Almeno un miliardo di persone oggi cercherà di ricordare a se stesse e al resto dell'umanità che il Climate change, il cambiamento del clima, è un problema di tutti, che molti dimenticano, ma che non è possibile dimenticare. Intanto perché è già in atto. ...
12 04 2013

Che le donne siano le più attente all’ambiente è noto, e altrettanto noto è che sono le più attive sul fronte del riciclaggio e della raccolta differenziata (vetro, carta, plastica, umido). Cioè sono quelle che in famiglia sono in prima linea nelle buone pratiche ecologiche, mentre gli uomini a volte se ne dimenticano. “Fare la differenziata è inutile, perché quando la raccolgono finisce tutto insieme”, dicono. Una tipica scusa per non fare nulla, perché “fare”, anche una piccola cosa come la differenziata, costa fatica e poi – ovviamente – tutti a lamentarsi che l’ambiente fa schifo, che si dovrebbe fare (leggi: gli altri) qualcosa e via dicendo.

Le donne, invece, parlano poco e “fanno la cosa giusta”. Anche perché la cura dell’ambiente non inizia con i grandi progetti, ma in casa, nelle piccole cose.

Mariagrazia De Castro si rivolge proprio alle donne nel suo libro Economia domestica ad impatto zero, edizioni Simple (intanto per avere anche un titolo a impatto zero poteva tagliare la “D” eufonica, ndr). Ma già nella copertina (scelta sua o della casa editrice?) in un certo qual modo si limita: compare una donna in grembiule e guanti di gomma, pronta ai lavori di casa. Non entriamo nell’eterna diatriba che i lavori domestici dovrebbero essere condivisi anche dagli uomini.

La domanda è un’altra: per il bene delle nostre comunità, per il bene dell’intero pianeta,

    è più saggio migliorare le buone pratiche ecologiche di casa rivolgendosi alle donne (che però già in buona parte le praticano), oppure sarebbe meglio ampliare già da subito il discorso agli uomini che, dati alla mano, sono i principali contributori all’inquinamento globale?

Paolo Virtuani

Il Fatto Quotidiano
21 03 2013

L'imprenditrice Mara Longhin: "Promuoviamo l’integrazione di genere nel settore agricolo", spiega la presidente di "Donne in Campo", voce femminile della Confederazione dal 1999 che oggi conta 14mila iscritte. A chi governerà, l'associazione chiede soluzioni per snellire la burocrazia e "far ripartire il motore del Paese"

“Donne in Campo è la voce femminile all’interno della Confederazione italiana agricoltori. Il nostro primo obiettivo è quello di promuovere l’imprenditorialità al femminile. Lo facciamo abbracciando una visione multifunzionale dell’agricoltura, ossia sostenibile, basata sulla capacità di produrre cibo coniugata con salute, sicurezza e salvaguardia di suolo e paesaggio”. A parlare è Mara Longhin, imprenditrice agricola e presidente di "Donne in Campo".

Dal 1999 questa associazione si occupa di promuovere le iniziative imprenditoriali femminili nel settore agricolo e di favorire l’integrazione di genere. Donne in Campo è composta da imprenditrici attive in tutte le regioni d’Italia. E organizza convegni, mercati, fiere, seminari e corsi di formazione sul tema. Le iscritte all’associazione considerano i prodotti agricoli delle “creazioni culturali” che contraddistinguono l’identità di un popolo e di un territorio. L’8 marzo hanno partecipato a Venezia a una mostra-mercato di “sapori nazionali” tutti al femminile. Ma periodicamente espongono i propri prodotti nelle città più importanti del paese.

“Portiamo in piazza dall’olio allo zafferano, dal formaggio al vino di qualità. E poi erbe, tisane, marmellate. Con questi prodotti vogliamo raccontare la cultura di impresa delle donne”. Tra gli obiettivi c’è anche l’inserimento di figure femminili negli organi direttivi delle aziende, nonché la convivenza di etica e business in agricoltura. Ma uno dei traguardi principali resta quello di ‘fare rete’, di costruire una comunità solidale di imprenditrici. E pare che, a livello numerico, le donne dell’associazione siano sulla buona strada: attualmente le tesserate sono circa 14.000. “Siamo moltissime. Siccome l’associazione si basa sul volontariato, non sempre si riesce a conciliare questo impegno con il lavoro nelle nostre piccole aziende – continua la Longhin. – Da questo punto di vista, infatti, ci sono regioni in cui la partecipazione è più debole e altre in cui è più forte. Personalmente anch’io avevo il timore di non riuscire a dare abbastanza quando sono stata scelta per questo incarico. Inoltre provengo dal settore zootecnico, mi occupo di vacche da latte, e temevo di non rappresentare tutto il mondo agricolo femminile. Invece ho constatato che abbiamo tutte problemi molto simili”.

Negli ultimi anni si sono occupate anche di raccogliere testimonianze, storie di imprenditrici agricole che affrontano difficoltà quotidiane per far sopravvivere le proprie aziende. “L’ultima volta che ne abbiamo discusso è stato il 7 marzo a Venezia con il convegno “Le donne in agricoltura: da Argentina Altobelli alle imprenditrici di oggi” – continua la Longhin – Siamo partiti da Argentina Altobelli, sindacalista che tanti anni fa si è battuta per i diritti degli agricoltori, per raccontare il mondo attuale delle imprenditrici agricole. Oggi, nel nostro settore, dietro l’iniziativa femminile ci sono sacrificio e sofferenza. Attualmente, per aprire un’attività agricola, una donna (e non solo) si trova di fronte a difficoltà immense, su tutte l’accesso al credito. Queste difficoltà riesce a superarle solo perché ha scelto di appartenere a questo mondo. L’agricoltura per noi donne non è un ripiego. È la nostra vita e la nostra arma vincente. I dati del censimento Istat dimostrano che le imprese al femminile stanno tenendo duro. Il nostro segreto è la creatività con cui curiamo i progetti, che poi trasformiamo in oggetto di impresa”.

Cosa si aspetta “Donne in Campo” da coloro che governeranno l’Italia da ora in avanti? Considerata la crisi economica e l’incertezza politica del momento, “ci aspettiamo di non esser più un semplice numero – spiega ancora la presidente – Le donne sono il motore di sviluppo del Paese e del mondo agricolo. L’agricoltura può diventare l’attività che farà risorgere l’Italia. Nonostante la crisi, questo settore sta tenendo e le aziende combattono a denti stretti per restare in piedi. Quello che ci uccide oggi è la burocrazia. Ci sfianca e ci porta via moltissimo tempo prezioso. Confido che si possa fare qualcosa per snellirla. E infine spero che l’agricoltura possa sedere a tutti i tavoli, quello del welfare e del lavoro. Deve essere parte attiva di questo nuovo assetto politico”.

Salvatore Coccoluto

Premio donne, pace e ambiente Wangari Maathai

  • Mercoledì, 06 Marzo 2013 08:03 ,
  • Pubblicato in L'Iniziativa
Mercoledì 6 marzo, ore 18.00
Sala Tosi
Casa Internazionale delle Donne
Via della Lungara, 19 - Roma ...

Acqua pubblica, obiettivo Europa

  • Venerdì, 22 Febbraio 2013 15:08 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO

Il Manifesto
22 02 2013

Superata la soglia del milione di firme per l'iniziativa dei cittadini europei. Nella sola Germania raccolte 900 mila adesioni, ma l'Italia è a 25 mila, lontana dalla soglia minima

L'Iniziativa dei cittadini europei (Ice) sull'acqua pubblica - presentata alcuni mesi fa dal sindacato europeo dei servizi pubblici (Epsu) - è in dirittura d'arrivo. È stata infatti superata la soglia di un milione e 100 mila firme raccolte in Europa. Ma l'Ice non è ancora valida, in quanto la maggior parte delle firme, più di 900 mila, sono state raccolte nella sola Germania ed è necessario, oltre a raccogliere almeno un milione di firme, superare soglie minime, rapportate alla popolazione di ciascun Paese, in almeno sette Paesi europei. Finora questa soglia è stata passata in Germania, Austria e Belgio, mentre mancano a quest'appuntamento gli altri Paesi, compreso il nostro. In Italia finora sono state raccolte circa 25 mila firme complessivamente, sommando sia quelle on-line che le cartacee, e ci manca ancora un buon pezzo di strada per arrivare alla nostra soglia minima, fissata in 55 mila adesioni e, ancor più, alle 130 mila che abbiamo individuato come nostro obiettivo per contribuire al risultato da raggiungere in Europa.
Abbiamo ancora tempo davanti a noi, perché si può firmare fino alla fine del mese di ottobre: ciò non toglie che occorre dare una svolta al nostro impegno, mettersi alle spalle una certa sottovalutazione che abbiamo avuto rispetto a quest'iniziativa e alla sua efficacia e darsi il traguardo, più che ragionevole, di arrivare a passare le 55 mila firme, primo nostro obiettivo, entro la fine del mese di marzo. Sarebbe un bel modo di festeggiare la Giornata mondiale dell'acqua, che, come tutti gli anni, si svolgerà il 22 marzo.

Un bene comune continentale
Il primo punto di valore dell'iniziativa dell'Ice per l'acqua pubblica in Europa sta - insieme agli effetti concreti che essa può produrre - nel fatto che con essa si può cominciare a costruire un vero movimento per l'acqua pubblica su base continentale. In Europa, infatti, negli ultimi anni ci sono state molte iniziative attorno all'idea che l'acqua sia un bene comune da sottrarre alle logiche del mercato e che la gestione del servizio idrico debba rimanere in mano pubblica: basta pensare alla vittoria referendaria nel nostro Paese nel giugno 2011, alla ripubblicizzazione del servizio idrico a Parigi nel 2010 o ai referendum svoltosi a Berlino nel 2011 e a quello autogestito di Madrid del 2012, entrambi in direzione della ripubblicizzazione del servizio idrico. Ma non c'è dubbio che si avverte la mancanza di un soggetto unitario, capace di mettere insieme tutte le realtà che lavorano per l'acqua pubblica e in grado di farsi portatore di queste istanze nei confronti delle istituzioni e degli organi di governo dell'Unione europea, in un quadro in cui - soprattutto da parte di questi ultimi - continuano ad essere forti le intenzioni di privatizzazione dei servizi pubblici, e anche di quello idrico. Ebbene, la buona riuscita dell'Ice, a partire dal fatto di raccogliere ben di più del milione di firme necessarie, significa anche costruire le gambe per costruire effettivamente la "Rete europea dei movimenti per l'acqua", ipotesi avanzata già da tempo e a più riprese (da ultimo a Firenze nel novembre scorso), ma che finora è stata più confinata nel campo delle buone intenzioni che in quello della realizzazione concreta. Penso alla Rete europea dei movimenti per l'acqua come ad un luogo reale di discussione, ma anche di iniziativa e mobilitazione che abbia come orizzonte la possibilità di produrre un'inversione di tendenza nelle politiche europee sull'acqua e sul servizio idrico, anche in termini paradigmatici rispetto all'insieme dei servizi pubblici. Da questo punto di vista, fa ben sperare il grande successo che ha avuto la raccolta delle firme sull'Ice per l'acqua pubblica in Germania e in Austria: come ci raccontavano i sindacalisti tedeschi alcuni giorni fa, lì la raccolta delle firme è stata sul serio il prodotto di una mobilitazione popolare, che è andata al di là della stessa iniziativa sindacale, e ha coinvolto un gran numero di organizzazioni e associazioni, nonché l'attivazione di forze ed energie presenti nella società. Un po', insomma, com'è stato per i referendum del 2011 qui da noi.

Il modello sociale europeo
Ci sono poi almeno altre due questioni rilevanti che l'iniziativa dell'Ice sull'acqua pubblica evoca. La prima si riferisce al tema per cui parlare di acqua pubblica significa parlare del modello sociale europeo, contribuire a mettere in campo un'idea alternativa alle politiche recessive e liberiste che hanno dominato gli orientamenti dell'Unione europea a trazione tedesca che abbiamo conosciuto negli ultimi anni. Si fa un gran parlare, anche nella campagna elettorale nel nostro Paese, di quella che sarebbe una distinzione fondamentale delle forze in campo tra europeisti e populisti, ma ci si dimentica troppo facilmente che, anche in Europa, dentro la crisi, è in corso una scontro tra chi propone le ricette liberiste, basate su un'inesistente capacità autoregolatoria del mercato, e chi avanza una prospettiva per cui definanziarizzazione dell'economia e affermazione dei beni comuni, dei diritti sociali e del lavoro costituiscono gli assi di riferimento per confermare e aggiornare il modello sociale europeo. La battaglia per l'acqua bene comune e per la gestione pubblica del servizio idrico si inscrive in questo secondo campo e può dare un impulso significativo a farlo avanzare, anche innovandone i contenuti. L'altro tema è quello della democrazia: per quanto imperfetto, lo strumento dell'Ice è l'unico attualmente esistente che può far sentire direttamente la voce dei lavoratori e dei cittadini in Europa, che consente la promozione di un'iniziativa "dal basso" in una realtà - quella europea - in cui, per usare un eufemismo, c'è un grave problema di legittimazione democratica delle scelte che vengono prese dagli organi di governo dell'Unione europea. Anche da questo punto di vista, non si può non vedere come la questione della democrazia, e di sue forme nuove e più avanzate, si lega strettamente ed è parte essenziale di un progetto che vuole sconfiggere le impostazioni neoliberiste e costruire un'idea alternativa di Europa per uscire dalla crisi in cui queste ultime l'hanno cacciata.

Il referendum annacquato
Infine, non mi è possibile chiudere queste brevi riflessioni senza accennare ad altre due questioni assolutamente rilevanti e che hanno a che fare anche con la raccolta delle firme per l'Ice sull'acqua pubblica. Intanto, continua ad essere molto aspro lo scontro nel nostro Paese relativamente al rispetto dell'esito referendario sull'acqua pubblica del giugno 2011. Siamo in presenza di un nuovo pesante attacco, che vorrebbe completamente stravolgere il secondo referendum sull'acqua, quello che ha abrogato la possibilità di far profitti sul servizio idrico, proveniente dall'Authority dell'energia elettrica e del gas, che, con l'approvazione del nuovo metodo tariffario, rende evidente il fatto di essere sostanzialmente portatrice degli interessi dei soggetti gestori (del resto, sono loro che ne finanziano il funzionamento!). È evidente che questa questione non riguarda solo il movimento per l'acqua, ma investe tutto quell'ampio schieramento sociale e politico che ha sostenuto i referendum del 2011, così come è chiaro che un forte risultato di raccolta delle firme per l'Ice nel nostro Paese significa, anche per questa via, riaffermare che la volontà popolare non può essere messa in discussione.

Un sindacato transnazionale
Da ultimo, una buona riuscita della raccolta delle firme per l'Ice significa anche rafforzare un processo per cui il movimento sindacale possa iniziare a pensarsi e a lavorare come reale soggetto sovranazionale e in grado di intervenire realmente nella dimensione europea. Dopo l'iniziativa del sindacato europeo del 14 novembre scorso contro le politiche di austerità, che ha visto una mobilitazione comune e diffusa nei vari Paesi europei, c'è bisogno di compiere un ulteriore salto di qualità e la costruzione di iniziative comuni e di dimensione europea, com'è l'Ice promossa dal sindacato europeo dei servizi pubblici, può essere un ulteriore utile passo avanti in quella direzione.
Insomma, ci sono tante buone ragioni per sostenere e firmare l'Ice per l'acqua pubblica: facciamolo rapidamente e moltiplichiamo l'impegno per raggiungere anche in Italia il risultato che ci siamo prefissi.

* Fp-Cgil nazionale

 

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