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Nanni Riccobono, Gli Altri
23 aprile 2014

Niente da fare. Nonostante gli appelli e le interrogazioni perché il governo si decidesse, dopo aver abolito il ministero delle Pari Opportunità, almeno a dare la delega al Dipartimento perché possa portare avanti le sue politiche e soprattutto far funzionare il piano anti violenza contro le donne, Matteo Renzi non si decide. ...

Il Corriere della Sera
22 04 2014

1. Se una donna si presenta in Pronto soccorso con segni di maltrattamenti la denuncia scatta in automatico?
Solo se ha subito lesioni gravi o gravissime, come è successo la prima volta a Rosaria Aprea: in quel caso i medici sono obbligati a segnalare il sospetto reato e si procede d’ufficio. Se invece la vittima riceve una prognosi inferiore a 20 giorni serve la querela di parte, cioè la sua denuncia: c’è tempo tre mesi per rivolgersi alle autorità. Il limite sale a sei mesi per gli atti persecutori (stalking, appostamenti, sms o telefonate continui) e la violenza sessuale.

2. È possibile ritirare la denuncia per maltrattamenti o stalking?
È stato uno dei punti più discussi della nuova legge sul femminicidio. Il testo approvato il 15 ottobre dell’anno scorso prevede la possibilità di revocare la querela, ma solo durante il processo. Ed è il giudice che deve vagliare la richiesta, per assicurarsi che la revoca sia spontanea e non causata da pressioni o intimidazioni.

3. Quali sono le misure preventive che si possono richiedere?
In caso di atti persecutori, che anche se non sono gravi limitano la libertà della vittima, quest’ultima può chiedere al questore di convocare il persecutore per un provvedimento amministrativo di ammonimento. Spesso non basta a fermare gli aggressori, ma fa sì che se i comportamenti persecutori continuano siano perseguibili d’ufficio e non più solo su querela di parte. La legge sul femminicidio prevede poi l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima, l’obbligo di dimora che impone al maltrattante di rimanere in un determinato comune, fino agli arresti domiciliari e alla custodia cautelare in carcere per i fatti più gravi.

4. Ci sono casi in cui l’arresto è obbligatorio?
La norma del 2013 ha introdotto l’arresto immediato per chiunque venga colto in flagranza mentre compie maltrattamenti in famiglia o atti persecutori. Inoltre la polizia giudiziaria, su autorizzazione del pm, può disporre l’allontanamento urgente dell’aggressore: prima il procedimento era molto più lungo e complesso. Misure del genere potrebbero probabilmente anche essere richieste in casi come quello denunciato da Jessica Rossi.

5. Rosaria Aprea ha denunciato nuovi abusi dopo che l’ex compagno era stato arrestato: come è possibile?
Se il processo non viene celebrato entro la scadenza dei termini di custodia cautelare e non ci sono altre condanne, l’aggressore torna libero e a quel punto non c’è più nessuno che lo controlla. I maltrattanti spesso tendono a reiterare i comportamenti violenti. Di fronte a nuovi atti persecutori è necessario allora sporgere un’altra denuncia, magari a integrazione della querela precedente. Così scatta la recidiva: si procede d’ufficio ed è previsto l’arresto. Infatti l’ex compagno di Rosaria Aprea adesso è finito ai domiciliari nonostante sia accusato di reati meno gravi rispetto alla prima aggressione.

6. La legge sul femminicidio ha introdotto l’obbligo di informazione per le vittime: che cos’è?
Finora chi sporgeva querela non era informato dei provvedimenti a cui era sottoposto l’aggressore, a meno che non lo chiedesse il suo avvocato. Con la nuova norma è entrato in vigore l’obbligo di avvisare la persona offesa per ogni «revoca o sostituzione di misure cautelari», per esempio se i domiciliari vengono trasformati in divieto di avvicinarsi entro i 400 metri alla vittima. In questo modo la donna può adottare comportamenti più prudenti.

 

La 27 Ora
17 04 2014

Quanto è difficile, per chiunque, ma soprattutto per una operatrice di un Centro d’aiuto anti-violenza accettare il fatto che una donna picchiata selvaggiamente, ferita nel corpo e nell’animo, accetti di tornare dal partner. Quante volte le operatrici hanno provato un senso di impotenza, testimoni dirette di un “analfabetismo emozionale” che s’instaura quando si è bambini e non è cosa di oggi ma che oggi sta dando i suoi frutti peggiori, con un’incomprensibile escalation della violenza sui fragili e sulle donne.

Alle operatrici – ma è un testo che ogni donna dovrebbe leggere – è rivolto un volume che Daniela Bolelli, psichiatra e psicoterapeuta nonché curatrice, definisce «abecedario», e che in sedici voci – aggressività, amore, ascolto, coppia, famiglia, gelosia, genere, invidia (…) violenza – non soltanto riporta le parole al loro autentico significato, fuori dagli stereotipi («l’aggressività non è sinonimo di violenza, la gelosia non è segno d’amore», precisa l’autrice) e dai pregiudizi. Come quelli che, per esempio, «negano la possibilità che madri possano odiare i figli». E offre non tanto risposte bensì strumenti di riflessione al bisogno di sapere delle operatrici in prima linea.

Per le donne che aiutano le donne – La violenza tra i sessi e le generazioni edito a cura dell’Associazione Casa della Donna di Pisa, grazie al contributo di UbiBanca, sarà distribuito gratuitamente ai centri anti-violenza. Ed è anche un tributo a Francesca Molfino – psicoanalista freudiana, dal 1974 attiva nel movimento femminista, tra le fondatrici del Centro culturale Virginia Woolf (Università delle donne), impegnata nei centri antiviolenza, scomparsa un anno fa -, di cui viene pubblicato un testo inedito.

Semplice nella forma, rigoroso nella sostanza, corredato da immagini d’arte, che alleggeriscono il testo fissando nella memoria i concetti resi così meno crudi: un esempio sono le due figure che volano, un uomo e una donna abbracciati, in Sopra la città di Chagall, che più di mille parole fotografa l’”innamoramento”, il colpo di fulmine, quello che per Baudelaire definì «pigrizia dell’intelligenza…un errore che non si è avuto il coraggio o la possibilità di riconoscere al momento di commettere». Eppure alzi la mano chi, una volta nella vita, non ha confuso innamoramento e amore, innamoramento e attrazione sessuale.

Il volume è un’opera a più mani, con i contributi di psicoanalisti e sociologi, che danno spunti per un’introspezione e un’analisi del proprio vissuto.

Insegna a distinguere tra emozione e sentimento (Gelosia II di Munch), tra gelosia e invidia (Senza titolo, Moriani), offre chiavi di comprensione della rabbia. Esplora il tradimento, dal perché si tradisce («Siamo tutti traditori») ai sentimenti che lo accompagnano, a come si tradisce. Ed mette a nudo la vergogna e il suo legame con la rabbia, che può diventare una spirale da cui è difficile uscire.

Infine, ultimo capitolo, la violenza, analizzata in tutte le sue forme, cominciando dalle più subdole, che includono ironia, sarcasmo, esclusione del terzo, dalle radici culturali a quelle biologiche, dalla violenza domestica a quella sessuale, per finire con lo stalking e la violenza di gruppo. «Le situazioni di coppia in cui c’è quella violenza continuata che porta al controllo dell’altro – scrive Bolelli – può essere vista come analoga a quella della tortura, poiché si tratta di un individuo che vuole raggiungere il controllo totale, l’acquiscenza dell’altro attraverso il dolore fisico e la minaccia di annientamento».

Attraverso i casi estremi della tortura, ma non tanto estremi delle donne picchiate, chiarisce l’autrice, «possiamo rintracciare alcuni meccanismi che ora possiamo vedere a livello di società ma che mi fanno pensare di vivere in una società con una violenza mascherata». E sono le parole di Francesca Molfino a cesellare il piccolo manuale per le donne: «Come le operatrici davanti alle donne che subiscono violenza a volte vengo invasa da una perdita di senso di orientamento e sviata verso l’impotenza – scriveva Francesca Molfino -. Davanti a questo penso che i legami di solidarietà femminile siano qualcosa che mi dà sicurezza e la forza di guardare a quello che io penso sia la verità».

Paola D'Amico

Noi donne
08 04 2014

I centri antiviolenza stanno promuovendo le linee guida per i servizi sociali realizzate grazie al protocollo Anci-D.i.Re


Il 20 marzo, nella sede nazionale dell'Anci, (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) in via dei Prefetti 46, a Roma, sono state presentate le Linee guida per l’intervento e la costruzione di rete tra i Servizi Sociali dei Comuni e i Centri antiviolenza. Si tratta del primo importante e concreto obiettivo raggiunto dopo la firma (il 16 maggio 2013) del protocollo ANCI - D.i.RE.
Da anni i centri antiviolenza costruiscono un lavoro di rete insieme a servizi sociali, forze dell'ordine, pronto soccorso, per sostenere al meglio le donne vittime di violenza, in quella vera e propria corsa ad ostacoli che è l'uscita da relazioni violente. In un Paese in cui mancano ancora i protocolli omogenei di intervento per il sostegno delle vittime e metodologie condivise, finalmente uno strumento utile a disposizione a rafforzare questa collaborazione. Titti Carrano, presidente D.i.Re, ha affermato:"gli ostacoli nel collaborare, nel comunicare e nel condividere un’analisi di genere sulla violenza, rappresentano un impedimento ad affrontare le situazione di violenza, le ingiustizie, i drammi e che rischiano di tramutarsi in un ulteriore danno nei confronti delle donne. Questa guida vuole anche essere uno stimolo per ulteriori approfondimenti da svolgere a livello locale tra i Centri antiviolenza e i Servizi Sociali dei Comuni e per creare condivisioni di pratiche e di saperi utili per affrontare un problema diffuso e complesso come la violenza contro le donne".
Il coordinatore delle Anci regionali Alessandro Cosimi, esprimendo apprezzamento per il protocollo di intesa siglato nel 2013, si è assunto l’impegno di sollecitare i Comuni a sottoscriverlo per rafforzare il lavoro di rete con i centri antiviolenza, garantendo piena disponibilità delle Anci regionali ad affrontare il problema. Le linee guida, consultabili e scaricabili sui siti D.i.Re e Anci, sono un vademecum per approfondire la conoscenza della violenza, delle conseguenze psicologiche e fisiche sulle vittime, degli stereotipi e dei pregiudizi da sfatare, e contengono anche alcuni dati statistici sulla diffusione del fenomeno

Centri antiviolenza: Renzi, ascoltaci

Il Fatto Quotidiano
07 04 2014

di Nadia Somma

La violenza contro le donne è ancora una priorità in Italia: D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, ha chiesto a Matteo Renzi che siano mantenuti gli impegni assunti dal precedente Governo contro la violenza sulle donne e in un appello pubblicato sul web e sulla stampa sta raccogliendo l’adesione delle cittadine e dei cittadini.

L’estate scorsa il Parlamento aveva ratificato la Convenzione di Istanbul che indica quali sono le azioni da compiere per prevenire il fenomeno e sostenere le vittime. Che cosa è accaduto in seguito? Il Governo Letta dopo l’approvazione della cosiddetta legge sul femminicidio, fortemente criticata dai centri, aveva attivato i tavoli interministeriali aprendo un confronto tra istituzioni ed associazioni per elaborare il nuovo Piano Nazionale Antiviolenza. L’obiettivo era quello di individuare le misure per prevenire il fenomeno e dare risposte adeguate alle richieste di aiuto. I centri antiviolenza rappresentati da D.i.Re vi avevano partecipato portando l’esperienza acquisita in vent’anni accogliendo migliaia di donne. Dopo la caduta del Governo Letta i tavoli sono stati interrotti e i centri antiviolenza non sanno ancora, dopo mesi, che ne sarà del lavoro che è stato svolto durante gli incontri.

Intanto il Piano Nazionale Antiviolenza attende ancora di essere rinnovato e non si sa che fine abbiano fatto i 17 milioni di euro che il precedente Governo aveva deciso di distribuire ai Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio per il biennio 2013-2014, come era stato previsto dalla cosiddetta legge contro il femminicidio. A questo scopo il Dipartimento per le Pari Opportunità aveva già stilato un censimento dei centri antiviolenza che svolgono attività in ogni regione e che sono al limite della sopravvivenza per gli scarsi finanziamenti.

In un clima di continue incertezze, il Governo Renzi resta sordo alle richieste delle associazioni e dei movimenti delle donne di nominare un ministero per le Pari Opportunità, punto di riferimento per coordinare gli interventi e le strategie necessarie per contrastare violenza e discriminazioni. A marzo era circolata la notizia dell’assegnazione in delega a Teresa Bellanova, ma poi non se ne è saputo più nulla. A parte dichiarazioni di intenti e operazioni demagogiche e di facciata, non è stato realizzato altro.

Chi volesse dare la propria adesione all’appello D.i.Re può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Tra le prime adesioni quella di Serena Dandini.

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