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ABUSI, I VESCOVI TEDESCHI RAFFORZANO LA PREVENZIONE

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avvenire.it
24 09 2010


 SCANDALO PEDOFILIA

La Chiesa cattolica in Germania si dota di nuove regole per prevenire gli abusi sessuali sui minori. Un documento che fissa i punti principali di questo impegno è stato presentato ieri a Fulda, dove si tiene in questi giorni l’assemblea autunnale della Conferenza episcopale. In esso si afferma che le misure, volte a prevenire il ripetersi di quei casi che hanno sconcertato la comunità tedesca, «saranno vincolanti per tutti coloro che sono responsabili del bene e della protezione dei bambini e della gioventù» e che questo sforzo deve essere considerato parte integrante dell’attività pastorale. Ogni diocesi dovrà nominare un responsabile per monitorare la situazione e coordinare il lavoro di prevenzione, mentre diventerà più articolata la selezione del personale a contatto con l’infanzia, con servizi di consulenza e una formazione ad hoc. La Conferenza episcopale ha poi presentato un portale internet – www.praevention-kirche.de – per documentare tutte le iniziative che la Chiesa ha già preso e prenderà in materia, e un’edizione speciale di Elternbriefe, ossia un sussidio pedagogico per i genitori consultabile online o che sarà possibile farsi spedire gratuitamente a casa.

Altro tema affrontato nei lavori di Fulda è stato il risarcimento delle vittime e la settimana prossima verrà fatta conoscere una proposta in merito. «Siamo a favore di una soluzione coordinata attraverso la tavola rotonda con il governo», ha dichiarato l’arcivescovo di Friburgo e presidente della Conferenza episcopale Robert Zollitsch. Il 30 settembre si riunirà infatti il gruppo di lavoro voluto dalla cancelliera Angela Merkel per affrontare la questione degli abusi sui minori, al quale partecipano rappresentanti ecclesiali e politici. «Siamo pronti ad impegnarci anche dal punto di vista economico» ha sottolineato Zollitsch, «le vittime però non hanno solo bisogno di denaro, ma anche di aiuto spirituale e di veder riconosciute le loro sofferenze». Aggiungendo che «il numero di quanti vogliono risarcimenti finanziari è limitato. Ci rifiutiamo di vedere questa vicenda ridotta alla sua semplice componente finanziaria».

Sempre ieri, nella vicina Austria, la commissione indipendente per la protezione delle vittime di pedofilia istituita dalla Chiesa, guidata da Waltraud Klasnic, ha annunciato di aver raggiunto un accordo per i primi risarcimenti a dieci vittime di abusi sessuali. Risarcimenti divisi in tre categorie, da 5, 15 e 25 mila euro, in aggiunta al costo della terapia psicologica.

Nelle ultime settimane, ha spiegato la Klasnic, ci sarebbe stato un aumento dei casi riportati alla commissione, che ha registrato finora le dichiarazioni di 500 vittime o presunte tali. I casi per cui è stato deciso il risarcimento sono tutte vicende già cadute in prescrizione per lo Stato, ma la Chiesa ha comunque voluto offrire un indennizzo di tipo economico.
Andrea Galli


http://www.avvenire.it/Chiesa/Abusi+i+vescovi+tedeschi+rafforzano+la+prevenzione_201009240724483570000.htm

CINA, IN 10MILA SOTTOPOSTI A STERLIZZAZIONE

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avvenire.it
23 04 2010

La telefonata è arrivata nel cuore della notte mentre Zang Lizhao era fuori per lavoro. L’uomo si è precipitato a casa: sua moglie era stata portata in una clinica «per essere sterilizzata». «Ho supplicato – ha raccontato – i medici di attendere. Mi hanno risposto che non avrebbero aspettato un solo giorno». Zang, nonostante ciò che è accaduto, si ritiene fortunato: ha due figli, di 4 e 6 anni. Come altre 10mila persone è caduto nelle maglie rigidissime della pianificazione familiare cinese. Contea di Puning, provincia di Guangdong: una squadra di dottori – secondo quanto ha raccontato il Times – sta passando al setaccio la regione per raggiungere l’obiettivo fissato dal governo, sterilizzare – con la forza se necessario – quasi 10mila tra uomini e donne. La loro colpa? Aver violato le politiche di controllo delle nascite, la legge in vigore dal 1979 per frenare la temuta crescita demografica.

Le autorità locali sono pronte a ricorre ad ogni mezzo. Compreso quello di imprigionare i parenti, persino i genitori, di chi si sottrae alla campagna di sterilizzazione, partita lo scorso 7 aprile e destinata a protrarsi per almeno 20 giorni. Non solo: secondo il The Southern Contryside Daily, circa 100 persone, per lo più anziani, sono stati rinchiusi in un centro di pianificazione familiare. Un funzionario addetto alla pianificazione ha detto al Times global che «non è raro per le autorità adottare tattiche così dure». Alle coppie con figli “illegali” e ai loro parenti vengono rifiutati i permessi di costruire. I bambini “illegali” sono esclusi dalla registrazione di residenza, misura che nega loro l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione.

Le sterilizzazioni forzate sono solo un tassello di una politica che ruota attorno alla diktat del figlio unico. La dove essa non vengono praticate, si ricorre all’aborto. Cifre spaventose: secondo i dati ufficiali forniti dagli ospedali cinesi, sarebbero 13 milioni gli aborti effettuati ogni anno. Alle statistiche ufficiali peraltro sfuggono le interruzione di gravidanza clandestine, praticate soprattutto nelle campagne.
Pechino ha conteggiato qualcosa come 400 milioni di nascite impedite dal 1979, l’anno dell’entrata in vigore della legge. Una gigantesca macchina burocratica vigila sulla sua applicazione. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare impiega 520mila dipendenti a tempo pieno e oltre 82 milioni a tempo parziale. Le autorità arrivano a decidere, sulla base di dati burocratici, quanti bambini possono nascere ogni anno in ogni zona.

Una politica che ha prodotto uno sconvolgimento epocale della struttura sociale cinese, annichilendo la famiglia tradizionale, estesa, per sostituirla con una “cellulare”. Altrettanto dirompenti le conseguenze sociali. Per le Nazioni Unite nel 2050 il 30 per cento della popolazione cinese avrà 60 anni e gli “over 80” saranno circa 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni diminuirà del 10 per cento. La Cina non ha un vero sistema di welfare: all’immensa quantità di anziani dovranno provvedere famiglie con un solo figlio.

A questo si aggiunge la sperequazione esistente tra maschi e femmine, quest’ultime più spesso vittime degli aborti selettivi: secondo <+corsivo>AsiaNews<+tondo> in Cina nascono circa 119 maschi per 100 femmine. Persino l’esercito non è immune da questo terremoto sociale. Nel 1998 Pechino ha ridotto a due anni la leva obbligatoria, proprio per limitare le pressioni su nuclei familiari sempre più fragili. Problema non da poco per la macchina bellica cinese: molti militari lasciano l’esercito per cercare impieghi più redditizi e mantenere così gli anziani genitori.

http://www.avvenire.it/Mondo/Cina+in+10mila+sottoposti+a+sterilizzazione_201004230647013400000.htm

ABORTO, ECATOMBE IN EUROPA

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3 marzo

BATTAGLIA PER LA VITA

 


Con 2.863.649 aborti praticati e censiti ogni anno in Europa, di cui 1.207.646 nella sola Ue, nel Vecchio Continente l’aborto sta diventando la principale causa di morte. Più del cancro, più dell’infarto, e in 12 giorni viene soppresso un numero di embrioni pari a quello dei morti in incidenti stradali lungo l’intero anno. A sottolineare il peso che il fenomeno ha sulle società europee potrebbero bastare le nude cifre, che sono in aumento in numerosi Paesi, la Spagna in prima fila.

Ma dalle cifre dello studio «L’aborto in Europa e in Spagna» presentato ieri a Bruxelles dallo spagnolo Istituto di politica familiare (Ipf) si ricavano indicazioni che impressionano su vari piani: sulle tendenze in atto, sul loro impatto anche demografico per cui il numero degli aborti coincide con il deficit demografico dell’Ue, su quel che esse segnalano in termini di evoluzione complessiva nelle nostre società nei confronti di valori fondamentali.

E sulla cadenza incalzante degli aborti praticati nel nostro continente: uno ogni 11 secondi, 327 ogni ora, 7486 al giorno. Il tema del rispetto dei valori nella società europea è stato al centro della conferenza stampa in cui, nella sede dell’Europarlamento, è stato illustrato lo studio dell’istituto spagnolo. Aprendo la riunione Jaime Mayor Oreja, capo della delegazione spagnola nel gruppo parlamentare del Ppe, ha osservato che «la manifestazione più crudele della crisi dei valori è il diritto all’aborto».

Con questa espressione non aveva bisogno di chiarire quanto allarme abbia destato tra i Popolari il voto con cui il 10 febbraio scorso l’Europarlamento ha approvato su proposta di un socialista belga una risoluzione sulla parità di diritti tra uomini e donne in cui si legge che alle donne dovrebbe essere garantito «il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto», e che esse «devono godere di un accesso gratuito alla consultazione in tema di aborto», nel quadro di un generale impegno dei governi a «migliorare l’accesso delle donne ai servizi della salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili».

Il vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro ha approfondito il tema dei valori citando Benedetto XVI sui pericoli del fondamentalismo e del relativismo: e annoverando tra le sue conseguenze la diminuzione del numero dei matrimoni e delle nascite. «Le cifre del relativismo – ha detto – sono le cifre della decadenza del nostro continente, del fallimento dei governi europei» che tra l’altro continuano a dedicare alla politica della famiglia solo una piccola parte delle spese sociali che nell’Ue assorbono un 28% del prodotto interno lordo.

«Il legame tra aiuti prestati alle famiglie e numero delle nascite è chiarissimo», ha insistito Mauro condannando le tendenze che puntano a «un nuovo concetto di famiglia, che non è famiglia», e a fare dello Stato di diritto una sorta di «supermercato dei diritti». Il presidente dell’Ipf, Eduardo Hertfelder si è poi soffermato sulle preoccupazioni che si acuiscono per la tendenza sugli aborti nel suo Paese, la Spagna.
Franco Serra

http://www.avvenire.it/Mondo/Aborto+ecatombe+in+Europa_201003030736315670000.htm

LA BINETTI LASCIA IL PD:"CEDE AI RADICALI"

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avvenire.it
16 2 2010


Il cedimento ad una cultura estranea ai valori fondativi del Pd. È questa la ragione che ha spinto Paola Binetti ad abbandonare il partito guidato da Pier Luigi Bersani per aderire all’Udc. «Le radici di quel partito - spiega la prima presidente di Scienza & Vita – sono due: l’esperienza dei Ds e quella cattolico democratica. È veramente inspiegabile, quindi, come si sia finiti ad appaltare il Pd ai radicali. Purtroppo non potevo far altro che prenderne atto». Il riferimento è alla scelta di candidare per il Lazio Emma Bonino.

E alla leader radicale che l’accusa di applicare la logica del "o lei o me", la ex diellina risponde: «Non sono motivata da un giudizio su una persona ma su una linea politica più che confermata. È stato Marco Pannella a impedire che fosse Stefano Ceccanti a scrivere il programma per il Lazio». Ma si obietta che la Bonino è candidata ad una carica amministrativa. «È a questo livello che i radicali, sui registri dei testamenti biologici, i protocolli per la Ru486 e la famiglia, stanno cercando di cambiare gli stili di vita».

Che dire della tesi di Bersani secondo cui il partito non è «un condominio» e si richiede «un sforzo più generoso» per trovare un punto di incontro? «Giusto, ma dove sta la sintesi, se per il Pd decide un partito politico che da quarant’anni si è schierato su posizioni diametralmente opposte a quelle dei cattolici, dal divorzio alla Ru486, passando per il referendum sulla legge 40?». La storia attesta, però, che a sostenere l’aborto ci fu in prima linea anche il Pci. «Già – ribatte la Binetti – ma i radicali avrebbero voluto liberalizzare del tutto l’interruzione della gravidanza e per questo promossero un referendum contro la legge 194, mentre il quesito dei cattolici era decisamente contro l’aborto».

Ma non è solo questione di brutti ricordi, è anche il presente ad attestare una completa incompatibilità. «I radicali – aggiunge – propongono il diritto di eutanasia e hanno sponsorizzato per primi l’introduzione in Italia dell’aborto farmacologico». Dunque è aperta la strada al sostegno di Renata Polverini nel Lazio? «L’orientamento è quello, ma prima di prendere una decisione definitiva voglio incontrarla e verificare attentamente il suo programma».
 
Non perde la calma la new entry dell’Udc, salvo smentire decisamente una ricostruzione giornalistica secondo cui la sua scelta di abbandonare il Pd sarebbe stata eterodiretta. «Decido sempre in prima persona – osserva – come dimostra la mia militanza nel Pd. Certo il mio punto di riferimento è la dottrina sociale cristiana, come per ogni cattolico impegnato in politica. E i documenti del magistero non possono essere considerati un supermercato dove si prende o si lascia quello che si vuole».

Alle accuse di «disonestà intellettuale», la promotrice storica dei teodem risponde con le numerose attestazioni di solidarietà e comprensione giunte non solo dall’area dei cattolici democratici. Franco Monaco polemicamente chiede perché mai sia entrata nel Pd. «Io provengo dalla Margherita – rammenta la Binetti – e quando quel partito si è fuso nella nuova formazione ho sperato in una sintesi alta tra le culture fondative, ma questo non è avvenuto. E che ci siano problemi lo riconoscono anche Arturo Parisi e Rosy Bindi». Ora, però, non è solo Nicola Zingaretti ma anche il leghista Roberto Calderoli a sostenere che per coerenza dovrebbe dimettersi da deputato. «Giustamente Rocco Buttiglione ha risposto che i parlamentari sono rappresentati del popolo e non dei partiti, comunque sorprende che Calderoli si sia posto il problema solo per me».

Ma anche nell’Udc qualche problema sembra esserci, ad esempio per l’alleanza con Mercedes Bresso in Piemonte. «Mi sembra, comunque, che si sia riusciti in qualche modo a condizionarne il programma. Certo è troppo poco, la prospettiva, però, è che con altri apporti, a cominciare dall’Api e dai deputati usciti dal Pd, si possa creare una formazione politica dove i valori siano realmente incisivi».
Pier Lugi Fornari

http://www.avvenire.it/Cronaca/Binetti+lascia+il+Pd+Cede+ai+radicali_201002160959268570000.htm

SGOMBERATI E ESEPARATI, L'ODISSEA DEI ROM MILANESI

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avvenire.it
15 02 2010

«Vi daremo mezz’ora per raccogliere le vostre co­se. Le mamme con figli potranno andare in una casa d’acco­glienza, i mariti no. E i bambini più grandi non potranno restare con le madri, andranno in una comunità per adolescenti » . Con queste premesse per forza «che la maggioranza di noi rifiuta l’offerta del Comune; quale fa­miglia accetterebbe di separarsi?» . Radu ha moglie e sei bambini tra i due e i dodici anni. Ogni tanto non finisce il discorso. «Sto pensando» , si scusa. A cosa, ce lo spiegherà solo prima di tornare nel buio del nuovo accampa­mento abusivo del quartiere Lambra­te. Di sgomberi ne ha subìti una cin­quantina, ma la grande maggioranza di quelli come lui resta in Italia, «per­ché in Romania ci trattano anche peg­gio» .

Dall’inizio del 2007 a Milano sono sta­ti compiuti 204 sgomberi, 28 già que­st’anno, due solo ieri. Alla vigilia de­gli allontanamenti, nel 2007, secondo Caritas e Ismu ( il centro studi sulla multietnicità) in città si contavano 4.130 rom. Nel 2008 la prefettura ne aveva censiti 3.562, escludendo però giostrai e rom che vivono negli ap­partamenti. Secondo il Comune nel­l’agosto 2009 si contavano circa 1.400 rom negli insediamenti illegali, ades­so sarebbero quasi 1.300. Le cifre non dicono però che la diminuzione non è data dal successo della politica delle ruspe, a cui quest’anno sono stati de­stinati 24 milioni di euro.

«Semplicemente ci spostia­mo fuori Milano – spiega A­lexandru –, andiamo a Se­grate, a Pioltello, vicino al­l’aeroporto di Linate, in al­tre province o sotto i ponti della ferrovia». Fino a quan­do non andranno a stanar­li anche lì. Alexandru e Petru sorridono anche dei momenti peggiori. Come della notte in cui « la neve ha sfondato il tetto del­la baracca e i bambini si sono messi a gridare perché pensavano che fosse­ro arrivate le ruspe del Comune». I ca­terpillar sono piombati il giorno do­po. Nel fuggi fuggi, con la neve che ar­rivava alle ginocchia « alcuni bambi­ni hanno perso i quaderni con i com­piti » , raccontano i volontari di Sant’Egidio. Alexandru e Radu in fondo sperano ancora. Sono contenti del loro lavoro di muratori: 6 euro l’ora, 50 euro al giorno. In nero.

«È bello quando mo­striamo alle famiglie italiane la nuova casa. Ci ringraziano, ci dicono bravi, ma non sanno che il loro muratore è un rom che da otto anni vive in ba­racche di cartone e cellophane». Il da­tore di lavoro si fida a tal punto da la­sciare a loro l’uso dell’auto aziendale, « però il padrone non conosce la ve­rità: sa che siamo romeni ma non gli abbiamo mai detto che siamo rom » . Più facile buttare giù un muro di ce­mento che un pregiudizio.

«Come vi sentireste voi italiani se emi­grando all’estero doveste ne­gare di essere calabresi, sici­liani o cristiani o ebrei? Ecco, adesso sapete cosa si prova » . Non chiedono quattrini, ne sconti, «l’affitto posso pagar­lo, ma quando mostro il pas­saporto con le foto dei miei sei figli mi accompagnano fuori dicendo che mi faranno sapere». Tra gli accampati più d’uno finisce per avere problemi con la giustizia. Secondo il Comune dall’inizio di gen­naio 181 rom sono stati coin­volti in reati. « È vero, ci sono tra noi anche persone cattive, ma non possono accusarci tutti. I rom non sono tutti de­linquenti, come i siciliani non sono tutti mafiosi » . Alexandru e Radu tornano a chiudersi nei pesanti giubot­ti scuri. Sta per cominciare un’altra notte a zero gradi.

«Dobbia­mo uscire a cercare altri posti in cui ac­camparci. Ci sono degli amici mura­tori che dicono che a Segrate c’è un capannone abbandonato » . Domani Alexandru e Radu comince­ranno a costruire villette nel Lodigia­no. «I vigili però ci hanno detto che al­l’alba torneranno con le ruspe » . Fi­nalmente Radu svela per cosa sta in pensiero. « Cosa risponderò ai miei fi­gli quando mi chiederanno perché co­struisco le case degli italiani ma non riesco a darne una anche a loro?» .

http://www.avvenire.it/Cronaca/LA+DIFFICILE+INTEGRAZIONE_201002150907060470000.htm

QUELLA PUBBLICITÀ OSCENA, VIOLENZA SUI MURI DELLE CITTÀ

  • Giu 21, 2010
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di Claudia M. (da Avvenire, 17 giugno 2010)

Caro direttore,
le scrivo perché, in coscienza, ritengo non sia più possibile stare zitti e subire; anzi, faccio appello agli altri lettori... Sono una cittadina milanese, una qualsiasi donna (moglie, madre) di questa città che si ritrova sbattuta in faccia l’immagine del degrado morale nel quale Milano sta continuamente e inesorabilmente sprofondando.

In tutti gli angoli della città e in tutti i formati possibili, campeggiano cartelloni pubblicitari che definire di pessimo gusto è poco e che definire da guardoni è adeguato.
Mi riferisco alla pubblicità di un produttore di cibo per cani e per gatti che, incredibilmente e con il permesso del Comune, ritiene che siamo tutti animali e in quanto tali non dotati della dignità di persone né di quell’elementare senso del pudore che, a differenza degli animali, guarda caso noi esseri umani istintivamente possediamo.

L’immagine, sfacciata e lasciva, di donne e uomini quasi nudi con il viso coperto da maschere di animali è sotto gli occhi di bambini, adolescenti, adulti psichicamente fragili e gente normale che ha la nausea di natiche e seni esibiti in tutte le salse. Personalmente mi vergogno di abitare in una città che consente a questi signori, purché sborsino un bel po’ di quattrini, di far violenza a chi, non abituato a comprare riviste pornografiche, voglia girare sereno per le strade della propria città.
Se i promotori di questa campagna vogliono considerarsi alla stregua dei loro utenti (magari dotati di codino arrotolato) facciano pure: ma non ci tolgano la libertà di considerarci persone.

Gente normale di Milano, sveglia!!!


Sono completamente d’accordo con lei, gentile signora Claudia. E devo dire di sentirmi offeso e preso in giro non solo da chi premedita campagne pubblicitarie come quella che lei descrive, ma anche e soprattutto da chi ha potere di governo amministrativo e consente che una tale "violenza" – anche su questo, cara amica, ha perfettamente ragione – si consumi sui muri di Milano e di tante altre nostre città. Gridi pure chi vuole alla "censura", l’unico scandalo – qui – è la sconcia pretesa di gabellare la pornografia per espressione di libertà.



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