LE VITTIME: "COSI' ZIO DANILO CI FACEVA DEL MALE"

la stampa.it
17 3 2010  

 
FLAVIA AMABILE
ROMA
Lo chiamavano «lo zio». A Roma usa molto anche se non c’è parentela ma familiarità. E di familiarità le ragazze ne avevano davvero tanta con Danilo Speranza, il guru che incantava le mamme e irretiva le figlie. Erano cresciute con lui sempre presente nelle loro vite. Una di loro aveva un anno quando avvenne il loro primo incontro nella comunità che si era creata intorno all’Associazione Maya, un migliaio di persone che credevano ciecamente nel loro leader.
Dalle indagini emerge che, approfittando di una situazione di difficoltà psicologica delle due donne, Speranza riesce a costruire un rapporto morboso con le due ragazze, fatto di abusi e rapporti veri e propri, fin dal periodo dei primi cicli mestruali, dagli 11 anni per una delle due, e dai 12 anni in poi per l’altra. «Tutte e due le minori - si legge nell’ordinanza del Gip - sono cresciute all’interno della comunità “Re Maya”. Entrambe prive di padre, sono cresciute nell’idea che Danilo Speranza fosse un maestro di vita e un’autorità indiscussa».
Le madri si fidavano ciecamente di lui, lo consideravano «il Settimo Saggio», e lo ritenevano una sorta di educatore. Ma le due bimbe vivono nel terrore e cementano un’amicizia che le porterà a liberarsi dall’incubo.
Entrambe raccontano di quando Speranza le costringeva a salire sulla sua macchina per portarle a Mazzano, in provincia di Roma. Già durante il percorso iniziavano gli abusi, racconta una delle due ragazze. «Mi toccava il seno, io rimanevo paralizzata, non capendo cosa stava accadendo. Lui mi diceva di stare tranquilla perchè lui era il mio padrone e non mi avrebbe fatto del male anzi mi avrebbe fatto stare bene».
E invece spesso finiscono in una camera da letto: «Io tentavo di sottrarmi, ma ero bloccata dal suo peso non riuscivo a profferire parola», dice la ragazza agli investigatori. Poi, racconta ancora, «ho pianto chiusa nella mia stanza».
L’amichetta, figlia di un’immigrata, veniva invece ricattata: «Se non vieni da me stanotte - la minacciava Speranza - tua madre, che è impazzita, ti riporta in Africa».
«La seconda volta che sono entrata nella sua stanza, una sera di fine agosto del 2006, avevo 11 anni - racconta - Ero spaventata e irrigidita e lui si è arrabbiato perché diceva che dovevo stare tranquilla, dicendomi che lo stava facendo per me».

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