La Nigeria bandisce le mutilazioni genitali femminili

Ingenere
01 07 2015

La Nigeria bandisce le mutilazioni genitali femminili vietandole con un disegno di legge, incluso nell'ambito della violenza contro le persone, che è stato approvato in Senato il 5 maggio e recentemente convertito in legge. Sono più di 100 milioni nel mondo, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le donne che hanno subito mutilazioni genitali, circa 3 milioni le bambine a rischio ogni anno in Africa, uno degli stati più coinvolti da questa pratica insieme a Medio Oriente e alcune regioni dell'Asia e dell'America Latina.

Ma quella delle mutilazioni genitali femminili è una questione che riguarda anche l'Europa: il parlamento europeo ha stimato che sono circa 500 mila le donne e le bambine coinvolte che vivono sul territorio europeo, altre 180 mila sono a rischio ogni anno. Le conseguenze sono forti non solo in termini sociali ma prima ancora di salute: emorragie, infezioni batteriche, ferite aperte, e, a lungo termine, anche infertilità, complicazioni del parto e infezioni ricorrenti.

Con una legge che criminalizza questa pratica la Nigeria, dove si stima che a subirla sia il 25 per cento delle ragazze e delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni, compie quindi un passo storico per auspicarne la completa eliminazione. Con l'hashtag #VAPPBill (dal nome della legge in questione: Violence Against Persons Proibition Bill) su twitter si susseguono entusiasti i post a sostegno del provvedimento preso dal presidente uscente, Goodluck Jonathan.

Ma il cambiamento non avverrà dal giorno alla notte mette in guardia Stella Mukasa, direttore di genere, violenza e diritti presso il Centro Internazionale per la Ricerca sulle Donne che ha sede a Washington, che dalle pagine del Guardian dichiara:"È fondamentale lo sforzo per cambiare la visione tradizionale culturale che è alla base della violenza contro le donne. Solo allora questa pratica dannosa potrà essere eliminata". "L'istruzione è fondamentale, e deve lavorare in collaborazione con sistemi scolastici" continua Mukasa, e poi, la ricerca. "Produrre nuove prove è cruciale nel rafforzare le risorse per attuare le disposizioni legislative, fornire i servizi sanitari e di assistenza sociale, e incoraggiare le comunità ad allontanarsi da norme sociali che sostengono la violenza" spiega Mukasa, che rcorda come a vent'anni dalla dichiarazione di Pechino "dare priorità ai diritti e al benessere delle donne e delle ragazze è attesa da tempo. Violare il loro diritto a una vita sicura e produttiva non solo ha un profondo effetto su di loro, ha un impatto su ciascuno di noi." Leggi tutto il commento sul Guardian.

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