Corriere della Sera
21 03 2014
La Turchia si è svegliata venerdì mattina senza cinguettii: dando immediato seguito alle minacce del premier islamico Recep Tayyip Erdogan, invischiato negli scandali di corruzione da telefonate compromettenti intercettate uscite nelle ultime settimane su twitter, il sito di microblogging stata bloccato durante la notte in tutto il paese.
«Sradicheremo twitter. Non mi interessa quello che potrà dire la comunità internazionale» aveva gridato ieri ad un comizio a Bursa il 'sultano' di Ankara, al potere da 12 anni. «Vedranno così la forza della Turchia», aveva aggiunto. Nella notte l’autorità delle telecomunicazioni turca Btk, cui una legge sul controllo di internet del mese scorso - definita legge bavaglio dall’opposizione - ha dato poteri straordinari, ha bloccato l’accesso a twitter. Un fatto senza precedenti nel paese.
Dalle parole ai fatti
Secondo Hurriyet online la Btk ha indicato di essersi ispirata a tre sentenze giudiziarie e ad una decisione del procuratore generale di Istanbul. Dopo l’esplosione della tangentopoli del Bosforo che coinvolge decine di personalità del regime, Erdogan ha rimosso migliaia di poliziotti e centinaia di magistrati, fra cui i responsabili delle inchieste sulla corruzione. Secondo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, che denuncia una svolta autoritaria e chiede le dimissioni immediate del premier, Erdogan è «pronto a tutto» per restare al potere e insabbiare le inchieste anti-corruzione, che ha definito un «tentativo di colpo di stato» orchestrato dagli ex-alleati della confraternita islamica di Fetullah Gulen.
Lo scandalo corruzione domina la campagna per le cruciali elezioni amministrative del 30 marzo che potrebbero essere decisive per il futuro politico di Erdogan. Il mese scorso Erdogan aveva già minacciato di bloccare Facebook e Youtube. Già questa notte la commissaria europea per le nuove tecnologie Neelie Kroes ha condannato il blocco di Twitter in Turchia. «L’interdizione di Twitter in Turchia è senza fondamento, inutile e vile», ha scritto. Il popolo turco e la comunità internazionale vedranno questo come una censura. Cosa che è davvero”.
10milioni di utenti zittiti
Erdogan ha accusato il sistema di microblogging di minacciare la sicurezza dello Stato. La Turchia ha oltre 10 milioni di utilizzatori di twitter. Nei giorni scorsi, facendo seguito ad altre minacce simili, il presidente Abdullah Gul, dello stesso partito islamico moderato Akp di Erdogan, si era detto contrario alla mossa, segnando una spaccatura nella formazione a 10 giorni dalle elezioni locali del 30 marzo.
Corriere della Sera
08 02 2013
Dovevano durare pochi mesi per consentire la costruzione di case popolari dopo il crollo di alcune abitazioni del centro di Taranto. Da 33 anni ospitano 260 famiglie falcidiate da tumori, cirrosi ed epatiti. I soldi stanziati per l'abbattimento sparirono dieci anni fa.
«Resterete qui solo 5 o 6 mesi, il tempo necessario per costruire le nuove case». Così dissero i tecnici comunali di Taranto agli sfollati del centro storico che nel frattempo cadeva a pezzi. Era il 1980. Sono passati 33 anni ma quelle case costruite di fretta e furia con catrame al posto dei pavimenti e pannelli di amianto come pareti, sono ancora lì. Mentre sono cambiati molti di quelli che ci abitavano. Falcidiati da tumori e cirrosi epatiche.
Un'ecatombe quotidiana per le 260 famiglie alloggiate a pochi metri dalla ciminiera più grande dell'Ilva. Qui, in ogni casa ci sono almeno due malati di tumore. Il resto sono cirrosi ed epatiti. Siamo entrati a vedere questo quartiere abbandonato da tutti in una giornata di pioggia. Negli appartamenti all'ultimo piano (costruiti per ospitare due o massimo tre persone) ci abitano famiglie intere, anche di 7 o 8 persone. Le mura gocciolano acqua ovunque. Al punto da aver consumato le pareti e svelato i filamenti di amianto. I pavimenti sono di plastica, incollati a terra con il catrame. Nei piani bassi invece le mura sono segnate dall'umidità che sale . Almeno così sembra a prima vista.
Ci spiegano che invece sono i pozzi neri, situati proprio sotto gli appartamenti, a esalare e impregnare i pannelli usati come pareti fino a 1,5mt di altezza. La puzza è di fogna. Il colore dei parati, messi posticcio per dare una sembianza di ospitalità, è marrone scuro. Erano bianchi. A terra c'è l'acqua delle fogne. I topi sguazzano ovunque. C'è chi ha tappato tutti i buchi dei sanitari e di notte chiude la porta del bagno a chiave per paura. «Sono dei bambini, non sono topi».
Appena qualche mese fa i pozzi neri sono esplosi e i liquami fognari si sono infiltrati nelle condotte dell'acqua. «Dai lavandini, dai rubinetti, dai lavelli della cucina uscivano escrementi, urina, persino pezzi di carta igienica. Molti di noi sono dovuti andare in ospedale ma non è cambiato niente» ci spiegano le donne del quartiere sul quale, come se non bastasse, si posa ovunque la polvere metallica delle ciminiere dell'Ilva.
Da queste parti i tecnici comunali o dell'istituto case popolari (comproprietari degli stabili) li vedono di rado. Anche loro hanno rinunciato a metterci mano. «Hanno una qualità costruttiva talmente bassa che è impossibile recuperare, sono al di sotto di qualsiasi standard abitativo, andrebbero solo abbattuti» rivela l'architello Rocco Alberto Cerino dello Iacp di Taranto. Dieci anni fa pareva fosse la volta buona per mettere fine a questa vergogna e dare una speranza anche alle 2500 persone cui spetta di diritto una casa popolare a Taranto. Invece, inspiegabilmente, i fondi destinati per l'abbattimento e la ricostruzione sparirono.
Al comune arrivò la magistratura. Mise sotto sequestro l'ufficio Casa del Comune. Le indagini sono in corso. Allo scippo di questi soldi, all'abbandono del quartiere da parte dello Stato è corrisposta l'avanzata della criminalità che in alcuni di queste case ha stabilito la propria centrale dello spaccio di droga. La notte scatta il coprifuoco mentre le abitazioni dei boss vengono sorvegliate da pastori tedeschi e vedette a ogni angolo. Durante un blitz delle forze dell'ordine sono stati trovati persino dei mitra. Un degrado talmente surreale da far credere ad alcuni ragazzi del quartiere che un giorno qualcuno verrà a girare un film «...perché - ci dicono dietro le telecamere - una vita così o è fatta per diventare un film o è una vita bruciata».
Antonio Crispino