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Le donne italiane e il ritorno della mummia

  • Mercoledì, 19 Dicembre 2012 09:39 ,
  • Pubblicato in INGENERE

In genere
19 12 2012

Non ci si crede, che Berlusconi riappaia sui nostri schermi, per la sesta campagna elettorale della sua carriera e del nostro declino. A meno che un movimento d'opinione risorga potente e deflagrante da fermare il treno in corsa. Decretando la fine del format, come nel Reality di Garrone, per mancanza di audience.

Molti calcolano, azzardano. E se le primarie le avesse vinte Renzi? Ci averebbe provato ugualmente? No, forse si sarebbe sentito più sguarnito. Forse il suo “narcisismo” (immarcescibile parola da applicare a lui) non avrebbe retto alla sfida di un trentasettenne. Quanti voti prenderà? 10%, 15%? Pochi per essere ancora il signore e padrone del parlamento, ma moltissimi per ripararsi dietro al ruolo istituzionale, per salvare le aziende e la libertà personale. Quanto alla faccia, di quella, si sa, gli interessa poco. O almeno, della faccia così come presumibilmente la intendono le lettrici di “InGenere”.

Altri ironizzano. “Il ritorno della mummia” - titola Libération. E danno voce alla stupore, allo smarrimento dell'opinione pubblica europea e italiana. Non ci si può credere. Già, proprio così. Ma è altrettanto vero – salvo sorprese difficili da immaginare – che ci si deve credere per l'apparente impossibilità di impedire che avvenga l'inevitabile. Che Berlusconi torni a essere protagonista della sesta campagna elettorale della sua carriera e del nostro declino.
A meno che un movimento d'opinione risorga così potente, così deflagrante, così autoevidente nella sua passione civile, da fermare il treno in corsa.
La toga sulle ventitré, la chioma rossa, la determinazione indefettibile, lunedì Ilda Bocassini parlava al Palazzo di giustizia di Milano a testimone assente. Ruby, che sarà per sempre la nipote di Mubarak nei resoconti stenografici della nostra Repubblica, non si era presentata: forse all'estero, forse protetta in luoghi sicuri per lei e anche per chi non desidera che parli. Del resto l'ultima puntata dell'eterna pochade, il rapimento light del ragionier Giuseppe Spinelli, amministratore delle olgettine, è di soli venti giorni fa.
Bocassini, magistrata appassionata, ma anche rigorosa (chi l'ha mai vista a un talk show alzi la mano!) ha detto quello che tutti pensano. E' così che comincia la campagna elettorale. Tenendo alla larga dai tribunali ragazze fragili o troppo furbe, esibizioniste o confuse. E prendendo tempo.

Ma il 13 febbraio 2011 non è stata una singola magistrata a pensare e a dire che la fiera della vanità e dell'umiliazione delle ragazze aveva a che fare con i destini dell'Italia. Milioni di donne ne hanno fatto la propria bandiera. Ed erano diversisissime. Madri che si impegnavano a restituire valore alle figlie, credenti che cercavano valori autentici da condividere con le donne laiche, donne di destra che volevano mantenere la testa alta e la schiena diritta. Tutte alla ricerca di un mondo più spazioso, di un respiro diverso della democrazia, di una cifra dell'esser donne da cercare nella libertà.
Io ne ricordo una più di tutte le altre. Aveva un cane al guinzaglio e intorno al collare c'era scritto: “Sono il nipote di Rintintin”. Sarà sicuramente ancora arrabbiata o di nuovo arrabbiata.

Se, come ci ricordano Assunta Sarlo e Francesca Zajczyk in “Dove batte il cuore delle donne?”, sono le donne casalinghe, di età matura e forti consumatrici di televisione ad aver fatto il successo di Berlusconi, forse c'è una buona notizia.

Matteo Garrone, nel suo bel film del 2012, “Reality”, ha celebrato il congedo dal “Grande Fratello”. Il format, infatti, non va più in onda per mancanza di audience sufficiente. La tv generalista, che il nostro fragile centro-sinistra non è stato in grado di riformare, è entrata in crisi di senescenza. Speriamo che permetta a più persone di vedere la realtà oltre il “reality”.

ILO: 13 milioni di lavori in meno per le donne nel mondo

  • Mercoledì, 19 Dicembre 2012 09:37 ,
  • Pubblicato in INGENERE

In genere
19 12 2012

"Dal 2002 al 2007, il tasso di disoccupazione femminile era del 5,8%, rispetto al 5,3% degli uomini. La crisi ha aumentato questa differenza dallo 0,5% allo 0,7%, ed ha di fatto distrutto 13 milioni di posti di lavoro delle donne". L'effetto della crisi economica sui gap di genere è oggetto del rapporto Global Employment Trends for Woman 2012, elaborato dall'Ilo (l'Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni unite) in collaborazione con Un Women. "Nei paesi industrializzati, la crisi sembra aver colpito maggiormente gli uomini che lavorano nei settori legati al commercio rispetto alle donne che lavorano nel settore sanitario e dell’istruzione - si legge sul sito dell'Ilo - Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, le donne sono state colpite più duramente nei settori legati al commercio".

Inoltre rimane rilevante il fenomeno della segregazione in settori poco (o nulla) remunerati e qualificati: "L’indicatore sulla segregazione professionale mostra che le donne continuano ad essere confinate in particolari tipologie di professioni. Si è registrato un calo di questa tendenza nel corso degli anni ’90, mentre negli ultimi dieci anni la situazione si è stabilizzata", si legge ancora sul sito dell'Ilo. Oltre ai dati, il rapporto contiene anche suggerimenti e raccomandazioni per affrontare la disparità di genere nel mercato del lavoro, dai servizi e da una maggiore condivisione familiare per alleggerire il carico della cura, alla riconsiderazione di costi e benefici nella specializzazione di genere, fino alla promozione di campagne di sensibilizzazione per combattere gli stereotipi legati al sesso.

A questo link si può scaricare il rapporto e la sua sintesi (entrambi in inglese).

Cinque scrittrici italiane raccontano le donne d'Africa

  • Martedì, 18 Dicembre 2012 08:27 ,
  • Pubblicato in REPUBBLICA
La Repubblica
17 12 2012

Nell'ambito della campagna globale Stand Up for African Mothers, verranno letti gli scritti di Concita De Gregorio, Claudia De Lillo (alias Elasti), Clara Sereni, Paola Soriga e Chiara Valerio, che hanno visitato alcuni paesi africani in cui AMREF opera. L'anteprima nella Libreria del Cinema (alle 18 del 18 dicembre, in via dei Fienaroli 31, a Roma). Introduzione di Marino Sinibaldi, accompagnamento musicale di Nathalie.

ROMA - Il 18 dicembre, a Roma, avrà luogo l'anteprima dei racconti, realizzati in collaborazione con Radio3 nell'ambito della campagna globale Stand Up for African Mothers, scritti da Concita De Gregorio, Claudia De Lillo (alias Elasti), Clara Sereni, Paola Soriga e Chiara Valerio, che hanno visitato alcuni paesi africani in cui AMREF opera e sono tornate con i cinque racconti sulle donne d'Africa. A queste scrittrici, diverse per storia personale e generazionale, AMREF ha chiesto il racconto di un'Africa al femminile, che percorre strade nuove o vecchie con la determinazione di un futuro tutto da costruire. Le autrici hanno vissuto con AMREF nei villaggi, nelle comunità di Kenya, Tanzania, Uganda ed Etiopia entrando in relazione con tradizioni, storie, passioni, difficoltà, paure e speranze.

I progetti di Amref. I racconti, dunque, saranno letti in anteprima dalle stesse autrici nella Libreria del Cinema (alle 18 del 18 dicembre, in via dei Fienaroli 31, a Roma). Il tutto sarà introdotto da Marino Sinibaldi (direttore di Radio 3) con un accompagnamento musicale di Nathalie. L'evento rientra fra le attività di sensibilizzazione nel territorio romano del progetto cofinanziato dal Comune di Roma con il Bando di Cooperazione Decentrata 2011
"Sostegno dello sviluppo economico locale per ridurre la vulnerabilità di comunità esposte a disastri ambientali ricorrenti" in Kenya. A giugno 2011, il Kenya e tutto il Corno d'Africa sono stati colpiti dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni, purtroppo solo l'ultima di numerose crisi che si susseguono da anni. AMREF ha risposto all'emergenza con un programma dedicato alle donne. Il progetto fa riferimento ai temi della sicurezza e della sovranità alimentare e per l'accesso all'acqua, con azioni di formazione per rafforzare le strutture organizzative comunitarie e i gruppi di donne nella gestione delle risorse idriche, sanitarie ed ambientali.

I racconti su Radio 3 dal 24 al 28. Le donne e i bambini sono i più esposti e i più colpiti dalla carenza d'acqua e di igiene, di servizi sanitari durante la gravidanza e il parto: aiutarli ad avere acqua pulita resta il primo passo, la prima risposta ad una necessità quotidiana, che permette di aprire un percorso di dialogo e di partnership con le comunità. Dopo l'anteprima romana, i cinque racconti approderanno su Radio3, dove saranno letti integralmente nel corso di 5 trasmissioni speciali della serie "La nostra Africa", in onda dal 24 al 28 dicembre alle 11. Alle trasmissioni parteciperanno le autrici, con le loro testimonianze, in studio assieme ad altrettante interpreti d'eccezione: Sonia Bergamasco (legge Paola Soriga); Sandra Ceccarelli (legge Clara Sereni); Paola Cortellesi (legge Claudia de Lillo), Serena Dandini (legge Chiara Valerio), Fiorella Mannoia (legge Concita De Gregorio). Le puntate saranno anche scaricabili in podcast dal sito di Radio 3.

Promesse bugiarde per Najida e le altre

  • Venerdì, 14 Dicembre 2012 09:27 ,
  • Pubblicato in REPUBBLICA
La Repubblica
14 12 2012

Lunedì scorso Najida Sidiqi stava andando al lavoro, quando è stata uccisa. A bordo di un risciò a motore, un mezzo di trasporto molto popolare in Afghanistan, raggiungeva Mehtar Lam, la capitale della provincia di Laghman, dove ricopriva l'incarico di responsabile degli Affari femminili. Secondo il racconto della polizia locale, degli uomini si sono affiancati al risciò e le hanno sparato alla testa.

A luglio, aveva vissuto la stessa sorte colei che aveva preceduto Najida nell'incarico: Hanifa Sani era morta dopo che una bomba piazzata sotto la sua auto era esplosa, ferendo anche sua figlia e il marito, che erano con lei. Da mesi conviveva con minacce costanti, iniziate dopo che aveva difeso la scelta di una giovane, "colpevole" di essersi ribellata alla volontà della famiglia e aver sposato l'uomo che amava invece di quello che volevano imporle. Le foto del funerale di Najida, riprodotte dai giornali di tutto il mondo, mostrano il suo corpo su adagiato su una lettiga e coperto da una coperta verde: intorno a lei, gli uomini del suo villaggio, vecchi e giovani, senza scarpe, ripresi un attimo prima della preghiera.

Najida e Hanifa, come dozzine prima di loro, come dozzine - c'è da scommetterci - nei mesi che verranno. In Italia, dopo anni di silenzio e di assurde definizioni di "delitto d'onore" la strage silenziosa delle donne da qualche mese ha finalmente preso il nome che le spetta, "femminicidio". In Afghanistan un nome non c'è ancora, ma dovremmo preoccuparci di cercarlo, perché nei mesi che verranno, quelli che precederanno il ritiro delle truppe straniere, nel 2014, altre donne moriranno come Najida e Hanifa. E tante altre faranno la stessa fine nei mesi successivi al fatidico ritiro, solo che forse non ci sarà più nessuno a raccontare la loro storia.

È triste come poche la storia delle donne afgane negli ultimi decenni: ostracizzate e umiliate dai Taliban, usate come scusa dall'Occidente al momento dell'inizio della guerra, nel 2001, riempite di promesse negli anni successivi. E poi abbandonate a loro stesse, merce di scambio in un accordo con i Taliban che, da un certo punto in avanti è diventato per le diplomazie occidentali l'unico modo per uscire salvando la faccia dal pantano afgano. Dopo aver promesso loro istruzione, democrazia, pari dignità, dopo averle accecate con improbabili progetti di sviluppo oggi ci prepariamo ad abbandonarle di nuovo, fra la rabbia di quelle che hanno creduto alle nostre promesse, la paura della maggior parte di loro, il silenzio imbarazzato dei diplomatici (e delle diplomatiche: prima fra tutte Hillary Clinton, che per le donne afgane ha speso parole bellissime, pur sapendo che difficilmente riuscirà a mantenere le sue promesse ora che sta per lasciare la segreteria di Stato).

Pensiamoci dunque a una parola che racconti la strage silenziosa delle più coraggiose fra le donne afgane: perché nei prossimi mesi servirà.

Assolti trafficanti di donne, proteste in Argentina

L'ssoluzione di 13 persone, accusate del sequestro di donne poi costrette a prostituirsi, ha scatenato la rabbia di decine di persone, scese in piazza a Buenos Aires. Scontri con la polizia nella capitale (Ap)

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