Ingenere
21 05 2015
La situazione lavorativa dei migranti in Italia raramente migliora, spesso rimane uguale a se stessa o addirittura peggiora, soprattutto per le donne, che hanno meno accesso alla mobilità sociale. Lo racconta il nuovo rapporto Istat
"Non si è mai vista una negra che prende 10 a Diritto". Questo hanno scritto a una quattordicenne senegalese che frequenta il primo anno di un istituto superiore.
La ragazza è una delle migliori della classe, in futuro vorrebbe fare l'avvocato. Da quando sono stati pubblicati gli scrutini, circa un mese fa, sono iniziate ad arrivare le lettere di offese, che mescolano l’invidia per il rendimento scolastico al disprezzo per il colore della pelle. È solo l’ennesimo fatto di cronaca, che segnala le difficoltà per le persone immigrate nel nostro paese non solo di integrarsi, ma soprattutto di progredire nella scala sociale. Nuovi dati a questo riguardo ci vengono forniti dal Rapporto Annuale Istat presentato oggi a Roma, per quanto riguarda la storia lavorativa degli stranieri soggiornanti in Italia. L’analisi delle traiettorie lavorative dei migranti (capitolo 4.5) fornisce elementi di lettura utili alla descrizionedei percorsi migratori che nel corso di oltre trent’anni hanno interessato il nostro Paese. È possibile individuare tre diverse traiettorie: “mobilità ascendente” per chi, cambiando occupazione, accede a un gruppo professionale superiore a quello di partenza; “mobilità discendente” per chi, al contrario, transita in un gruppo professionale inferiore. E infine “immobilità” per chi rimane occupato nel medesimo gruppo professionale.
Come mostra la figura1, il 46,8 per cento degli occupati stranieri continua a svolgere lo stesso tipo di professione rispetto al primo impiego, il 29,7 per cento accede a un gruppo professionale superiore a quello di partenza, infine, il 23,5 per cento transita in un gruppo professionale inferiore a quello iniziale. L’elevata concentrazione degli occupati stranieri in alcune professioni fortemente segregate per genere condiziona la loro mobilità professionale con accentuate differenze tra uomini e donne. Le donne più spesso degli uomini restano occupate nello stesso tipo di professione nel corso dell’intera esperienza lavorativa (il 50,9 per cento contro il 43,5 degli uomini). Tra le donne, è inoltre più elevato il rischio di avere un percorso di tipo discendente (26,1 per cento contro il 21,4 degli uomini). La possibilità di avere un percorso professionale di tipo ascendente nel corso della storia lavorativa varia sensibilmente rispetto al genere del lavoratore e al suo titolo di studio (figura 2).
A parità di altre condizioni, la possibilità di sperimentare nella propria carriera lavorativa un percorso ascendente è superiore per gli uomini in confronto alle donne. Anche il titolo di studio rappresenta un importante fattore predittivo di percorsi di tipo ascendente: i laureati hanno la possibilità di migliorare la propria posizione lavorativa quattro volte in più di chi possiede al massimo la licenza media.
Per chi ha iniziato la propria storia lavorativa nel paese di origine è possibile confrontare due diverse transizioni: dall’ultimo lavoro nel paese di origine al primo lavoro in Italia, e tra il primo e l’attuale lavoro in Italia. La combinazione dei possibili esiti professionali dà luogo a diversi percorsi di mobilità, tre di questi interessano il 59,3 per cento degli occupati stranieri: il primo, di tipo discendente rispetto al paese di origine e ascendente nella storia lavorativa italiana (21,4 per cento); il secondo, prima discendente e successivamente privo di mobilità (20,5 per cento); infine, un percorso caratterizzato da assenza di mobilità,per cui l’evento migratorio non ha effetti sul tipo di professione svolta (17,4 per cento). Le traiettorie lavorative della maggior parte degli stranieri già occupati nel proprio paese sono quindi caratterizzate dalla presenza di un percorso discendente nell’inserimento nel mercato del lavoro italiano.
Ciò è vero soprattutto per le donne, che più spesso restano intrappolate in professioni dello stesso livello: un percorso tipico è quello di badanti che nel proprio paese svolgevano la professione di insegnante. Gli uomini, invece, sono più spesso interessati da percorsi di tipo discendente-ascendente o caratterizzati da assenza di mobilità. La caratterizzazione di percorsi di questo tipo non soltanto riflette le opportunità offerte dal mercato del lavoro italiano, ma risente anche del background professionale. Il possesso di un titolo di studio elevato non preserva i lavoratori stranieri da un percorso discendente, tuttavia può offrire l’opportunità di accedere a professioni superiori a quelle svolte nel primo lavoro in Italia: il 31,2 per cento dei laureati ha un percorso prima discendente e poi ascendente, contro il 20,8 per cento di chi al massimo ha la licenza media.