Alzheimer, in Italia sempre più malati in casa e sempre meno aiuto pubblico

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La Repubblica
24 febbraio 2016

Sempre più malati assistiti in casa, sempre più costi a carico delle famiglie e presenza dei servizi pubblici ancora in calo nell'assistenza. E' il quadro della realtà dell'Alzheimer in Italia come emerge dalla terza ricerca realizzata dal Censis con l'Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer),
che ha analizzato l'evoluzione negli ultimi sedici anni della condizione dei malati e delle loro famiglie.

I malati e chi se ne occupa - In Italia i malati di Alzheimer sono 600.000. Quasi il 18% di essi vive da solo con la badante e i costi diretti per l'assistenza superano ormai gli 11 miliardi di euro, il 73% dei quali è a carico delle famiglie. L'attività di cura e sorveglianza è sempre più informale e privata: nella metà dei casi se ne occupano i figli, il 38% ha il supporto di una badante.

"Sta progressivamente cambiando il mondo dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie - ha detto Ketty Vaccaro, responsabile dell'Area Welfare e Salute del Censis - . E' un mondo che invecchia e cresce l'impatto della malattia in termini di isolamento sociale. La famiglia è ancora il fulcro dell'assistenza, ma può contare su una disponibilità di servizi che nel tempo si è ulteriormente ristretta".

La salute dei caregiver a rischio  - I malati di Alzheimer in Italia sono destinati ad aumentare a causa dell'invecchiamento della popolazione che è il paese più longevo d'Europa con 13,4 milioni di ultrasessantenni (il 22% della popolazione).

L'Adi (Alzheimer's Disease International) ha stimato a livello mondiale per il 2015 oltre 9,9 milioni di nuovi casi di demenza all'anno, cioè un nuovo caso ogni 3,2 secondi. La ricerca Censis-Aima rileva ora un altro fenomeno: i malati e chi li assiste invecchiano insieme. L'età media di chi soffre di Alzheimer è di 78,8 anni (era di 77,8 anni nel 2006 e di 73,6 anni nel 1999), mentre i caregiver impegnati nella loro assistenza ne hanno in media 59,2 anni (avevano 54,8 anni nel 2006 e 53,3 anni nel 1999).

Dedicano al malato di Alzheimer 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza; un impegno che ha effetti pesanti sul loro stato di salute, in particolare tra le donne: l'80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso. Ad assistere i malati sono soprattutto figli e badanti ed è in aumento deciso la quota di malati che vivono in casa propria, in particolare soli con il coniuge (sono il 34,3% nel 2015, erano il 22,9% del 2006) o soli con la badante (aumentati dal 12,7% al 17,7%). Nell'attività di cura del malato, i caregiver possono contare meno di un tempo sul supporto di altri familiari: nel 2015 vi fa affidamento il 48,6%, mentre nel 2006 era il 53,4%


Diagnosi lenta, aiuti pubblici in calo - Il tempo medio per arrivare a una diagnosi resta elevato, pur essendo diminuito da 2,5 anni nel 1999 a 1,8 anni nel 2015. Se si guarda a come è cambiata l'assistenza, si vede che è sempre più informale e privata. Rispetto al 2006, infatti, è diminuito di 10 punti percentuali il numero dei pazienti seguiti da una Uva o da un centro pubblico (56,6%).

Quando la patologia è più grave, il dato è ancora più basso (46%). Si abbassa leggermente anche la percentuale di pazienti che accedono ai farmaci specifici per l'Alzheimer: dal 59,9% al 56,1%. Ed è diminuito il ricorso a tutti i servizi per l'assistenza e la cura dei malati di Alzheimer: centri diurni (dal 24,9% al 12,5% dei malati), ricoveri in ospedale o in strutture riabilitative e assistenziali (dal 20,9% al 16,6%), assistenza domiciliare integrata e socio-assistenziale (dal 18,5% all'attuale 11,2%).

In generale, la ricerca fotografa una situazione ben nota e consolidata; a preoccupare è però l'accentuazione di una serie di tendenze per le quali la fatica dell'assistenza è scaricata sempre più sulle spalle e sui bilanci delle famiglie che ne pagano le conseguenze, oltre che sul piano economico, in termini di rischio per la salute e di isolamento sociale.

Ultima modifica il Martedì, 01 Marzo 2016 08:14
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