Wasted Youth, quella Grecia sprecata

  • Sabato, 19 Dicembre 2015 09:15 ,
  • Pubblicato in Il Racconto
Giovani GreciaMichela AG Iaccarino, Left
19 dicembre 2015

Muro contro muro, i muri si parlano, da Atene a Salonicco, da Lesbos a Kos. Si specchiano l'uno nell'altro, cemento che racconta se uno lo legge. Su uno c'è scritto Syriza, ma la z è una svastica nazista. ...
Politica immobilitàTheodoros Karyotis, Dinamo Press
26 Settembre 2015

Astensione alle stelle, smobilitazione sociale e un''onda imminente di dure misure di austerità richiedono una riflessione critica dopo la vittoria di Syriza. Un contributo da autonomias.net
Non c'è nulla da festeggiare, davvero.

Grecia: perché la capitolazione? Un’altra via è possible

  • Mercoledì, 16 Settembre 2015 12:12 ,
  • Pubblicato in Flash news

Communianet
16 09 2015

Pubblichiamo la trascrizione di un intervento video di Eric Toussaint, portavoce del Cadtm International che ricostruisce il percorso che ha portato alla scelta di Tsipras di firmare il nuovo memorandum

La questione del debito greco è assolutamente centrale. A partire dal maggio 2010 e dal primo memorandum e dal momento in cui si è costituita la troika tra il Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale europea e l’Unione Europea, la questione resta assolutamente centrale anche nel corso dei prossimi anni.[1]

La commissione di audit cittadino del 2010
Nel dicembre 2010, la deputata Sofia Sakorafa interviene al Parlamento dicendo che bisognerebbe creare una Commissione di audit del debito greco ispirandosi dall’Ecuador che ne aveva costituita una nel 2007-08. La deputata fa riferimento alla mia partecipazione a quell’esperienza e dice che si potrebbe richiedere il mio aiuto.[2] Era chiaro che quel Parlamento, dominato dal PASOK e da Nuova Democrazia, non aveva alcun interesse a fare chiarezza sul debito, e quindi la proposta è stata respinta. Con una serie di movimenti sociali e la deputata Sofia Sakorafa si è deciso di creare un’iniziativa di audit cittadino del debito.[3] Sono occorsi alcuni mesi per lanciarla. Si è messo a punto un dispositivo di lancio, ad esempio appoggiandosi sulla realizzazione di un documentario, “Debtocracy”, del cineasta Aris Chatzistefanou, che avrebbe avuto una parte molto importante nella diffusione della proposta. Il documentario è stato scaricato in 6 settimane da più di 1,5 milioni di persone su una popolazione di 10 milioni; è dunque un’eco estremamente importante. Evidentemente non è passato sulle reti delle TV private o pubbliche ma ha avuto una risonanza straordinaria.[4] La popolazione che aveva partecipato a un grande numero di scioperi si è lanciata, sulla scia del movimento degli indignati spagnoli, nell’occupazione delle piazze pubbliche di molte di città, a partire da Atene e Salonicco, ma la cosa ha toccato città medie nei mesi di giugno e luglio 2011. I membri del Comitato di audit cittadino hanno trovato un’eco straordinaria a una proposta che presentava i risultati preliminari della rimessa in discussione dei debiti pretesi dalla Grecia e la spiegazione di come la Grecia aveva accumulato un debito tale che lo si poteva considerare illegittimo.

La posizione della direzione di Syriza rispetto al Comitato di audit cittadino del 2011.
Dal lato delle forze politiche organizzate a sinistra, c’era un assai scarso entusiasmo a sostenere questa iniziativa. Dal lato di Syriza, persone come Lafazanis [5], che in seguito è diventato ministro del governo Tsipras a partire dal gennaio 2015, o un’altra ministro del governo Tsipras, Nadia Valavani [6], sono persone che fin dall’inizio, vale a dire dal 2011, si sono impegnate nel sostegno alla Commissione, ma dal lato della maggioranza di Syriza non c’era proprio entusiasmo. Ad esempio, il ministro delle Finanze del governo Tsipras, Yanis Varoufakis, ha dichiarato quando lo abbiamo contattato nel 2011, che non poteva sostenere l’iniziativa di audit cittadino, perché se in seguito all’audit si trattava di proporre una sospensione del pagamento, ciò avrebbe riportato la Grecia all’età della pietra, ha scritto in una lettera pubblica.[7] Il che permette di capire delle cose che sono successe nel 2015 e il tipo di posizione assunta da uno come Varoufaki7]s.

Il programma di Syriza nelle elezioni legislative del maggio/giugno 2012
L’iniziativa di audit cittadino ha finalmente trovato un’eco in Syriza malgrado le difficoltà di partenza, e Syriza ha ripreso la proposta nel suo programma in cinque punti [8] per le elezioni di maggio, poi di giugno2012, per le quali i cinque punti erano:
1) L’abrogazione delle misure di austerità;
2) La sospensione del pagamento del debito fino al ritorno della crescita – ciò che implicava evidentemente tutta un’altra politica – e legare la sospensione del pagamento alla realizzazione dei un audit;
3) La socializzazione delle banche;
4) L’abolizione dell’immunità parlamentare per i responsabili;
5) Misure fiscali importanti per fare pagare quelli che avevano approfittato della crisi e che erano al riparo della fiscalità.
Con un tale programma radicale, Syriza ha compiuto un’avanzata elettorale molto importante, in quanto è passata dal 4% nel 2009 al 27% nel 2012, diventando il secondo partito dopo Nuova Democrazia, con una differenza di soli 2 punti. A partire da quel momento, Syriza è apparsa come una forza capace di accedere al governo nei mesi seguenti o qualche anno dopo.

Fine 2012: la direzione di Syriza modera le sue proposte
Quel che è veramente sconcertante è che mentre Syriza dimostra con il suo risultato che la sua radicalità trova un’eco nella popolazione greca, in particolare con la proposta della sospensione di pagamento del debito, la posizione della maggioranza di Syriza e di Alexis Tsipras è di moderare queste proposte con l’idea, secondo me sbagliata, che se Syriza arrivasse al governo le sarebbe difficile applicarla in pratica, mentre i cinque punti erano elementi assolutamente chiave nella soluzione da dare alla crisi. Non si può immaginare di abbandonare le politiche di austerità se non si risolve in maniera radicale la questione del debito. È impossibile abrogare una serie di misure se non si riduce radicalmente il debito. Perciò occorreva combinare l’abrogazione di una serie di misure imposte dalla troika, con la messa in pratica di una sospensione del pagamento e la riduzione radicale di una parte del debito, e bisognava anche trovare una risposta dal lato delle banche e della fiscalità. Ora, nell’ottobre 2012, quando sono invitato a tenere una conferenza al 1° festival dei giovani di Syriza [9], mi ritrovo in una discussione faccia a faccia con Alexis Tsipras, e di fatto mi rendo conto che lui sta abbandonando la proposta di sospensione di pagamento e sull’audit del debito e si orienta piuttosto verso un negoziato per ottenere una riduzione del debito da parte dei creditori senza ricorrere alla sospensione di pagamento, e gli comunico il mio stupore.
Lui risponde che il programma in cinque punti è mantenuto, ma mi rendo conto che non è la prospettiva concreta di Tsipras.

Ottobre 2013: Alexis Tsipras auspica una conferenza europea sul debito pubblico
Un anno dopo, Tsipras mi invita nuovamente e mi chiede di collaborare alla preparazione di una grande conferenza europea sul debito per ridurre il debito della Grecia, sull’immagine di quanto era successo con la conferenza di Londra del 1953, quando i vincitori della Seconda Guerra mondiale hanno concesso una riduzione molto importante del debito alla Germania dell’Ovest. Abbiamo avuto una discussione e io gli ho detto che mi sembrava perfettamente legittimo che lui interpellasse le opinioni pubbliche europee e le istituzioni europee per dire loro che sarebbe occorsa una conferenza europea sul debito, ma che non c’era nessuna possibilità di ottenerla. Bisogna assolutamente combinare questa idea con quella di un audit e con una sospensione di pagamento. La discussione termina con la proposta che io partecipi a un nucleo preparatorio di una conferenza europea sul debito che si doveva tendere nel marzo 2014, ma nel frattempo la proposta non era stata sostenuta in quella forma dal partito della sinistra europea, che finisce per convocare una conferenza a Bruxelles nella primavera 2014, ma nel frattempo questa proposta non era stata sostenuta in quella forma dal partito della sinistra europea, che finisce per convocare una conferenza europea a Bruxelles nella primavera 2014. Nella conferenza, alla quale ero invitato con Alexis Tsipras e altri dirigenti della sinistra europea, ridico chiaramente che occorreva un piano B, perché la prima proposta di conferenza europea non è sufficiente.[10] Mi ritrovo in una commissione che discute di questo con Euclide Tsakalotos, che è oggi ministro delle Finanze in sostituzione di Varoufakis, e mi rendo conto da quel momento che lui non è assolutamente favorevole a mettere a punto un piano B riguardante il debito, le banche, la fiscalità, e che il piano è di negoziare ad ogni costo con le istituzioni europee per ottenere una riduzione dello sforzo di austerità.

Syriza diventa il primo partito della Grecia alle elezioni europee del maggio 2014
Syriza ottiene una vittoria elettorale e diventa il primo partito greco. Per quanti lottavano sulla questione del debito era una doppia vittoria, in quanto sui sei deputati eletti al Parlamento europeo cinque erano favorevoli a una politica forte in materia di debito e di audit. Era così per Manolis Glezos, per George Katrougalos, che poi è diventato ministro, di Sofia Sakorafa, che era una delle iniziatrici con me dell’audit cittadino nel 2011, ma anche di Kouvenas e di un deputato proveniente dal PASOK. Abbiamo avuto a più riprese riunioni al Parlamento europeo anche con deputati di Podemos e di Izquierda Unida per avanzare l’idea dell’azione unilaterale e della sospensione di pagamento, ma nello stesso tempo mi sono reso conto che la linea ufficiale di Tsipras, sostenuto da persone come Katrougalos, era di andare verso il negoziato.[11] Ciò che è fondamentale per loro è la conferenza europea per la ristrutturazione del debito sul modello tedesco.

La vittoria del gennaio 2015
Vengono convocate elezioni anticipate per il 25 gennaio 2015. Il 2 gennaio sono contattato da un inviato di Tsipras, che mi chiede se potrei consigliare il governo in materia di debito. Accetto immediatamente e faccio una serie di proposte in continuità di quanto era stato proposto dal 2011.[12] Ma qualche giorno prima delle elezioni, mentre avevo fatto quelle proposte, il contatto si perde. Dopo le elezioni vado ad Atene, e una delle persone che incontro è George Katrougalos, diventato ministro della riforma amministrativa, che aveva sostenuto a fondo l’audit e che quando era deputato europeo sosteneva in qualche modo le proposte che facevo, e mi mette in contatto con la nuova presidente del Parlamento, Zoe Konstantopoulou, con la quale il contatto avviene direttamente. Alla fine di una discussione di un’ora ha reso pubblico il risultato della discussione dicendo che faceva appello alla mia collaborazione per lanciare una commissione di audit del debito greco.[13]

L’accordo funesto del 20 febbraio con i creditori istituzionali.
Dopo tre settimane di negoziati, un primo accordo è raggiunto il 20 febbraio tra i creditori, la Commissione europea, la Banca centrale europea e il governo greco, che segna per me una tappa già molto preoccupante.[14] Si tratta di un accordo in base al quale il governo greco si impegna a rispettare il calendario dei pagamenti e le somme da rimborsare a ciascun creditore. Dichiara anche che il governo greco farà una serie di proposte all’Eurogruppo, che sostituiva la Troika, in materia di riforme. Evidentemente, per l’Eurogruppo si trattava di riforme che continuavano il programma in corso, rimandando a fine giugno 2015 le misure di austerità negoziate con i creditori.

Un’altra politica era auspicabile e possibile
Da parte mia, penso che il governo greco avrebbe dovuto adottare un’altra politica. Già dall’inizio di febbraio era dimostrato che i creditori non erano disposti a permettere a Syriza di realizzare il suo programma (rivedere l’austerità e ottenere una riduzione del debito). Allora, come mezzo di pressione sui creditori, Tsipras avrebbe dovuto dire: «Io applico il regolamento europeo adottato il 21 maggio 2013, che prevede la realizzazione di un audit, per vedere in quali condizioni si è accumulato un debito che diventa insostenibile, e per scoprire eventuali irregolarità». È il testo esatto del regolamento europeo: «In quanto governo io lo applico, e sospendo il pagamento del debito durante la realizzazione dell’audit».
Se tu sospendi il pagamento del debito, cambi il rapporto di forza con i creditori. Di fronte a un rifiuto di pagamento, sono loro che devono chiedere di negoziare. Mentre fino ad allora era il governo che era alla ricerca del negoziato, di fronte a creditori che in realtà non volevano negoziare, se non a condizione di continuare le misure di austerità che erano state respinte dalla popolazione greca. Dunque, si sarebbe dovuto sospendere il pagamento, realizzare l’audit, prendere misure forti sulle banche. Bisogna sapere che nelle banche greche sono stati iniettati in modo permanente decine di miliardi, aumentando in tal modo il debito pubblico greco senza risolvere il problema delle banche. Si sarebbe anche dovuto prendere misure forti in materia di fiscalità per aumentare le entrate fiscali e poter condurre una politica antiausteritaria. Penso che se il governo greco non avesse firmato quell’accordo nefasto il 20 febbraio avrebbe potuto realmente impegnarsi in un processo interessante per la Grecia.
È anche interessante che la presidente del Parlamento greco ha detto ad Alexis Tsipras, insieme ad altri ministri, come Lafazanis che è uno dei ministri più importanti: «È fuori discussione sottoporre l’accordo del 20 febbraio al Parlamento greco per approvazione. Una serie di parlamentari greci non potranno approvare questo accordo che è contrario al mandato che Syriza è andata a cercare il 25 gennaio». In effetti, l’accordo del 20 febbraio è rimasto un accordo firmato dal governo, ma senza l’accordo del Parlamento, ed è un punto molto importante.

Lancio della Commissione per la verità sul debito greco da parte della presidente del Parlamento Ellenico.
Il 4 aprile 2015iniziano effettivamente i lavori della Commissione per la verità sul debito greco, istituita dalla presidente del Parlamento greco, e a me tocca il coordinamento dei suoi lavori. I lavori sono lanciati in una seduta pubblica che dura tutta una giornata, alla quale partecipano il primo ministro Alexis Tsipras , il presidente della Repubblica, la maggioranza dei ministri, una serie di parlamentari e una partecipazione molto importante di cittadini; sono presenti movimenti sociali greci.[15] L’audit è concepito come un audit a partecipazione cittadina. Ci lanciamo nei lavori che ci hanno richiesto un enorme lavoro. Per due mesi e mezzo abbiamo effettuato audizioni, abbiamo fatto venire un negoziatore greco all’ FMI per il periodo 2010-2011, abbiamo fatto venire un ex consigliere di Barroso, presidente della Commissione europea per il periodo 2010-2011-2012, abbiamo studiato tutti i debiti,come sono rivendicati dai creditori attuali della Grecia, in quali condizioni sono stati contratti, ecc., e abbiamo definito i criteri che avremmo utilizzato per identificare i debiti illegittimi, illegali, insostenibili o odiosi.[16] Sulla base di questi criteri e dell’analisi rigorosa dei debiti rivendicati, abbiamo prodotto un rapporto preliminare che abbiamo presentato il 17 e 18 giugno.[17] Il rapporto conclude che i debiti rivendicati dai creditori pubblici: la Troika, sono ai nostri occhi debiti illegittimi, illegali, insostenibili o odiosi. Quando dico «ai nostri occhi» è beninteso in base a criteri scientifici e criteri del diritto internazionale e del diritto nazionale.

Il governo greco non si appoggia sull’audit.
Alexis Tsipras aveva dato il suo sostegno ai lavori della Commissione, ma in realtà, nel corso dei negoziati con i creditori non vi si è appoggiato in modo esplicito. Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis hanno continuato il loro piano, che era di ottenere la conclusione del programma di austerità per la fine del mese di giugno, rinnovando un nuovo programma con i creditori, ma in condizioni largamente determinate dagli stessi. Senza mettere la pressione su di loro, rinunciando dunque alla sospensione di pagamento. Questo ha portato al vicolo cieco che conosciamo. I creditori non facevano alcuna concessione al governo greco, e anzi presentavano all’opinione pubblica internazionale il governo greco come incapace di presentare proposte serie. Ciò ha rivelato un fossato profondo tra l’iniziativa dell’audit e una situazione nella quale, proseguendo il negoziato, il governo greco utilizzava tutti i fondi disponibili per pagare i creditori. Per rimborsare l’FMI, la BCE, i creditori privati sono stati utilizzati sette miliardi, mentre le spese per risolvere il problema della crisi umanitaria (i problemi della salute, i problemi dei pensionati, le 300.000 famiglie che non avevano l’allacciamento alla rete elettrica), sono state di 200 milioni di euro. 200 milioni di euro di fronte a sette miliardi utilizzati per rimborsare i creditori! Si misura bene l’ampiezza del fossato.

In quanto coordinatore della Commissione, e con tutti i suoi membri, siamo caduti in una profonda frustrazione, una profonda inquietudine. Ci chiedevamo come era possibile che si continuasse a rimborsare il debito, mentre stavamo dimostrando che era illegittimo. Noi cominciamo adesso a dirlo pubblicamente: c’è un problema! Sono andato a incontrare Dimitris Stratoulis, il ministro in carica delle pensioni, quando annunciava che rifiutava nuove misure di riduzione delle pensioni, per portargli pubblicamente il mio sostegno.[18]
Sì, bisogna resistere alle pretese dei creditori. Per noi è fondamentale mostrare che c’è un legame tra i nostri lavori e le preoccupazioni della popolazione greca. Ho potuto misurare che incontravamo un’eco straordinaria presso la popolazione greca. Personalmente, come coordinatore della Commissione, la mia foto e le mie dichiarazioni comparivano sui media, e quando mi spostavo per le strade di Atene, o quando prendevo la metro, ero regolarmente fermato da cittadini greci che mi ringraziavano per i lavori che svolgevo e per l’aiuto che recavo al paese. Mentre i media dominanti, che rappresentano l’80% dell’ascolto denigravano i lavori della Commissione, la popolazione greca decodificava la politica di discredito lanciata dai media e ci appoggiava. Dimostrava un’attesa molto grande rispetto ai nostri lavori.

Dal referendum del 5 luglio all’accordo del 13 luglio 2015
Alcuni giorni dopo la presentazione pubblica dei nostri lavori, la Grecia era in stato di sospensione di fatto rispetto all’FMI (anche se non era ancora una sospensione ufficiale, era in ritardo di pagamento). La scadenza di pagamento era un momento critico. Così, i creditori hanno deciso di aumentare le loro esigenze rispetto ad Alexis Tsipras. Lui è quindi stato portato a indire un referendum il 5 luglio 2015. Mentre c’era una pressione massima dei creditori, come l’intervento di Junker che diceva al popolo greco che bisognava votare per le proposte che avanzavano essi stessi (e dunque per il SÌ al referendum), il 62% della popolazione greca ha detto NO alle proposte dei creditori. Questo fatto riapriva una situazione per la quale il governo Tsipras avrebbe potuto, sulla base del suo mandato del 25 gennaio, e sulla base del suo nuovo mandato rafforzato, 62% di NO alle pretese dei creditori, aprire un nuovo orientamento. Quello consistente nel dire: «noi abbiamo fatto tutte le concessioni possibili e immaginabili, abbiamo rimborsato 7 miliardi e voi, voi creditori, non fate alcuna concessione. Siamo costretti a prendere misure di autodifesa. Sospendiamo il pagamento del debito, risolviamo il problema delle banche mettendole in fallimento, ma proteggendo i depositi dei risparmiatori, prendiamo delle misure fiscali molto forti per fare pagare i ricchi e soprattutto quelli che sono responsabili della crisi. E ci impegniamo in un piano B perché il piano A non ha funzionato».

Invece di fare questo, il governo Tsipras, che tuttavia il 5 luglio aveva un mandato molto chiaro, il 6 luglio è andato a incontrare i dirigenti dei tre partiti che avevano fatto appello a votare SÌ e che avevano subito una disfatta terribile: il partito POTAMI, il partito PASOK, e il partito Nuova Democrazia. Propone loro un accordo. Questo accordo, molto nefasto, è sottoposto al Parlamento l’11 luglio.[19] Da una specie di Santa Alleanza fra la destra (sconfitta nel referendum) e Tsipras viene fuori una proposta, e Tsipras il 12 luglio va a Bruxelles con questa proposta. I creditori, che vogliono ottenere la capitolazione definitiva di Tsipras, dicono: «quello che proponete non è sufficiente, noi induriamo le nostre posizioni». E dopo 17 ore di negoziati, il 13 luglio, Tsipras firma un accordo assolutamente funesto. Non solo nuove misure colpiranno i pensionati (una volta di più), ma colpiranno tutta la popolazione con l’aumento dell’IVA su una serie di prodotti di consumo corrente, e in più c’è il famoso fondo di privatizzazioni che si accelera e arriva a 50 miliardi di euro. Si tratta né più né meno di una vendita all’asta di tutto ciò che non era ancora stato privatizzato. Questo accordo funesto è firmato da Tsipras il 13 luglio[20] e sottoposto al Parlamento greco nella notte dal 15 al 16 luglio.[21] Per me è la capitolazione.

Le lezioni della capitolazione del 13 luglio 2015
Bisogna trarre le lezioni della capitolazione del 13 luglio 2015.[22] Se non si fa ricorso a misure unilaterali di autodifesa di fronte ai creditori, in particolare la sospensione di pagamento del debito, è impossibile ottenere concessioni forti da parte dei creditori. Bisogna che le forze politiche e sociali europee capiscano che un negoziato nel quadro europeo attuale, rispettando le regole dettate dalla Commissione europea, la BCE, o l’FMI, non può funzionare. Bisogna disobbedire ai creditori. Solo disobbedendo ai creditori si può imporre loro di fare concessioni. Certo, non c’è solo la questione del debito. Bisogna ripetere che oggi, esistono misure chiave di alternativa: a lato della sospensione del debito occorre l’abbandono delle misure di austerità e l’adozione di leggi che proteggano le persone che sono state colpite dalle politiche di austerità. Occorre anche una soluzione dal lato delle banche. Ci vuole una socializzazione del sistema bancario. Bisogna che le banche private passino nel settore pubblico e rispondano a criteri di servizio pubblico per servire gli interessi della popolazione. Ci vuole una politica fiscale totalmente diversa. Bisogna che il percento più ricco, le grandi imprese, paghino realmente le tasse, e che si diminuisca il carico delle tasse sulla maggioranza della popolazione: bisogna abbassare il tasso dell’IVA, bisogna che si esonerino da certe tasse quelli in basso fissando una soglia di reddito. È dunque la combinazione di una politica che agisca sul debito, sulle banche, sulla fiscalità, mettendo fine all’austerità e creando lavoro, quella che permette di realizzare un’alternativa. Questa alternativa è del tutto possibile. La popolazione è pronta e dà il suo sostegno. Se no non si capisce perché il 62% dei greci, mentre erano minacciati del caos se votavano NO, perché, malgrado questo martellamento, questo ricatto, la chiusura delle banche greche, perché hanno votato contro le proposte dei creditori.

La conclusione è che un movimento che vuole assumere responsabilità di governo deve essere all’altezza del sostegno popolare. Deve essere pronto. Se si propone alla popolazione di respingere le proposte dei creditori, se si propone di realizzare un altro programma, bisogna essere pronti a prendere le misure che permettono di realizzare tale programma. Abbiamo bisogno delle forze sociali e politiche che sono concretamente pronte d affrontare i creditori. E a disobbedire ai creditori.
La lezione fondamentale da trarre è che la moderazione non permette di trovare una soluzione. Bisogna appoggiarsi sulla popolazione e prendere misure molto forti.

Una moneta complementare nel quadro di un piano B.
A lato di misure forti, come la sospensione unilaterale di pagamento del debito e la socializzazione delle banche, esistono misure molto concrete, come la creazione di una moneta complementare che può avere effetti estremamente interessanti. Per un paese che si trova a scarsità di euro, come la Grecia, perché è asfissiata dalla BCE, è perfettamente possibile creare una moneta complementare per via elettronica. È, ad esempio, quello che ha fatto l’Ecuador da due anni. In quanto banca centrale del paese, si tratta di aprire un credito tramite il cellulare, ad esempio di 100 euro, che permette alle persone che lo ricevono (come i pensionati che riceverebbero una parte della loro pensione, i dipendenti pubblici, le persone che ricevono un sussidio pubblico) di pagare ad esempio la bolletta dell’elettricità, dell’acqua, i trasporti pubblici. … Potrebbero usare tali crediti anche per fare acquisti nei supermercati, perché bisogna capire che anche se i supermercati privati non sarebbero entusiasti della creazione di una moneta complementare, finiranno per accettarla per non perdere i clienti, che andranno a fare la spesa nei negozi che l’accettano. Le autorità del paese saranno allora in grado di concedere aumenti dei salari, aumenti delle pensioni, senza dipendere direttamente dalla moneta ufficiale.

La prospettiva di un’uscita dalla zona euro.
Per paesi come la Grecia o il Portogallo, l’uscita dalla zona euro diventa una prospettiva del tutto giustificata. Per riprendere la padronanza dell’economia e applicare politiche che rispondano agli interessi del paese, bisogna essere pronti a ritornare a una moneta nazionale. Ma secondo me, la cosa è valida solo se va insieme alla socializzazione delle banche, con una riforma fiscale favorevole a quelli in basso, con una soluzione radicale al debito. [23] Se no, ci sarà un’uscita da destra dalla zona euro. È proprio per questo che una parte dell’estrema destra sostiene tale uscita in modo sovranista. Bisogna evitarlo. Ci vuole un’uscita progressista, favorevole al popolo. Per ritrovare il controllo della propria moneta, per condurre una politica monetaria favorevole al mercato locale, in particolare ai produttori locali, non bisogna avere come obiettivo di vendere all’estero, ma di basarsi sulle forze produttive del paese per rispondere ai bisogni della popolazione e diminuire in tal modo le importazioni e dunque i bisogni in valute forti.

Note
[1] Questa versione contiene numerose note che permettono di approfondire e referenziare gli argomenti trattati.

[2] Sofia Sakorafa, che ha rotto con il PASOK, quando questo ha accettato il memorandum del 2010, è stata rieletta deputata nel giugno 2012 sulla lista Syriza. In seguito, è stata eletta al parlamento europeo nel maggio 2014. Il 9 gennaio 2011, il terzo quotidiano greco, in termini di tiratura (all’epoca), mi ha intervistato sotto il titolo «Non è normale rimborsare i debiti che sono illegittimi. I popoli d’Europa hanno anche il diritto di controllare i loro creditori». Il quotidiano spiega che «Il lavoro del Comitato in Ecuador è stato recentemente citato nel Parlamento greco dalla deputata Sofia Sakorafa». Ethnos tis Kyriakis, di centrosinistra, era il terzo quotidiano greco in termini di tiratura (100.000 copie). Versione in greco dell’intervista pubblicata il 9 gennaio 2011:
http://www.ethnos.gr/article.asp?catid=22770&subid=2&pubid=49752949 Vedi la versione francese.

[3] Tra i promotori del comitato cittadino di audit (ELE in greco) hanno avuto un ruolo particolarmente attivo: Leonidas Vatikiotis, giornalista e militante politico di estrema sinistra molto attivo ( non è membro di Syriza, fa parte del NAR, membro di Antarsya), l’economista Costas Lapavitsas (non era membro di Syriza, è diventato deputato di Syriza nel gennaio 2015, ha votato contro il 3° memorandum e partecipa al nuovo movimento politico ‘Unità Popolare’, Giorgios e Sonia Mitralias (che avevano creato nel luglio 2010 il comitato greco contro il debito, membro della rete CADTM).
….
Tra gli articoli pubblicati alla fine del 2010 per preparare il lancio del comitato di audit, vedi quello apparso il 10 dicembre 2010 su una rivista greca: « Ouvrez les livres de compte de la dette publique ! .»

Costas Lapavitsas sosteneva attivamente la necessità di creare una commissione di audit «la Commissione internazionale di audit potrebbe avere la funzione di catalizzatore contribuendo alla necessaria trasparenza. Questa Commissione internazionale, composta da esperti di audit delle finanze pubbliche, da economisti, da sindacalisti, da rappresentanti dei movimenti sociali, dovrà essere totalmente indipendente dai partiti politici. Dovrà appoggiarsi su numerose organizzazioni che permetteranno di mobilitare strati sociali molto ampi. In questo modo, la partecipazione popolare, necessaria di fronte alla questione del debito, comincerà a diventare realtà». (articolo pubblicato il 5 dicembre 2010 dal quotidiano Eleftherotypia, vedi in françese).

[4] A proposito di Debtocracy, vedi: «Dette: les Grecs et la Debtocracy», pubblicato il 13 luglio 2011.

[5] Panagiotis Lafazanis, uno dei dirigenti della Piattaforma di Sinistra in Syriza, ministro dell’energia, è stato dimissionato da Alexis Tsipras perché si è opposto all’accordo del 13 luglio 2015. P. Lafazanis dirige Unità Popolare, che dal 21 agosto 20125 riunisce i 25 deputati che hanno lasciato Syriza, la Piattaforma di Sinistra e altre forze della sinistra radicale.

[6] Nadia Valavani, viceministro delle Finanze, che si è dimessa dal governo il 15 luglio perché si opponeva all’accordo del 13 luglio 2015. Nadia Valavani è conosciuta per la sua coraggiosa attività nella resistenza alla dittatura dei colonnelli (1967 – 1974).

[7] Vedi in greco: ΣχόλιαΓιάνης Βαρουφάκης Debtocracy : Γιατί δεν συνυπέγραψα
http://www.protagon.gr/?i=protagon.el.article&id=6245, pubblicato l’11 Απριλίου 2011.

In questa lunga lettera, Yanis Varoufakis, spiega perché non sostiene la creazione del comitato cittadino di audit (ELE). Varoufakis spiega che l’economista James Galbraith gli ha chiesto il 2 febbraio 2011 se bisognava firmare l’appello per la creazione di ELE. Per la cronaca, sono io che avevo scritto a Galbraith per chiedergli di firmare l’appello internazionale. Nel lungo testo pubblicato nell’aprile 2011, Varoufakis dà anche il suo parere sul documentario Debtocracy, nel quale è intervistato.

Da notare che nel marzo 2011ero stato invitato da Synaspismos (il principale partito della coalizione Syriza, diretta da Alexis Tsipras prima che Syriza si trasformasse in partito nel 2013 ed eleggesse A. Tsipras come presidente) come conferenziere ad Atene a una grande conferenza internazionale, nel corso della quale sono intervenuti, tra gli altri, Y.Varoufakis, Alexis Tsipras, Y. Dragasakis… Una parte della mia conferenza è stata pubblicata in inglese in un libro edito ad Atene da Elena Papadopoulou e Gabriel Sakellaridis (Edited by), THE POLITICAL ECONOMY OF PUBLIC DEBT AND AUSTERITY IN THE EU, Transform, Athens, 2012.

Tra gli autori: Yanis Varoufakis, Alexis Tsipras, Nicos Chountis, Yannis Dragasakis, Euclid Tsakalotos, Éric Toussaint …
http://transform-network.net/uploads/tx_news/public_debt.pdf Il contributo di Yannis Varoufakis dà una buona idea del suo orientamento moderato (vedi una versione più sviluppata della sua posizione: http://yanisvaroufakis.eu/euro-crisis/modest-proposal/ ) mentre quella di Alexis Tsipras riprende l’orientamento più radicale adottato da Syriza fino a giugno 2012. Alexis Tsipras si pronuncia per un audit integrale del debito, la socializzazione delle banche, la tassazione dei beni della Chiesa… La versione françese del mio contributo è stata scritta nel gennaio 2011.

[8] La proposta in 5 punti di Syriza è stata presentata il 9 maggio 2012 da Alexis Tsipras quando è stato incaricato, tra i due turni delle elezioni del 2012, di tentare di costituire un governo. Vedi il quotidiano conservatore greco Ekathimerini: «Tsipras lays out five points of coalition talks», 9 maggio 2012,
http://www.ekathimerini.com/141399/article/ekathimerini/news/tsipras-lay.... Questi 5 punti erano ricavati dai 40 punti del programma di Syriza per le elezioni del 2012, «Greece: SYRIZA’s 40-point program», http://links.org.au/node/2888

Occorre sottolineare che tale programma esigeva in particolare la nazionalizzazione delle banche, la deprivatizzazione delle imprese vendute ai privati, la nazionalizzazione degli ospedali privati, riforme costituzionali per separare la Chiesa e lo Stato, dei referendum sui trattati europei, l’uscita dalla NATO, la fine dell’accordo militare con Israele…

[9] Vedi il video del mio discorso al 1er festival della gioventù di Syriza Vedi il testo completo.

[10] Ho avuto l’occasione di sviluppare questo punto di vista in una interview che ho rilasciato al quotidiano greco Il giornale dei redattori (I Efimerida ton Syntakton - vicino a Syriza) nell’ottobre 2014.

La versione originale in greco è disponibile su: http://www.efsyn.gr/?p=245093 In questa intervista, sono espresse in maniera chiara e netta le proposte alternative all’orientamento che è stato messo in pratica da Alexis Tsipras e dalla maggioranza della direzione di Syriza.

Nel febbraio 2013, ero già stato intervistato dallo stesso quotidiano e avevo espresso timori in rapporto alla moderazione delle proposte di Syriza. Vedi Éric Toussaint: «La Grèce doit suspendre unilatéralement le remboursement de sa dette».

L’intervista originale è stata pubblicata il 23 febbraio 2013 dal quotidiano greco «efsyn»(Il giornale dei redattori): http://www.efsyn.gr/?p=25897

[11] Vedi « Dette : Quelles stratégies en Europe ? », Discussione tra Syriza, Podemos, el Bloco de Esquerda e il CADTM sulle strategie per fare fronte alla crisi del debito in Europa (Parlamento europeo – 20 gennaio 2015).

[12] Vedi La Grèce devrait mettre sur pied une commission d’audit de sa dette Vedi anche: «Si un gouvernement Syriza appliquait à la lettre un règlement de l’UE sur la dette...» pubblicato il 22 gennaio 2015.

[13] Vedi sul sito del parlamento greco: ttp://www.hellenicparliament.gr/En... (only in greek) Occorre sottolineare che Zoe Konstantopoulou era stata molto chiara sul tema del non pagamento del debito illegittimo il 6 febbraio 2015 in un discours prononcé lors de son élection en tant que Présidente du Parlement hellénique.

[14] Vedi la critica di Manolis Glezos, deputato europeo di Syriza,
Glezos: «Je demande au Peuple grec de me pardonner d’avoir contribué à cette illusion», pubblicato il 22 febbraio 2015

[15] Vedi Éric Toussaint, « 4 avril 2015 : Journée historique pour la recherche de la vérité sur la dette grecque », pubblicato il 5 aprile 2015, Zoe Konstantopoulou, « Discours de la présidente du Parlement grec, Zoe Konstantopoulou, à la session inaugurale de la Commission de vérité de la dette publique », pubblicato il 5 aprile 2015, Sergi Cutillas « Chronique des interventions de l’exécutif grec au Comité d’audit de la dette grecque ».

[16] Vedi Définition des dettes illégitimes, illégales, odieuses et insoutenables et Termes de référence de la Commission pour la Vérité sur la Dette grecque

[17] Video : Intervention d’Éric Toussaint à la présentation du rapport préliminaire de la Commission de la vérité

Rapport préliminaire de la Commission pour la vérité sur la dette publique grecque.
Video : Conférence de presse de clôture au Parlement grec.

[18] Communiqué d’Éric Toussaint in seguito all’incontro con il ministro Dimitris Stratoulis che ha l’incarico delle pensioni, pubblicato il 15 maggio 2015

[19] La presidente del parlamento greco si è opposta a questo accordo, come vari ministri e deputati di Syriza. Vedi Discours de Zoé Konstantopoulou, présidente du parlement grec, sur le projet soumis par le gouvernement aux créanciers l’11/07/2015.

[20] Il giorno stesso ho pubblicato un articolo proponendo un’alternativa a questo accordo: Une alternative est possible au plan négocié entre Alexis Tsipras et les créanciers à Bruxelles, pubblicato il 13 luglio 2015

[21] 32 deputati di Syriza hanno votato contro questo accordo, con la presidente del parlamento greco e Yannis Varoufakis. Vedi Discours de Zoé Konstantopoulou en faveur du NON à l’accord imposé par les créanciers.

[22] Vedi Éric Toussaint, « Grèce : les conséquences de la capitulation » e Post-scriptum : Les conséquences de la capitulation.

[23] Avevo menzionato questa posizione in un’interview al quotidiano svizzero Le Courrier il 3 febbraio 2015.

Dinamo Press
01 09 2015

di Dimosthenis Papadatos-Anagnostopoulos*

Pubblichiamo un’interessante e approfondita riflessione di Dimosthenis Papadatos-Anagnostopoulos* che ripercorre alcuni passi ed errori che hanno portato SYRIZA all’esito finale delle trattative, a dover votare il terzo memorandum e alla spaccatura che sta vivendo proprio in questi giorni.

L’articolo è stato pubblicato prima dell’annuncio delle elezioni, dunque alcune cose sono già cambiate (tra queste la partecipazione dell’autore al Comitato Centrale del partito, da cui si è dimesso venerdì scorso). Ciononostante, rimane un testo molto utile a comprendere meglio gli avvenimenti degli ultimi mesi.

Chi non risica, non rosica. Dopo la rilevante approvazione delle assemblee nazionali di Germania, Olanda, Spagna, Austria e Lettonia, la Commissione Europea e l’ESM hanno annunciato l’approvazione del prestito biennale di 86 miliardi di euro alla Grecia. Questo accade solo pochi giorni dopo che il Parlamento ha approvato il terzo memorandum presentato da un governo di sinistra sostenuto dai partiti borghesi e dai media mainstream, ancora una volta dopo un iter parlamentare auto-umiliante e stringente sotto il peso di una decisione dell’Eurogruppo ancora in sospeso.

Dietro l’angolo ci sono un’altra elezione generale e un congresso del partito che era stato deciso dal Comitato Centrale ma è ancora da confermare [dimettendosi Tsipras ha evitato che il congresso si tenesse prima delle prossime elezioni, ndt], che sembrano niente più che un processo per riaffermare il predominio del Primo Ministro Tsipras sul partito e sul sistema politico. Se qualcuno avesse detto a inizio di luglio che saremmo arrivati a questo punto, sarebbe stato accusato di essere fuori dalla realtà. E invece.. siamo proprio qui!

Tutti noi che abbiamo lottato per SYRIZA negli ultimi 11 anni e soprattutto nei 7 anni dell’attacco della crisi, tutti noi che abbiamo sostenuto il primo governo di sinistra in Europa successivo alla Seconda Guerra Mondiale, tutti noi che abbiamo creduto che un simile governo, in fondo un governo di sinistra moderata, sarebbe potuto sopravvivere nelle tenebre neoliberali dell’UE, possiamo dire oggi che siamo nel mezzo di una sconfitta schiacciante. Questa sconfitta dovrebbe essere discussa e registrata come una sconfitta politica, non come un tradimento morale. Cioé, la capitolazione forzata del governo è un fallimento collettivo e rappresenta un inquietante segno dell’intrusione imperialista oltre ogni prerogativa democratica. Ci sono numerose ragioni oggettive e soggettive per questo fallimento – e per quanto riguarda le ultime, ci sono individui nella gerarchia del governo e del partito e nell’area ideologica e politica di SYRIZA, che condividono, anche se non in maniera eguale, questa responsabilità.

La situazione è già chiara: il trauma e le conseguenze di questa sconfitta, sigillata dal terzo Memorandum lascerà una traccia indelebile. SYRIZA non sarà mai più la stessa – e questa particolare “fine” è già un fattore chiave della crisi politica in corso. L’attuale crisi, come continuazione della crisi della rappresentanza del 2007, ha già avuto un impatto su tutte le manifestazioni delle forze politiche di sinistra in Europa nella sfida politica e sociale della fase del terzo Memorandum, che è appena iniziata. Ed è troppo presto per dire come potrebbe risolversi la crisi, figuriamoci per essere ottimisti sul suo esito. Nonostante questo, abbiamo urgentemente bisogno di tirare fuori delle “ipotesi di lavoro” rispetto ai prossimi passi, in modo da poter difendere i giovani e i lavoratori contro il terzo Memorandum, da mantenere lo scontro che il recente referendum ha dimostrato essere vivo – in modo che la sinistra per-il-NO [cioé quella che vuole dare seguito al NO del referendum, ndt] possa immaginare a cosa dovrebbe assomigliare nella nuova fase una sinistra capace di vincere.

Il referendum

L’ovvio punto di partenza di ogni valutazione e pianificazione è l’esito vittorioso di uno scontro di classe che ha assunto una dimensione internazionale il 5 luglio, che dopo solo una settimana è stato capovolto e ridotto all’umiliante accordo del governo con la Troika. Tutti noi che abbiamo combattuto in questa battaglia sappiamo che in termini politici il tempo non è mai sembrato più intenso, che il nostro scontro non è mai stato così genuino e per la sopravvivenza, che la gioia per questa vittoria collettiva non è mai stata più grande. Ma allo stesso tempo sappiamo che i deficit della dirigenza e nella pianificazione non sono mai stati così cruciali per un scontro di classe su questa scala: lasciatemi solo ricordare che fino al mercoledì prima del referendum non sapevamo proprio se il referendum ci sarebbe stato; fino al giovedì ascoltavamo i ministri e i deputati rassicurare l’elettorato che ci sarebbe stato un accordo (alcuni di loro si sono spinti al punto di suggerire di votare SÍ); per un’intera settimana siamo stati testimoni della neutralità dell’emittente pubblica ERT mentre i media borghesi complottavano e il nostro popolo veniva ricattato sui posti di lavoro e alle code dei bancomat senza che noi fossimo in grado di difenderlo. Il governo ha giustamente condannato il colpo di Stato dell’UE. In quei giorni, semplicemente distribuendo volantini ci siamo sentiti come se fossimo membri dell’Unidad Popular mentre Allende era minacciato.

Questo è un punto chiave che dobbiamo considerare: che il referendum, vale a dire il coinvolgimento dei cittadini, è stata una scelta quasi istintiva del governo, nel tentativo di fermare la spirale discendente dei negoziati – una specie di spasmo di sopravvivenza appena prima di affogare; l’interruzione di una tattica continua di compromesso con i vertici e di continue pacificazioni della base (l’accordo è stato una “questione di giorni” per quattro mesi…) e di una tattica che, già dal 20 febbraio, non prevedeva assolutamente alcun ruolo per le masse, e nessun ruolo per SYRIZA come partito.

Dall’(ultra)continuità dello Stato alla capitolazione di classe

Ma se la moneta e il supporto del popolo sono oggi le fonti del potere nelle nostre società, il governo ha sospeso il suo fondamentale vantaggio per cinque mesi, non schierando le masse. Invece, ha chiamato il popolo in prima fila quando la sua tattica era già fallita sotto uno schiacciante rapporto di forza, quando la sua “linea rossa” si era già sbiadita nella “proposta di 47 pagine”, che in sé era difficile da difendere a causa della mancanza di potere. Questa fase si è conclusa con le masse ancora una volta dalla parte del progetto del governo, con l’interpretazione rassegnata del mandato del referendum e con la riunione dei leader dei partiti politici, completamente fuori da qualsiasi procedura del partito.

Ovviamente la responsabilità di queste scelte è diversa per ognuna delle persone coinvolte e può essere chiaramente attribuita ad alcuni noti individui. Allo stesso tempo i documenti costitutivi di SYRIZA avevano previsto che i negoziati non sarebbero stati una discussione amichevole tra partner. Questo tipo di modello di governance non partecipativa, con il partito completamente soggetto al governo, non era l’opzione preferita da tutti. Nonostante ciò, la valutazione della sinistra non può essere limitata a specifici momenti nel tempo o a particolari individui, dovrebbe dipendere da processi più ampi e, in ultimo, dal livello della lotta di classe. Quello che voglio dire è che invece di parlare di “tradimento” e traditori al più alto livello della dirigenza, sarebbe molto più costruttivo sostenere che la borghesia greca ha combattuto una battaglia di sopravvivenza per il SÍ contro un solido blocco internazionale, attivando meccanismi e alleanza al fine di supportare l’obiettivo altrettanto necessario alla sua sopravvivenza di restare nell’Eurozona.

Dall’altro lato e nella misura in cui il ricatto “Memorandum o default disordinato e Grexit” era genuino e veritiero, il governo avrebbe dovuto prepararsi a condizioni rivoluzionarie. In un tentativo di evitare queste condizioni, il piano del governo è stato quindi limitato a spostare il confronto da un livello di potere economico e politico in Grecia e nell’UE a un livello di “salvataggio nazionale” e “comune sentire europeo”. Questo è il motivo per cui alla fine si è ridotto a un tentativo di evitare il peggio scegliendo l’opzione meno orribile.

Questo spostamento e il conseguente ritiro dallo scontro hanno portato: (A) alle ambiguità programmatiche e alla retorica nazional-populista durante la campagna elettorale prima delle elezioni generali del 25 gennaio, (B) alle scelte di Pavlopoulos per la Presidenza della Repubblica, dei politici di ANEL e DIMAR per ministeri chiave, nonché all’assegnazione di “esperti tecnici” appartenenti all’establishment in posizioni chiave nel governo e nel più ampio settore pubblico, e (C) alla celebrazione della “vittoria” dell’accordo del 20 febbraio nonostante il fatto che il governo si impegnava a ripagare “per intero e in tempo” un debito insostenibile e ad astenersi da ogni “cambio unilaterale di politiche e riforme strutturali che avrebbero avuto un effetto opposto sugli obiettivi fiscali, sulla ripresa dell’economia e la stabilità finanziaria in base alla valutazione delle istituzioni” [con istituzioni qui si intende la Troika, ndt].

La crisi politica

Delineare lo sfondo della capitolazione del 12 luglio e del voto del terzo Memorandum il 14 agosto, è importante perché ci permette di fare un passo in avanti da una discussione su piani e pianificazione che domina il discorso pubblico della sinistra e ci aiuta a capire che qualsiasi “piano” richiede una soggettività – una soggettività che SYRIZA ha fallito nel determinare mentre mentre era all’opposizione. Una soggettività che avrebbe avuto una chiara comprensione dei limiti e delle potenzialità delle circostanze, che avrebbe capito che non c’è spazio per una via di mezzo nel mezzo di una crisi e di una feroce lotta di classe senza ritorno e che sarebbe stata in grado di aiutare a disegnare la tattica e la strategia necessarie, invece di sostituire l’una con l’altra.

Non è per niente certo che questa ipotesi avrebbe portato SYRIZA alla vittoria delle elezioni di gennaio e nemmeno che avrebbe permesso a SYRIZA di riequilibrare la pressione di una UE totalitaria che, al di là delle sue rivalità interne, resta unita sulla base della razionalità di classe e dell’austerità estrema. Tuttavia, è assolutamente certo che se la strategia di SYRIZA non fosse stata così esclusivamente centrata sul parlamento, se SYRIZA fosse stata sicura che c’era qualcosa in più della pianificazione e del processo decisionale rispetto alla discussione tecnica superficiale sulla moneta nazionale, se SYRIZA avesse proceduto ad azioni unilaterali sul sistema bancario per fronteggiare la fuga di capitali e sul sistema fiscale per aumentare i fondi necessari per una politica completa che avrebbe sostenuto i gruppi sociali che rappresentava, se non avesse abbandonato le strade, se SYRIZA avesse creduto realmente in quello che predicava rispetto all’UE e all’euro, in breve, se SYRIZA avesse combattuto la battaglia su un reale livello di potere invece di rimanere nel mondo immaginario di una soluzione benefica sia per i lupi che per le pecore, le cose oggi sarebbero diverse.

Invece di quei “se”, abbiamo un governo che assomiglia tristemente e sempre più all’ultima DIMAR [partito di centro-sinistra nato da una scissione del PASOK, ndt], un partito che è sull’orlo di un’irrevocabile spaccatura. Il terzo Memorandum è disegnato con una tale precisione che SYRIZA strangola con le sue mani i gruppi sociali che ha rappresentato fino al 2010, uno ad uno. E fa questo in un contesto di stretto monitoraggio che lascia poco spazio per le manovre. E tutto ciò sta accadendo nonostante ognuno sappia che il programma sia tutt’altro che fattibile e mentre la Grexit continuerà a incombere sulle nostre teste sia come mezzo per disciplinare il governo – e così accelerare la sua mutazione pro-Memorandum –, sia come la possible destinazione finale del nuovo corso.

Limiti, bisogni e possibilità

Oggi c’è poco spazio per l’ottimismo per una serie di ragioni: il fatto che alcune parti della società hanno familiarizzato con la realtà del Memorandum; la magra consolazione che il governo almeno ha portato avanti una lotta; il predominio del Primo Ministro dentro SYRIZA e nel sistema politico; il fatto che perfino le correnti radicali sono intrappolate in una vera e propria impasse; nonché l’aggressiva giustificazione del Memorandum come una strada senza alternative da parte del governo e del partito che ha spinto le cose al limite con l’aiuto della Troika e della borghesia greca. Di conseguenza, la ferita nel corpo del partito che ha sostenuto le proteste di dicembre [2008 successive all’omicidio di Alexis Grigoropoulos, ndt], le proteste nelle piazze e la battaglia contro i Memorandum avrà bisogno di molto tempo e sforzo per guarire – ammesso che sia possibile che guarisca. Ma se questo è vero, allora è anche vero che l’intensa fase politica chiama a riorganizzarsi il prima possibile.

Ovviamente se SYRIZA si trasformerà in DIMAR, se, in altre parole, SYRIZA internalizzerà l’effetto di un colpo di Stato come suo stesso programma, se SYRIZA passerà dal “niente sacrifici per l’euro” al “rimanere al potere, col Memorandum e nell’euro a tutti i costi”, allora SYRIZA morirà nel medio periodo. È anche chiaro che SYRIZA non può continuare a promettere “negoziati più duri”, in un’Unione Europea che ha dimostrato di essere ostile a ogni idea di sovranità popolare. Quindi, per mantenere il discorso che ha costruito in questi anni, soprattutto di fronte alla minaccia reale del partito neo-nazista, SYRIZA ha bisogno di scontrarsi con il Memorandum, la borghesia greca e l’UE. Ha bisogno di qualcosa che non è accaduto quando il rapporto di forza era più favorevole: la nazionalizzazione delle banche sotto il controllo sociale, la pesante tassazione dei capitali, l’ottenimento di una solidarietà politica e concreta da parte della comunità che ha riconosciuto il 12 luglio come un colpo di Stato, l’internazionalizzazione della lotta contro l’UE, le proteste.

Senza dubbio, la sinistra per-il-NO affronterebbe meglio un governo pro-Memorandum guidato da SYRIZA che la marmaglia che ha approfittato del potere fino allo scorso gennaio. Ma allo stesso modo la sinistra per-il-NO deve necessariamente guardare oltre a questo, verso un nuovo cammino attraverso lo sviluppo della soggettività e del piano necessari. Fino ad ora, all’interno di SYRIZA e della sinistra c’è stata solo propaganda, piuttosto che una elaborazione seria per l’alternativa da far funzionare in termini tecnici (cioé bancomat, cambio della valuta dei contratti, gestione dell’inflazione e delle importazioni necessarie) e soprattutto in termini politici e sociali. Questa dovrebbe essere la missione di una sinistra per-il-NO unita che rispetti le diverse strade e i punti di vista soggettivi, mentre assicura le condizioni per una lotta unitaria e qaunto più possibile efficace. Siccome l’ultima alternativa democratica è stata spazzata via dal ricatto della Troika, siccome adesso la lotta è per i bisogni basilari (forniture d’acqua e di energia, casa, democrazia), la nostra comune lotta sarà una lotta per la sopravvivenza: dobbiamo prepararci a questo il prima possibile, ma, soprattutto, dobbiamo vincere.

* Dimosthenis Papadatos-Anagnostopoulos è membro della redazione di RedNotebook e AnalyzeGreece!

Tradotto in inglese da Mary Zambetaki per AnalyzeGreece!, tradotto in italiano da Atene Calling
Dello stesso autore, leggi anche su atenecalling: La politica di SYRIZA: neokynesiana o anti-capitalista?

Un brutto accordo e un leader europeista

Grecia-Austerity
E' un accordo brutto, bruttissimo, degno di un'eurozona ancora più brutta, addirittura repellente e raccapricciante. A immagine e somiglianza, si direbbe, di Wolfgang Schauble, il politico più popolare in Germania in questi giorni. Alla fine, però, questo fine settimana di passione non ha prodotto soltanto bruttissimi compromessi e infami ricatti.
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