la stampa.it
13/10/2009
La teodem vota con la maggioranza
per affossare la legge sull'omofobia.
Franceschini: scelta non tollerabile.
Sfogo di Marino: andrebbe cacciata.
E il gruppo prepara un nuovo testo
ROMA
Paola Concia esce dall’aula come una furia. «I froci sono quelli da buttare al macero in 30 secondi», grida la deputata del Pd in mezzo al Transatlantico. Poco distante c’è Paola Binetti che ha appena votato (unica nel gruppo democratico) a favore della pregiudiziale di costituzionalità che ha di fatto ’uccisò il testo della collega.
Pomeriggio agitato per il Pd alla Camera con il voto sulla legge contro l’omofobia che fa saltare i nervi alla Concia e apre un nuovo caso sulla Binetti, rea di aver votato in dissenso dal gruppo. «È un signor problema. Una scelta intollerabile», scandisce il segretario Dario Franceschini sul voto della deputata teodem, che è già stata tra i 6 che hanno ricevuto la lettera di richiamo dal capogruppo Antonello Soro per aver disertato il voto finale sullo scudo fiscale. «Valuteremo -fanno sapere dalla presidenza del gruppo- del resto, ha parlato il segretario ed è stato piuttosto chiaro».
Ignazio Marino, da parte sua, incalza proprio Franceschini perchè prenda in mano la situazione: «È inutile che ci dica che la bocciatura della legge Concia è una vergogna. Sono parole, parole, parole. Nei fatti Franceschini è bloccato da Paola Binetti e dalle correnti che questa presenza rappresenta nella sua mozione. Che partito e che opposizione può promettere chi permette a Paola Binetti di continuare a sedere nei banchi del Pd, votando con la destra?». Anche le tensioni congressuali, dunque, si intrecciano nella vicenda ma, di fronte a tanto clamore, Binetti non si scompone: «Capisco che il mio voto diverso è problematico, ma io non leggo il problema dell’omofobia in chiave di appartenenza partitica, ma come rappresentazione di un valore e di un modello di società. Anche due anni fa in Senato ho sostenuto le stesse tesi». E a chi le chiede se ha intenzione di lasciare il gruppo del Pd, Binetti risponde che valuterà il da farsi dopo le primarie.
Per quanto riguarda, poi, nel merito il provvedimento contro l’omofobia, la presidenza del gruppo, con Marina Sereni, si è già impegnata per presentare al più presto un nuovo testo. In serata Franceschini è tornato sul caso Binetti e al ’signor problemà di cui aveva parlato nel pomeriggio, aggiunge parole più dure: «La scelta della Binetti in aula è intollerabile. Contro l’omofobia c’è una sola linea del Pd e la liberta di coscienza non c’entra nulla». Poi Franceschini coglie anche l’occasione per rispondere a Ignazio Marino che lo aveva attaccato in quanto incapace di allontanare Binetti perchè bloccato da logiche di corrente. «Ignazio, vedo che usi sempre la Binetti contro di me. Cerca di essere onesto: sai bene che non c’entra nulla con la mia mozione e le mie liste», ribatte Franceschini. Oggi pomeriggio, poi, c’è stata l’assemblea del gruppo Pd, convocata per discutere della situazione politica tra la bocciatura del lodo Alfano e le riforme. Ma la questione del giorno si è imposta nella riunione.
Gian Claudio Bressa si è prodigato a spiegare come sono andati i fatti in aula, come si è arrivati alla bocciatura del testo sull’omofobia e quindi a rassicurare Paola Concia che, sulla trasparenza dei colleghi, aveva gettato qualche ombra. Lasciando l’aula, Concia aveva detto infatti ai cronisti: «Il mio gruppo ha votato incautamente. Era meglio il rinvio in commissione. Io sto qui da un anno e l’ho capito prima di loro come funzionano le cose. Ma lo sapevano, la verità è che se ne volevano liberare tutti di questa legge. Erano tutti in cattiva fede, lo sapevano tutti che finiva così. Questa era una legge nostra, in altre occasioni per le nostre leggi abbiamo fatto cose inenarrabili, abbiamo fatto opposizione, ostruzione. Questa legge, invece, la buttiamo via così. Hanno fatto morire la legge perchè tanto i froci sono quelli da buttare al macero in 30 secondi». Bressa e Sereni hanno spiegato che le cose non sono andate così e che la responsabilità della bocciatura del testo è tutta della maggioranza. «Il problema non è la costituzionalità del provvedimento, ma la volontà politica di affossarlo. Chi ha tradito l’accordo è stato Cicchitto: se si voleva migliorare davvero il testo nello spirito del Trattato di Lisbona, bisognava accogliere la nostra proposta di tornare subito in commissione e a novembre in aula. Questo non si è voluto fare».
La rassicurazione dei colleghi del Pd hanno calmato Concia fino a un certo punto. Durante la riunione del gruppo Pd è infatti intervenuta con parole accalorate, tanto che anche Pier Luigi Bersani è andato a rassicurarla: «Non ti preoccupare che gli torniamo sotto» consigliandole poi di non gettare dubbi sulla lealtà del gruppo Pd perchè «non vorrei che passasse in seconda linea il fatto di fondo» ovvero «che altri hanno fermato la legge. La maggioranza ha votato contro». Sereni ha garantito l’impegno del Pd sulla materia: «Presenteremo nei prossimi giorni un nuovo testo, più avanzato e armonizzato con il trattato di Lisbona. Non rinunceremo ad una battaglia di civiltà per difendere la sicurezza e la dignità di ogni persona». Quindi, al termine della riunione del gruppo Pd, è stato approvato all’unanimità un documento in cui si dice che «la maggioranza, in modo del tutto strumentale, invocando argomenti pretestuosi, ha voluto affossare la proposta di legge contro l’omofobia del nostro gruppo». Dando atto a Concia per «l’eccellente lavoro», il gruppo Pd si impegna a ripresentare «nei prossimi giorni un nuovo testo».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200910articoli/48253girata.asp
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13/10/2009
Il ministero preenterà oggi un emendamento per salvare una parte dei precari ed evitare il commissariamento
FLAVIA AMABILE
Forse Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione, riuscirà ad evitare il commissario ad acta già nominato dal Tar del Lazio. Dopo la sentenza dei giudici amministrativi diffusa sabato scorso - che impone al ministero di inserire i precari della scuola che hanno scelto tre nuove province con il sistema 'a pettine' anzichè, come previsto dal nuovo regolamento, in coda - il ministero ribadisce che nulla cambierà: "La sentenza del Tar sarà superata da un emendamento al Decreto che sarà proposto in sede di conversione del DM salva-precari". L'emendamento dovrebbe essere proposto oggi in commissione Cultura.
Questo emendamento, spiega il ministero "non consentirà il trasferimento da una graduatoria all'altra, garantendo e limitando però la possibilità di inserimento in coda in altre 3 province, in posizione subordinata rispetto a coloro che sono già inseriti in queste ultime". "In questo modo, mentre vengono quindi garantite le legittime aspettative di coloro che hanno da tempo scelto una provincia e non devono essere scavalcati dai nuovi inseriti o dai trasferiti dell'ultima ora, con l'inserimento in coda in altre 3 province, vengono ampliate - sostiene il ministero - le possibilità di ottenere assunzioni a tempo indeterminato o determinato, soprattutto in quelle province in cui le graduatorie risultano meno affollate. Non è giusto - conclude la nota - deludere l'aspettativa legittima di chi ha scelto una graduatoria provinciale per la sua iscrizione e si vede scavalcato da un trasferimento dell'ultimo momento di un candidato di un' altra provincia".
L’Anief, l’associazione di categoria degli insegnanti che aveva proposto i ricorsi accolti da Tar, usa parole dure per commentare il comportamento del Ministero della Pubblica Istruzione. «L’emendamento annunciato dal Ministro Gelmini assume sempre più i contorni di una legge ad personam et contra ius (cioè a favore di una persona e contro la legge, ndr.) che sfugge al criterio della generalità della norma e pone un conflitto tra poteri dello Stato» scrive l’associazione in una nota, che così prosegue: «Se si studia la giurisprudenza in materia (sentenze n. 282/05, 266/06, 267/07 della Corte Costituzionale) neanche una legge di interpretazione autentica può annullare una sentenza della magistratura, pena la violazione degli articoli 24, 103, 111, 113 della Costituzione».
La Flc-Cgil sottolinea come «ancora una volta la politica contraddittoria e senza riferimenti giuridici certi del ministro Gelmini, viene messa sotto scacco dalla giustizia amministrativa, e, riteniamo, lo sarà ancora nel prossimo futuro. Intanto si determina una nuova situazione di tensione e di incertezza nella scuola, che si aggiunge alle inefficienze e alle insolvenze del governo e del Miur». Secondo il sindacato, la ministra «non solo dimostra di conoscere poco o per niente le cose di cui parla (vedi ad esempio la questione delle pulizie da parte dei collaboratori scolastici), ma quelle che fa, ed anche quelle che non fa, risultano deleterie per la scuola pubblica statale».