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Giorno del ricordo e speculazione antistorica

  • Mercoledì, 11 Febbraio 2015 11:10 ,
  • Pubblicato in Flash news

Micromega
10 02 2015

di Angelo d’Orsi

Ed eccoci, di nuovo, a pochi giorni dal “Giorno della memoria”, al “Giorno del ricordo”, istituito dal II Governo Berlusconi nel marzo 2004, e divenuto legge, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile di quell’anno. Sebbene la legge parli, testualmente, di un giorno “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati", nel discorso corrente si richiamano soltanto le foibe.

Quest’anno la notizia è doppia: la prima concerne Roma,dove, addirittura in anticipo rispetto alla ricorrenza, si è inaugurata una “Casa del Ricordo”, con grande solennità, alla presenza del presidente della Giunta Regionale, Nicola Zingaretti, e di due assessori dell’Amministrazione comunale, uno dei quali ha pure la delega del sindaco “alla Memoria”. La seconda notizia, più o meno di rito, è la circolare inviata dalla ministra dell’Istruzione Università e Ricerca, la signora Giannini (che ha appena lasciato il gruppo parlamentare di “Scelta civica”, dove pure occupava posizione eminente, addirittura di “portavoce”, per approdare al più promettente Gruppone del PD).

La circolare è un interessante documento di ignoranza della storia, un dato diffuso, come si sa, ma che suscita un moto di fastidio supplementare, provenendo da chi rappresenta istituzionalmente il dovere di “istruire” la popolazione. Tanto più che la signora Giannini risulta, professionalmente, essere una docente universitaria: è vero, la sua qualifica è professore (ordinario, naturalmente) di Glottologia e Linguistica e probabilmente non si ritiene tenuta alla conoscenza della storia, ma forse avrebbe potuto incaricare qualche suo collaboratore di un approfondimento, anche assai sommario, sui risultati recenti della ricerca sulle vicende accaduta nelle “terre orientali”, tra il 1943 e il 1947, e anche oltre. Avrebbe potuto e credo dovuto per evitare di riproporre luoghi comuni, rovesciamenti della verità storica, e cedimenti inquietanti al revisionismo: tutto ciò non in una chiacchiera da salotto, bensì in un documento ministeriale.

La ministra ha invitato tutti i dirigenti scolastici a ricordare, appunto, le vittime delle Foibe (scritto con la maiuscola), e “la tragedia dell’esodo che colpì più di 300mila persone”. Ma la ministra dimentica che quell’esodo faceva parte dei trattati di pace imposti a una nazione sconfitta, il cui onore era stato, in parte, salvato solo dai partigiani combattenti nella Resistenza. E dimentica altresì che la “vendetta” (se così vogliamo dire) esercitata dai soldati di Tito, in quella che viene chiamata “la tragedia delle foibe”, aveva un pregresso: la ferocia dell’occupazione italiana. Fa parte insomma di ciò che si etichetta a livello europeo, dopo la guerra, come “resa dei conti”.

Non dimentichiamo, inoltre, che secondo i canoni del razzismo fascista, gli slavi costituivano una sottoumanità, poco al di sopra degli ebrei, dei sinti e dei rom. E dunque ogni nefandezza era considerata lecita. E di nefandezze gli italiani in Jugoslavia ne commisero tante, suscitando un odio esteso e profondo, in una popolazione che pagò un prezzo di oltre un milione di morti alla guerra nazifascista. Quanto all’esodo, si tratta di una pagina evidentemente amarissima per quelle famiglie di connazionali, anche per la poco lieta accoglienza nella patria d’origine: l’Italia era stata ridotta dalla guerra di Mussolini a una situazione di tragico marasma e accogliere e sistemare 300/350.000 persone in quella circostanza non era cosa facile. Ma va di nuovo acceso un riflettore sul contesto. Gli esodi di massa furono la norma nel riassetto del Continente a partire dalla fine della guerra: solo in Germania dovettero sloggiare oltre dieci milioni di persone. Dunque quello dall’Istria e Dalmazia fu, in termini storici, un episodio modesto, che comunque rientrava negli assetti stabiliti dai trattati.

La ministra, a quanto pare ignara di tutto ciò, nel clima culturale determinato da un pesante senso comune revisionistico o rovescistico, ritiene corretto presentare le cose nei medesimi termini in cui vengono presentate dalla destra revanscista, a cui, quasi sempre, le Associazioni di esuli (a cui fa esplicito riferimento, come bacino culturale per ricordare quegli avvenimenti, la ministra nella circolare), sono prossime.

E in effetti le manifestazioni di cui ho avuto notizia sembrano comprovare un orientamento ben poco attento alla storia, ma molto alla propaganda. Vengono invitati relatori di Casa Pound o anche quando si tratta di studiosi seri, si presentano i fatti in modo distorto, fornendo cifre a vanvera, e non si spiega che gli “infoibati” erano sovente persone decedute nei combattimenti, o fascisti militanti giustiziati.

Certamente ci furono abusi, eccessi, episodi di ferocia: il programma TV Mixer di Minoli che nel 1991 aveva “lanciato” il tema delle foibe, parlò di “decine di migliaia”, panzana ridimensionata in una più recente puntata dell’altro programma di Minoli, La storia siamo noi: in realtà si trattò complessivamente di qualche migliaio di individui, buona parte dei quali deceduti, e gettati in quelle cavità naturali del terreno, a guisa di tombe. Poco edificante, certo, anche se si trattava di morti; ma non sempre era possibile dare “cristiana sepoltura” a quei corpi. La loro memoria non viene certo onorata, con la turpe, macabra speculazione politica che ogni anno, in febbraio, puntualmente, si riaffaccia, resa legale da una legge dello Stato, e legittimata da interventi improvvidi e disinformati di qualche politico in cerca di consensi.

Corriere della Sera
10 02 2014

Episodi a Roma e a Venezia. Il sindaco di Trieste: «Tragedia parte della storia d’Italia». Grasso: «Non dimentichiamo»

Il 10 febbraio, dal 2004, si celebra il Giorno del ricordo per le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. In diverse zone d’Italia, e in particolare nel Nordest, sono previste iniziative in memoria degli eventi seguiti alla Seconda Guerra Mondiale.

VANDALISMI E POLEMICHE - Non sono mancati, come ogni anno, episodi di contestazione. In alcune occasioni i monumenti che ricordano i morti del confine con l’ex Jugoslavia sono stati imbrattati. È successo a Venezia in piazzale Marghera, dove il monumento è stato sporcato con vernice rossa e disegni di falce e martello, e anche a Roma, vicino alla stazione del metro Laurentina, dove è stata usata della vernice bianca (e volantini hanno rivendicato la volontà di colpire una«operazione nazionalista e anticomunista» «senza straccio di prova storica»). Quest’episodio ha provocato l’immediata reazione del sindaco Ignazio Marino che, via Twitter, ha garantito di aver subito inviato una squadra a ripulire. Il primo cittadino della Capitale, inoltre, ha deposto una corona all’Altare della Patria, in Piazza Venezia. Anche il viceministro degli Esteri Marta Dassù ha assicurato che il governo «condanna fermamente» questi «episodi marginali ma assolutamente deprecabili». A Trento la sede di Casapound è stata imbrattata con uova e vernice rossa.

IL RICORDO IN SENATO - In Senato è stata organizzata la celebrazione del «Giorno del ricordo» alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, delel altre due cariche principali dello Stato - i presidenti del Senato Pietro Grasso e della Camera Laura Boldrini- e del premier Enrico Letta.

L’ITALIA NON VUOLE DIMENTICARE - Grasso ha sottolineato che «l’Italia non può e non vuole dimenticare e cancellare nulla; non le sofferenze inflitte alle minoranze negli anni del fascismo e della guerra, né quelle inflitte a migliaia e migliaia di italiani». Il presidente del Senato ha definito quegli episodi sui confini orientali«una delle pagine più tristi che il nostro Paese, il nostro popolo ha vissuto: la tragedia della guerra, delle foibe, dell’esodo». Il pensiero di Grasso è andato anche alla Croazia, da quasi un anno membro dell’Unione europea, e alla Slovenia, che aderì proprio nel 2004: la loro adesione «ha avuto un peso determinante nel superamento delle barriere ideologiche all’interno di un contesto, quello dell’Unione, che è per sua natura fondato sul rispetto delle diversità e sullo spirito di convivenza e reciproco scambio tra etnie, culture e lingue diverse».

LE FOIBE E L’ESODO - Dopo l’8 settembre 1943 e dopo il giugno del 1945 secondo diverse fonti tra i 5.000 e i 17.000 italiani che si opponevano al disegno di annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia furono uccisi e gettati nelle foibe, i profondi inghiottitoi del Carso. Si trattava per lo più di cittadini triestini o di italiani dell’Istria, in questo caso vittime di una epurazione di stampo etnico. Contemporaneamente le forze armate jugoslave deportavano a forza dall’Istria e dalla Dalmazia gli italiani che non intendevano rinunciare ai propri usi e costumi facendosi assimilare. La fase dell’esodo di queste popolazioni è proseguita per anni dopo la Guerra, concludendosi solo nel 1960.

TRAGEDIA PARTE STORIA D’ITALIA - Particolarmente toccante proprio per queste ragioni storiche, quindi, la cerimonia nel capoluogo giuliano. Il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, parlando dalla Foiba di Basovizza, ha ricordato che «la tragedia fa parte della storia d’Italia».

Dopo quel discorso, l'Istria fu messa a ferro e fuoco. Venti anni dopo quel discorso le truppe di Mussolini invasero Dalmazia, Slovenia e Montenegro, dando inizio a nuove stragi in nome della civiltà italiana. ...

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