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EU: traffico di esseri umani, prostituzione e autodeterminazione

  • Mercoledì, 02 Gennaio 2013 10:30 ,
  • Pubblicato in Flash news
02 01 2013

Il 4 dicembre scorso, circa duecento ONG di diversi Paesi europei si sono date appuntamento nella sede dell'Europarlamento a Bruxelles per presentare un appello a favore di un'Europa libera dalla prostituzione e per gettare le basi di una politica abolizionista che abbracci tutto il continente.

È la prima volta che il dibattito su questa tematica varca la soglia del Parlamento, dove attualmente le politiche adottate dai vari Paesi dell'Unione in materia di prostituzione sono oggetto di una valutazione complessiva.

Chi si schiera a favore dell'abolizionismo sostiene che la chiave per contrastare il traffico di esseri umani finalizzato allo sfruttamente sessuale risiede nella criminalizzazione della prostituzione. In un'intervista per il portale informativo femminista Egalité, Grégoire Théry, Segretario Generale del Mouvement du Nid, associazione francese d'ispirazione cattolica pro-abolizionista, dichiara: «Regolamentare non vuol dire legalizzare la prostituzione bensì lenocinio.

Regolamentare la prostituzione significa autorizzare [gli sfruttatori] a trarre profitto dal meretricio di altri».
 
In Francia, dove il 90% delle prostitute è straniera, il Ministro per i diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, ha presentato un disegno di legge che si rifà al modello svedese e che prevede l'abolizione della prostituzione e la tutela delle vittime; nello specifico la proposta legislativa punta a “proteggere quella parte preponderante di prostitute che è vittima di violenze da parte delle reti degli sfruttatori“.

Nei Paesi Bassi, in cui la prostituzione è legalizzata e regolamentata, la polizia stima che una percentuale variabile tra il 50 e l'80% delle donne impiegate nel settore venga obbligata a vendersi sotto coercizione.

È difficile avanzare dei dati certi sul numero di prostitute coinvolte nel traffico internazionale: un primo ostacolo è dato dal fatto che le modalità di quantificazione del fenomeno sono diverse da un paese all'altro; inoltre le vittime sono spesso restie a denunciare i loro carnefici per timore di rappresaglie e di conseguenza tali pratiche rimangono, nella maggioranza dei casi, coperte da omertà.

In Svizzera , in base ai dati pubblicati dall'Ufficio Federale di Statistica, nel triennio 2009 - 2011 sono state presentate 147 denunce, ma dal 2000 sono state solamente 66 le condanne per crimini legati al traffico di esseri umani.

In Francia, dal 2004 sono state aperte 60 inchieste per crimini legati alla tratta di esseri umani anche se casi analoghi a volte sono fatti rientrare in categorie di reato diverse, ad esempio lenocinio o schiavitù. Nel 2011 lo smantellamento di circa 40 organizzazioni malavitose a Parigi, Caen, Bordeaux e Strasburgo ha permesso di identificare vittime colombiane, cinesi, ecuadoriane, nigeriane e brasiliane.
 
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2012, nel mondo 21 milioni di persone sono vittime del traffico di esseri umani e vengono costrette a lavorare coercitivamente. Tra queste 4,5 milioni (di cui 880.000 nella sola Unione Europea) vengono sfruttate sessualmente e si tratta principalmente di donne e bambini. “Spesso comprati solamente per pochi euro, nei paesi occidentali fruttano in media 150.000 euro netti all'anno”, fa sapere la Fondazione Scelles, attiva nella lotta alla prostituzione.

Il traffico di esseri umani sta conoscendo un progresso inquietante in Europa, si legge ancora in un comunicato della Fondazione. Secondo il rapporto pubblicato dalla stessa nel dicembre 2012 e intitolato “Sfruttamento sessuale: prostituzione e crimine organizzato”, in cui viene fatto un bilancio del fenomeno della prostituzione in 54 paesi, la tratta degli esseri umani è organizzata “in base a un modello capitalista da manuale”. In Grecia, il giro d'affari dell'industria del sesso ammonterebbe a oltre 1,5 miliadi di euro (cioè lo 0,70% del PIL), mentre in Spagna, dove la prostituzione è legale e regolamentata come qualsiasi altro lavoro, raggiungerebbe i 18 miliardi di euro.

Quanti sono favorevoli all'abolizione si fanno sentire sulla stampa e sui social media. Il 18 dicembre la giurista Christine Le Doaré si è schierata a favore dell'abolizione sul suo blog “irréductible et solidaire, féministe, quoi! (Reazionaria e solidale, in una parola… femminista!):
  
Ai cliché sulla libera scelta e sul moralismo abolizionista, vorrei contrapporre, innanzitutto, un numero sempre crescente di studi e testimonianze che dimostrano come un'ampia percentuale di persone dedite alla prostituzione abbia subito violenze sessuali durante l'infanzia […] È possibile allora ipotizzare che i fautori del modello regolamentarista siano talmente cinici da ammettere che la nostra società non è in grado di fornire una soluzione alternativa più magnanima della prostituzione per aiutare queste persone a rimettersi in piedi? […] Chi propende per la regolamentazione si è posto il problema di quale sia la speranza media di vita di chi si prostituisce? Una società non dovrebbe innanzitutto pensare a proteggere i membri più vulnerabili? Il principio di integrità e la non mercificazione del corpo non costituiscono dei diritti umani inalienabili che devono restare esclusi dal commercio e delle leggi di mercato?
Protesta delle prostitute indignate. Sex-worker mascherate manifestano a Barcellona contro la decisione dell'autorità municipale di modificare la legge sulla prostituzione. 

Ciononostante da più parti in Europa e nel mondo, i professionisti del sesso, locali o stranieri, si dicono contrari alla criminalizzazione di chi pratica o fruisce della prostituzione. Appoggiati dai movimenti femministi, essi rivendicano il diritto all'autodeterminazione e chiedono il rispetto dei loro diritti fondamentali attraverso l'adozione di un vero e proprio statuto a tutela della professione.
 
In un articolo curato in agosto da un gruppo intellettuali e femministe si legge:
    
Qualsiasi adulto deve essere libero di scegliere cosa fare con il proprio corpo. Stabilire che ciò che viene reputato immorale sia illegale non è un passo avanti verso il Bene, è una deriva dittatoriale. Non spetta al potere politico intervenire nelle scelte sessuali di adulti consenzienti. La priorità consiste nel far diventare la lotta contro i trafficanti di esseri umani una causa di importanza nazionale e di mettere a disposizione i mezzi necessari [per renderla effettiva].

Carlà e le donne

  • Giovedì, 29 Novembre 2012 12:13 ,
  • Pubblicato in LA STAMPA

La Stampa
29 11 2012

di Massimo Gramellini
Non è vero che la più grande produttrice torinese di gaffe sia Elsa Fornero. Ne esiste una che da anni si è delocalizzata all’estero: a Parigi, pour la précision. E’ accaduto che Carla Bruni rompesse un estenuante silenzio per dichiarare a Vogue che la sua generazione non ha più bisogno del femminismo. Ignoro quante femministe ci siano in Francia. Di certo però ci sono molte femmine dotate di telefonino che hanno intasato la rete di messaggi per la ex Première Madamin. Il più caloroso: «La mia generazione ha bisogno del femminismo, ma il femminismo non ha bisogno di Carla Bruni». Ho avviato una breve inchiesta fra le mie colleghe. Cynthia: «Senza il femminismo lei non sarebbe dov’è e non potrebbe dire le scemenze che dice». Anna e Raffaella: «Facile non avere bisogno del femminismo quando sei una privilegiata». Michela: «La situazione è peggiorata da quando il femminismo non c’è più». Tonia: «Il soffitto di cristallo che impedisce alle donne di salire nella scala sociale da noi è ancora di piombo». Barbara: «Non il femminismo ma il rispetto della femminilità continua ad avere bisogno di lotte».

Finché al mondo esisteranno donne mobbizzate, violate, ammazzate e in troppi Paesi segregate e infibulate, il femminismo avrà un senso. Certo, bisogna intendersi. Se femminismo significa mettere Christine Lagarde al Fondo Monetario - una donna che ragiona come un uomo - o Carla Bruni sulle copertine - una donna che ha fatto carriera utilizzando gli uomini - è maschilismo travestito. Se invece significa riplasmare il mondo secondo un modello femminile di convivenza, allora sbrighiamoci, perché non vedo molte altre àncore di salvezza per il genere umano.

Pussy Riot Everywhere!

di Fabio Marcelli, Il Fatto Quotidiano
3 agosto 2012

La Russia è terra di terribili tirannie ed entusiasmanti rivoluzioni. Che a volte purtroppo degenerano in tirannie. Se ciò è accaduto in passato, è stato probabilmente anche e soprattutto per l'assenza di un adeguato protagonismo delle donne, assenza dovuta, in buona misura, a tradizioni patriarcali e maschilisti imperanti anche in seno al movimento operaio, ma anche a fattori di ordine più generale, quelli che hanno determinato la degenerazione della democrazia operaia dei Soviet nella dittatura stalinista.

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