huffingtonpost
01 09 2015
In pochi sanno che ogni giorno un bambino, in Siria, rischia la vita per andare a raccogliere l'acqua per sé e per la propria famiglia. Il compito di riempire bottiglie e pesanti taniche dalle fontanelle pubbliche o dai punti di distribuzione in strada, aspettando per ore sotto il sole, spetta in quella terra devastata dalla guerra a loro, i più piccoli. Nelle ultime settimane, a causa dei continui attacchi ai rifornimenti idrici, tre bimbi sono stati uccisi mentre tornavano a casa.
E sono quasi cinque milioni le persone che soffrono per la carenza di questo bene vitale. Proviamo a immaginare cosa significhi aprire tutti i rubinetti di casa e non vedere cadere nemmeno una goccia d'acqua per più di due settimane, come è accaduto ad Aleppo e a Damasco, oppure addirittura per più di un mese, come è successo in altre zone. Pensiamo anche che, sotto un sole cocente e una temperatura che supera quasi costantemente i 40 gradi, il prezzo dell'acqua sia aumentato di oltre 30 volte dall'inizio del conflitto, in un momento in cui la guerra e i bombardamenti hanno raso al suolo, oltre alle case, anche i negozi, privando la popolazione di beni di sostentamento economico. Sembra un'immagine da apocalisse e invece è quello che succede oggi ad Aleppo, a Damasco e in molte altre città siriane soprattutto della zona nord.
Ora, forse, potremmo capire la frustrazione di una bambina che, qualche giorno fa a Damasco, dopo aver trascorso ore in fila insieme ai suoi coetanei per riempire due piccoli recipienti da una pompa d'acqua pubblica, è scoppiata in lacrime quando si è accorta che per lei erano troppo pesanti da trasportare. E ancora, possiamo immaginare la forza di un uomo anziano, probabilmente malato e solo, che è andato a fare rifornimento d'acqua stringendo in una mano una tanica vuota e nell'altra un kit medico. Con molte probabilità non aveva altra scelta. Il sistema idrico può saltare in qualsiasi momento perché a decidere, in modo arbitrario, se interrompere o meno le forniture di acqua sono i gruppi armati che ne hanno fatto una nuova arma.
Ancora una volta a subirne tutte le conseguenze è la popolazione. Quando riescono a fuggire dalla Siria la situazione non migliora. Quest'estate mentre noi eravamo al mare, sdraiati sulla spiaggia, a prendere il sole, a Zaatari in Giordania (il campo profughi che ospita il più grande numero di rifugiati siriani al mondo arrivando a contenerne oltre 250 mila, quasi quanto il numero dei migranti arrivati nel 2015 in Europa) su migliaia di bambini si abbatteva una tempesta di sabbia. Il problema e' che il numero degli sfollati continua ad aumentare e le risorse devono essere divise tra più persone.
Anche qui il rifornimento di acqua potabile è discontinuo perché, di tanto in tanto, i camion che trasportano quest'oro blu vanno in sciopero. Bisogna essere parsimoniosi e pazienti a Zaatari, attendere qualche giorno prima di poter tornare alla normalità, per bere, per lavarsi, per cucinare. La popolazione siriana fa parte di quei circa 750 milioni di persone nel mondo che ancora non hanno un accesso continuo alle risorse di acqua potabile, la guerra gli ha portato via anche questo e in Europa...be' è una storia che conoscete benissimo.
(Post redatto in collaborazione con Flavia Testorio)