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Huffington Post
12 03 2015

Io a uno che mi disse: "Stai zitta fighetta" lo menai proprio. Si chiamava Federico era poco più grande di me, che all'epoca avevo 20 anni, ed era un prepotente, e a me i prepotenti hanno sempre dato parecchio daffare.

Non credo di avergli fatto molto male, almeno fisicamente (gli ho tirato giusto un pugno sul naso), devo averne però ferito parecchio il virile orgoglio, perché dal giorno dopo sparì dalla circolazione e noi ragazze del collettivo femminista non ne sentimmo affatto la mancanza. E del resto è impossibile provare rimpianto per un uomo che ci vorrebbe ridurre al silenzio per il solo fatto di essere donne.

Federico comunque non era un barbuto mullah, un filosofo musulmano e non aveva la testa coperta da un turbante. Era uno studente universitario italianissimo, parlava con accento del Nord, ed era ateo se non addirittura miscredente e mangiapreti (all'epoca lo eravamo un po' tutti...).

Insomma non era un retrogrado e barbaro incivile. Era un ragazzo normale. Non pensava che la terra fosse piatta e gli piacevano le ragazze in minigonna. Purché non si azzardassero ad aprire bocca quando si discuteva di politica.

Di Federico in vita mia ne ho incontrati molti altri (ma non ne ho più menato nessuno, anche se mi mandavano il sangue al cervello e mi facevano stringere i pugni dalla rabbia) e quasi mai erano uomini ignoranti o stranieri.

Ho incontrato un manager che dava la scalata alla politica, non riuscendo però a conquistarne la vetta, che durante una discussione su un comunicato stampa mi urlò in faccia "Le donne come te sono buone solo per essere messe in vetrina in un sexy shop di Amsterdam. Stai zitta". Ovviamente zitta non ci sono stata e gli ho spiegato che le donne come me i maschi come lui se li mangiano e con le ossa che avanzano ci si puliscono gli interstizi dentali.

Ho incontrato un altro politico, dell'avversa fazione del precedente, che in cambio di un posto di lavoro mi chiedeva di inginocchiarmi all'altezza del cavallo dei suoi pantaloni. Sono stata a lungo disoccupata, fieramente disoccupata.

Ho incontrato un collega che pensava che le donne come croniste di nera non valessero mezza tacca. Mi sono premurata di fargli cambiare idea un articolo dopo l'altro.

Ho incontrato, in una città del Sud, un uomo che stava menando una donna. Mi sono buttata in mezzo e ho rimediato uno spintone e un: "fatti gli affari tuoi, siete tutte le stesse puttane". Gliene ho dette talmente tante e urlando tanto forte che alla fine sono arrivati i carabinieri e lo hanno portato via. Ah, quest'uomo non parlava con l'accento del Sud, ma dondolava le vocali in un veneto perfetto.

Devo averne incontrati anche altri, ma ora sfuggono alle maglie un po' allargate della memoria. Non mi sfugge però quel signore di Algeri seduto su una seggiola impagliata che vedendomi in difficoltà, mezza aggrovigliata in un foulard che non ne voleva sapere di starsene fermo sulla mia testa, si alzò e, dopo avermi chiesto in come poteva aiutarmi, mi sistemò meglio quel fazzoletto spiegandomi come fermarlo e aggiungendo: "signora, non si preoccupi di coprirsi i capelli, non ha l'obbligo di farlo e nessuno di noi si sente offeso se li mostra".

Non mi sfugge nemmeno il ragazzo marocchino che rideva come un matto davanti a me che inciampavo nella mahlifa (un lungo velo che usano le donne Saharawi) e finivo lunga e stesa con la faccia sulla sabbia del deserto, mi dava la mano per farmi rialzare e sentenziava: "È strano come le donne occidentali siano convinte che un nostro costume tipico, che da noi ha un senso perché serve a proteggere la pelle dai raggi del sole, sia una forma di costrizione. Per noi le donne e gli uomini sono uguali, hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Il rispetto non c'entra col sesso. Se un uomo non rispetta una donna, probabilmente non rispetterà nemmeno un altro uomo". Ed è facile capire come questo ragazzo avesse ragione.

Quell'uomo che mi voleva in una vetrina ad Amsterdam, era temuto e non rispettato dai suoi avversari.

Quel politico che mi voleva piegata ai suoi pantaloni, non ha mai protetto e tutelato quegli uomini che avrebbe dovuto, invece, proteggere e tutelare e che, profondamente, disprezzava come un branco di buoi stupidi e ottusi.

Quel collega che pensava che le donne non potessero raccontare di rapine, omicidi e stupri, oggi non ha più una fonte disposta a passargli una notizia, se le è tutte bruciate perché le ha sottostimate e maltrattate.

La stupidità dell'arroganza di un uomo che dice a una donna di stare zitta non dipende dalla latitudine e dalla religione, e, ovviamente, non merita schiaffoni a mano aperta. Merita pazienza perché finirà spazzata via dai giorni della vita. Basta sedersi sulla riva di quel famoso fiume, portarsi la merenda e assicurarsi di avere una buona vista: il cadavere del cretino che fa dell'intelligenza una questione di genere passerà con la bocca ancora aperta ma silenziosa e piena d'acqua.

PS: Io zitta non ci starò mai.

Deborah Dirani

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