la stampa.it
3/12/2009
L'Agenzia conferma la delibera. Sacconi: 'incompatibile'. Roccella: 'come Ponzio Pilato'
FLAVIA AMABILE
?L’Aifa non fa alcuna marcia indietro sulla Ru486. Nonostante la richiesta esplicita del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, la delibera che autorizza la distribuzione della pillola abortiva non cambierà. Il consiglio d’amministrazione dell’Agenzia del Farmaco lo ha deciso ieri pomeriggio dopo oltre due ore di riunione e tre mesi di tensione. Ed è subito scontro con il governo. ??Per L’Agenzia infatti la delibera è «pienamente coerente con l’esigenza di garantire che il percorso abortivo avvenga in ambito ospedaliero come raccomandato dal signor Ministro». ??Ma proprio dal ministro Sacconi arriva il primo commento ed è una chiara minaccia. «Se non si riscontrerà la effettiva, diffusa, pratica del ricovero ospedaliero ordinario per le persone sottoposte ad aborto farmacologico, si evidenzierà una manifesta incompatibilità con la legge 194, di cui dovrebbero prendere atto Parlamento e Commissione europea per le decisioni conseguenti». Ancora più dura Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare: «Ponzio Pilato in confronto all’Aifa era un decisionista», ma il governo garantirà comunque «l’applicazione della legge 194». ??Sergio Pecorelli, presidente dell’Aifa, precisa che non esiste alcuno scontro con il governo. «Abbiamo fatto il nostro dovere nel pieno rispetto delle leggi. Dobbiamo garantire la sicurezza del farmaco ed è quello che facciamo tenendo ben presente il quadro normativo. Il resto spetta alla politica. Mi stupisce però tutto quello che sta avvenendo perché da tre anni la pillola viene importata dall’estero per le sperimentazioni e questo avviene con l’autorizzazione ministeriale». ??Nella nota ufficiale, inoltre, l’Aifa difende la sua scelta, chiarendo che la delibera prevedeva già il ricovero ospedaliero «dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento» e questo in sintonia «con quanto richiamato dal Ministro sulla necessità che l’evento abortivo avvenga in ambito ospedaliero, in strutture sanitarie abilitate, con medici del servizio ostetrico ginecologico, nonchè sotto la sorveglianza del personale sanitario». ??Ora spetta al governo la prossima mossa, in quella che sembra ormai una partita infinita: «Il Consiglio di Amministrazione - scrive l’Aifa - rimette al Ministro ed alle autorità competenti l’emanazione dei provvedimenti applicativi o specificativi della menzionata Delibera atti a garantire il pieno rispetto della legge 194/78, nonchè l’osservanza sul territorio delle modalità sopra descritte di somministrazione del farmaco». ??In realtà anche all’interno dell’Aifa esiste una divisione. Romano Colozzi, assessore alle Finanze della regione Lombardia e membro del Cda dell’Aifa, ha votato contro anche ieri come a luglio scorso al momento dell’aèpprovazione della delibera. E ora prevede che la RU486 in Italia «sarà fonte di contenziosi notevoli sia rispetto alle competenze di Stato e Regioni sia sulle responsabilità dei medici, se non ci saranno chiarimenti rapidi a livello legislativo». ??Dal Vaticano si leva la condanna del cardinale Lozano Barragan, ex-presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale sanitaria: chi abortisce con la pillola, così come chi lo fa per via chirurgica, «è di fatto un criminale». Mentre monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita chiede controlli al governo perché «la politica deve essere in grado di verificare la coerenza tra la pillola Ru486 e la legge 194». ??Parole più aggressive usano i politici cattolici. Maurizio Gasparri del Pdl prova a sintetizzare il senso della posizione del governo: «Chi violerà la legge 194 andrà diritto in tribunale». Mentre Luca Volontè dell’Udc va oltre e chiede il commissariamento dell’Aifa.
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3/12/2009
L'ex presidente del Pontificio consiglio per la pastorale degli operatori sanitari, tuttora membro di varie congregazioni pontificie, ha citato in proposito un passaggio della Lettera di San Paolo ai Romani, capitolo primo, versetti 26 e 27, dove si parla di persone «impure» abbandonate a «passioni infami», martirio di coloro che hanno «disprezzato la conoscenza di Dio».Gli omosessuali e i trans «non entreranno nel Regno dei cieli», afferma il card. Javier Lozano Barragan, ex «ministro della salute» vaticano ai tempi del caso Eluana Englaro, precisando però che «non sta a noi condannare» e che «sono comunque persone e in quanto tali da rispettare».
GIACOMO GALEAZZI
Gli omosessuali e i trans «non entreranno nel Regno dei cieli», afferma il card. Javier Lozano Barragan, ex «ministro della salute» vaticano ai tempi del caso Eluana Englaro, precisando però che «non sta a noi condannare» e che «sono comunque persone e in quanto tali da rispettare». «Trans e omosessuali - ha detto il porporato in una intervista al sito Pontifex- non entreranno mai nel Regno dei cieli, e non lo dico io, ma san Paolo». Secondo il card.Barragan, «non si nasce omosessuali, ma lo si diventa. Per varie cause, per motivi di educazione, per non aver sviluppato la propria identità nell'adolescenza, magari non sono colpevoli, ma agendo contro la dignità del corpo, certamente non entreranno nel Regno dei Cieli», perchè «tutto quello che consiste nell'andare contro natura e contro la dignità del corpo offende Dio». L'ex presidente del Pontificio consiglio per la pastorale degli operatori sanitari, ora in pensione ma tuttora membro di varie congregazioni pontificie, ha citato in proposito un passaggio della Lettera di San Paolo ai Romani, capitolo primo, versetti 26 e 27, dove si parla di persone «impure» abbandonate a «passioni infami», martirio di coloro che hanno «disprezzato la conoscenza di Dio». «L'omossessualità è dunque un peccato - ha precisato il cardinale messicano - ma questo non giustifica alcuna forma di discriminazione. Il giudizio spetta solo a Dio, noi sulla Terra non possiamo condannare, e come persone abbiamo tutti gli stessi diritti».L'uso della pillola abortiva Ru486, come ogni aborto, «è un crimine, un delitto e merita una punizione»: sostien Barragan Autorizzarne la diffusione, secondo il porporato, è peggio che liberalizzare la vendita di armi. «Chi compra una rivoltella in un negozio è potenzialmente pericoloso, di fatto ha la possibilità di trasformarsi in omicida se la usa male e contro la legge. Ma diventa un criminale solo se agisce male. Chi abortisce, invece, lo diventa di fatto, in quanto ammazza. Pertanto la condotta di chi compie e pratica un aborto è sicuramente più grave di chi compra un revolver nell'armeria». E, a suo giudizio, non cambierebbe molto limitare l'utilizzo della Ru486 nelle strutture ospedaliere. «Non mi interesso di questioni nazionali, ma credo che la sorveglianza medica non cambi affatto la sostanza: si tratta sempre e comunque di un mezzo abortivo e come tale, rappresenta una violazione gravissima della vita». Immediate e durissime le reazioni delle associazioni gay.«La gerarchia vaticana torna a colpire la dignità delle persone lgbt con le parole del cardinale Lozano Barragan e dell'arcivescovo di Bologna Caffarra», protesta Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay, sottolineando che ciò avviene «mentre in tutta Italia imperversano violenze contro le persone omosessuali e campagne mediatiche contro la dignità delle persone transessuali». «Il presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, Pastorale per la salute, insiste poi nell'affermare che non si nasce omosessuali, che la causa del proprio orientamento sessuale la si deve cercare nell'educazione, in un mancato sviluppo dell'adolescenza. Si può anche esser incolpevoli, ma siccome gay e trans agiscono contro la dignità del corpo, certamente non andranno in paradiso, perchè andare contro natura offende Dio. Che sollievo cardinale! Fino a ieri - ha aggiunto Mancuso - pensavamo di dovervi ritrovare, una volta passati a miglior vita, nell'aldilà, ancora con i vostri proclami accusatori e le vostre ridicole teorie sulla sessualità e la dignità delle persone. Si è vero, le donne, gli e le omosessuali, le/gli trans consapevoli e liberi non entreranno mai nel vostro Regno dei Cieli, che è un luogo oscuro e ingiusto, cui può accedere solamente chi condivide le vostre farneticazioni e volontà di dominio sui corpi e le idee di milioni di persone libere e determinate a sconfiggere tutti i pregiudizi di cui siete millenari portatori». «Non importa se siamo credenti o atei, quello che conta è che tutte e tutti insieme siamo determinati a difendere la nostra dignità e i nostri diritti. È evidente che la gerarchia cattolica, dopo un lungo e interessato silenzio sulla questione omosessuale e transessuale torna all'attacco; infatti, la dichiarazione di Barragan segue di un giorno quella di Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, che invita a non trattare i gay come tutti gli altri rispetto ai diritti riconosciuti alle coppie eterosessuali. Siamo alle solite, il Vaticano ha bisogno in questo momento di alzare la voce e come sempre i primi con cui prendersela sono i gay, le lesbiche, gli/le trans, le donne», conclude Mancuso. Il Catechismo della Chiesa Cattolica condanna le relazioni omosessuali «come gravi depravazioni», ricordando che la Chiesa ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale», ma si guarda bene dal maledire omosessuali e trans ai quali non chiude affatto le porte del Paradiso. «Un numero non trascurabile di uomini e di donne - si legge nel testo approvato da Giovanni Paolo II e redatto da una commissione presideuta dall'allora cardinale Joseph Ratzinger - presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo - raccomanda - si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione». «Tali persone - ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica - sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sè, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana». La condanna dei comportamenti omosessuali, per la Chiesa Cattolica, non coincide poi necessariamente con il fatto che il singolo che compie tale atto sia peccatore. Nel 1975, la Congregazione della Dottrina della Fede pubblicò una Dichiarazione che sottolineava «il dovere di cercare di comprendere la condizione omosessuale, e si osservava come la colpevolezza degli atti omosessuali dovesse essere giudicata con prudenza». Nello stesso tempo la Congregazione teneva conto della «distinzione comunemente operata fra condizione e tendenza omosessuale e atti omosessuali». Nel 1986, davanti a interpretazioni «eccessivamente benevole» il dicastero presideuto da Joseph Ratzinger chiarì in un nuovo testo che «l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata», ma ugualmente ammise che «in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla». «Dev'essere comunque evitata - afferma la Congregazione - la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev'essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità». Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale, che cerca di seguire il Signore? «Sostanzialmente - risponde il documento - queste persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, unendo ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della croce del Signore». In sostanza, per la Chiesa, «le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Se si dedicano con assiduità a comprendere la natura della chiamata personale di Dio nei loro confronti, esse saranno in grado di celebrare più fedelmente il sacramento della Penitenza, e di ricevere a grazia del Signore, in esso cosi generosamente offerta, per potersi convertire più pienamente alla sua sequela».
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=242&ID_articolo=1301&ID_sezione=524&sezione=
la stampa 26/11/2009
LA PILLOLA ABORTIVA
Lo stop in attesa della conferma
di compatibilità tra la distribuzione
della pillola abortiva e la legge 194
ROMA
La commissione Sanità di palazzo Madama ha approvato, a maggioranza, il documento finale dell'indagine conoscitiva sulla pillola abortiva RU486 presentato dal presidente e relatore Antonio Tomassini. Nel testo si chiede di fermare la procedura di immissione in commercio della pillola abortiva in attesa di un parere tecnico del ministero della Salute circa la compatibilità tra la legge 194 e la RU486.
Pd contrario. Quelle della maggioranza e del Governo «ancora una volta sono chiacchere, ci dicano una volta per tutte cosa vogliono fare». Così il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, commenta l’approvazione a maggioranza in commissione Sanità, con il voto contrario del partito Democratico, della relazione del relatore Antonio Tomassini nella quale si chiede uno stop precauzionale all’immissione in commercio della pillola abortiva RU486. «Ho l’impressione che il ministro Sacconi avrebbe potuto sollevare un arbitraggio sulla scorta delle valutazioni dell’Agenzia europea del farmaco (Emea), invece non l’ha fatto - aggiunge Finocchiaro - credo che in questa vicenda, per ragioni di natura politica ma senza avere il coraggio di dire che non vogliono la commercializzazione della pillola, il Governo sta facendo una serie di chiacchere. Credo che sia giunto il momento - conclude - di dirci che cosa vogliono realmente».
«Un autentico colpo di mano. È assolutamente indecente quanto deliberato questa mattina dalla commissione Igiene e Sanità del Senato che ha chiesto al Governo di bloccare la messa in vendita della pillola Ru486». Lo ha detto il Presidente del Gruppo Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario.«Si tratta di una scelta oscurantista che fa fare salti indietro rispetto ai Paesi più evoluti, nei quali viene già somministrata da anni senza battaglie puramente ideologiche e che nasconde altri sconci baratti. Per il centrodestra la scienza si è fermata a 100 anni fa. La maggioranza vorrebbe impedire la libera determinazione delle donne, così come avviene nei Paesi veramente democratici. L’Italia dei Valori - conclude Belisario - continuerà a battersi per evitare questa vergogna tutta italiana».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200911articoli/49768girata.asp
la stampa
26/11/2009
La giornata della violenza contro le donne nelle parole di politici e istituzioni
FLAVIA AMABILE
?Ne ha parlato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come di «un fenomeno purtroppo ancora drammaticamente attuale, individuando gli strumenti idonei a combatterlo in quanto coinvolge tutti i paesi e rappresenta una vera emergenza su scala mondiale». Oltre a Napolitano a ricordare la violenza contro le donne sono stati anche il presidente della Camera Gianfranco Fini e quello del Senato Renato Schifani. ??Meno interessato il governo. Non una parola da Berlusconi per non parlare di Brunetta, Tremonti o Bossi. Tra le donne di governo ricorda la giornata il ministro Gelmini e - per competenza - il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna. «Denunciate le violenze che subite, per voi, ma anche per i vostri figli, vittime indifese degli abusi tra le mura domestiche». ??E le donne iniziano a denunciare. La media è di 17 denunce al giorno, e 723 persone sono state arrestate da quando è stato istituito il reato di stalking a febbraio. Secondo l’Istat in Italia una donna su tre, fra i 16 e i 70 anni, è stata almeno una volta vittima di violenza o maltrattamenti. E sono ben 6,7 milioni le donne che nel corso della loro vita hanno subìto una violenza fisica o sessuale, 3 milioni sono state vittime di aggressioni da parte del partner o ex partner. Otto donne su 10 tra quelle che hanno subito abusi sono state aggredite entro le mura di casa. Un milione sono le donne stuprate. ??Un bollettino di guerra, ancora molto lontano dalle cifre reali. Solo 4 donne su 100 denunciano di aver subito violenza, mentre la grande maggioranza tace per paura, per vergogna, per pudore anche con il proprio medico. Lo ha ricordato la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo) chiedendo l’aiuto dei propri associati. «Nel nostroPaese solo il 3,7% delle vittime ha il coraggio di denunciare i maltrattamenti a operatori sanitari o alla polizia. La nostra categoria deve mobilitarsi per aiutare queste persone». ??Secondo i dati che provengono da da 2.186 consultori e oltre 553 «spazi giovani» attivi nel nostro paese, i medici tendono a sottovalutare il problema. Il 60% dice infatti di non aver mai incontrato vittime, come il 45% degli specialisti e il 37% di quelli del pronto soccorso. Il 58% crede vi siano problemi psicologici della donna alla base dei comportamenti violenti dei rispettivi partner, il 68% è favorevole alla prescrizione di psicofarmaci.
lastampa.it
24/11/2009
I traumi infantili influiscono sull'invecchiamento cellulare. Lo studio
Oltre il danno, la beffa. Se già per un bambino subire maltrattamenti o essere vittima di traumi e abusi è un fatto deleterio che può minare seriamente la salute psicologica e mentale, oggi si viene a sapere che tutto ciò può anche intaccare la salute fisica con il passare degli anni ed esporre la persona al rischio di cancro, malattie cardiache e invecchiamento precoce.
A sostenerlo è uno studio condotto dai ricercatori della Brown University di Providence (Rhode Island) secondo cui le vittime di abusi mostrano un'accelerazione dei processi d'invecchiamento delle cellule. In particolare si è scoperto che le regioni terminali dei cromosomi – dette telomeri – che si accorciano naturalmente con il passare degli anni riducendo la protezione dei cromosomi, in queste persone si accorciano più velocemente, provocando una maggiore e anticipata morte cellulare.
Lo studio, condotto dalla dr.ssa Audrey Tyrka, è il primo a evidenziare un collegamento tra i maltrattamenti in età infantile con il repentino accorciamento dei telomeri. Per lo studio è stato analizzato il Dna estratto da campioni di sangue di 31 volontari di età compresa tra i 18, 31 e 64 anni. 22 erano donne e 9 gli uomini.
Dalle analisi si è scoperto che il più rapido accorciamento dei telomeri si verificava nelle persone che da bambini avevano subito dei gravi maltrattamenti, abusi o traumi.
Lo studio ha escluso una maggiore incidenza di fattori come il fumo, il grasso corporeo o altri fattori demografici, ma ha messo in evidenza come la trascuratezza fisica ed emozionali siano significativamente legate alla lunghezza dei telomeri, sottolinea la dr.ssa Tyrka.
«Questo suggerisce come le prime esperienze durante lo sviluppo possano avere profondi effetti sulla biologia che può influenzare i meccanismi cellulari di base» ha poi aggiunto la ricercatrice che ricorda come siano tuttavia necessari ulteriori studi per confermarne il collegamento e comprendere i percorsi causali.
(lm&sdp)
Source: i risultati dello studio sono stati pubblicati sulla versione online della rivista "Biological Psychiatry".