lastampa.it
11 6 2010
diritto di cronaca
di Flavia Amabile
La decisione della Corte Costituzionale boccia l'aggravante di pena nel caso di immigrati non in regola, ma dà via libera al reato
Il problema è che è un pasticcio. Tra primo pacchetto di norme sulla sicurezza e secondo pacchetto emanati a un anno di distanza dal governo Berlusconi si è finito per confondere un po’ tutto. E quindi la Corte Costituzionale ha provato a mettere ordine stabilendo che si può anche prevedere un reato di clandestinità ma che non è legittimo parlare di aggravante e quindi di pene più gravi per il semplice fatto di non aver ei documenti in regola.
I giudici hanno definito infatti illegittima l'aggravante di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un immigrato presente illegalmente in Italia) prevista dal primo «pacchetto sicurezza» del governo, diventato legge nel luglio 2008. Via libera, invece, a quanto sembra, alla legittimità del reato di clandestinità (punito con l'ammenda da 5mila a 10mila euro) introdotto dal secondo «pacchetto sicurezza», nel luglio 2009. La decisione dei supremi giudici non è ancora stata ufficializzata ma sarebbe stata adottata a maggioranza nella camera di consiglio della Corte tra mercoledì e giovedì.
Non si sa ancora nulla su che cosa effettivamente abbia spinto la Corte a dare questo giudizio. Le motivazioni si conosceranno quando i giudici relatori, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, le scriveranno. Al momento, tuttavia, si sa che l'aggravante di clandestinità sarebbe stata bocciata per violazione degli articoli 3 e 25 della Costituzione. In primo luogo, dunque, per irragionevolezza perché - sarebbe stato questo il ragionamento dei giudici della Consulta - in base al principio del «ne bis in idem», ovvero non ripetere due volte lo stesso tipo di norma, l'aggravamento della pena andrebbe a collidere con il reato di clandestinità introdotto nel 2009 dal «pacchetto sicurezza». Inoltre, l'aumento di pena violerebbe il principio costituzionale del «fatto materiale» quale presupposto della responsabilità penale, nel senso che l'aumento di pena sarebbe collegato esclusivamente alla condizione del colpevole di trovarsi irregolarmente in Italia e non alla maggiore gravità del reato, nè alla maggiore pericolosità dell'autore (è il caso dei recidivi o dei latitanti).
I giudici costituzionali avrebbero invece dato il via libera al reato di clandestinità dichiarando infondate diverse questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Pesaro e da numerosi giudici di pace (Orvieto, Lecco, Torino, Cuneo, Vigevano e Gubbio). Quando verranno scritte le motivazioni la Corte potrebbe aggiungere alcuni elementi, come indicare che spetta al giudice di pace valutare, caso per caso, la grave entità del fatto, così da escludere eventuali giustificati motivi per cui l'immigrato si sia trattenuto illegalmente in Italia.
La maggioranza è soddisfatta del via libera al reato di clandestinità. Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, secondo cui «appare secondaria la circostanza riguardante l’aggravante di clandestinità». Quel che conta davvero in quelle norme è avere sancito che entrare illegalmente in Italia è un reato». Di tutt’altro avviso l’opposizione: Luigi Li Gotti (Idv) plaude alla bocciatura dell’aumento di pena per i clandestini («si torna così al diritto, che troppo spesso per i capricci della Lega e per grossolanità propagandistica viene messo in discussione»), e altrettanto fa Livia Turco (Pd) che sottolinea il punto messo dalla Consulta «su una questione di grossolana incostituzionalità di una norma animata solo da furore ideologico che introduceva l’aggravante di clandestinità».
lastampa.it
10 6 2010
Altolà della Consulta al governo
Illegittimo aumentare le pene
se compie il reato uno straniero
presente in Italia illegalmente
ROMA
La Corte Costituzionale - secondo quanto appreso dall’agenzia di stampa Ansa - avrebbe deciso l’illegittimità dell’aggravante di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un immigrato presente illegalmente in Italia) prevista dal primo "pacchetto sicurezza" del governo, diventato legge nel luglio 2008. Dalla stessa Corte, tuttavia, sarebbe venuto un sostanziale via libera alla legittimità del reato di clandestinità (punito con l’ammenda da 5mila a 10mila euro) introdotto dal secondo "pacchetto sicurezza", nel luglio 2009. La decisione - si è appreso da fonti qualificate - sarebbe stata adottata a maggioranza nella camera di consiglio della Corte tra ieri e stamane.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201006articoli/55814girata.asp
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07 06 2010
TEHERAN
La Mezzaluna rossa iraniana ha deciso di inviare due navi con aiuti umanitari alla popolazione palestinese di Gaza. Lo ha riferito questa mattina l’agenzia Irna.La Mezzaluna rossa iraniana invierà due imbarcazioni con aiuti umanitari per Gaza «alla fine di questa settimana», ha annunciato un esponente dell’organizzazione umanitaria all’agenzia Irna.
«Una delle due imbarcazioni trasporterà dei beni per la popolazione, l’essenziale per cure mediche e cibo, sull’altra ci saranno i volontari della Mezzaluna», ha dichiarato il direttore internazionale dell’organizzazione iraniana, Abdolrauf Adibzadeh. «Le due imbarcazioni partiranno alla fine di questa settimana», ha aggiunto. «I volontari che vogliono andare a Gaza e aiutare il popolo oppresso della Palestina occupata possono registrarsi sul sito della Mezzaluna Rossa». Ieri i Guardiani della rivoluzione, la forza d’elite del regime iraniano, hanno detto di essere pronti a scortare le navi umanitarie dirette verso la Striscia di Gaza, se l’ayatollah Ali Khamenei darà l’ordine.
«Le forze navali dei Guardiani della rivoluzione sono pronte a scortare le navi della "Freedom Flotilla" che trasportano gli aiuti umanitari provenienti dal mondo intero per la popolazione oppressa di Gaza», ha dichiarato Ali Shirazi, che rappresenta la guida suprema in seno ai Guardiani della rivoluzione (Pasdaran), secondo l’agenzia Mehr. Se l’ayatollah Khamenei «darà un ordine in questo senso alle forze navali dei Guardiani della rivoluzione, queste adotteranno delle misure pratiche per scortare le navi verso Gaza, facendo uso delle loro capacità e dei loro equipaggiamenti».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201006articoli/55709girata.asp
lastampa.it
3 6 2010
Rientreranno oggi in Italia
«L’assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di ’Apocalypse now»’, racconta citando il film di guerra di Francis Ford Coppola il trentenne Manuel Zani, il più giovane tra gli attivisti italiani fermati durante il blitz israeliano contro la flottiglia filo-palestinese e arrivati stanotte a Istanbul dopo l’espulsione da Tel Aviv. «Vedere tutti quei soldati bardati, col volto coperto... Avevo paura - continua il videomaker romagnolo - ma per una pò mi sono goduto la scena». «Quando abbiano capito che ci stavano per aggredire ci siamo separati in due gruppi. Io sono andato con i giornalisti nella cabina di pilotaggio per cercare di filmare quello che stava succedendo, ma ci hanno sequestrato tutto: ho perso diecimila euro di attrezzature e non so se le recupererò mai», spiega Zani. «In Israele non ci torno neanche morto - conclude il trentenne, per la prima volta a bordo della flottiglia Free Gaza -, ma voglio tornare in Palestina al più presto».
Al suo arrivo a Istanbul questa notte, insieme con gli altri cinque attivisti italiani - Angela Lano, Giuseppe Fallisi, Ismail Abdel Rahim Qaraqe Awin e Marcello Faracci - Zani, il più giovane del gruppo, è più arrabbiato che provato: «Avevo con me 10mila euro di attrezzature - racconta all’ANSA - le hanno sequestrate, chissà se le riavrò mai indietro». Un’esperienza dura quella che ha vissuto insieme con gli altri connazionali: prima l’assalto alla nave su cui viaggiavano, la ’8.000’, poi l’arresto e la permanenza in prigione. «L’assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di ’Apocalypse now»’, racconta citando il film di guerra di Francis Ford Coppola. Ora che è arrivato in Turchia, Zani si dice «sollevato», ma «in Israele non ci torno neanche morto». Sollevato, ma visibilmente più stanco, è il tenore Giuseppe Fallisi, 50 anni. Nei suoi occhi, ancora un velo di paura e incredulità per ciò che ha visto e sentito sulla sua pelle: «Siamo stati picchiati dalla polizia, prima sulla nave dai militari e poi ancora poco fa all’aeroporto di Tel Aviv», racconta. «Ci picchiavano ad esempio se non ci sedevamo, e dopo averci picchiati mandavano i medici a visitarci».
Chi, invece, pur essendo molto provata dall’esperienza, non vuole denunciare le violenze subite e ribadire invece le motivazioni profonde che l’hanno portata sul quel convoglio è la giornalista torinese Angela Lano, 47 anni: «Siamo stati rapiti - si sfoga -, sia sulla nave che in prigione, dove non avevamo nessun tipo di diritto: non potevamo fare telefonate, chiamare i nostri avvocati. Sono anni che mi occupo di Palestina. A bordo non c’erano terroristi. Solo persone normali, disarmate armate solo del loro corpo», prosegue. E c’è chi, a solo pochi minuti dal suo rilascio, già pensa al prossimo viaggio. Come l’italo palestinese Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin: «Abbiamo fatto questo sacrificio per la gente di Gaza - dice con rabbia -, per quel milione e mezzo di palestinesi che sono in galera. Vogliamo farlo ancora. Vogliamo che il governo italiano e di tutto i Paesi del mondo capiscano. Basta con il silenzio: end the siege on Gaza».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201006articoli/55588girata.asp
la stampa.it
1 6 2010
E' morta a New York, a 98 anni, la "grande vecchia" dell'arte contemporanea
Nelle sue opere si sposano in modo struggente intimismo e monumentalità
MARCO VALLORA
La ricordo bene l’allegra perentorietà capricciosa, ma anche coerente, con cui mi rispose, di là d’Atlantico: «No, grazie, in una mostra di sole donne io non ci voglio proprio stare!». Fu duro, alla nostra adorazione sconfinata, ricacciare indietro il totem di marmo già pronto, che pareva chiudere così bene la mostra delle Donne Artiste a Palazzo Reale di Milano, e prenderci pure le reprimende delle mastrine della recensione, come se l’avessimo potuta dimenticare, l’Unica. Ma onore alla sua caparbia convinzione di voler combattere in extremis gli uggiosi lai del più trito femminismo, i sociologismi marci del politicamente corretto, come se una donna, con gli attributi, non potesse farcela comunque! Chi altri, come nel celebre scatto di Mapplethorpe, sarebbe uscita decisa e disinibita dal suo studio, con quella sua scultura-fallo di cartapesta, imbracciata con disinvoltura, quasi fosse l’inseparabile borsetta della Regina Elisabetta? E pareva ancora ammiccare, burbera, di là dell’oceanico filo assassino: «Guai a questi ghetti!».
E dire che Louise Bourgeois, che è morta ieri a New York a pochi mesi dai cent’anni, certo per fare un ultimo simpatico dispetto, da Miss Marple, a tutte le attese, le cerimonie, le feste ufficiale, ha fatto moltissimo per la liberazione dell’immaginario femminile e il nome imbattibile delle donne-artiste. Avendo delle rivali non da poco, come Louise Nevelson, Meret Oppenheim, Delaunay & Arp, Arbus e Modotti, e molte ne stiamo dimenticando, ma certo non Carol Rama, che le avevamo affiancato in una mostra torinese, e lei s’era detta, quella volta, d’accordo. Donne di paure e di fantasmi infrangibili, possenti, incantatori.
Lei aveva presto «incominciato a dare fastidio», lo ammetteva, sin dai primi decisi vagiti, nascendo il 25 dicembre 1911. Così che il medico di famiglia non aveva avuto remore nel sibilare alla madre vittoriana, già tanto dispiaciuta di disturbare: «Ma Madame, lei mi sta proprio rovinando la festa!». Ecco, un capricorno predestinato: che ha continuato tutta la vita, in fondo, a guastare le uova nel paniere del perbenismo artistico (anche quello delle avanguardie, che esiste, esiste), magari facendo rotolare nelle sale dei musei quei suoi meteoriti di pietra michelangiolesca (li andava a scegliere lei, i massi, in Versilia, ed ebbe questa espressione autoironica, magnifica: «la pietra is io») o animando quelle sue forme brancusiane ma imbarazzanti, piene d’occhi, di braccia, di appendici sconvenienti e paradossali, tanto quelle del rumeno erano glabre e liscie.
Ma lei non pensava davvero alle forme del Museo, quanto a come sfuggire al triste Affare di Famiglia, in cui era immersa, come in un bagno caustico. Il padre burbero e libertino, che la chiamava «una bocca in più da sfamare», e che, con la scusa di trovarle un’insegnante di lingue (era nata a Parigi, ma i Bourgeois si sentivano profondamente americani) si portò in casa la giovane amante Sadie e la impose pure alla silente moglie, che abbozzò.
La madre, che Louise tradurrà creativamente in quella gran legione vibrante di ragni giganteschi e aggressivi, di cui disseminerà il mondo, per condividere perfidamente le inquietudini di casa, che sono poi quelle di tutti: «femmes-maisons» con gli occhi cavi delle finestre sventrate e i braccini focomelici che non fanno ornamento. Bamboline vodoo trafitte di giochi, ma in rosa confetto o dentiera o accappatoio. Strani congiungimenti, che evocano un sesso poco celibe e molto perverso. Sotto lo sguardo poliziesco di mille ragni-madre, protettivi come igloo di Merz, ma insieme invasivi, impellenti, pelosi, come effetti speciali da film di serie B. Perché questa, un po’ King Kong, un po’ Gabinetto delle cere espressioniste, era pure la koiné camp, che più le piaceva mettere in gioco e veicolare. In fondo, possiamo dire, era la sua stessa idea di arte, bassa e totemica, mai conciliata, sempre in agguato, spiritosa e spiritica. Come una feroce battuta scultorea, di soddifatto humour nero.
In mezzo a tutti quegli scheletri denudati di poltroncine Versailles, che il padre impiccava in alto, quasi fossero salami, per continuare a comandare le sue truppe, la piccola Louise cerca di rendersi utile, e restaura vecchi Gobelins anche lei, come la madre, quando non c’è l’esperto in disegno, Monsieur Gounoud (tutto un programma!): ma siccome è ancora bambina, non le è riservata che la parte bassa, quella più rovinata: piedi distrutti, zoccoli inesistenti, scarpe quasi ortopediche. E lì nasce l’imprinting della sua scultura (il suo vero maestro fu dunque l’uomo delle favole d’arazzo, quel La Fontaine, «che ha rappresentato la mia scuola di vita»). Più che non quella del pittore Léger, «che dovevo seguire da uno studio all’altro, perché non pagava mai l’affitto». «Ogni giorno devi disfarti del tuo passato, oppure accettarlo e se non riesci diventi scultore».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/201006articoli/55544girata.asp
la stampa
27 5 2010
Sul banco degli imputati anche
bidella e marito di un'educatrice
I genitori: «Saremo tutti in aula»
RIGNANO
Oggi prenderà il via il processo per gli abusi e le violenze sessuali di cui sarebbero stati vittime 21 bambini di Rignano Flaminio. L’udienza si aprirà davanti ai giudici del tribunale di Tivoli. Gli imputati sono tre maestre di scuola primaria, Silvana Magalotti, Marisa Pucci e Patrizia Del Meglio, il marito di questa Gianfranco Scancarello e la bidella Cristina Lunerti. I reati contestati, a seconda delle singole posizioni, vanno dagli atti osceni ai maltrattamenti, dalla sottrazione di persone incapaci al sequestro di persona, dalla violenza sessuale aggravata alla corruzione di minore, violenza di gruppo e atti contrari alla pubblica decenza.
Accuse pesanti, che possono portare a pene fino a 15 anni e forse oltre. «Quasi tutti i genitori dei piccoli ci saranno - ha detto Arianna Di Biagio dell’Agerif - E noi saremo accanto a loro. Anche se sarà una udienza d’avvio, senza particolari passaggi significativi per tutti noi sarà importante. Perché questa storia si comincerà a discutere nella vera sede. Non è lite condominiale, c’è stato un percorso che ha portato a questo. C’è stato un rinvio a giudizio. Non bisogna più parlare di presunti abusi. I nostri bambini gli abusi li hanno subiti ed è sicuro. Poi bisogna vedere chi, come e quando, li ha fatti. Per questo c’è il processo».
Il 12 febbraio scorso il gup ha disposto il rinvio a giudizio degli imputati. Da allora non ci sono state novità. Anche se le verifiche degli inquirenti sono continuate nella direzione di individuare il "casolare" che i bambini hanno descritto in qualche modo nelle loro testimonianze. A fine aprile sarebbe stata trovata una abitazione che risponderebbe alle parole dei bimbi. «Quella storia sicuramente si cercherà di farla entrare nel processo», ragiona un difensore, annunciando già per domani la presentazione di tutta una serie di eccezioni procedurali che potrebbe riportare il processo indietro, bloccandolo almeno fino a dopo l’estate. Ma bisognerà attendere per capire quali saranno le carte della difesa. Le parti civili, così come la Procura, sono pronte a citare, in complesso, centinaia di testimoni. «Con quelli della difesa si arriverà a mille. I giudici dovranno sfrondare le liste»
E alcuni avvocati delle famiglie si preparano a chiedere la citazione anche, come responsabile civile, del ministero dell’istruzione. Il comune di Rignano, così come i rappresentanti di altre istituzioni, potrebbero venir chiamati a spiegare cosa hanno visto e quel che è successo, quando le prime denunce dei genitori sono state presentate e nel paese alle porte della Capitale le voci e i sospetti si sommavano e si confondevano. Ma la storia del processo per il caso di Rignano è sempre destinata a contraddirsi per raccontarsi. Dall’arresto degli imputati il 24 aprile del 2007 poi annullato dal tribunale del riesame e con la Cassazione che sottolineò come i bimbi potevano essere stati manipolati dai propri genitori. La successiva, lunga fase degli incidenti probatori, ha riportato l’orologio indietro. Messo al lavoro altri esperti, altri consulenti.
Le audizioni dei piccoli si sono protratte per mesi. La storia della «casa brutta», del castello cattivissimo o della «maestra come una strega» sono entrate nel lessico della cronaca. «Oggi si ricomincia? Non è detto. Uno dei giudici del collegio è un magistrato onorario e quindi dovrà esser sostituito», spiega uno dei difensori. Il rinvio, comunque, non dovrebbe andare molto a lungo. «Sarà a giugno», si aggiunge. Intanto, rispetto all’ipotesi che parti non direttamente coinvolte nel processo, come ad esempio i cronisti, possano seguire quanto accadrà in aula, non è presa bene dai legali di parte civile. Gli avvocati Antonio Cardamone, Franco Merlino e Luca Milani, spiegano: «Chiederemo al tribunale che il processo si svolga a porte chiuse. Si parla di una vicenda che investe dei bambini, che nella maggior parte dei casi non arrivano a 9 anni. Non si può permettere che per chissà quali ragioni possano diventare ancora una volta vittime».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/201005articoli/55410girata.asp
lastampa.it
20 5 2010
Le riforme faranno scendere
del 15% gli stipendi e aumentano
di 7 anni l'età pensionabile
ATENE
Un nuovo sciopero generale di 24 ore contro l’austerity e la riforma delle pensioni paralizza oggi la Grecia per la quarta volta dall’inizio della crisi. La protesta, che "non sarà l’ultima", avvertono i sindacati, ferma traffico marittimo, ferroviario e stradale. Chiude ospedali (salvo le emergenze), scuole (ma non gli esami di ammissione all’università), uffici pubblici, ministeri, banche.
Lo sciopero non coinvolge il traffico aereo internazionale: non aderiscono alla protesta i controllori di volo per evitare di aggravare la già difficile situazione del turismo, principale voce del declinante Prodotto interno lordo. Ma altri settori dell’aviazione civile scioperano incidendo quindi almeno in parte sui voli interni. Non incrociano le braccia oggi neppure i giornalisti, dopo che voci critiche si erano levate dalla stessa categoria tornata precipitosamente al lavoro il 5 maggio quando tre persone erano rimaste uccise ai margini di una manifestazione durante l’ultimo sciopero generale.
I sindacati dei dipendenti pubblici, Adedy, del settore privato, Gsee e comunista Pame hanno convocato lo sciopero e manifestazioni in tutto il Paese per chiedere la modifica della «riforma antisociale e neoliberale» delle pensioni imposta al governo socialista dalla «troika» (Ue,Bce e Fmi). Secondo i sindacati la riforma, che dovrebbe arrivare in parlamento a fine mese, ridurrà fino al 15% gli emolumenti innalzando da 2 a 7 anni l’età pensionabile degli uomini e, soprattutto, delle donne. Le rappresentanze dei lavoratori, incoraggiate da sondaggi indicanti che la maggioranza dei Greci, e l’80% dei dipendenti pubblici sono pronti a scendere in piazza, avvertono che vi saranno nuove proteste se il governo non modificherà la legge.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201005articoli/55205girata.asp
lastampa.it
13 5 2010
La regista: vergognosa l'assenza di Bondi. Un minuto di applausi per il film, ma è ancora polemica
CANNES
«Mi ero ripromessa di non affrontare l’argomento, ma provo vergogna per l’assenza di Bondi al Festival e per l’ennesima figura terribile che il nostro paese fa all’estero grazie al comportamento di questo governo». Così Sabina Guzzanti risponde all’inevitabile, prima domanda, rivoltale stamane sulla Croisette dalla stampa italiana in merito all’annunciato forfait del ministro dei Beni e le Attività Culturali, nel giorno del passaggio del suo "Draquila - L’Italia che trema", Evento Speciale alla 63esima edizione del Festival di Cannes. Definito a caldo dalla stampa internazionale, subito dopo la proiezione che ha visto molti giornalisti rimanere fuori dalla sala, «film necessario, utile e doloroso», Sabina Guzzanti spiega quanto il paragone avanzato qualche giorno fa dal quotidiano «Le Monde» («l’assenza del ministro Bondi a Cannes ricorda le reazioni di Andreotti di fronte ad Ossessione di Visconti) non sia affatto campato in aria: «Andreotti diceva che il neorealismo contribuiva ad infangare l’immagine del nostro paese all’estero, quando in realtà accadeva esattamente il contrario».
E non nasconde di aver sperato, almeno per un attimo, che tutto il polverone venutosi a creare intorno al film avesse potuto arrecare pubblicità gratuita al suo lavoro: «All’inizio ci ho pensato, ma poi ho capito che la loro strategia era molto chiara, provando ad impedire in questo modo a tutti i loro elettori di vedere un film che potesse far sorgere qualche dubbio, o domanda. In questo modo, definendo chiunque in disaccordo con loro come un estremista, un violento, riescono a diffamarti presso la popolazione meno attenta: la tattica, dunque, non è quella di censurare chi la pensa diversamente da loro, ma quelli che la pensano come loro, allontanandoli sempre più da chi la pensa in maniera differente«. Incentrato sull’affaire aquilano post terremoto, il doc della Guzzanti stigmatizza l’opera «di ricostruzione» portata avanti dal governo («favorito in questo da un’opposizione inesistente», presente emblematicamente a L’Aquila per mesi con un tendone sempre chiuso e vuoto) e dalla Protezione Civile, nella persona di Guido Bertolaso: «Ho iniziato le ricerche a maggio dell’anno scorso, mentre a luglio ho cominciato a fare qualche domanda alla gente del posto. Non avevo ancora prove concrete, ma è stato chiaro sin da subito che nel meccanismo di veicolazione di denaro pubblico ci fosse qualcosa di anomalo, di perverso, che finiva per sovvertire la Costituzione senza passare attraverso i metodi previsti per modificarla». Dopo aver rinunciato dopo molti tentativi ad intervistare Bertolaso («eppure ogni volta, dopo avermi anche invitato a fare un tour nelle zone italiane con situazione d’emergenza, mi prometteva che l’intervista l’avremmo fatta»), Sabina Guzzanti non trova affatto strano che sia ancora al suo posto, anche all’indomani delle varie inchieste a suo carico: «Bertolaso è stato assurto a simbolo di questo governo, se si dovesse dimettere ammettendo qualche colpa il danno d’immagine sarebbe troppo grande per l’esecutivo»
La sala Bunuel, al quinto piano del Palais du festival, è stata riempita in tutti i 400 posti: la fila per entrare era cominciata mezz’ora prima, come sempre succede in realtà per i film attesi. La proiezione, cominciata per motivi tecnici con 15 minuti di ritardo, è stata seguita da una platea sempre attenta. All’inizio i 400 erano silenziosi per l’avvio forte del film: il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente che cammina di notte nella zona rossa del centro storico tra le macerie intatte, le luci ancora accese e le poche impalcature tirate su, raccontando come oggi dopo un anno dal terremoto del 6 aprile il luogo sia una città fantasma. La platea poi non ha rinunciato, nonostante il tema tragico, a sorridere delle battute grossolane del premier-intrattenitore (in visita alla famosa new town si vede circondato da uomini e dice ’ma che siete tutti froci qui? La prossima volta porto io le velinè), a salutare con sarcasmo le interviste di Sabina Guzzanti a cittadini che si sentono prigionieri (’mi devono proteggere, ma da che? A casa mia neanche chiudevo la porta a chiave. I ladri? E che mi devono rubare quì, dice uno nella tendopoli). Perfino a ridacchiare, mentre scorrevano le traduzioni in inglese e francese, delle trovate divertenti della Guzzanti che, aiutata dall’animazione, sostiene che l’evento del terremoto è come se Dio avesse teso ancora una volta la mano a Silvio Berlusconi, uno che solo per consulenti e giudici (dimenticando i legali) ha dichiarato di aver speso per difendersi 200 milioni di euro.
Un minuto di applausi alla fine e la curiosa circostanza per cui i giornalisti italiani chiedevano agli stranieri cosa ne pensassero e la stampa straniera che chiedeva agli italiani come è possibile che tutto questo accada. «Non è un film alla Michael Moore - sottolineava un giornalista - c’è meno sarcasmo e più dramma». Soprattutto i francesi sono sembrati i più colpiti: «siamo paesi vicini, quello che accade oggi da voi può succederci da un momento all’altro». La Wild Bunch ha le vendite internazionali, troppo presto oggi per sapere se il film, al di là delle grandi polemiche di questi giorni, ha trovato distribuzione all’estero. La Francia pare sicura.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cannes/201005articoli/54954girata.asp#