà nel 2015 e la decisione definitiva sarà presa nel 2017. Non sarebbero mancate altre sedi opportune per mostrare la credibilità del nostro Paese, già costretto a ritirarsi dalla corsa alle Olimpiadi del 2020, durante il governo Monti, a causa della crisi economica.

Alberto Sofia

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