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Vivian Maier: il grande mistero dell’artista travestita da bambinaia

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Donneuropa
15 04 2014

Assomigliava alla figura creata da Mary Shepard per illustrare l’edizione originale di Mary Poppins. La postura impettita di chi marcia anziché camminare, il naso lungo leggermente all’insù, l’abbigliamento eccentrico e ben coprente, ideale per custodire i segreti. Di segreti, tata Maier ne aveva tanti. Ma uno, il più grande di tutti, è rimasto tale e l’ha portato con sé nell’aprile del 2009, quando è tornata da dove era venuta. Ad incipriarsi il naso su una nuvola, probabilmente.

Mentre si occupava dei bambini di diverse famiglie della Chicago bene, in cambio di una stanza con un buon lucchetto e uno stipendio modesto, Vivian Maier riscriveva nascostamente la storia della fotografia, collezionando qualcosa come centocinquantamila scatti, di grandissimo valore, che non ha mai mostrato a nessuno. Diceva di essere francese- e lo testimoniava con un accento artefatto, diceva a volte di chiamarsi Maier, altre Mayer o Meyer, Mayers o V. Smith, e questo era tutto quanto era dato sapere di lei.

Nessuno, d’altronde, si è mai interrogato oltre, a riprova del suo talento nell’arte di occultarsi con cura. Tutto quello che si conosce di una delle più grandi fotografe di strada del Novecento, accomunata ad artisti del calibro di Robert Frank o Diane Arbus, lo dobbiamo a John Maloof, un ventiseienne cui è capitato di comprare una scatola di negativi nella casa d’aste di fronte al suo appartamento e di ritrovarsi in mano un vero e proprio tesoro.

Maloof, che dev’essere una brava persona, si è sentito in dovere non solo di mostrare al mondo gli scatti di Miss Maier, ma anche di andare alla ricerca dell’essere umano dietro l’obiettivo. Purtroppo, si è deciso ad aprire la scatola e a sviluppare i primi negativi soltanto qualche anno dopo l’acquisto, ormai troppo tardi: Vivian se n’era andata, povera e sola, col suo segreto in petto, pochi mesi prima.

Non potendole offrire il guadagno che la diffusione delle fotografie gli ha portato, dopo il successo delle mostre di New York, Los Angeles, Londra, Parigi, Maloof le ha dato però quello che la babysitter di Chicago non aveva avuto in vita: una straordinaria notorietà e il riconoscimento mondiale del valore del suo sguardo. Se così facendo abbia realizzato il suo più recondito desiderio o l’abbia imperdonabilmente tradita, non si saprà mai.

Con l’aiuto del produttore e sceneggiatore Charlie Siskel, il giovane scopritore del tesoro segreto ha realizzato un documentario dal titolo Alla ricerca di Vivian Maier (Finding Vivian Maier), nel quale ha raccontato le tappe della sua indagine e intervistato le poche persone che l’hanno conosciuta. Tra queste, alcuni bambini di allora, oggi adulti, una vicina di casa e un fotografo di Saint-Bonnet-en-Champsaur, il borghetto delle Alpi francesi dove la donna andava in vacanza da ragazzina e dove è rimasto l’ultimo ramo di una famiglia che si è persa deliberatamente di vista al suo interno, per ragioni – guarda un po’- forse torbide e certamente segrete.

Ma i ricordi di queste persone, paradossalmente, non fanno altro che alimentare il mistero: chi era dunque veramente la tata con la Rolleiflex al collo? Un’artista all’avanguardia? Una donna traumatizzata, che odiava i maschi e soffriva di disturbi ossessivo-compulsivi? Perché, anziché al parco, portava i bambini a passeggiare nelle peggiori periferie della città, fotografando i poveri e gli ubriachi? A muoverla, era la compassione o il ribrezzo? E la sua passione per la cronaca nera, l’accumulo forsennato di giornali fino a far imbarcare il pavimento della sua stanza, come si spiega? Era davvero una spia? O soltanto una pazza, forse anche pericolosa?

Di certo c’è solo il suo straordinario talento, di cui peraltro era consapevole (come dimostrano alcune registrazioni), e l’altrettanto straordinaria volontà di tenerlo nascosto al mondo, al punto da soffocare la natura dominante della sua personalità, quella artistica e creativa, dietro la copertura di un lavoro punitivo e di un’esistenza anonima e stentata, che l’ha costretta ad una perenne lotta con la mancanza di denaro e ad un finale in miseria e solitudine.

Perché abbia vissuto recitando una parte, se abbia mai provato in qualche occasione ad essere o diventare se stessa, è un mistero destinato ad ammantare per sempre l’opera di Vivian Maier e a contribuire notevolmente al fascino del suo personaggio.

Come nel romanzo di P.L. Travers, dove si narra che tutti furono felici quando la nuova bambinaia, strana, brusca e imprevedibile, si trasferì al numero 17 di viale dei Ciliegi, “ma nessuno sapeva cosa ne pensasse Mary Poppins, perché lei non diceva nulla a nessuno”, Vivian Maier era il personaggio di un romanzo in cerca d’autore, la protagonista di una vita “da cinema”, che ora ha finalmente il suo film.

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