Il Fatto Quotidiano
17 03 2015

Non pensavo fosse indispensabile parlarne, perché a me basta aver visto gli spot pubblicitari di Dolce & Gabbana per capire. L’immaginario che offrono è fatto di coppole, donne in abiti a lutto, cliché della Sicilia di decenni fa. Tradizionalisti o, forse, conservatori. Da qui in poi mi sembra facile capire il perché delle affermazioni a proposito delle unioni gay e dei figli “sintetici”. La reazione, a mio avviso sproporzionata – perché chissenefrega di quello che pensano ‘sti due – è stata comunque tutto meno che “sintetica”.

Elton John, genitore, assieme al compagno, di un figlio avuto da una madre surrogata, ha dato il via ad una azione di boicottaggio nei confronti del marchio di moda. A scomodarsi in difesa della “famiglia tradizionale” un sacco di altra gente che, come era prevedibile, in Italia non ha perso l’opportunità di rigirare la frittata per dare del fascista a chi esige il diritto, senza togliere nulla ad altri, di vivere come preferisce. Le vittime sarebbero Dolce & Gabbana. Credibilissimo, no?


Nel frattempo dà le dimissioni Giuliano Federico, direttore di Swide, giornale dei due stilisti, perché “le loro dichiarazioni sono incompatibili con la mia coscienza”. Giovanardi non ha mancato di definire i gay in modo simpatico (“talebani”). Altri politici si scagliano contro la possibilità di generare figli tramite utero in affitto. La Roccella, riferendosi alle dichiarazioni di Elton John parla di “comportamento fascista” e così altri esponenti di destra hanno continuato a dirsi rivoluzionari e tutori della libertà di parola e di opinione.

Libertà per tutti meno che per i gay.

All’azione di boicottaggio si sono uniti: Ricky Martin, Courtney Love e Martina Navratilova. Forza Nuova, con Roberto Fiore che cita come suo riferimento intellettuale l’illustre Povia, manda ai due stilisti una tessera onoraria. Aldo Busi, dalle pagine del Corriere, sembrerebbe aver preso ispirazione dal moderno pensatore Mario Adinolfi e così scrive: “se da solo non puoi figliare e ti serve un terzo incomodo per fare i comodi tuoi, è meglio tu non debba”. Amen.

Dall’altro lato troviamo Michela Murgia che riscontra, nella comunicazione di D&G, una certa coerenza in fatto di sessismo. Paola Concia, dalla sua bacheca Facebook, si rivolge agli amici gay e ricorda loro che parlare di diritti omosessuali incartandosi sulla faccenda della maternità surrogata, sulla quale si interrogano anche molti e molte etero, è “un vicolo cieco”.

Questa grande polemica si inserisce nel clima da guerra di religione che si respira in Italia. Da un lato le ‘Sentinelle in Piedi’ che “pacificamente” negano agli omosessuali il diritto di rivendicare matrimonio e genitorialità, dall’altro gli attivisti e le attiviste del movimento Lgbt che si organizzano per portare in piazza la propria festosa opinione, con striscioni, bandiere e vestiti colorati. Da un lato c’è la muraglia formata da quell* che parlano di “lobby gay”, “ideologia gender” e via di questo passo, e dall’altro una zona libertaria che vorrebbe insegnare a genitori, insegnanti e figli, qualcosa di più sul rispetto dei generi, a prevenzione dell’omofobia.

In tutto ciò regnano sovrani quelli che speculano sul timore delle persone distribuendo dosi di paura a chiunque. C’è chi mette in giro fantasiose interpretazioni della realtà a proposito di quel che avverrebbe nelle classi in cui si vorrebbe portare “Il gioco del Rispetto”, c’è chi parla di complotto per ‘frocizzare’ il mondo intero e di complottismo in complottismo ad alcun* sembra normale – e normale non è – dire a un gay che è malato, uno scherzo della natura, senza diritti, senza opportunità e senza futuro. C’è infine chi rivendica un non meglio precisato diritto di opinione per insultare i gay, per dare vita a fenomeni di vera e propria discriminazione, come se domani si esigesse il “diritto di opinione” per offrire al pubblico un po’ di stereotipi offensivi sui “neri”, gli “ebrei”, i “rom”.

In tutto ciò a nessuno viene in mente di chiedere alle donne quel che ne pensano a proposito della faccenda della maternità surrogata. Tutto quel che si legge è a proposito di sostenitori e sostenitrici di privatizzazioni e neoliberismo ergersi improvvisamente in lotta contro il capitalismo che obbligherebbe le donne a vendere la propria capacità riproduttiva ai ricchi come Elton John. Di tanto in tanto ci sono anche alcune femministe che portano in giro il proprio credo, come fosse un dogma, per imporre a tutte le donne la propria visione morale, sicché gli uteri sarebbero da un lato soggetti alle restrizioni e al controllo dei cattolici e dall’altro di alcune femministe che in fatto di uteri in affitto la pensano come la pensa Costanza Miriano.

A nessuno, dicevo, viene in mente di chiedere alle donne che affittano il proprio utero come la pensano. Perché, in tutto ciò, in tant* hanno dimenticato di parlare di diritti, di autodeterminazione, del fatto che nessuno può imporre all’altr@ il proprio modello di vita, e se io non impongo a te di affittare l’utero o di fare un matrimonio gay, perché tu non puoi accettare che io faccia della mia vita o del mio utero quello che mi pare? Lontana dalla mistica della maternità, dalla funzione di beddamatresantissima addolorata, se qualcuno mi avesse chiesto di affittare l’utero per dare un figlio ad una coppia di genitori gay io lo avrei fatto. E nessuno avrebbe potuto impormi il contrario. Nessuno.

Ps: e comunque voglio dire che io e tante altre persone precarie il boicottaggio nei confronti del marchio D&G lo abbiamo iniziato ancora prima di tutti gli altri. Lungimiranti, eh?

Chi non si fa abbagliare dalle semplificazioni manichee, può facilmente soppesare queste affermazioni rispetto al contesto da cui provengono, non fermandosi al testo, ai singoli enunciati della diatriba. Prevale, a ben guardare, una somiglianza, rispetto alle differenze. É facile baccagliare per gli appartenenti a questa élite, che evidentemente non vivono sulla loro pelle le discriminazioni quotidiane, da strada...
Francesco Paolo Del Re, Cronache Del Garantista ...

L'amore non ha etichette

  • Mercoledì, 11 Marzo 2015 15:08 ,
  • Pubblicato in INGENERE

Ingenere.it
11 03 2015

Mentre la stragrande maggioranza delle persone si considera senza pregiudizi, molti in relatà, anche senza volerlo, tendono comunque a dare giudizi sulle persone che incontrano, sulla base di ciò che vedono. Che si tratti di razza, età, sesso, religione, sessualità, o disabilità, possono esserci diversi motivi significativi per cui quindi molte persone possono sentirsi discriminate. Il video "Love has no labes" (L'amore non ha etichette) fa parte proprio di una campagna di sensibilizzazione, che vuole sfidare ad aprire gli occhi sulla parzialità dei giudizi umani e sui pregiudizi, invitando lavorare su sè stessi per eliminarli. L'amore non ha razza, non ha sesso, non ha disabilità. In poche parole, l'amore non ha etichette. Questo è il messaggio lanciato dal video in questione, che è stato diffuso dall'Ad Council, un'organizzazione statunitense non-profit che produce e distribuisce annunci pubblicitari e campagne, spesso per ONG. Il video riprende coppie che si baciano, ballano e si abbracciano. Ma le persone sono mostrate 'ai Raggi X', senza rivelarne identità e aspetto. Quando le coppie 'vengono allo scoperto' poi si capisce il significato profondo del messaggio: l'amore non ha etichette.

Il Fatto Quotidiano
11 03 2015

Il governo smentisce, ma uno dei genitori ha annunciato la querela contro i ministeri dell'Istruzione e della Salute: "Chiediamo venga fatta giustizia"

Dopo una lunga agonia, è morto Ricardo de Olivera, 14enne brasiliano picchiato il 5 marzo scorso nella scuola pubblica di Vila Jamil, nella periferia di San Paolo. Il ragazzo è stato aggredito a scuola da cinque compagni perché figlio di una coppia di omosessuali. “Non sapevo che mio figlio fosse vittima di discriminazione a scuola”, ha detto in lacrime uno dei genitori, Marcio Nogueira. Il fratello della vittima, di 15 anni, ha raccontato alla polizia che Ricardo è stato aggredito all’entrata a scuola e che si è sentito male quattro ore dopo. La versione della famiglia viene respinta dai ministeri dell’Istruzione e della Salute che sostengono che il ragazzo sia morto per una emorragia cerebrale causata da un aneurisma.

Ma Nogueira sostiene che due dei cinque aggressori siano andati a casa del nonno di Ricardo per scusarsi ed ha annunciato una querela contro il governo di San Paolo: “Chiediamo che venga fatta giustizia e che episodi del genere non succedano ad altri ragazzi”.

L’Espresso
10 03 2015

È la battaglia del ministro dell’Interno, che negli ultimi mesi si è scontrato frontalmente con i sindaci che hanno scelto di trascrivere negli elenchi dei loro comuni i matrimoni omosessuali, mettendo nero su bianco i nomi dei cittadini che si sono sposati all’estero e che in Italia non possono ancora neanche siglare un patto amministrativo, un’unione civile.

È la battaglia che Angelino Alfano ha fatto condurre ai prefetti, spinti da un’apposita e discussa circolare ministeriale del 7 ottobre 2014, e il Tar però dice che al momento è una battaglia persa. Ha ragione il comune di Roma, invece, che si era opposto al decreto con cui il prefetto della città, Giuseppe Pecoraro, aveva annullato le trascrizione nel registro comunale dello stato civile voluta - e celebrata - dal sindaco Ignazio Marino: "Avevo sempre affermato, pur non essendo un esperto di giurisprudenza, che sulla base delle normative nazionali e comunitarie fosse un dovere del sindaco trascrivere un documento di un'unione avvenuta all'estero di due cittadini della mia città» dice oggi il primo cittadino, «per me la sentenza non è assolutamente una sorpresa, non credo ci sia stato mai un momento in cui ho mostrato un minimo dubbio sulla mia certezza».

Per i giudici della prima sezione del Tar del Lazio, infatti, l'attuale disciplina nazionale non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non dovrebbero esser trascrivibili nei registri dello stato civile, è vero, però, l'annullamento di trascrizioni nel registro dello stato civile di matrimoni contratti da persone dello stesso sesso, celebrati all'estero, può essere disposto solo dall'Autorità giudiziaria ordinaria e non dalle disposizioni di un ministro e di un prefetto.

Tanto basta ad Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, per dire che «il Tar del Lazio fa oggi finalmente giustizia: con una pronuncia storica ha stabilito che sono i tribunali a poter decidere sulla trascrizione dei matrimoni tra lo stesso sesso, e non i prefetti come invece vorrebbe il ministro dell'Interno, Angelino Alfano». «Il tribunale amministrativo» continua Mancuso, «dà ragione alle nostre posizioni, che continuiamo a ripetere da mesi: non è il governo titolare di questa materia, mentre sono invece i sindaci, per legge, responsabili degli uffici di stato civile e dell'anagrafe». «Ci attendiamo ora che Alfano la smetta, una buona volta, di perseguitare i sindaci d'Italia».

La vicenda, comunque, richiama ancora, soprattutto, l’assenza di una legge nazionale. Lo nota ancora Ignazio Marino: «Tutto questo» dice il sindaco di Roma, «deve ancora di più essere interpretato come uno stimolo al Parlamento». «Ma lì sono certo» aggiunge, «che il presidente del Consiglio Renzi, come ha detto in diverse occasioni, provvederà a sollecitare egli stesso un percorso legislativo, che sia accurato, che colmi il vuoto che in Europa esiste soltanto in Grecia e l'Italia».

facebook