Pagina99
20 05 2014
Dopo quattro anni di feroce austerità il voto per le amministrative premia l'organizzazione neonazista greca: oltre 16 per cento dei voti nella capitale greca. Syriza, il partito della sinistra, tiene a fatica. Mentre le sigle tradizionali si sono presentate sotto liste indipendenti, per intercettare il voto «antipolitico»
ATENE - Il volto del primo turno delle amministrative di ieri in Grecia è quello di un mostro dal nome Alba dorata. La formazione neonazista è l'unica vera vincitrice delle elezioni. Entrata per la prima volta in parlamento nel giugno del 2012, quando aveva eletto 18 deputati (pari al 6,9 per cento dei voti), questa volta Alba dorata ha trionfato.
Nella capitale, dove vive circa la metà dei greci, il candidato sindaco neonazista ha ottenuto il 16,1 per cento dei voti; il collega, candidato alla regione Attica, l'11,1 per cento. Nessuno dei due passa ai ballottaggi, essendo al quarti posto, ma poco importa: perché Alba dorata è qui per restare e la città di Atene si dimostra il cuore pulsante dell'estrema destra greca che, già alle amministrative del 2010, era riuscita a conquistare un seggio al consiglio comunale ateniese.
È stata un'ascesa politica fulminante, sancita dal voto di domenica. Lo ha riconosciuto il ministro conservatore della pubblica sicurezza, il cinquantacinquenne Nikos Dendias, che ha dichiarato in tivù: «la vicenda Alba dorata mi accompagnerà fino alla morte». Parole inquietanti.
Del resto gli elettori dei neonazisti hanno dimostrato di non tenere in alcun conto le inchieste della magistratura. Queste hanno rivelato anche ai più increduli l'operato criminale di Alba dorata, accusata di decine di omicidi e aggressioni e di aver costruito una struttura paramilitare. Le indagini sono costate ai vertici di Alba dorata la carcerazione preventiva, nonché il rinvio a giudizio di quasi tutto il gruppo parlamentare; fra i deputati sotto inchiesta ci sono proprio i candidati al comune di Atene e alla regione Attica, Ilias Kasidiaris e Ilias Panaghiotaros.
I due partiti della coalizione di governo, centro destra (Nea Dimocratia) e centro sinistra (guidata dal Pasok), perdono poco della loro forza elettorale: e questo nonostante la Grecia attraversi la più feroce crisi economica dal dopoguerra, quattro anni di politiche di austerità (emanate proprio dai governi di questi due partiti) e nonostante i due partiti siano riconosciuti come la causa principale dei mali ellenici. Eppure entrambi mantengono le proprie posizioni: le peculiarità del voto amministrativo fanno emergere retaggi dello stato clientelare sapientemente costruito nei decenni.
Ai ballottaggi delle regionali, che si terranno la stessa domenica delle elezioni europee, Nea Dimocratia parteciperà in dodici regioni su tredici, e il Pasok in sette. Questo però grazie a una aparente resa: nella maggior parte dei casi le liste da loro sostenute sono liste «indipendenti». Poche le donne in lizza: solo il 10 per cento dei 1.447 candidati in totale. Soprattutto, quelle liste «indipendenti» sono composte per lo più da persone che hanno scoperto la propria libertà politica solo a poche settimane dal voto, per potersi presentare come «puri» a un elettorato sospettoso verso il passato dei membri dei partiti tradizionali. Così, nella regione più popolosa e nel comune più grande della Grecia (Atene e l'Attica), in cui la crisi morde di più, Nea Dimocratia al primo turno delle amministrative è completamente scomparsa e il Pasok si vede costretto ad affrontare, il 25 maggio, la sinistra di Syriza.
La forza politica guidata da Alexis Tzipras infatti è riuscita a ottenere il 20 per cento al comune di Atene e il 23,8 per cento alla regione Attica. È un risultato per certi versi soprendente, anche se nell'insieme quella di ieri non è stata una buona giornata per Syriza: nel 2012, quando sembrava a un soffio dall'andare al governo, aveva quasi il 27 per cento dei voti; ora partecipa ai ballottaggi in solo quattro regioni oltre ad Atene e l'Attica, e anche nella capitale perde una parte importante dei voti che aveva.
Questo non deve sorprendere: in fondo Syriza è diventato un grande partito appena due anni fa, e questa è la prima volta che partecipa a elezioni amministrative. Delineare le liste può essere estremamente complicato, per Syriza lo è stato; nei piccoli comuni, dove il corpo elettorale è più esiguo, le scelte non possono seguire logiche di partito ma devono tenere conto di equilibri e realtà locali.
Le europee e i ballottaggi sono fra sei giorni. Intanto, Atene e l'Attica premiano Syriza ma premiano anche, e per l'ennesima volta, Alba dorata. La formazione neonazista ha davvero perso solo al Pireo, uno dei più grandi porti del Mediterraneo, dove è arrivata prima la lista guidata dal braccio destro del padrone della squadra di calcio Olimpiakos. Uomini senza partito e completamente digiuni di cultura politica rappresentano, con Alba dorata, il trionfo dell'anti politica in Grecia.
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Amnesty International
03 04 2014
Rapporto di Amnesty International sulla Grecia: impunità, forza eccessiva e legami con alba dorata, una macchia sulla polizia
Una duratura cultura fatta di impunità, razzismo e violenza endemica, che si esprime anche attraverso l'uso della forza contro i manifestanti e i maltrattamenti ai danni di migranti e rifugiati: è quanto emerge dalla ricerca pubblicata oggi da Amnesty International sulle forze di polizia in Grecia, preceduta da un'inchiesta ufficiale sui legami tra la polizia e il gruppo estremista Alba dorata.
Lo scorso dicembre quasi 50 persone tra cui il leader di Alba dorata, due agenti di polizia e cinque parlamentari, sono stati arrestati e accusati di reati che vanno dall'omicidio all'uso di esplosivi fino al ricatto. Dieci agenti di polizia sono risultati collegati direttamente o indirettamente ad azioni criminali attribuite a membri di Alba dorata.
Ora la ricerca di Amnesty International, "Farsi le leggi da soli. Una cultura di abuso e d'impunità in Grecia", denuncia le numerose e persistenti violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia, la completa mancanza di assunzione di responsabilità e l'assenza di indagini rapide, esaustive e imparziali sulle denunce a loro carico.
"Le nostre ricerche hanno evidenziato che la rovinosa vicenda dei rapporti con Alba dorata è solo la punta dell'iceberg. Un profondo razzismo, l'uso eccessivo della forza e una radicata impunità costituiscono una macchia per la polizia greca. I vari governi che si sono succeduti finora non hanno riconosciuto, né tantomeno contrastato, queste violazioni e l'impunità" - ha dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.
"C'è urgente bisogno di una riforma strutturale complessiva delle forze di polizia, che comprenda la creazione di un meccanismo indipendente in grado di indagare sulle denunce di condotta illegale da parte degli agenti di polizia. Le autorità greche devono ripristinare la fiducia della società verso le forze di polizia" - ha aggiunto Tigani.
Amnesty International documenta da molti anni il comportamento illegale delle forze di polizia greche. La ricerca diffusa oggi conferma che la situazione resta sconfortante. Alla fine del mese scorso, nella prigione di Nigrita, nel nord del paese, la polizia ha picchiato a morte un detenuto in isolamento. L'autopsia ha rivelato numerosi colpi sulle piante dei piedi e al petto nonché bruciature sulle mani.
Negli ultimi tre anni c'è stato un drammatico aumento degli attacchi motivati da odio nei confronti di rifugiati e migranti. Crimini dell'odio sono stati registrati anche contro la comunità rom e persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti). Le forze di polizia non hanno saputo impedire questi attacchi o indagare sui moventi di odio che li avevano ispirati.
"Agendo in questo modo, la polizia greca si mostra indulgente verso i gruppi xenofobi di estrema destra che vogliono attaccare chiunque non si conformi alla loro idea di società" - ha sottolineato Tigani.
"La polizia viene usata dalle autorità in modo indiscriminato. Invece di mantenere la legge e l'ordine, spesso le viene affidato il compito di stroncare il dissenso e perseguitare chi appartiene a gruppi vulnerabili. Le azioni delle forze di polizia sono prive di monitoraggio indipendente e i loro comportamenti restano impuniti. Questo deve cambiare" - ha concluso Tigani.
Alba dorata
Il 17 settembre 2013 Pavlos Fyssas, musicista e attivista antifascista, è stato accoltellato a morte nella periferia di Atene da un militante di Alba dorata, Giorgios Roupakias. I testimoni hanno riferito alla stampa che otto agenti del reparto motorizzato di polizia erano già presenti quando Fyssas e i suoi amici vennero aggrediti, ma non intervennero.
Il giorno dopo, la polizia antisommossa ha disperso, con manganelli e agenti chimici, una manifestazione di protesta per l'omicidio di Fyssas: 31 persone hanno dovuto ricorrere alle cure mediche, molte per ferite alla testa causate dai manganelli, dai caschi e dagli scudi degli agenti. In precedenza, i manifestanti erano stati presi a sassate da militanti di estrema destra, senza che la polizia fosse intervenuta. Alla fine della giornata, un manifestante di 32 anni aveva perso l'occhio destro. Da allora, è stato sottoposto a tre interventi chirurgici.
Dall'omicidio di Pavlos Fyssas ha preso il via un'ampia indagine della polizia sulle attività di Alba dorata e i suoi legami con le stesse forze di polizia.
Trattamento brutale di migranti e rifugiati
La polizia greca ha il compito di controllare l'immigrazione e arrestare ed espellere i migranti irregolari. Nell'ambito dell'operazione "Xenios Zeus", tra aprile 2012 e giugno 2013, sono stati fermati per controlli d'identità oltre 120.000 cittadini stranieri, solo il cinque per cento dei quali (7000) è stato trovato privo di documenti.
K., un rifugiato siriano, ha denunciato i maltrattamenti subiti nel febbraio 2013 nel centro di detenzione per migranti di Corinto: "Quell'agente iniziò a prendermi a calci. Cercavo di stare in piedi e lui mi colpiva ancora. Poi chiese a due colleghi di portarmi in una stanza dove gli altri detenuti non potessero vedermi. Lì, il poliziotto prese a darmi calci sul petto. Poi un altro poliziotto mi schiaffeggiò e mi prese a pugni sul volto".
Crimini dell'odio
Nel gennaio 2013, due cittadini greci hanno accoltellato a morte Shehzad Luqman, un cittadino pachistano residente in Grecia. La polizia e la magistratura non hanno preso in considerazione il possibile movente razzista dell'attacco. Questo omicidio ha mostrato molti elementi in comune con gli attacchi razzisti di una "squadra d'assalto" legata ad Alba dorata. Il processo è in corso. Nel settembre 2013, una donna greca è stata ripresa con una telecamera mentre prendeva a calci una bambina rom che suonava la fisarmonica in una strada pedonale sotto l'Acropoli, ad Atene. La polizia ha aperto un'inchiesta e ha preso in considerazione il movente dell'odio solo grazie all'insistenza dell'organizzazione non governativa Helsinki Monitor Grecia.
Leggi il rapporto in inglese
FINE DEL COMUNICATO Roma, 3 aprile 2014
Per interviste: Amnesty International Italia - Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348 6974361, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Globalist
28 02 2014
Per sabato Forza Nuova ha organizzato un convegno con tutti i movimenti neonazisti, compresa Alba Dorata. La protesta delle forze democratiche.
È allerta nella Capitale, dove tra meno di 48 è in programma un grosso raduno nazifascista. Questo sabato le forze di estrema destra si riuniranno in occasione del convegno organizzato da Forza Nuova dal titolo "L'Europa risorge". Un'iniziativa a cui presenzieranno i nomi più noti dell'estremismo nel continente e che per questo, si teme, richiameranno molti militanti.
Alla manifestazione, in programma dalle 17 all'Hotel Pineta Palace, sarà presente ovviamente Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova. Insieme a lui, parteciperanno il deputato greco di Alba dorata Antonios Gregos, il Presidente del partito nazionalista spagnolo Democracia National Manolo Canduela e l'eurodeputato britannico e Presidente del British National Party, Nicholas Griffin. In programma anche un collegamento audiovisivo con il partito Elam, da Cipro.
Un raduno che rischia di diventare scomodo per la città, dove le forze democratiche sono già in allarme. La richiesta è che la manifestazione venga vietata. "Sono affissi in tutta la città manifesti che - si legge nella nota del capogruppo Sel in Campidoglio, Gianluca Peciola - indicono un raduno nazifascista a Roma per il primo marzo". Roma, continua, "non può ospitare convegni di forze politiche che si ispirano al fascismo. La nostra città non può essere oltraggiata dalla sfilata di formazioni politiche che evocano i peggiori scenari della storia contemporanea. Roma città medaglia d'oro della Resistenza rifiuta e si oppone ai rigurgiti del peggior nazionalismo. Chiedo al Ministro dell'Interno e al Prefetto - conclude - di non autorizzare lo svolgimento di questo raduno".
Osservatorio Iraq
14 01 2014
A tre giorni dall'evento "Fuggire, Migrare, Sopravvivere", che si terrà il 16 gennaio a Roma, abbiamo incontrato il regista Paolo Martino per raccogliere la testimonianza di chi, da anni, lavora in prima linea sull'argomento.
Iniziamo dal tuo penultimo lavoro, "Riammessi". Il cortometraggio è girato a Patrasso, in una Gecia martoriata dalla crisi economica e dove si osserva l'emergere di preoccupanti rigurgiti di estrema destra, come Alba Dorata…
Patrasso l'ho descritta più volte come una città caotica, il ritratto della Grecia di questi ultimi anni. La questione dei migranti si inserisce in un contesto già di per se drammatico. I greci stessi, da alcuni anni, hanno sostituito i migranti nella code fuori dalle sedi della Caritas e delle altre organizzazioni di carità.
Patrasso è l'anello di un girone infernale. Patrasso come Igoumenitsa. E' chiaro che quando peggiorano le condizioni di vita della popolazione locale, peggiorano conseguentemente quelle di tutti i migranti. La Grecia è un paese smarrito.
E questo porta un cambiamento nell'atteggiamento della parte della popolazione locale...
Chiaramente questo è un dato che non può essere escluso dalla nostra analisi e del resto l'insofferenza degli abitanti si traduce in un crescente sostegno alle forze di estrema destra. Fonti non ufficiali raccolte in loco mi hanno rivelato che circa il 60-70% dei poliziotti greci appartiene alle fila di Alba Dorata. Non è detto che nel corso della loro funzione pubblica lascino trasparire la loro fede politica, ma è un dato di cui tenere certamente conto.
Tuttavia, a volte, nella comune sofferenza avvengono atti di straordinaria solidarietà, con greci che riempiono le loro macchine di cibo e vestititi e li distribuiscono gratuitamente. L'umanità a volte ha il meglio su tutto. Poi però incontri i migranti e vedi sulla loro pelle le cicatrici della violenza provocate dai raid dei vari gruppi fascisti o dalla polizia.
Io stesso, durante le visite effettuate alle centrali di polizia, ho potuto vedere alcune scene non certamente edificanti per la Grecia così come per tutta l'Europa.
Quando si arriva in Italia, poi, non è che il clima sia migliore.
L'Italia attraversa a sua volta un trend economico negativo e forti tensioni sociali. E' un paese che dal punto di vista dei diritti umani ha una lunga storia in merito, ma negli ultimi tempi si sono create aree oscure, buchi neri, come ad esempio i porti e le carceri.
Nel primo caso l'autorità portuale non concede nulla alla società civile. Quello che accade all'interno dei porti rimane lì e noi sappiamo quali siano le gravi violazioni che i ragazzi intervistati nei cortometraggi ci hanno raccontato. Diritti violati dunque, ma anche sogni infranti perché l'Italia per moltissimi ha rappresentato una chimera. Oggi comunque i migranti scappano da qui perché non trovano lavoro.
Sfatiamo dunque un mito, quello dell'invasione, incentivato da certa stampa sensazionalista e ben sfruttato dalle forze xenofobe e razziste.
Ti faccio un esempio a mio parere lampante: i profughi siriani. Nessuno dei profughi siriani che scappa dalla guerra pensa all'Italia come sua destinazione finale: nessuno. L'Italia è solo un passaggio quasi obbligato verso i paesi scandinavi del Nord Europa, che sono il vero obiettivo di gran parte dei migranti.
I siriani che si imbarcano verso Lampedusa o che passano dal mare Adriatico non hanno alcuna intenzione di restare all'interno dei nostri confini. Conoscono bene il regolamento di Dublino 2 e quindi provano in ogni modo a non farsi prendere le impronte digitali.
I tuoi lavori hanno il filo conduttore del “viaggio”. Quante rotte esistono per migrare verso il Vecchio continente?
Quando scrissi "Mussa Khan", partii proprio con l'idea di ripercorre una rotta migratoria. Diverse anime, differenti origini, motivazioni opposte: tutto ciò si rimescola in un viaggio che per me è partito dal remoto Afghanistan.
Viaggi complicatissimi, ma ben motivati, passando attraverso Iran e Turchia. Un viaggio che chiaramente non possono affrontare tutti. Si parte dall'Iraq, dalla Palestina, dal Caucaso, dall'Africa subsahariana come dall'Africa del Nord e si punta verso la Turchia che, in base ad una legislazione in materia di visti piuttosto favorevole per le popolazioni arabe, si configura come un vero e proprio hub regionale per le migrazioni. Istanbul è composta per la maggior parte da migranti in transito.
Viaggi nei quali è a volte impossibile farcela da soli...
Su questo aspetto ho lavorato molto nel mio ultimo lavoro, "Terra di Transito". Un lavoro che si apre proprio con un'intervista ad un trafficante curdo che organizza viaggi da Bari in macchina verso il Nord Europa.
Viaggiare in macchina permette infatti di essere meno rintracciabili rispetto al treno e molti si affidano a questi soggetti per tentare di raggiungere il paese finale di destinazione. In alcuni casi potremmo addirittura non chiamarli trafficanti, ma usare, come del resto moltissimi migranti fanno, il termine francese passeur traducibile con il nostro “facilitatore”.
Il passeur è per molti l'unica speranza di giungere alla meta, tanto è vero che in molti casi i migranti stessi coprono, proteggono, queste figure. Bisogna inoltre fare una differenza a seconda delle rotte che si attraversano.
Il passeur curdo riceve i suoi soldi a destinazione raggiunta, mentre quelli cui si affidano gli africani per passare la fascia del Sahara ottengono il denaro prima e spesso imbrogliano i migranti. Per intraprendere il viaggio verso l'Europa si parte da una sofferenza incredibile, ma anche da una volontà di cambiare di evolvere verso il meglio.
Detta così però sembra quasi che si stia trovando una giustificazione al loro operato.
Voglio essere chiaro: lo sfruttamento di una condizione di debolezza ed inferiorità è da condannare in ogni sua forma, tuttavia la questione è molto più complessa di quanto non la facciano apparire i mass media. Il “trafficante” è la conseguenza inevitabile di un quadro di riferimento europeo del tutto insufficiente.
Non voglio fornire un giudizio morale, solo esporre il mio punto di vista attraverso un esempio. Uno dei tanti migranti intervistati è rimasto bloccato un anno a Igoumenitsa. Per oltre 365 giorni quest'uomo ha provato ad attraversare il lembo di mare che separa Italia e Grecia in ogni modo: è dimagrito 15-20 chili. Poi, affidandosi ad un passeur e con 2.500 euro in 72 ore è riuscito a passare ed oggi ha potuto fare domanda di asilo per motivazioni politiche.
Paradossalmente, per vedere riconosciuto il proprio diritto all'asilo, quest'uomo è dovuto arrivare sino a qui e l'unico modo è stato affidarsi una un trafficante. Gli stati europei affermano di garantire il diritto d'asilo, però sembrano non tenere conto di tutte le difficoltà che quel richiedente asilo deve affrontare per arrivare a presentare la domanda. Questa, a mio parere, è ipocrisia.
Ed una volta arrivate, queste persone trovano finalmente in Europa ciò che cercavano?
Come detto, l'Italia è ormai una terra di transito, di passaggio ed ormai è una delusione continua per tutti. Il Nord Europa però riesce effettivamente a garantire i diritti necessari a queste persone affinché la loro integrità si preservata ed affinché possano ottenere il giusto riconoscimento.
Direi di sì, in Scandinavia la loro vita migliora sensibilmente e pochissimi pensano di tornare indietro. Tuttavia, ogni caso è diverso dall'altro. Pensiamo alla Siria dove moltissimi hanno deciso di costruire campi profughi nelle immediate vicinanze o proprio a ridosso dello zero point del confine con la Turchia, rimanendo da questa parte del reticolato.
Molti preferiscono morire nella propria terra piuttosto che scappare, ma ripeto ogni storia è a sé, indipendente dall'altra. Tra i ragazzi intervistati ho ritrovato non solo sofferenza, ma anche la volontà di conoscere il diverso, l'altro, un senso di avventura e di scoperta. La sofferenza, in questi casi, la si dà quasi per scontata purtroppo.
Il Fatto Quotidiano
13 01 2014