Idomeni, quell'odore acre dei lacrimogeni sui bambini e tra le tende dei profughi

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Scontri a IdomeniGiovanni Visone, La Repubblica
11 aprile 2016

Da uno dei cooperanti di Intersos la testimonianza diretta dal confine greco-macedone. Solo una piccola parte degli oltre 11mila profughi presenti nel campo partecipa alla protesta, annunciata dal passaparola dei giorni precedenti.
A manifestare sono gli uomini più giovani. Si ha bisogno di medicinali, assistenza sanitaria e psicologica.

Il momento peggiore è quando la brezza che soffia dalle montagne oltre confine spinge il fumo e l'odore acre dei lacrimogeni tra le tende del campo di Idomeni.

L’immagine dei bambini con il volto coperto in fuga dal gas, i malori, le crisi respiratorie, gli occhi che bruciano curati con acqua e limone: l’ultima, assurda, fotografia di una domenica mattina di tensione e di scontri tra i profughi che manifestano tentando di abbattere la doppia recinzione di filo spinato che oggi segna la frontiera dell’Europa e la polizia macedone, la cui reazione assolutamente sproporzionata lascia feriti sul campo ed esaspera ulteriormente animi già esacerbati.

Tanti, tanti bambini. Solo una piccola parte degli oltre 11mila profughi presenti nel campo partecipa attivamente alla protesta, annunciata dal passaparola dei giorni precedenti. A manifestare sono soprattutto gli uomini più giovani. I più restano a guardare, molti con scetticismo (“è tutto inutile” - ci dicono – “ho bambini piccoli, non posso rischiare”), altri con la speranza che, finalmente, succeda qualcosa. Intere famiglie sono arrivate anche dai campi vicini – zaino in spalla – seguendo le voci che dicono “stavolta si passa davvero”.

Voci che passano di bocca in bocca, di tenda in tenda, di crocicchio in crocicchio. In questo momento due cose colpiscono quando si arriva a Idomeni: la quantità di bambini, ovunque (i minori sono circa il 40% della popolazione del campo), e la fame di notizie di persone che ti fermano continuamente chiedendoti cosa sai, cosa scrivono i giornali, che ne sarà di loro.
 
Ad esasperare di più è l'incerterzza. La tensione che porta una parte dei profughi di Idomeni a inscenare proteste ormai ricorrenti e a cercare, con disperata velleità, di aprirsi un varco nella recinzione alla frontiera, è la conseguenza di una situazione che peggiora di giorno in giorno, e su cui pesano diversi fattori.

C’è innanzitutto la stanchezza di persone costrette ormai da molte settimane a vivere nel fango, in condizioni ben lontane da standard minimi di dignità (a Idomeni – come negli altri campi più piccoli disseminati nel territorio circostante – i bisogni sono enormi: beni di prima necessità, medicinali, assistenza sanitaria e psicologica - e l’aiuto ancora largamente insufficiente).

C’è, sempre di più, l’esasperazione per la totale mancanza di certezze sul proprio futuro e per la disorganizzazione e la lentezza delle procedure da seguire per la domanda di ricollocazione in altri paesi europei o per le pratiche ricongiungimento famigliare. C’è, infine, e non ultima, la paura di queste persone in fuga da guerre e violenze che, - soprattutto accettando il trasferimento nei campi “ufficiali”, per quanto assolutamente precari, che l’esercito greco sta allestendo in vari siti del paese -  il mondo si scordi di loro.

Il lavoro dei cooperanti di  INTERSOS. Si continuerà a fare tutto il possibile per portare aiuto concreto a donne, bambini e uomini con il nostro lavoro quotidiano sul campo e per diffondere una corretta informazione, denunciando quello che vediamo e aumentando la consapevolezza dell’opinione pubblica su quanto sta avvenendo. Per questo, nell’avviare la missione umanitaria in Grecia, l'Ong lancia, anche in Italia, un appello alla mobilitazione per organizzare iniziative di sensibilizzazione e per sostenere la raccolta di fondi e materiali di cui c’è urgente bisogno. Tutto le informazioni possono essere raccolte sui canali social e sul sito.

* Giovanni Edoardo Visone Responsabile Comunicazione INTERSOS

Ultima modifica il Martedì, 12 Aprile 2016 16:48
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