Huffington Post
05 03 2015
L'Ad Council, un'organizzazione statunitense senza scopo di lucro sostenuta dal governo, produce pubblicità che incentivano il cambiamento e il miglioramento della società. Il giorno di San Valentino è stato girato un video per la campagna "The Diversity & Inclusion" che mira a riconsiderare le priorità della vita, riflettendo sui pregiudizi e i preconcetti che abbiamo su determinate tematiche.
"Love has not a labels", l'amore non ha un'etichetta, si intitola il video che sta facendo il giro del web, nel quale persone di diversa razza, diversa religione e diversa sessualità si baciano e ballano su un palco costruito su una spiaggia.
Cosa hanno in comune queste persone? L'amore che li lega.
HuffingtonPost
02.03.2015
Si discute molto in questi giorni di Coalizione sociale. Ne ha discusso lo Strike Meeting a Roma, un paio di settimane fa, ne discutono i metalmeccanici in questi giorni a Cervia, pongono il problema da tempo i professionisti "atipici" (non legati agli ordini) di ACTA. Così è insistente la discussione sulle forme, semmai sui soggetti (bastano precari e studenti, se la cavano gli operai con la "società civile", bene che gli autonomi se la vedano tra loro), che stentano a emergere in primo piano le pratiche. Proviamo a rovesciare il problema: partiamo dalle pratiche di coalizione, dalle esperienze di connessione, se volete lacunose, tra professionisti e precari, studenti e disoccupati, lavoro dipendente e quello senza diritti.
Nel segno dello Strike Meeting e del suo slogan «Incrociamo le lotte», vale la pena leggere la bella giornata di venerdì 27 febbraio. Grazie alla mobilitazione degli avvocati di MGA, in tante e tanti hanno partecipato allo Speakers' Corner che si è svolto in piazza Cavour, nei pressi della Cassa forense. Un momento prezioso per raccontarsi e riconoscersi, a partire dall'istanza dell'equità fiscale e previdenziale. Prove di coalizione, niente di più, ma sicuramente prototipi su cui è bene appuntare l'attenzione.
Oltre agli avvocati, venuti da tutta Italia, soprattutto dal meridione, una ampia partecipazione dei farmacisti, dei geometri, dei giornalisti, degli archivisti. Poi i professionisti atipici, i parasubordinati, gli studenti che animano lo Strike Meeting. Attraverso la formula - assai efficace - dello Speakers' Corner, si sono alternati decine di interventi: un affresco del mondo del lavoro contemporaneo, dell'impoverimento drammatico che, in Italia, investe la forza-lavoro qualificata. Non c'è stato intervento che non abbia insistito sul blocco della mobilità sociale, sulla necessità di ripristinare il principio di progressività dell'imposta, sulla violenza dei sotto-compensi e dell'apartheid del welfare che riguarda gli autonomi.
I professionisti degli ordini, gli avvocati in primo luogo, sono afflitti dalla riforma voluta da Monti nel 2012. Il censo, il fatturato, sta diventando la condizione per rimanere avvinghiati alla professione. Per chi non ce la fa, per chi non ha le spalle coperte dal genitore professionista o dalla famiglia danarosa, si prospettano l'espulsione, la disoccupazione. Stesso destino se non si pagano le casse previdenziali (quelle degli ordini sono oltre 20). Negli anni '80 e '90 del secolo scorso, in decine di migliaia hanno inseguito il sogno delle professioni liberali: troppi, ci ricordano le retoriche neoliberali "all'amatriciana", ora è venuto il tempo di frantumare il sogno, di rimandare a casa i sognatori.
I professionisti atipici, nonostante l'approvazione del Milleproroghe, sono i più fragili. Per tutti loro è spesso faticoso definire i confini della propria professione, niente tabellari e dunque quasi sempre retribuzioni da fame, spirito di corpo (per fortuna dico io) neanche a parlarne. La gestione separata dell'INPS, introdotta dalla riforma in senso contributivo delle pensioni del 1995, impone un'aliquota sempre più proibitiva, con la riforma Fornero spinta fino al 33%. Gli aumenti previsti dalla Fornero, anche per quest'anno, sono stati rinviati. Ma di rinvio si tratta, e non di intervento strutturale. Per non parlare della cancellazione, anch'essa soltanto rinviata, del regime dei minimi, della completa assenza di welfare (rispetto alla malattia, ad esempio), dei mancati pagamenti o dei ritardi senza fine degli stessi.
Questo mondo, oltre un milione di lavoratori in Italia, comincia a parlarsi, la mattinata di venerdì lo ha dimostrato. Tanti gli elementi comuni che emergono in primo piano. Eppure stiamo parlando di una mobilitazione, a volte molto efficacie, che spesso procede solo sul web, mescolando tradizionale agire da lobby (in rapporto diretto con parlamentari e partiti) ed effervescenza comunicativa. Più difficile che la mobilitazione trascini i selfie nelle piazze. Ieri mattina questo è accaduto e, vista la convergenza delineata dai tanti interventi al microfono, accadrà di nuovo, sotto la sede dell'INPS come sotto quella delle altre casse previdenziali. Un segno importante, perché non è mai scontato che, di fronte al blocco della mobilità sociale, alla ri-feudalizzazione, all'impoverimento del ceto medio, si reagisca con la solidarietà e la cooperazione.
Tornando alla Coalizione sociale a venire. Dice il maestro René Ferretti che la televisione italiana funziona secondo il principio "un tanto ar chilo", non c'è posto per la qualità. Lo stesso principio vige nel sindacato italico. Sfoderati i milioni di iscritti (di cui la metà pensionati), poco conta mettersi in relazione con poche centinaia di professionisti e parasubordinati che si uniscono in una piazza romana. Ma è per questo che oggi Renzi può permettersi di piegare, di più, umiliare i sindacati, destinati a un declino per nulla tiepido. Per riflettere seriamente di Coalizione bisognerebbe capire che non basta più "un tanto ar chilo" e che, di fronte all'offensiva in atto, solo la solidarietà tra i non sindacalizzati può fare la differenza. Se Coalizione, allora cooperazione paritaria tra diversi, "piccoli" e "grandi".
Huffington Post
26 06 2015
L'ambasciatore egiziano nel Regno Unito ha avvertito che "barche piene di terroristi" entreranno in Europa se non verranno prese misure contro lo Stato islamico in Libia. Ma questo opportunistico espediente politico è tanto falso quanto pericoloso.
I rifugiati fuggono attraverso il Mediterraneo da molto prima che lo stato islamico arrivasse in Libia. L'aumento del numero di rifugiati che attraversano il Mediterraneo negli ultimi giorni coincide con un incremento della violenza in Libia. Ma questi rifugiati non sono le persone che stanno compiendo le violenze, le stanno fuggendo.
Quattro persone sono morte dopo che una barca, partita dalla Libia con a bordo centinaia di persone, è affondata durante il suo viaggio verso l'Italia. I soccorsi italiani sono arrivati in tempo per salvare il resto dei passeggeri, ma solo un corpo è stato recuperato. Augusta, Italia, Settembre 2014.
Negli ultimi tempi, la maggior parte delle persone in arrivo sui barconi sta fuggendo dalla guerra in Siria - di cui dopo quattro anni non si vede ancora la fine - e dalle disperate condizioni di vita nei paesi confinanti in cui inizialmente si erano rifugiate.
Invece di dare ai rifugiati la possibilità di sistemarsi in Europa in modo legale, la maggior parte degli Stati europei concentra i propri sforzi nel finanziare campi profughi nell'area e implementare meccanismi (come i centri di detenzione in Libia e Marocco) per impedire loro di raggiungere l'Europa.
I rifugiati che vogliono fuggire guerre come quella in Siria non hanno altre alternative che mettersi nelle mani dei trafficanti o su barconi sovraffollati e pericolosi. Il percorso a ostacoli verso l'Europa, creato dalle politiche degli Stati europei, è insidioso e spesso solo i più forti, non i più vulnerabili, sopravvivono al viaggio.
Tra le preoccupazioni umanitarie della Nato non è rientrata la necessità di dare supporto ai rifugiati che cercano di entrare in Europa. Alimentare la paura che i rifugiati siano terroristi è una tattica populista per portare l'Europa in un conflitto che di fatto non ha mai lasciato.
Nel 2004 Tony Blair ha firmato il "patto del deserto" con Gheddafi che ha posto fine all'isolamento internazionale del leader libico e ha aperto la strada alla discussione tra Italia ed Europa da un lato e Gheddafi dall'altro, su come tenere i rifugiati fuori dall'Europa. Il controllo delle frontiere è stato delegato al Nord Africa e migranti e rifugiati sono finiti nei centri di detenzione dei paesi di transito, come la Libia.
Quando Gheddafi ha perso il suo potere nel 2011, gli stessi Stati europei hanno supportato una guerra Nato per il cambiamento di regime nella forma di un intervento 'umanitario'. Ci si assicurò immediatamente che il nuovo governo rispettasse tutti i precedenti accordi firmati da Gheddafi, che fu dipinto come un despota irrazionale in tutti gli ambiti tranne che per il suo approccio su rifugiati e migranti.
Ma le preoccupazioni umanitarie della Nato non arrivarono a dare supporto ai rifugiati che cercavano di entrare in Europa. Così come Gheddafi fu considerato un despota su tutto tranne che sugli accordi per i rifugiati, così l'Europa era preoccupata di tutte le questioni umanitarie tranne che dei rifugiati che cercavano di raggiungere le proprie coste.
Dopo l'intervento Nato la Libia è lentamente scivolata nel caos, con diverse fazioni in lotta per il controllo delle zone petrolifere nel paese.
Infiltrandosi in questo caos, lo stato islamico ha esteso la propria portata fino alla Libia. Mentre l'Egitto ha apertamente bombardato la Libia dopo l'esecuzione di 21 egiziani da parte dello Stato islamico, sembra che alcuni paesi europei si stiano preparando per un nuovo intervento militare.
Ad ogni modo le motivazioni sembrano essere almeno in parte sempre le stesse: oltre alla volontà di garantirsi l'accesso al petrolio libico, impedire ai rifugiati di entrare in Europa.
Se questo resta l'obiettivo finale, le preoccupazioni 'umanitarie' potrebbero essere utilizzate nuovamente per giustificare l'intervento militare, mentre le 'minacce terroristiche' vengono usate per giustificare la scarsa risposta umanitaria. Nel frattempo, altre migliaia di persone in fuga dalla guerra rischiano la vita per superare il percorso a ostacoli verso l'Europa che la politica ha creato.
Jonathan Whittall
HuffingtonPost
23.02.2015
Un giovane donna, Ozgecan Aslan, vent'anni, è stata uccisa e bruciata a Mersin, in Turchia, dopo aver resistito al tentativo di stupro da parte dell'autista dell'autobus su cui viaggiava. In sua difesa e contro la violenza sulle donne, un gruppo di uomini ha deciso, per protesta, di sfilare per le strade di Istanbul con la minigonna: "Se questo indumento è il responsabile di tutto, se basta indossare un abito più corto per essere immorali, se una donna che indossa una minigonna manda dei segnali sessuali e provoca quello che poi è successo a lei, allora anche noi mandiamo questi segnali", si legge nella didascalia di una foto postata da un manifestante su Facebook.
HuffingtonPost
23.02.2015
Maurizio Landini si candida? Fonda un partito? Si butta in politica? Lascia la Fiom? Alt: informazione e dibattito politico corrono troppo, cercano scorciatoie laddove invece servono riflessione e approfondimento. Maurizio Landini non si candida, non fonda un partito, non si butta in politica, non lascia la Fiom. Nulla quaestio? Troppo rumore per nulla? No, con l'intervista di oggi al Fatto Quotidiano, Landini dice molto di più. E non sorprende che il rullo compressore dei media minuto per minuto non riesca coglierlo, impazzendo dietro viottoli che portano fuori strada.
Huffington Post
20 02 2015
Scandalosa Madrid. Potrebbe essere questo il commento alla circolare diffusa tra i dipendenti della metropolitana della capitale spagnola che "invita gli agenti della sicurezza a controllare in particolare omosessuali, mendicanti o musicisti", categorie "accusate" di viaggiare spesso senza biglietto o con ticket non validati. Un documento che ha fatto infuriare la direzione del servizio di trasporti locali che ha immediatamente provveduto ad aprire un'inchiesta sull'accaduto. Dalle prime indagini sarebbe stato un dipendente della sicurezza ad inviare il messaggio omofobo e per questo sarebbe già stato sospeso dall'incarico.
Una nota che, naturalemente, è stata accolta con sconcerto da molti dipendenti, che non hanno esitato a denunciare la carta ritenuta "discriminatoria, offensiva e omofoba", come ha sottolineato Teodoro Piñuelas, del sindacato UGT che rappresenta i dipendenti della metropolitana. Il sindacato ha quindi portato la nota all'attenzione delle autorità metropolitane. "Non capisco il motivo per cui si dà per assodato che gli omosessuali non paghino i biglietti e che per questo vanno monitorati e non invece coloro che sono altri, biondi o che portano gli occhiali" ha detto ancora Piñuelas a El País.
"È deplorevole e prenderemo una serie di misure per identificare i responsabili", ha dichiarato subito una portavoce della metropolitana di Madrid, precisando che il direttore generale della metropolitana avrebbe incontrato le associazioni di difesa degli omosessuali per "presentare personalmente delle scuse". "Una persona è stata identificata e una procedura disciplinare sarà aperta a suo carico", ha aggiunto ancora la stessa fonte.
La portavoce ha insistito che "non si tratta di un documento ufficiale ma di una email di un dipendente che l'ha inviata al dipartimento di sicurezza". "Vogliamo sapere chi sono i superiori che non hanno visto questo documento o che hanno dato il loro assenso" alla sua circolazione, ha concluso la portavoce.
Il collettivo delle lesbiche, dei gay, dei transessuali e bisessuali di Madrid (cogam) ha espresso "sorpresa e indignazione" per un documento che colpisce "l'uguaglianza riconosciuta dalla costituzione e invita i controllori della metropolitana di Madrid ad adottare dei comportamenti omofobi".
Huffington Post
20 02 2015
Laura e Giulia, adolescenti e lesbiche. Insultate a scuola, picchiate in famiglia. "Ci amiamo, ma abbiamo paura"
Pensate di camminare per strada con il vostro ragazzo o ragazza a fianco e non poterlo toccare, non poterlo tenere per mano. Pensate di rischiare di essere picchiati se da fuori si dovesse capire che state insieme. Pensate da ragazze di venire minacciate di essere violentate allo scopo di “guarirvi e aggiustarvi”, perché amate una donna anziché un uomo.
L'amore adolescenziale non dovrebbe vivere della paura di mostrarsi, ma per Giulia e Laura non serve molta immaginazione per figurarsi una quotidianità del genere. Il loro amore questa coppia lo vive ai tempi dell’omofobia, più radicata e ottusa di quanto non si possa credere. Sono due ragazze di Napoli, picchiate dai genitori e discriminate e derise nella scuola, dove la loro storia dagli insegnanti viene presentata ai compagni come un morbo, in grado di infettarli.
Laura e Giulia frequentano la stessa classe in un Liceo. Si sono innamorate e si sono fidanzate poco dopo essersi conosciute. Inizialmente nascondevano la loro storia, poi hanno deciso di viverla alla luce del sole e a quel punto è intervenuta la scuola.
“Il vicepreside diceva in giro che portavo le ragazze a diventare lesbiche, che era una malattia e io la stavo diffondendo”, ha raccontato Laura. “Durante le lezioni una delle nostre professoresse ripeteva che facevamo schifo, che non eravamo normali. ‘La gallina va col gallo o con un’altra gallina?’ chiedeva alla classe. Le mie compagne venivano fermate per i corridoi dai professori e veniva consigliato loro di non frequentarmi. Un giorno il vicepreside ha convocato la madre di Giulia per dirle che la perseguitavo e le stavo facendo il lavaggio del cervello”.
Quando la voce è arrivata all’orecchio del padre, Giulia è stata picchiata violentemente, le è stato sequestrato il cellulare ed è stata segregata in casa. “O scegli noi o scegli lei”, ma lei non voleva scegliere tra la famiglia e la fidanzata. A farlo l’hanno aiutata i genitori, cacciandola di casa.
È passato un po’ di tempo da quel giorno. Le ragazze hanno denunciato la scuola e Giulia il padre per le percosse subite. È tornata a vivere dai suoi, la mamma ha accettato Laura, il papà un po’ meno. A scuola la situazione non è molto cambiata, ma Laura ha l’appoggio di una professoressa che ha preso le sue difese davanti al preside. Manca un anno alla maturità.
“Io e la mia ragazza non possiamo camminare per strada mano nella mano. Ogni volta che è successo siamo state minacciate di essere picchiate o violentate per ‘portarci dall’altra sponda’. Dico la verità, la storia la vivo alla luce del sole, ma con i miei amici e in casa. In mezzo alla strada non mi sento tranquilla. E vorrei evadere, vorrei andare in un posto dove c’è la libertà. Perché per me il problema è anche Napoli. Per le strade di Napoli io e Giulia possiamo essere solo amiche. Punto”.
Silvia Renda
Huffington Post
19 02 2015
Caro Dott. Capece,
Lei che mi accusa di istigare all'odio, cosa ne pensa dei recenti commenti degli agenti appartenenti al suo stesso ordine di polizia penitenziaria sulla morte del detenuto 'rumeno'?
Il detenuto 'rumeno' non era forse un essere umano come tutti gli altri, prima ancora che detenuto e 'rumeno'?
E cosa si vuole esprimere esattamente dicendo 'meno uno' o 'mi chiedo cosa aspettino gli altri a seguirne l'esempio'? Sbaglio quando dico che c'è un enorme problema culturale?
Caro Dott. Capece, vorrei chiederle, è davvero così convinto che sia io ad infangare l'onore della categoria a cui lei appartiene?
Io credo onestamente di rispettare l'onore della vostra categoria molto più di alcuni dei suoi appartenenti.
Le rammento, caro Dott. Capece, che qualcosa come 140 persone hanno visto mio fratello nel suo calvario, che lo ha portato alla morte in quelle terribili condizioni che tutti sappiamo.
Molti di loro erano suoi colleghi. Forse quei suoi colleghi pensavano 'meno uno'. Ognuno di quei suoi colleghi lo ritengo moralmente responsabile della morte di mio fratello, per il semplice fatto che se avessero compiuto quello che era il loro dovere di pubblici ufficiali, cioè denunciare quello che avevano davanti agli occhi, forse e dico forse mio fratello sarebbe ancora vivo.
E nonostante questo mai e poi mai mi sarei espressa in simili termini nei loro confronti. Mai l'ho fatto, nemmeno nei confronti degli aguzzini di mio fratello.
La invito ad una seria riflessione, caro Dott. Capece.
Ilaria Cucchi